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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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FATAL PORTRAIT - # 44 - Virgin Steele
28/11/2021 (1936 letture)
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Assoluti protagonisti del filone epic metal nell’arco di quasi quattro decenni, i newyorkesi Virgin Steele rappresentano più di chiunque altro la parte colta del panorama metallico. Vengono citati spesso in contrapposizione ai più celebrati Manowar, responsabili questi ultimi, secondo certa critica, di una proposta musicale piuttosto rozza e pacchiana. In effetti le due band, pur avendo di fatto analoghe origini artistiche, sono agli antipodi dal punto di vista dell’approccio compositivo, non si può negare; è però altrettanto vero che siamo di fronte a due eccellenze dell’heavy metal e ogni tentativo di confronto è destinato pertanto a rimanere un puro e stucchevole esercizio di stile. Fondati nel 1981 dal chitarrista di estrazione R&B Jack Starr e dal batterista Joey Ayvazian, i Virgin Steele definiscono quasi subito un loro personale stile fondato su una sapiente miscela di metal epico e sinfonico, su una spiccata teatralità e su erudite ispirazioni classiche. Figura chiave e leader incontrastato diviene ben presto il cantante David DeFeis, la cui passione per i miti e le leggende dell’antichità dominerà il comparto lirico di quasi tutta la discografia della band. Irrimediabilmente sminuito da cotanto carisma, Jack Starr abbandonerà dopo soli due album lasciando il vocalist completamente libero di plasmare la creatura Virgin Steele a proprio piacimento. Come per tutti i gruppi così longevi, non è facile scegliere le tracce più belle e rappresentative. La selezione che segue intende coprire quanto più possibile l’arco della loro carriera, di conseguenza dischi contenenti fior di capolavori (chi ha detto Noble Savage?) saranno rappresentati da un paio di canzoni al massimo.
1. Guardians of the Flame Il secondo album Guardians of the Flame, del 1983, si può a tutti gli effetti giudicare come il vero punto di partenza dell’epopea dei Virgin Steele e di quello stile epico e raffinato che sarà il loro marchio di fabbrica negli anni a venire. Pochi dubbi che il brano più rappresentativo sia proprio la title track, sei minuti irresistibili ed innovativi (per l’epoca) nei quali DeFeis e compagni mettono in chiaro chi hanno intenzione di diventare e l’importanza che rivestiranno nel genere epic. Una splendida melodia dall’andamento solenne e puramente heavy si evolve, dopo un ottimo assolo di Starr, in una cavalcata notevole, ma non ancora all’altezza di quelle che i nostri proporranno nei lavori successivi. La spiccata vena teatrale del leader, che alterna una voce stupenda ed evocativa a delle urla in falsetto che diverranno un vero e proprio marchio di fabbrica, è già matura per i capolavori che seguiranno. Il chitarrista invece, discorde sulla strada artistica da intraprendere, lascerà subito dopo l’uscita del disco e venderà il monicker al frontman dopo aver vinto la relativa causa legale. Da quel momento in poi la creatura Virgin Steele sarà la diretta emanazione della genialità e del talento di David DeFeis.
2. We Rule the Night Volendo stilare una ipotetica lista degli album più belli degli anni ottanta, Noble Savage sarebbe certamente fra questi. Arruolato il dotatissimo chitarrista Edward Pursino, De Feis sforna il perfetto disco epic, compagno e contraltare allo stesso tempo dell’altrettanto leggendario Kings of Metal dei Manowar di due anni dopo. We Rule the Night è uno dei brani simbolo del decennio, superbo inno di ribellione giovanile e possente cavalcata senza tregua e senza respiro, autentico manifesto della band in quegli anni. Sezione ritmica da urlo e riff di chitarra di pregevole fattura accompagnano un De Feis semplicemente maestoso. Nessuna vena progressive, nessun cambio di tempo, nessun innesto sinfonico, solo puro e sano heavy metal, diretto, epico ed allo stesso tempo di qualità artistica eccelsa. Grandissimo opener per un grandissimo album.
