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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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FATAL PORTRAIT - # 43 - Rhapsody of Fire
07/10/2021 (2114 letture)
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Mi incammino. Il cappuccio sulla testa mi difende solo parzialmente dagli insulti del pubblico accorso. Sento urla e schiamazzi di sdegno. Lo sgherro che mi accompagna non è magnanimo col mio braccio. Quattro gradini marci mi separano dalla fredda lama del boia. Fra chi ride, chi lancia frutta marcia e chi afferma che me la sono cercata, mi rendo conto che la fine è vicina. In fondo ho osato troppo. Come si può fare il Fatal Portrait di una band che nella sua carriera ha realizzato quasi solo concept album? Anzi, vere e proprie saghe! E rimembrando dolci ricordi riesco quasi ad estraniarmi dal frastuono che mi circonda, perché adesso il pensiero va proprio a loro, ai Rhapsody! E risuonano nella mia testa mirabolanti suite fantasy, cavalcate poderose, composizioni medievali... e ripenso che è grazie a loro se tanti adolescenti hanno cavalcato draghi alati, tenuto conversazioni con elfi e folletti, attraversato boschi incantati e condotto tante altre avventure immaginarie. Ma basta rimuginare! In ginocchio, mi appresto a fare la stessa fine del tronco mozzato sul quale poggio la testa. Prima di capitolare sotto la spada affilata, il pensiero non può che andare al motivo che mi ha condotto qui: i 15 brani dei Rhapsody che mi hanno fatto sognare.
1. Flames of Revenge L’album d’esordio Legendary Tales apre la Emerald Sword Saga. Essa narra le gesta del Guerriero di Ghiaccio, il quale va alla ricerca della spada di Smeraldo, unica arma in grado di sconfiggere l’oscuro Signore Akron. Ha inizio il racconto leggendario ma ha inizio anche la leggenda della band triestina. L’impatto è destabilizzante: da subito ci si rende conto di avere a che fare con un qualcosa di mai sentito prima. Tematiche e musica fanno pensare alla colonna sonora di un film fantasy. I ritmi serrati della sezione ritmica e le chitarre elettriche si fondono sapientemente alla musica classica che fu di Vivaldi e Paganini. Ne nasce un power metal maestoso, barocco e medievaleggiante denominato Hollywood metal. E la cavalcata epica Flames of Revenge, sulla quale il guerriero brama vendetta per la principessa Airin, documenta la nascita del “nuovo genere”. Una cavalcata speed symphonic/power in pieno stile Rhapsody. Le tessiture strumentali di Staropoli e le saettate di Turilli (lo scambio di assoli fra i due compositori della band diverrà autentico marchio di fabbrica dei primi Rhapsody) e soprattutto il solenne ritornello in crescendo cantato a squarciagola da Fabio Lione sono da tramandare ai posteri e sono solo alcuni degli elementi nobili presenti in questo variegato brano. Nonostante una produzione non ancora ottimale e uno stile acerbo, Flames of Revenge rimane un pezzo secolare. Immensa.
2. Land of Immortals Prosegue il viaggio del guerriero, il quale necessita delle Tre Chiavi della Sapienza per ottenere la Spada. Land of Immortals è una traccia vincente sotto tutti i punti di vista, poiché possiede tutte le principali caratteristiche di Legendary Tales. È anche l’esempio migliore per concepire il peso specifico delle orchestrazioni nella musica dei Rhapsody. C’è proprio tutto! Si va dall’uso degli archi al basso “halloweeniano”, in quella perfetta commistione fra strumenti rinascimentali e compattezza metallara. La chitarra neoclassical di Luca Turilli e le tastiere classicheggianti di Alex Staropoli si scontrano ancora una volta, con scambi di assoli rapidi ed inglobanti. Infine il punto esclamativo lo mette la voce fenomenale e teatrale di Fabio Lione, artefice di un ritornello che ognuno di noi ha cantato almeno una volta nella vita. Eterna.
