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MITOLOGIA, LETTERATURA E METAL - #7 – I POETI DEL NORD (PARTE SECONDA)
07/11/2016 (1562 letture)
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Si ribalta, quindi, nell’immaginario del figlio, la figura del genitore.
Hadubrant gimahalta, Hiltibrantes sunu: dat sagetun mi unsere liuti, alte anti frote, dea érhina warun, dat Hiltibrant hætti min fater: ih heittu Hadubrant. forn her ostar giweit, floh her Otachres nid, hina miti Theotrihhe enti sinero degano filu. her furlaet in lante luttila sitten, prut in bure barn unwahsan, arbeo laosa. her raet ostar hina. des sid Detrihhe darba gistuontun fateres mines: dat uuas so fiuntlaos man. her was Otachre ummet tirri, degano dechisto miti Deotricche. her was eo folches at ente: imo was eo fehta ti leop. chud was her chonnem mannum. ni waniu ih iu lib habbe. –
Hadubrand parlò, figlio di Hildebrand: “Questo mi dissero le nostre genti, antiche e sapienti, vissute anticamente: che Hildebrand si chiamava mio padre; io mi chiamo Hadubrand. Un tempo se ne andò a oriente, sfuggendo all’odio di Odoacre, via con Teodorico e i suoi molti seguaci. Lasciava nella sua terra, ancora piccolo, nella casa della ragazza, un figlio bambino senza eredità. Da qui cavalcò in oriente, perché Teodorico aveva bisogno proprio del padre mio, essendo privo di amici. Lui era con Odoacre oltremodo irato, e guerriero fedele a Teodorico. Era sempre dinnanzi alle schiere, gli era sempre cara la lotta: era ben conosciuto tra gli uomini valorosi. Non credo abbia più vita”. (Hildebrandslied, vv. 14-29)
Nel poema, Hadubrand, sottolinea il carattere valoroso del padre. Invece, in queste poche battute, Hansi, ribalta la situazione, rendendo più realistico e patetico il dolore del giovane guerriero. L’ombra del padre in Battlefield provoca uno sdoppiamento dello stesso genitore che, incapace di esimersi dal combattere, s’inabissa nella sua stessa perdizione. Hildebrand è inconsistente, mera apparenza; egli ha abbandonato se stesso alle oscurità e all’oblio, attraverso tutte le fragilità e le debolezze umane che mai nel cammino della vita ci vengono risparmiate.
War and anger shall reign, The clash of iron can be heard. By blindness you’re driven insane. – “I’m lost in anguish and grief”. Sorrow won’t wane ‘til you die; – “A shattered body deeply hurt”. And darkness will cover the light. – “It’s gone forevemore”.
La guerra e l’ira regneranno in eterno, il sordo risuonare del ferro si può udire. La cecità vi ha reso pazzi. – “Sono affogato nell’angoscia e nel dolore”. Il dolore non se ne andrà finché non morirai; – “Un corpo squartato, ferito nel profondo”. E le oscurità non avranno coperto la luce. – “Se ne è andato per sempre”.
Col cambio di tonalità e il passaggio da G a A# minore, assistiamo allo sdoppiamento della personalità dell’Hansi-narratore. Innanzitutto, lo scopf annuncia all’ascoltatore il destino del guerriero (There on the battlefield he stands, / Down on the battlefield he’s lost, / And on the battlefield it ends), con rapide battute e frasi lapidarie. Di seguito, s’impossessa dalle parole stesse di Hildebrand e si rivolge a lui direttamente. In totale contrasto con il suo desiderio di ritorno e l’invito rivolto nella strofa precedente al figlio (Open your eyes, wake up, my dear young friend, / And hate shall fade away), e professa l’impossibilità dell’esistenza dell’uomo oltre i confini della definizione antropologica di guerriero. È assolutamente evidente, e nel proseguo della canzone lo sarà ancora di più, come la dinamica interpersonale tra il bardo e Hildebrand sia tutta fondata, da una parte, sull’esistenza e l’affermazione di un canone dell’essere eroico, e dall’altra, da una sua totale negazione e dall’autoesclusione dalla società cui appartiene. Hansi sottolinea l’elemento essenziale all’identità guerriera, ovvero quello stato perenne di movimento e di azione, che si riassume nella nozione del verbo greco ἀριστεύειν, l’azione eroica per eccellenza.