3. Noble Savage Compendio assoluto dell’arte di suonare metal, Noble Savage è di buon diritto una delle migliori canzoni degli eighties. Una regale e tremendamente raffinata introduzione libera il leonino DeFeis cantore del mito del “buon selvaggio”, che narra di come l’uomo in origine fosse un animale pacifico, ma divenuto in seguito malvagio poiché corrotto dalla cosiddetta civiltà. Gli splendidi assoli di Pursino si dipanano lungo tutta la lunghezza del brano, il basso pulsante di O’Reilly e la precisa batteria di Ayvazian creano una base “nobile” e raffinata. Dopo cinque minuti ecco un inaspettato cambio di tempo che trasforma il furioso andamento in una meravigliosa melodia stracolma di espressività e pathos, con il falsetto di DeFeis a porre la classica ciliegina sulla torta di un pezzo storico. È il trionfo del ritorno alle origini, il nobile selvaggio ha battuto il male, la pace e la speranza regnano finalmente su uomini e animali.
Never, never surrender Oh, the power, the glory is yours My kingdom, on high, again Can you see me? I’m with you now …
4. The Burning of Rome (Cry for Pompeii) Pur essendo certamente un ottimo platter Age of Consent, datato 1988, si colloca un gradino al di sotto dell’illustre predecessore. Non che manchi la qualità, ci mancherebbe, è piuttosto l’originalità rispetto a Noble Savage a venire leggermente meno. Insomma, forse in qualche maniera con quest’album i Virgin Steele hanno un po’ vissuto di rendita, pur trattandosi beninteso di una grandiosa rendita. Ciò è vero per quasi tutte le tracce in esso contenute. Appunto, quasi, poiché quella che più si discosta da tale ragionamento rappresenta l’essenza stessa dell’epic metal. Stiamo inevitabilmente parlando di The Burning of Rome (Cry for Pompeii), giustamente in cima alle preferenze dei fan vecchi e nuovi, di tutte le playlist dedicate al genere sulle riviste di settore, sui servizi di streaming e chi più ne ha più ne metta. Il motivo è presto detto: si tratta semplicemente dell’epica vera e propria tradotta in musica; non c’è appassionato che non conosca a memoria il clangore di spade che introduce il brano, i titanici riff di tastiere prima e di chitarra poi superbamente scanditi da una granitica base ritmica, la rutilante e maestosa voce di DeFeis menestrello di eroiche gesta, di passione e di morte, l’incomparabile assolo di Pursino. Una cavalcata continua e impetuosa da vivere con il fiato sospeso e con i brividi alla schiena per l’intera sua durata. Uno dei pezzi più importanti e rappresentativi di tutto il metal, senza dubbio.
When I die in your arms One child born to carry on One nation, one kingdom, one child survives I’ll meet you again through the eyes of our son Remember to tell him the price we had to pay And cry for Pompeii
5. Love Is Pain Incredibile a dirsi, ma Age of Consent si rivela un tale fiasco di vendite da far fallire l’etichetta SPV. Passeranno perciò quasi cinque anni affinché un altro album possa venire alla luce. Life Among the Ruins è un episodio a sé stante nella discografia dei Virgin Steele, una sorprendente miscela di hard rock e hair metal nella quale DeFeis, diplomatosi nel frattempo in composizione, dimostra di poter eccellere anche in territori non esclusivamente epic. L’album fa storcere il naso a molti appassionati e non è certamente annoverato fra i migliori della band; ciò nonostante non sfigura affatto nella loro discografia, anzi contiene diversi episodi meritevoli di menzione (Sex Religion Machine, I Dress in Black, Cry Forever, Last Rose of Summer). Fra essi la scelta ricade però su Love Is Pain, poiché parecchio differente dai tipici cliché dell’Acciaio Vergine, molto orecchiabile, quasi “commerciale” ma nello stesso tempo composto ed eseguito con una classe davvero notevole. È un brano il cui ritmo elevato e passionale si mantiene costante per tutta la durata, nel quale DeFeis interpreta la parte del perfetto vocalist AOR e che viene ulteriormente impreziosito dal solito magistrale assolo di Pursino. Gruppi che hanno basato l’intera carriera su questo tipo di musica non sono mai arrivati a tali mostruosi livelli.
