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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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BONES - #4 - Heresiarch, Antediluvian, Apocryphetic, Ysengrin, StarGazer, Illuminated Manuscripts, Fetishism
19/08/2020 (1161 letture)
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Heresiarch / Antediluvian – Defleshing the Serpent Infinity (Iron Bonehead Productions, 2020)
Tracklist:
1. Heresiarch - Lupine Epoch
2. Heresiarch - Excarnation
3. Heresiarch - No Sanctuary
4. Antediluvian - Slipstream of Leviathan's Wake
5. Antediluvian - Prelude
Formazione Heresiarch:
N.H. (Voce)
C.S. (Chitarra)
W.B. (Basso)
H.G. (Batteria)
Formazione Antediluvian:
Haasiophis (Voce, Chitarra)
N.K.L.H. (Chitarra)
Aedh Zugna (Basso)
Mars Sekhmet (Batteria)
Doppio ritorno sicuramente apprezzo da chi li aspettava un po' quello degli Heresiarch e degli Antediluvian, con quest'ultimi fermi da troppo tempo. E lo fanno unendo le forze in un split di circa venti minuti in cui ricordano e mostrano agli ascoltatori chi sono e cosa sanno fare. Dopo un esordio a dir poco esplosivo nel 2017 con Death Ordinance, i neozelandesi Heresiarch continuano a pubblicare uscite più piccole in attesa di un nuovo album, e lo fanno con tre nuovi brani in piena linea con quanto sentito in precedenza; black/death a tema bellico e che manco a dirlo, non accenna minimamente a soluzioni un minimo più ricercate o complesse. Quello che si nota però, è che persiste la voglia di cimentarsi in qualche riff più lento e che in qualche modo rendono l'atmosfera dei pezzi ancora più cupa. Si notano poi dei cambi di tempo che sicuramente rendono i pezzi più schizofrenici e meno quadrati (Excarnation), cosa apprezzabile quando si parla di una proposta che tende ad essere monotona. I quattro riconfermano insomma di avere le idee molto chiare e di voler dare alla loro proposta un tocco personale più marcato, ed è qualcosa che tutto sommato riesce anche bene. A chiudere il loro lato ci pensa No Sanctuary, traccia ambient che prepara alla seconda parte,e forse quella più attesa, del lavoro.
Gli Antediluvian si sono fatti conoscere in ambio estremo per due motivi: le tematiche e la proposta. Non parliamo di materiale rivoluzionario, ma di qualcosa che nella sua apparente superficialità riesce ad essere riconoscibile e personale. Fermi da quattro anni (di mezzo c'è stata una raccolta) a quello split di cover e a ben sette dall'ultimo, meraviglioso, λόγος, i canadesi tornano a farsi sentire con due pezzi che ricordano a tutti di cosa siano capaci. Sempre legati, di base, ad un approccio che ricorda una via di mezza tra il death ed il black vecchia scuola, il tutto viene poi reinterpretato tramite l'utilizzo particolare della voce e di struttura che potremmo definire “cugine” di quelle dei Portal. Diciamo questo perché a partire dalla prima Slipstream of Leviathan's Wake (titolo perfetto, ve ne accorgerete) lo scheletro è tutt'altro che preciso: cambi di tempo repentini, rallentamenti che per alcuni istanti portano il tutto in ambito doom, e un utilizzo della voce che si muove costantemente tra effetti, parlato e urla. Davvero un “peccato” che l'altro pezzo sia un brano ambient, perché se la qualità è questa, la voglia di ascoltare dell'altro è decisamente tanta. Non resta che aspettare,sta di fatto che entrambi i gruppi sembrano avere le carte in regola per tornare con due ottimi lavori. Restiamo (ancora) in attesa...
Apocryphetic - Through Cruelty is our Ascension to Paradise (Sunshine Ward Recordings, 2020)
Tracklist:
1. The Black Altar of Leviathan
2. Divine Rapture (World Abortion)
3. Through Cruelty Is Our Ascension to Paradise
4. Astral Project into the Malediction
5. Envenom
Formazione:
Nathanael Abraxas (Voce)
Lord of the Carrion Pit (Chitarra)
David Wrath (Basso)
Blastphemator (Batteria)
Formazione relativamente recente, gli statunitensi (da Knob Creek, Tennessee) Apocryphetic sembrano aver voglia di realizzare qualcosa di grande al più presto. Through Cruelty is our Ascension to Paradise è infatti il terzo demo in due anni, sintomo di una voglia di fare e arrivare a farsi conoscere molto forte. Con i quattro statunitensi si entra in territori death metal, più in particolare con quell'approccio caro ai vecchi Hate Eternal, Morbid Angel e simili. I bpm sono quindi costantemente alti, così come i riff sono principalmente serrati e ad accompagnare il tutto troviamo una batteria che resta “ferma” su blast beat e rari accompagnamenti in quattro quarti. Appare evidente che i nostri abbiano una passione viscerale per il death metal di stampo anni 90/primi anni 2000, ed è qualcosa che si percepisce anche nei suoni e nella produzione; l'incrocio tra le creature di Erik Rutan e Trey Azagthoth è infatti evidente anche nel suono delle chitarre, chiaramente ispirate a loro. Un cambiamento di ritmo lo si ha con Astral Project into the Malediction, in linea coi più classici pezzi doom/death sempre sulla scia dei gruppi citati. Non parliamo quindi di un gruppo originale (e c'è da migliorare anche sull'aspetto vocale), ma c'è qualcosa di piacevole nell'ascoltare un approccio al death metal che oggi non è più sulla cresta dell'onda (gli stili in voga oggi sono ben altri), ed è per questo che un lavoro così ci sentiamo di consigliarlo a chi fatica a trovare materiale simile.