3. Emerald Sword Un anno dopo Legendary Tales, i Rhapsody si trovano nella difficile condizione di dover bissare il successo dell’esordio. Lo fanno senza batter ciglio. Non solo: Symphony of Enchanted Lands, oltre ad essere un capolavoro del symphonic power, contiene la canzone più conosciuta del gruppo triestino. Basta far partire la ciclopica intro di Emerald Sword per far dire all’amico di turno: “sì questa la conosco, che spettacolo!”. È infatti una canzone ascoltata da chiunque si sia mai avvicinato a questo genere. È una track rapida, dagli arrangiamenti intricati e dai tratti operistici marcati, con un ritornello magniloquente, pregno di cori. Fiati e archi vanno perfettamente a braccetto con la proposta speed (come sempre) ed il lavoro di Staropoli riguardante le orchestrazioni è veramente eccezionale. Peraltro è la traccia simbolo dell’intera saga. In tal senso il testo del chorus non lascia adito a dubbi sul destino del Guerriero di Ghiaccio: For the king for the land for the mountains For the green valleys where dragons fly For the glory the power to win the black lord I will search for the emerald sword. Semplicemente... perfetta.
4. Wisdom of the Kings Va bene, Emerald Sword è la canzone più conosciuta dell’album e dell’intera carriera del gruppo ma signori miei! La successiva Wisdom of the Kings è stupefacente. E per stupefacente intendo dire che è proprio una droga. Il sound è pressappoco quello della track precedente, ma le strofe catturano da subito e il chorus suscita profonde emozioni con quelle magiche tastiere di Staropoli a fare da sottofondo e gli immancabili epici cori. La sensazione di genuinità è qui tangibile, elemento che col passare del tempo si andrà affievolendo, soprattutto nelle prove vocali di Fabio…. Lasciatevi trasportare dal suo racconto, non ve ne pentirete! Magnifica.
5. Eternal Glory È sicuramente la traccia che rispecchia meglio l’album. Il consueto chorus maiestatico su una ritmica rapida si contrappone ai tanti sbocchi ariosi presenti. Passaggi “hollywoodiani” che andranno a caratterizzare la titletrack. In effetti su Eternal Glory, a partire dall’intro, si respira aria da colonna sonora e vi sono tanti stacchi in tal senso, espressi al meglio dal dolce canto di Lione sul bellissimo bridge e da inserti dai tratti pseudo-operistici/folk. E poi c’è quel botta e risposta fra Alex e Luca dopo il rallentamento che è una vera goduria. Il finale classicheggiante e medievaleggiante chiude il cerchio. Totalizzante.
6. Dawn of Victory Se dovessi citare un disco dei Rhapsody che ha messo “a repentaglio” l’elenco dei 15 brani non avrei dubbi: Dawn of Victory. Semplicemente perché, per la bellezza insita nelle singole tracks le avrei inserite tutte o quasi, peraltro il disco è il cuore pulsante della Emerald Sword Saga. La titletrack è arrivata in mio soccorso! Innanzitutto è il momento dello scontro, qui si esalta la liberazione della città di Ancelot. In seconda analisi è uno degli inni più suonati dal vivo e il motivo è presto detto. Qui si poga di brutto! È una cavalcata furiosa sorretta da una sezione ritmica di livello, dal neonato duo Lotta/Holzwarth. Il tappeto sonoro di Staropoli è determinante e supporta uno dei chorus più imponenti della storia. Il grido Gloria, gloria perpetua in this dawn of victory risuona ancora forte nelle nostre orecchie. La ciliegina sulla torta è quel fantastico letto di tastiere dopo l’assolo funambolico di Turilli, su quel bridge cantato in maniera superba da Lione risiede l’essenza del brano. Sublime.