Ἱππόλοχος δέ μ’ ἔτικτε, καὶ ἐκ τοῦ φημι γενέσθαι· πέμπε δέ μ’ ἐς Τροίην, καί μοι μάλα πόλλ' ἐπέτελλεν αἰὲν ἀριστεύειν καὶ ὑπείροχον ἔμμεναι ἄλλων, μηδὲ γένος πατέρων αἰσχυνέμεν, οἳ μέγ' ἄριστοι ἔν τ’ Ἐφύρῃ ἐγένοντο καὶ ἐν Λυκίῃ εὐρείῃ. ταύτης τοι γενεῆς τε καὶ αἵματος εὔχομαι εἶναι.
Ippolco mi generò, e io mi dico suo figlio, e mi mandò a Troia e moltissimo mi raccomandava di distinguermi sempre al di sopra degli altri, e non macchiare l’onore dei padri, che furono grandi sia in Efira che nella vasta terra di Lidia. Di questa stirpe e sangue mi vanto di essere. (Iliade, canto VI, vv. 206-211)
Il guerriero è persona soggetta a forme costanti di controllo sociale collettivo che arrivano a determinare sostanza ma anche forma e forme del suo agire individuale. Il suo status, il suo essere sociale sono connessi a un agire individuale in potenza e in atto, sempre iterabile e in realtà iterato. L’aristeuein produce l’aristeus: l’azione determina lo status. Lo scopf è consapevole di ciò, al contrario di Hildebrand, che è cieco alla visione sociale cui si presenta come negazione. Si rifugia in se stesso, nel suo dolore (I’m lost in anguish and grief), mentre incalza il giudizio del bardo, incalza il giudizio morale del nichilista che è incapace, nella continua negazione di sé, di vedersi chiaramente. Il corpo dismembrato è allo stesso tempo quello del figlio e il suo. La virgola, oltre ad apporre una semplice cesura al verso, è anche una legatura ideologica. Già in Mordred’s Song, in mia opinione il punto più alto della liricità tragica di Hansi, possiamo osservare un esempio di questa cesura legante.
Nothing else But laughter is around me, – Forevermore! No one can heal me, No one can save me, No one can heal me. I’ve gone beyond the truth, – It’s just another lie; Wash away the blood on my hands, – My father’s blood; In agony, we’re unified.
Nient’altro che risate mi circondano, in eterno. Nessuno può curarmi, nessuno può salvarmi, nessuno può curarmi. Sono andato oltre la verità, – è l’ennesima menzogna; Lava via il sangue dalle mie mani, il sangue di mio padre: nell’agonia, siamo un unico.
Hansi getta i suoi personaggi, i suoi eroi e i suoi guerrieri, tra le spire di un fato labirintico e dragonesco. Cura il lento dissanguamento di un corpo maschile giovane e bello o l’assottigliamento di quello femminile che si estenua in larva. Il colpo di morte è corteggiato e desiderato dalla vittima (I’ve never tried to be / What they told me to be; / Fulfill my fate, then I’ll be free, ancora in Mordred’s Song; Caught inside a web called life, / The only way to get out soon, / Is suicide, in Born in a Mourning Hall); la tragedia del corpo, trascinato tremante a subire una morte stoica quanto gloriosa è il tema di questa tragicità. Da una parte, in Mordred’s Song, l’ascoltatore è doppiamente voyeur perché il testo è anche esaltato dall’ulteriore possibilità di leggere entro quel sangue, entro quel corpo penetrato da una lama o da più d’una simultaneamente, di aprirne il segreto ultimo, di violare il tabernacolo prezioso del cuore. Il cuore è un geroglifico, uno scritto sacro, un emblema.