Ysengrin / StarGazer – D.A.V.V.N. (Caverna Abismal Records, 2020)
Tracklist:
1. Ysengrin – Mont Sitrin
2. Ysengrin - Auroraexaltatio
3. StarGazer - The Molecular Scythe
Formazione Ysengrin:
Guido Saint Roch (Voce, Basso, Chitarra, Tastiere)
Alrinack (Basso)
Valkenstijn (Tastiere, Voce)
Formazione StarGazer:
The Great Righteous Destroyer (Voce, Basso)
The Serpent Inquisitor (Chitarra)
Selenium (Batteria)
Originariamente uscito nel 2018, lo split tra Ysengrin e StarGazer è stato ristampato recentemente dalla Caverna Abismal Records, e sarebbe stato un peccato non parlarne, anche perché abbiamo a che fare con due gruppi eccezionali e tutt'altro che scontate. Terzo capitolo di una tetralogia dedicata ai quattro elementi naturali iniziata dagli Ysengrin, D.A.V.V.N., incentrato sull'elemento dell'aria, si compone di tre pezzi. Partiamo con i due pezzi dei francesi, che a onor del vero si legano talmente bene da risultare una traccia unica. Il gruppo guidato da Guido Saint Roch si è sempre fatto riconoscere per un doom macchiato di black e death ma che concentra tutti gli sforzi nel creare atmosfere misteriose e in linea con le tematiche trattate; passando dall'ermetismo all'alchimia, i brani non sono mai “cattivi” come ci si aspetterebbe, ma anzi, grazie al sapiente utilizzo di arpeggi, di distorsioni comunque moderate e di un interessante lavoro tra voci pulite e non, ci si mette poco ad immergersi in quella che potrebbe essere il sottofondo musicale per alcune letture di Gustav Meyrink alla luce della candela verde di Alfred Jarry.
Dopo una prima traccia prettamente musicale e in cui emergono tutti gli aspetti più canonici della proposta, la seconda tracia lascia invece spazio a synth (anche questi scelti con molta cura) e voce, chiudendo così una prima parte molto evocativa. Con il brano degli StarGazer si passa da oscure cripte piene di libri, pietre e candele ad un contesto fatto di supernove, molecole e galassie. Gli australiani sono infatti dei maestri nel ricreare determinate atmosfere, ed è un peccato che nonostante gli oltre vent'anni di attività non godano delle giuste attenzioni. Tra le principali influenze di uno dei gruppi più amati di recente, quali i Blood Incantation, il trio regala un brano di qualità perfettamente in linea con quanto fatto in precedenza. Mettendo sempre in risalto gli splendidi giri di basso (rigorosamente fretless) di The Great Righteous Destroyer, il “black/death” dei tre si apre ancora una volta a soluzioni progressive andando a mettere da parte l'aspetto più violento della proposta con l'utilizzo di arpeggi, tastiere e di una struttura sempre in movimento e mai costruita su schermi precisi. I tempi cambiano di continuo così come i momenti si alternano guidati dalle melodie di chitarra, sempre in grado di regalare riff interessanti e piacevoli da ascoltare. Come per le altre uscite, anche questo brano si fa notare anche per la scelta di suoni e della produzione, ormai un marchio di fabbrica (la voce e gli effetti, il suono del basso, la distorsione delle chitarre, il lavoro sulla batteria). Insomma, sarebbe stato un peccato (ri)perdersi questo split tra due dei gruppi più coinvolgenti e capaci degli ultimi anni.
