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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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KORN - Atlantico, Roma, 02/02/2015
06/02/2015 (3532 letture)
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….E pensare che a me, un tempo, i Korn neppure piacevano. Benché non sia mai stato un hater del tanto vituperato nu metal, proprio i padri fondatori, capitanati dal tormentato Jonathan Davis, sono stati praticamente gli ultimi cui io mi sia avvicinato, fra i grandi del genere. A tutt’oggi, peraltro, reputo ad esempio i Deftones di un altro pianeta, ma anche i capelloni di Bakersfield si sono ormai guadagnati stabilmente un posto nella mia classifica di gradimento; il loro ultimo lavoro, oltretutto, The Paradigm Shift, che ha indubbiamente beneficiato del ritorno in formazione dello storico chitarrista Brian “Head” Welch, mi ha convinto più della maggior parte delle loro fatiche discografiche dal 2000 ad oggi. Per questo, quando a novembre 2014 apprendo di una futura calata romana di Davis e compari, si impone l’acquisto dei biglietti, con l’abituale compagnia del mio fidato amico Lorenzo, proprio colui che insistette affinché dessi una chance ai Korn e loro grandissimo fan da oltre dieci anni. Una sorta di chiusura del cerchio, non trovate?
HERE IT COMES AGAIN No, il titolo non si riferisce al brano tratto da Take a Look in the Mirror, brano che fra l’altro neppure mi aggrada particolarmente. Si riferisce, viceversa, alla pioggia che accompagna il nostro avvicinamento lento, ma inesorabile verso l’Atlantico, luogo deputato ad ospitare i Korn ed i loro affezionati sostenitori in luogo di Capannelle, ove i nostri si esibirono un paio di anni or sono. Fortunatamente, al di là del fastidio provocato, in questo caso la pioggia non ha il suo abituale effetto su Roma, vale a dire non bastano due gocce a paralizzarla come si trattasse di un ciclone: il traffico è scorrevole e, domandandoci quali saranno i brani scelti per la scaletta dello show, giungiamo sul luogo in appena tre quarti d’ora, parcheggiando nella mia viuzza segreta, che non rivelerò onde evitare la sua presa d’assalto ad ogni futuro concerto (ok, si tratta di Via Cesare Pavese). Sfortunatamente, nonostante la strada sufficientemente libera, arriviamo comunque troppo tardi per assistere all’esibizione della band di supporto della serata, che scopriremo poi essere i The Qemists. Chiedendo a due diversi gruppi di amici trovati per caso sul posto un giudizio sulla loro esibizione, riceviamo due giudizi diametralmente opposti: gli uni bollano la band come un gruppetto inutile in stile One Direction, gli altri riferiscono di uno show gradevole ed incentrato su musica elettronica. A chi la ragione? Ai posteri l’ardua sentenza.
KORN Alle 21 in punto, constatata la discreta presenza di pubblico, per quanto il locale non abbia fatto registrare il tutto esaurito, le luci si spengono ed un boato accoglie gli scomposti vocalizzi di Twist, intro di Life is Peachy oggi usata come apertura dello spettacolo. Il primo, vero brano, oltre a scaldare gli animi, contiene una importante dichiarazione di intenti: Here to Stay! gridano i Korn; noi ci siamo, siamo tornati più forti di prima e non abbiamo alcuna intenzione di mollare. I suoni appaiono da subito buoni ed i musicisti sembrano in palla: Reginald “Fieldy” Arvizu, che ad incontrarlo di notte in una strada isolata metterebbe una discreta paura, sferza il suo basso con pochi, semplici, ma granitici colpi, un applauditissimo Head sciorina riff di granito e Davis, per quanto non sia più quello di una volta, fa il suo sporco lavoro. A spiccare su tutti, però, è un po’ inaspettatamente il batterista Ray Luzier, primo occupante fisso dello sgabello dopo alcuni anni di precariato, seguiti alla separazione da David Silveria; Luzier, benché non possegga lo stile eclettico del batterista storico della band, è tuttavia più quadrato e potente, oltre ad apparire come il membro più abile dei Korn dal punto di vista tecnico. I nostri, del resto, sono sempre stati più attenti all’impatto sonoro ed alle atmosfere che al puro shredding, cosa che probabilmente fa parte del loro oscuro fascino, ma non per questo ci