7. Holy Thunderforce A distanza di ventuno anni il videoclip di Holy Thunderforce non può far altro che strapparci qualche sorriso, ma la musica continua a farci godere ed in un certo senso, col senno di poi, si denota anche un leggero cambiamento nella proposta dei nostri. La voce di Fabio diventa aggressiva poiché il testo di Turilli lo richiede, esaltando quella rara capacità interpretativa posseduta dal cantante pisano. La prova vocale viene scandita dai rintocchi della batteria, strumento veramente centrale durante il pezzo. I refrain e le strofe sono dirette, disarmanti e sfociano a estuario nel grandioso chorus. Le svisate vengono ridotte, anche se la chitarra solista si prende la scena sul solo dagli echi “malmstiani” che come di consueto si alterna al fulminante stacco di tastiere di Staropoli. Le orchestrazioni vi sono ma fanno da semplice contorno, poiché surclassate dall’impeto delle ritmiche. Infuocata.
8. The March of the Swordmaster Power of the Dragonflame chiude alla grandissima la Emerald Sword Saga. La storia si fa veramente avvincente e lo scontro finale fra il Guerriero di Ghiaccio e Akron è alle porte. L’avvicinamento alla battaglia decisiva è raccontato in questo avvincente mid-tempo, col quale i Rhapsody chiariscono di essere in grado di rallentare catturando comunque l’attenzione. Anzi, essendoci un solo (innocuo) intermezzo strumentale si riesce a seguire meglio “la marcia del maestro di spade”, narrata solennemente dal cantastorie Lione. Gioia e speranza fuoriescono dal chorus, tanto che sembra di trovarsi di fronte ad un’antica ballata tramandata da secoli. Il retrogusto folk donato dai violini ricorda le composizioni cinquecentesche e si sposa bene al contesto. Un pezzo equilibrato e ben strutturato. Soave.
9. Gargoyles, Angels of Darkness Una suite variegata di 19 minuti divisa in 3 parti, per spiegare la Emerald Sword Saga, che si conclude con una pronosticabile sconfitta di Akron, seppur con qualche sorpresa finale. Con voluminosi cori, ricche orchestrazioni e una produzione mastodontica, i Rhapsody portano a termine la colonna sonora del proprio racconto, tanto che qualcuno, da Power of the Dragonflame in poi, parlerà di film-score metal. È anche il tripudio della classe immensa di Turilli. Il chitarrista e compositore, ispirato come non mai, mostra tutto il suo repertorio fra arpeggi latineggianti, refrain esuberanti e assoli “mostruosi”, omaggiando i salvatori e protagonisti del pezzo, i Gargoyles. Nonostante la durata, il pezzo non perde mai d’intensità anche se la prima parte, “Angeli di pietra mistica”, musicalmente è sicuramente la più importante: magistrale e tenebrosa con un basso pulsante ad enfatizzare questo secondo aspetto. I momenti migliori sono i raffinati intermezzi strumentali (merito della solita delicata mano di Staropoli) e lo stacco in lingua italiana profuso fra di essi. Quest’ultimo è indimenticabile, poiché raggiunge un’enfasi difficilmente riscontrabile in altre opere. Imperiale.
10. Unholy Warcry Con Symphony of Enchanted Lands II ha inizio la nuova saga: The Dark Secret. Siamo in tempo di pace ma il settimo libro del potente Nekron, nascosto nelle cave di Dar-Kunor, rischia di far piombare il mondo nel terrore. Qualcuno deve trovare il libro nero e l’unico in grado di farlo è Dargor. L’imponente ritornello di Unholy Warcry sintetizza ciò appassionatamente. La band sembra sempre più alla ricerca del giusto sottofondo, quello adatto a reggere la narrazione: la collaborazione col compianto Cristopher Lee ne è la prova. In ogni caso i Rhapsody sfornano una track pressoché perfetta: l’unico neo è l’assolo di Turilli, il quale sembra voler dimostrare qualcosa o emulare qualcuno, ma il resto è da pelle d’oca, di un’altisonanza incommensurabile. Ambiziosa.