6. I Will Come for You Nel 1994 i nostri, rimasti in tre, riprendono definitivamente il filo del discorso interrotto sei anni prima con un epic metal aggiornato, innovativo e più potente che mai. Il risultato è il celebre concept The Marriage of Heaven and Hell, ispirato al poema di William Blake e concepito in due platter nei quali le canzoni memorabili si sprecano. Fra queste vi è certamente I Will Come for You che ci introduce al mito di Endyamon ed Emalaith, due semidei il cui amore è ostacolato dagli Dei poiché da esso nasceranno due gemelli che libereranno il genere umano dalla soggezione divina. La melodia si sviluppa potente, veloce, metallica, si evolve poi nell’appassionato tema portante della saga con DeFeis commovente cantore di questa immortale storia d’amore e si chiude in maniera epica e trionfale così come si era cominciato (I will return).
7. Crown of Glory Seconda traccia della seconda parte di The Marriage of Heaven and Hell, Crown of Glory è uno degli episodi più belli e famosi della carriera dei Virgin Steele. Non vi sono sufficienti parole per descrivere la strofa introduttiva di DeFeis, dolce, appassionata e tecnicamente perfetta, che lascia ben presto spazio ad un riff fra i più epici e meravigliosi mai sentiti. La melodia si sviluppa successivamente in modo naturale e inevitabile verso il ruggente e spettacolare inciso; dopo un breve bridge di tastiere e chitarra il tema sorprendentemente cambia ancora ed un portentoso Pursino ci regala un lungo e splendente assolo che conduce al trionfale epilogo. È quasi incredibile la maestria della band nel realizzare opere di tale fattura rimanendo al tempo stesso orecchiabili ed estremamente raffinati, distanti anni luce da qualunque forma di barocchismo.
8. Emalaith L’elegante e passionale cantato del vocalist apre Emelaith, altro pezzo da novanta nella discografia del gruppo. Il refrain, estremamente coinvolgente, si alterna agli strutturati duetti di chitarra e tastiere che propongono variazioni della melodia portante del concept. Nei suoi dieci minuti si rivela essere una sorta di sunto di tutto The Marriage of Heaven and Hell, realizzato con estrema perizia tecnica e con il consueto eccellente gusto musicale. Endyamon riesce finalmente a raggiungere Emalaith e in quella terra dove ogni cosa ha una fine il loro amore sopravvivrà eterno e genererà la luce che salverà gli uomini.
9. Invictus Nelle note della sua Metal Opera del 2001 il folletto Tobias Sammet scriverà testualmente: “David DeFeis sounds like a lion”. Il cantante newyorkese sarà infatti fra i protagonisti della prima creatura targata Avantasia tre anni dopo aver dato alle stampe Invictus, ottavo album di studio e terzo capitolo della saga Marriage, da molti considerato il capolavoro della band. Il valore compositivo e lirico è in effetti eccelso e l’epica è presente come non mai, cristallina, quasi palpabile. La title track è probabilmente l’episodio più conosciuto del platter e dimostra in modo incontrovertibile che Sammet ha ragione eccome sul conto di DeFeis; questi ruggisce infatti feroce e instancabile per tutta la sua durata, palesandosi ancora una volta come assoluto fuoriclasse del metal. La band gira a mille, la base ritmica è precisa e violenta ed Edward Pursino si dimostra al solito efficacissimo nel coadiuvare il protagonismo dello strepitoso vocalist.