dispiace vedere all’opera un musicista tecnicamente validissimo. Lo show procede dunque in scioltezza, alternando brani recenti (Right Now, Love & Meth) agli immancabili classici, quelli che ogni fan pretende giustamente di ascoltare: Falling Away From Me, una delle perle di Issues, è il primo e rapisce tanto con i suoi momenti più melodici, quanto con il ritornello, cantato a squarciagola da tutti i presenti. Va un po’ meno bene con Spike in my Veins, una delle tracce meno convincenti di The Paradigm Shift, nonché con la discutibile Hater, per fortuna intervallate dalla schizofrenica e graditissima Good God. E’ il preludio ad un altro classico, preceduto da una comparsa sul palco di Jonathan Davis munito di cornamusa, per la verità un po’ maltrattata dal singer; l’esecuzione di Shoots and Ladders, per fortuna, è di tutt’altra pasta e ci lascia entusiasti al punto da sorvolare sulle pacchianissime grancasse fosforescenti di Luzier e sul basso egualmente luminescente di Fieldy; la fine del brano, come di consueto, lascia spazio ad una breve cover della parte finale di One dei Metallica, cantata dai presenti con intensità maggiore, per la verità, di parecchie canzoni firmate esclusivamente dalla penna dei Korn. Immagino la felicità dei musicisti nel percepire questa differenza di decibel…ma, per quanto vituperati, i Metallica restano sempre loro, non vi pare? Got the Life e Did My Time mantengono alta l’attenzione del pubblico, soprattutto la seconda, con il suo ritornello che invoglia al canto e la sua conclusione, più cupa e lenta, ma egualmente piacevole; su di essa, peraltro, Davis si esibisce in un discreto growl che ci tranquillizza sullo stato delle sue corde vocali. Il ragazzino tormentato di inizio anni 90, insomma, è cresciuto ed ora è un uomo, ma è ancora in grado di regalare emozioni. Il concerto, benché alcune scelte di scaletta non convincano a fondo (Coming Undone ne è un ulteriore esempio), procede in modo spedito, passando per l’anthemica Freak on a Leash e per una lunga cover delle tre parti di Another Brick in the Wall, dei sommi Pink Floyd, per la verità non particolarmente brillante, ma perlomeno sorprendente. L’encore, un po’ breve, ci propone infine un rumoroso e divertente assolo del sempre sorridente Ray Luzier, una trascinante Y’All Want a Single e, naturalmente, la canzone che venti anni fa diede inizio a tutto, per citare lo stesso Jonathan Davis. L’urlo corale ARE YOU READY?! spacca i timpani già duramente messi alla prova e coinvolge tutti i presenti in un’ultima esplosione di furia…cieca. Blind chiude degnamente il concerto, seguita dai ringraziamenti di rito e dalla consueta elargizione di plettri e bacchette, con Luzier che va anche oltre, lanciando i cerchi della sua batteria a mo’ di frisbee.
CONCLUSIONI Con le orecchie che fischiano, sciamiamo lentamente fuori dal locale, con la pioggia che ci riaccoglie nel suo poco materno abbraccio; siamo discretamente provati, decisamente affamati, ma complessivamente soddisfatti dello show, tanto da compiere il consueto rituale dell’acquisto di maglietta ricordo dell’evento. I Korn sono ancora in buonissima forma, il ritorno di Head li ha decisamente rivitalizzati e possono ancora rivendicare lo scettro di padri del nu metal. Ciò nonostante, non è tutto oro quel che luccica: pur scorrendo piacevolmente e risultando divertente, il concerto si è attestato su una durata complessiva di un’ora e mezza scarsa, comprendendo la breve cover di One, le lunghe cover di Another Brick in the Wall e lo sfogo solista di Luzier. Un po’ poco, probabilmente, per un gruppo in giro da venti anni e che ha pubblicato undici album in studio, non esattamente bruscolini. Una Dead Bodies Everywhere, una Ball Tongue, una Faget gridano vendetta per la loro assenza, così come avrebbe avuto molto più senso scegliere Mass Hysteria dal nuovo album, piuttosto che la scialba Spike in my Veins. In definitiva, qualche canzone in più sarebbe stata la benvenuta, anche se immagino sia normale esser sempre un po’ insoddisfatti di qualunque concerto si vada a vedere. Mi rivolgo pertanto direttamente ai nostri nerboruti amici: ci siete piaciuti, cari vecchi Korn, è un piacere sentirvi ancora così carichi, ma siate più propositivi.