11. The Magic of the Wizard’s Dream Proprio pochi giorni fa, in occasione del diciassettesimo anniversario della registrazione di questa canzone, Fabio Lione ha pubblicato sul suo profilo facebook un dolce ricordo, una richiesta di Cristopher Lee: Sai, non sono eterno, in vita mia ho fatto molte cose ma ho sempre avuto il sogno di cantare, faresti questo per me? Faresti una canzone assieme, mio amico tenore?. Forse nemmeno il celebre attore britannico immaginava il capolavoro che ne sarebbe venuto fuori. The Magic of the Wizard’s Dream è infatti una ballata stupenda, col momento di maggior pathos proprio nel duetto/ritornello. Il vocione di Lee viene sovrastato dall’“amico tenore”, che qui dimostra tutta la sua classe con un performance da tramandare ai posteri. Se non la più bella canzone dei Rhapsody sicuramente la più emozionante. Lacrime e applausi. Toccante.
12. Guardiani del Destino È vero, il primo amore non si scorda mai! Per questo Lamento Eroico, primo pezzo in lingua italiana, rimarrà per sempre nei nostri cuori. Guardiani del Destino però è un brano clamoroso, di un’intensità pazzesca. È una ballata sfarzosa composta dal solo Turilli, non a caso è espressione dei gusti e del lavoro minuzioso del chitarrista della band, il quale si serve dell’enorme Bohuslav Martinů Philharmonic Orchestra per raggiungere la perfezione. L’orchestra incute rispetto e timore, producendo sonorità degne di un colossal. In tal senso il finale è il massimo del piacere. Infine, riallacciandoci al discorso iniziale, è da assaporare la stupenda interpretazione di Lione, interamente in lingua madre. Monumentale.
13. Old Age of Wonders La prima volta che ascoltai questo duetto fra Fabio Lione e Cinzia Rizzo ebbi un sussulto. Un po’ perché mi ricordava la seminale Forest of Unicorns (madre di tutti i brani dei Rhapsody dallo stile minimal), ma in gran parte perché il chorus a due voci di Old Age of Wonders è veramente stupendo. In un album come Triumph or Agony, ritenuto dalla critica inferiore ai precedenti, vi è racchiusa questa filastrocca elfica da ascoltare ogni notte prima di andare a dormire. Le voci celestiali trasportano in un mondo fantasy sognante e il flauto di Manuel Staropoli sembra provenire da un luogo remoto e incantato. Paradisiaca.
14. A Voice in the Cold Wind La Dark Secret Saga si conclude con due ottimi album come The Frozen Tears of Angels e From Chaos to Eternity, entrambi prodotti dalla Nuclear Blast. Due dischi compatti, dai tratti oscuri, dove spiccano le generali atmosfere plumbee e infernali piuttosto che le singole tracks. Nonostante ciò, arriva la scissione annuciata: Luca Turilli se ne va per la sua strada e i Rhapsody (of Fire) devono riorganizzarsi. Il duo Lione/Staropoli vuole tornare al symphonic power che ha reso la band unica e inarrivabile nel proprio campo. In tal senso Dark Wings of Steel è una sorta di prova, un disco di passaggio, mentre su Into the Legend, Alex ha le idee molto chiare. Egli si prende le chiavi dello studio e ci si chiude dentro realizzando un album dai suoni perfetti. Inoltre coinvolge diversi musicisti e coristi, affianca la dotata soprano Manuela Kriscak a Fabio Lione e per quanto riguarda l’orchestra si affida totalmente alla direzione del maestro Vito lo Re. Ne viene fuori un album costernato da suoni spettacolari e lapidari, con sinfonie che lasciano esterrefatti. A coronare il ritorno in pompa magna del 2016 ci pensa A Voice in the Cold Wind. Fabio offre una prova dorata su registri a lui cari, tornando a fare emozionare come non succedeva da anni. Il chorus risuona altissimo come ai vecchi tempi. Staropoli prende il pallino del gioco organizzando un arrangiamento meraviglioso; gli innesti di fiati del fratello fanno il resto, anzi sono il vero asso nella manica. Infatti il flauto dolce di Manuel fa scorrere più di un brivido lungo la schiena. Stellare.