I’ve lost my battle before it started, My first breath was undone, My spirit’s sunken deep into the ground. Why am I alone? I can hear my heartbeat: Silence is all around.
Ho perso la mia battaglia ben prima che cominciasse, il primo respiro non mi fu concesso, il mio spirito s’è inabissato nelle profondità della terra. Perché sono solo? Posso udire i battiti del mio cuore: il silenzio mi circonda.
GIO. Here! [Offers his dagger to her] ANN. What to do? GIO. And here’s my breast, strike home! Rip up my bosom, there thou shalt behold A heart in which is writ the truth I speak.
GIO. Ecco! (Le offre il pugnale) ANN. Per far che? GIO. Ed ecco il mio petto, colpisci nel segno! Squarciami il petto, vi vedrai un cuore in cui è scritta la verità che proclamo. (’Tis Pity She’s a Whore, atto I, scena II; John Ford)
Ascoltando i battiti del proprio cuore, nel silenzio, Mordred, sazia la sua ansia di verità, fuga la menzogna della sua esistenza dall’osservatorio concessogli per spiare quello che tra il corpo e l’anima è scambiato, i fantasmi che si agitano tra cielo e terra. Dall’altra parte, invece, vi è il dismembrato corpo di Hadubrand (A shattered body), reso irriconoscibile agli occhi dello scopf e del mondo dal padre stesso, che ne ha squartato la bella forma e vi ha impresso la cifra rossa della vittima. Ma in quel dismembramento, vi è pure la sua di morte, così come sulle mani di Mordred vi è un unico sangue, che è doppio: il suo e quello di Artù. Hildebrand è ingannato dal suo stesso tormento, e si può dire che Hadubrand è ingannato dalla sua stessa frenesia di essere (d’altra parte, ‘you’, è il pronome anche della seconda persona plurale), e l’ombra, dunque, si fa ancora più forte e visibile (And darkness will cover the light in Battlefield; I’ll turn off the light, / And murder the dawn in Mordred’s Song), decretando la morte di Hildebrand e di Hadubrand.
The field’s been left in sorrow. The father and the son, They are gone.
Il campo è abbandonato nel dolore. Il padre e il figlio, sono perduti.
Lo scopf ha terminato il suo canto, non vi è più null’altro da dire. Il resto del testo, infatti, è puro gioco elegiaco alle gesta di Teodorico, all’affermazione dello status di guerriero per mezzo dell’aristeuein.
Let’s pray That Heaven is on our side; Through violence and horror, Shall honour arise. So let’s pray, And blessed be our leader: We follow the noble and might.
… That’s what the minstrel sings. Join in the horrible screams, Take part in murderous deeds, Re-owned by the lion-hearted. Join in the minstrelsy; Wailing in endless grief, It eagerly longs for more, Broken bodies lay on the ground.
Preghiamo che Iddio sia dalla nostra parte. Tramite violenza e orrore, l’onore è innalzato. Preghiamo, e sia benedetto il nostro condottiero: seguiamo il nobile e il possente.
… Questo è ciò che canta il menestrello. Unisciti alle orribili urla, prendi parte ad azioni assassine, rinnovate dai cuor di leone. Unisciti all’arte dei menestrelli; lamentandosi in eterno dolore, che è avido di maggiore ancora, corpi spezzati stanno sul terreno.
L’ideologia dell’aristeus, del guerriero abilitato alla prova e dalla prova, si trasmette agli aristoi, agli aristocratici, ai nobili. Teodorico, ma più in generale chi si rende partecipe di azioni guerriere, diviene così un buon modello per ottenere la gloria eterna, al contrario di Hildebrand, il nichilista che è incapace di accettare di avere un ruolo nella storia.
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