SETLIST KORN 1. Twist 2. Here to Stay 3. Right Now 4. Love & Meth 5. Falling Away from Me 6. Spike in My Veins 7. Good God 8. Hater 9. Shoots and Ladders/One (Metallica cover) 10. Got the Life 11. Did My Time 12. Coming Undone 13. Freak on a Leash 14. Another Brick in the Wall (Pink Floyd cover)
---Encore---
15. Drum Solo 16. Y'All Want a Single 17. Blind
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ahia, questo è un brutto colpo per le spasimanti di lambruscore... maledetta nevicata... |
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Lambruscore è un grande.Spara stronzate ma con stile Alla berluscon(scritto volutamente in minuscolo). |
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Io faccio il duro??? Forse non saprete che la nevicata di ieri mi ha rovinato le piante delle rose in giardino, così questa primavera può darsi che non possa fare regali romantici.... |
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...ma sì che lambruscore fa tanto il duro ma alla fine era sicuramente lì in prima fila da qualche parte a cantarsi tutte le parole di tutte le canzoni a squarciagola... |
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Ciao Andrea!! complimenti innanzi tutto per il report. E' risaputo che io sono di parte in quanto adoro i korn e li seguo ormai da più di 13 anni non perdendo nessuna data italiana... a parte questo non posso non negare che lo show è stato troppo breve!! almeno un paio di song in più ci stavano tutte! Personalmente farei a meno delle cover (salvando one che si abbina da sempre a Shoot and ladders) e la smetterei di inserire Coming Undone la quale può essere sostituita da pezzi nettamente superiori!... Non concordo però su Spike in my veins..il vocalizzo di Davis in questa song vale il prezzo del biglietto *.* Un saluto al prossimo concerto! |
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Dovevo vedere il LAMBRU sotto al palco, eravamo d'accordo non posso credere che mi abbia fatto il bidone. LAMBRU dov'eri???? |
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Saluto il mio amico Barry innanzi tutto (peccato che ci siamo visti solo alla fine del concerto) e Ciro Ventre (ex redattore di MetallizeD) che ho abbracciato poco prima di uscire dall'Atlantico. Che dire è la sesta volta che vedo i Korn e come al solito non hanno deluso. Se devo trovare un paio di difetti riguardano un po' a sorpresa l'acustina non perfetta rispetto alla consuetudine per il gruppo di Davis e la durata del concerto tropo esigua (insomma un paio di classiconi in più tipo Dead Bodies Everywhere, Faget o Clown ad esempio non sarebbero stati male anzi!!! Due parole sul gruppo di supporto che hanno riscaldato a dovere la platea con un valido mixing tra Prodigy, Linkin Park e Limp Bizkit. Bella l'idea del doppio cantante uno più aggressivo/melodico e l'altro rapper (veramente simpatico e al quale ho avuto modo di fare i complimenti nel pressi del bancone del nerchandising ufficiale). Alla prossima.....ah dimenticavo.....recensione impeccabile avvoca!!!!! |
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Io li ho visti la sera prima a Milano e devo dire che mi sono piaciuti molto...non è esattamente il mio genere preferito, però i Korn li ho sempre trovati interessanti e così, avendo preso il biglietto per gli Slipknot di giorno 3, ho deciso di "doppiare"...in fondo è un gruppo con cui sono cresciuto da giovane...devo dire che per me era la prima volta all'Alcatraz, e per me che vengono dalla Terronia era quasi un luogo mitico...l'ho trovato ottimo per questo tipo di show, specialmente l'acustica...comunque sono rimasto moldo soddisfatto...ed aggiungo che mi sono piaciuti molto anche il gruppo spalla, i The Qemist... |
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