10. Sword of the Gods Sublime quanto minaccioso dialogo tra Endyamon e la Spada degli Dei scagliata da Giove in persona sulla terra per decapitare il protagonista, Sword of the Gods è l’ennesima dimostrazione che riguardo a sopraffino lirismo e drammatica epicità i Virgin Steele non hanno rivali. La stellare interazione fra chitarra e tastiere è ancora una volta uno dei loro punti di forza e in essa convivono tante di quelle idee da potervi ricavare interi album. Il celebre e magniloquente motivo centrale verrà ripreso e ulteriormente sviluppato in Agony and Shame, una dei migliori episodi del disco successivo.
11. Kingdom of the Fearless (The Destruction of Troy) Un passaggio quasi cinematografico introduce l’opener di The House of Atreus Act 1. Solo i Virgin Steele potevano permettersi di tradurre in musica un’intera opera di Eschilo (l’Orestea, trilogia delle tragedie Agamennone, Coefore, Le Eumenidi) e il risultato, neanche a dirlo, rasenta la perfezione. I due album che ne sono venuti fuori sono talmente unitari che è molto arduo individuarne le vette. Kingdom of the Fearless è certamente fra esse, cavalcata possente e inesorabile sulla distruzione di Troia caratterizzata da uno degli assoli più belli ed epici di Pursino e probabilmente del metal tutto. L‘inarrivabile maestà di questo brano, a distanza di tanti anni, non smette di lasciare a bocca aperta anche chi lo conosce a memoria.
Broken under lash and sword On the black horizon shine your graves Kingdom of the fearless, kingdom of Gods Light up the sky, light up the world as we run
12. Agony and Shame C’è poco da fare, in quegli anni i Virgin Steele giocano in un altro campionato talmente alta, qualitativa e al tempo stesso prolifica è la loro produzione musicale. Agony and Shame è l’ennesimo brano da incorniciare, roccioso, rutilante ed arrangiato con una classe immensa; il motivo portante, ripreso da Sword of the Gods, è fra i migliori mai scritti nell’ambito del metal epico. Con l’assassinio di Agamennone architettato dalla moglie Clitennestra per vendicare il sacrificio della figlia Ifigenia, la stessa Clitennestra ed il suo amante e complice Egisto potranno finalmente essere uniti nel loro amore, nella vita e nella morte e qualunque sia il loro destino potranno comunque aspirare alla felicità. La canzone sfocia infine senza soluzione di continuità nell’altrettanto splendida ed evocativa Gate of Kings che di fatto conclude il primo atto di The House of Atreus.
13. Flames of Thy Power (From Blood They Rise) The House of Atreus Act II è se possibile ancora più monolitico del predecessore e le sue composizioni sono mediamente meno dirette e più ostiche. La storia in esso raccontata è quella della tragedia Le Eumenidi, altro nome delle Erinni, dee della vendetta che processano Oreste, figlio di Agamennone, per l’assassinio della madre Clitennestra e dell’amante di lei Egisto ordinatogli dal dio Apollo. L’episodio più celebre e rappresentativo è probabilmente Flames of Thy Power che segue in toto gli stilemi del perfetto brano targato Virgin Steele. DeFeis alterna agili ruggiti al suo caratteristico falsetto in una cornice di chitarre e pianoforte che si rincorrono coadiuvate da uno strepitoso galoppo di basso e batteria. È di fatto uno degli episodi più orecchiabili ed esaltanti dell’intera discografia della band e verrà infatti scelto come pezzo iniziale della superba raccolta del 2002 Hymns to Victory.
14. When the Legends Die Posta verso la fine dell’opera dedicata alla stirpe di Agamennone, When the Legends Die è una ballata lineare ma al contempo così raffinata e di classe che merita a pieno diritto un posto fra le canzoni più indimenticabili della band. Oreste piange per i morti di Troia e chiede perdono per il male compiuto da suo padre e dalla sua gente, convinto che esso sia la causa della maledizione piombata sulla sua casata. Riuscirà alla fine, grazie al voto favorevole della dea Atena, ad ottenere l’assoluzione dalle sue colpe. Le note trasudano tragedia e dramma, Pursino è ancora una volta impeccabile e De Feis trasmette dolore ed intensità sia con il canto che soprattutto con i controcanti, talmente intensi da suscitare nell’ascoltatore un moto di autentica commozione.