15. Warrior Heart Come si dice? Squadra che vince non si cambia? In verità la volontà di cambiare non c’era da parte di Staropoli (o forse sì?). Sta di fatto che dopo l’egregio Into the Legend avviene il patatrac. Alex Holzwarth e Fabio Lione, con incredibile sconcerto di molti, lasciano la band e vanno a riabbracciare il fuggitivo Turilli formando i Turilli/Lione Rhapsody. Nasce una sorta di duello a distanza fra loro e il nucleo originario della band, dove rimangono Roberto de Micheli alla chitarra, Alessandro Sala al basso e ovviamente Alex Staropoli. Quest’ultimo, con le medaglie sul petto di chi è sopravvissuto a svariate battaglie e la carica di leader indiscusso del gruppo, non si dà per vinto. Assolda il batterista Manu Lotter e il cantante Giacomo Voli per rimpiazzare i fuoriusciti e decide coraggiosamente di intraprendere una nuova saga, la Nephilim’s Empire Saga. I testi sono ottimi nonostante non sia più Turilli a scriverli. Giacomo, fra lo stupore generale di tanti, si dimostra versatile e riesce ad essere estremamente intenso sulle ballate, grazie al suo timbro delicato. Su Warrior Heart risulta sontuoso, merito anche di un accompagnamento asciutto che non copre la sua voce, come invece avviene in altre occasioni. Le tastiere del mastermind, il quale ormai fa il bello e il cattivo tempo, risultano autentiche protagoniste della canzone (e del platter), ma lo zampino del flauto di Manuel riaffiora a più riprese disarmando l’ascoltatore. Ad ogni modo il racconto di Voli rimane l’aspetto migliore, anche perché avviene su di un testo che definire commovente è poco. Forse il modo migliore per descriverlo sono le paroli finali: And once in a while there’s no shame in tears (E una volta ogni tanto non c’è vergogna nel piangere). Sorprendente.
CONCLUSIONI
Sono stati amati e odiati, idolatrati e sbeffeggiati, premiati e bocciati, talvolta persino derisi. È il gruppo metal italiano più conosciuto all’estero (assieme ai Lacuna Coil), uno dei pochi ad aver travalicato i confini (non solo geografici) e ad avere avuto un ruolo chiave e determinante nella definizione di un genere. Su di loro si è detto tutto e l’opposto di tutto, ma una cosa ci siamo sempre dimenticati di fare: ringraziarli per le emozioni che ci hanno donato in questi anni. Perciò, nel mio piccolo, grazie Rhapsody!
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mi ricordo ancora quando ascoltai per la prima volta il loro debutto. Album fantastico. I primi quattro lavori mi piacciono davvero un sacco e li riascolto volentieri, invece gli album successivi li trovo troppo pomposi e abbastanza monotoni. |
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Grande band, conosciuti subito con il loro debut e sempre seguiti. I primi 4 album qualcosa di strepitoso! |
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Vorrei dire tante cose, sono tra le mie band preferite in assoluto e mi verrebbe da menzionare tante altre canzoni, ma queste scelte raccontano già bene il gruppo (anche se dispiace non vedere niente da Frozen Tears e From Chaos, ma vabbè). Non sono d'accordo sull'assolo di Unholy Warcry però, per me è bellissimo! |
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I primi sono ottimi dischi e, come scritto, hanno definito un genere, che per una band Italiana è un super traguardo.
Rispetto agli ultimi dischi però, preferisco l’ultimo della coppia Turilli/Lione, che suggerisco a tutti gli amanti del power indipendentemente che ascoltassero i Rhapsody o no. Gran disco.