Illuminated Manuscripts – Umwelt (Xenoglossy Productions, 2020)
Tracklist:
1. Umwelt I
2. Umwelt II
3. Umwelt III
Formazione:
Kobold (Tutti gli strumenti)
A pochissimo tempo di distanza dallo split con Quilmoloncm di cui abbiamo parlato nel secondo episodio della rubrica, Kobold torna a farsi sentire con il suo progetto registrando Umwelt, demo di tre brani ancora una volta incentrati su u concept affascinante e “fuori dagli schemi”. Ormai lo avrete capito, le uscite della Xenoglossy Productions tutto sono meno che curiose, non solo sotto l'aspetto prettamente musicale ma anche sotto quello lirico/tematico. Umwelt è incentrato, e se vogliamo dedicato, alla figura di Jakob Johann von Uexküll (1864-1944), filosofo, zoologo e biologo tedesco/estone tra i pionieri dell'etologia, dell'ecologia e che inserì la nozione di ambiente/umwelt (inteso come la sfera in cui l'animale vive ed è considerabile come un mondo a parte, “nascosto” quasi) in ambito biologico. Come avvenuto per il lavoro precedente, non dovete aspettarvi soluzioni progressive o esagerate, dato che la proposta non punta a “ricreare” qualcosa di riconducibile ad un fatto narrato, ma si punta sempre su uno stile più “riflessivo”; e funziona, perché cambiando leggermente approccio, il nostro orienta lo stile su tempi meno sostenuti e più controllati. Pur restando in qualche modo legato a radici black, i brani qui presenti prendono a piene mani dal doom, andando così a rendere i pezzi più cupi ed esaltando un tipo diverso di pathos. Un perfetto esempio lo si ha con la seconda traccia, Umwelt II, in cui il climax raggiunge il suo apice e l'atmosfera si fa quasi inquieta. Un leggerissimo cambio che però non fa assolutamente perdere di intensità ai riff, sempre in grado di ipnotizzare l'ascoltatore attraverso la scelta dei suoni, di produzione e a delle leggere variazioni a cui contribuisce una batteria dal taglio prettamente ritmico e che quindi si mantiene su tempi molto controllati. Se le precedenti uscite vi avevano colpito, allora non potete non dare un'occasione al nuovo lavoro targato Illuminated Manuscripts, che vi suggeriamo di accompagnare con la lettura di Ambienti animali e ambienti umani del buon Jakob Johann von Uexküll.
Fetishism – Fetishistic Adoration of Death (Red Door Records, 2020)
Tracklist:
1. Serpent Soul
2. Death is the Key
3. An Act of Treason
4. Inner Monasteries & Graves
Formazione:
ToD (Voce, tutti gli strumenti)
Sappiamo solo che è tedesco e che il lavoro, inizialmente registrato nel 2012 in poche ore, esce soltanto adesso (1 agosto 2020) per la Red Door Records. Per il resto, tutto quello che riguarda il progetto Fetishism e la qui presente demo intitolata Fetishistic Adoration of Death è veramente poco. Non dovrebbero esserci altre uscite precedenti, e dietro il progetto abbiamo il misterioso ToD, che i occupa di tutti gli strumenti, voce compresa. Quello che sappiamo è che le idee qui presenti non lasciano indifferenti gli amanti della musica più fuori controllo e degenerata. Per intenderci: se dovessimo descrivere in pochissime parole la proposta del tedesco, potremmo descriverlo come una versione schizofrenica e malata degli Urfaust più rituali. L'iniziale Serpent Soul inizia a rendere chiaro il tutto con atmosfere fatte da rumori, voci in sottofondo e una registrazione tutt'altro che curata. Nonostante questo, funziona e si capisce subito quale sia l'intenzione del musicista. Ciò che emerge andando avanti con l'ascolto è come il nostro abbiamo unito il black metal al drone, tanto che in alcuni punti sembrano irrompere i Sunn O))) di Oracle, al dark ambient, cosa che in un contesto simile esce in modo del scontato e alle soluzioni ritualistiche degli Urfaust a cui accennavamo prima. Il tutto senza che vi sia una costruzione coerente del pezzo, ed è questo che rende interessante e ripugnante al tempo stesso la proposta; interessante perché il mix, se siete amanti di sonorità simili, piacerà e non lascerà indifferenti davanti alle soluzioni vocali scelte o davanti a dei bassi (non ci si riferisci solo allo strumento, ma in generale) che gracchiano di continuo. Parlare di riff sarebbe poi superfluo, dato che le chitarre servono solo a fare da collante e ad enfatizzare un'atmosfera che va detto, rispecchia in modo perfetto il titolo del lavoro. Sicuramente di difficile approccio, ma non per questo da lasciar stare, anzi...
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Non avevo mai ascoltato questo split degli StarGazer, molto interessante! Dovrebbe uscire il loro nuovo album verso fine anno. |
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sullo split Heresiarch/Antediluvian ho sentito ottimi pareri, ma per qualche motivo era sfuggito alla mia lista di roba da ascoltare. ora vi è rientrato di prepotenza grazie Marco come sempre per l'impegno e la dedizione, sia lodato il Capro |
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