Ma Rhapsody e Lacuna Coil vanno omaggiati perché sono riusciti in quello che in molti pensavano fosse impossibile. |
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Anche se non c'entra niente devo dire che il Fatal Portrait non è mai stata la mia rubrica preferita del sito, ma poi va a finire comunque che la leggo molto spesso. Ma questo è un mio problema, sia chiaro. Zero spirito critico verso Metallized. In questo caso direi che ci sono almeno 7 / 8 pezzi che nessuno potrebbe omettere. Gli altri sono variabili in base ai gusti e mi fa piacere trovare Warrior heart che, come già scrissi commentando la recensione dell'ultimo ottimo album, è un piccolo gioiellino. Le critiche sulla ripetitività o mancanza originalità di cui sono spesso oggetto i Rhapsody le trovo, come sempre in questi casi (stesso discorso quando si parlava di AC/DC, Motörhead o altri 100 gruppi) sterili e inutili. Loro questo fanno e lo sanno ancora fare benissimo per quanto mi riguarda. Se mi è consentito suggerirei di concedere un ascolto a Speranze e amor, versione italiana di Shining Star (da Into the legend). Nella nostra lingua merita davvero, certo probabilmente non al punto da rientrare in questa top 15 ma, insomma, una possibilità non si nega a nessuno 🍻✌️ |
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X Rob, Ahah, l'ho scritto per ridere in riferimento all'articolo. Ottima band, figuriamoci, li vidi pure dal vivo ad un God's of metal. Non sono il mio genere, quello no. Il primo mi piace perché è quello meno Rhapsody se vogliamo. Non ancora così colonna sonora come lo saranno i successivi. La pomposità, l'epicità legate a questo contesto fantasy hanno smesso di affascinarmi da decenni. |
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Urca @Galilee. Come si suol dire "l'hai toccata piano". Però adesso son curioso del perché visto che più di una volta mi son trovato d'accordo con te (e per la dritta sui SIXX AM non ci saranno mai abbastanza "grazie") |
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10
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I primi due dischi sono dei capolavori,poi hanno sempre sfornato albums di grande livello(Triumph or Agony l 'unico mediocre). Difficile per me scegliere dei brani in particolare ma bisogna dare merito a una band che ha fatto grandi cose soprattutto in passato. La coppia Turilli-Staropoli incredibile dal punto di vista compositivo e poi su tutto la voce splendida di Lione...grande nostalgia di quel periodo. |
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9
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La formazione classica era allucinante. Gruppone con la G maiuscola |
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Cocomeri marci come se piovesse. Band che oltre al secondo disco non sono più riuscito a sopportare. Ed ora non digerisco neppure quello. Solo l'esordio salvo dal crudele ed inesorabile trascorrere del tempo e quindi anche le due prime canzoni citate. |
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7
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Spinto dall'articolo ho rispolverato l'intera discografia. Legendary Tales è oggi come 25 anni fa una botta assurda. Il mio preferito. A mio avviso, dalla lista manca "Forest of Unicorns", ma vabbè. Piuttosto mi fa riflettere per l'ennesima volta sul masochismo degli italiani. Cioè ci rendiamo conto che qualcuno criticava pesantemente un gruppo simile? Ma come si fa?!? E non era gente dedita alla musica da discoteca, punk o neomelodici. Si trattava di soggetti che si professavano metallari. Maddai... |
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Legendary Tales è il top dei top, inimitabile disco, a cui sono seguiti buoni album, ma il piano è inclinato e si va in discesa... |
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Dei Rhapsody ammiro di più le prime cose, comunque tanti auguri a Fabio Lione che oggi compie gli anni |
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@blackiesan74 Ciao!!! Grazie mille per la segnalazione . Sì, ho proprio sbagliato a scrivere. Di certo l'album non è addolorato Lol! |
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3
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bellissimo articolo, che restituisce le emozioni suscitate dai Rhapsody. Mi permetto solo di far notare che un album non è "costernato"; non so cosa volesse scrivere il recensore (probabilmente "costellato"), ma questo verbo ha tutt'altro significato. |
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Quando ero nella squadra di Metallized avevo iniziato a scrivere il fatal portrait dei Rhapsody, poi non concluso per questioni personali, almeno per metà dei pezzi siamo d'accordi, i classici sono d'obbligo, per gusto personale avrei messo Power Of the dragonflame, Lamento Eroico e Reign of Terror, ma siamo comunque d'accordo! Certo che i primi quattro dischi sono davvero belli, ed i primi due in particolare seminalil ed emozionanti... ah che bei tempi |
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1
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Incipit meraviglioso Appena possibile mi prendo il giusto tempo e lo leggo tutto d'un fiato. |
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