I am burning say farewell Light the fire of a thousand lives Pain and slaughter, even Gods will lie When the legends die
15. Immortal I Stand (The Birth of Adam) Vision of Eden è un album difficile, dalle composizioni lunghe ed elaborate, certamente meno immediato dei cinque masterpiece che lo hanno preceduto e infatti fatica ad imporsi all’attenzione della critica e anche di una larga fetta di appassionati, complice una produzione poco all’altezza. Ma, come si suol dire, il tempo è galantuomo e restituisce al platter la considerazione che merita, grazie anche alla reissue del 2017 che se da un lato non aggiunge contenuti extra di nessun genere, dall’altro ha il merito di restituire una qualità sonora quantomeno decente. Vero è che non siamo ai livelli del passato e che in alcuni casi la prolissità regna sovrana, nondimeno sono presenti nella tracklist delle autentiche perle che impreziosiscono ulteriormente una discografia già di prim’ordine. Stiamo parlando soprattutto dell’opener Immortal I Stand, gigantesca cavalcata che mostra al mondo come i Virgin Steele abbiano ancora tanto da dire e da dare alla musica. Il fiero dialogo tra Dio ed Adamo viene musicato in una forma epica, originale e differente da ciò che la band ha realizzato fino a quel momento. L’atmosfera si fa cupa, la voce di DeFeis non è più quella di un tempo, ma riesce comunque a definire distintamente i connotati di un brano che probabilmente rappresenta il suo ultimo grande capolavoro. Nel resto del platter la leggenda sumera di Lilith, la prima moglie di Adamo, cacciata dall’Eden e scaraventata all’inferno a causa della sua ribellione nei confronti del marito, si dipanerà attraverso altre grandi canzoni seppur mai di questo spessore.
Immortal I stand, before God a man Immortal I am, your son to command I will reveal the flesh in your world
16. By the Hammer of Zeus (and the Wrecking Ball of Thor) Nel 2010 i Virgin Steele pubblicano il dodicesimo album e secondo capitolo della trilogia dedicata a Lilith. The Black Light Bacchanalia è di fatto l’ultimo grande disco dei nostri anche se i difetti riscontrati nel precedente sono in esso ancora più accentuati. Due fra tutti: la lunghezza delle canzoni, a tal punto da sfociare sovente nel tedio, e la voce di DeFeis, certamente non più all’altezza dei tempi migliori e non in grado in molti casi di conferire la giusta dose di epicità alle composizioni. Nonostante questo gli episodi da incorniciare non mancano, a cominciare dall’introduttiva By the Hammer of Zeus (and the Wrecking Ball of Thor), brano caratterizzato da ottimi riff e da una melodia senza dubbio vincente e che ben si adatta alle ridotte capacità vocali del frontman. Il risultato, grazie soprattutto al gran lavoro di Pursino, è decisamente apprezzabile, anche se si intuisce chiaramente che gli inarrivabili livelli di un tempo non torneranno più, come purtroppo confermeranno le seguenti e piuttosto deludenti pubblicazioni.
CONCLUSIONI Molti altri brani avrebbero meritato di fare parte di questa lista: da Noble Savage e dall’epoca che va dal primo The Marriage al secondo Atreus (quest’ultimo indubbiamente il periodo d’oro del gruppo) avrebbero agilmente trovato posto almeno altri sei o sette. Ciò che è importante comunque è che si sia resa almeno vagamente l’idea di cosa i Virgin Steele abbiano rappresentato nella musica popolare: un vero e proprio fenomeno unico destinato probabilmente a rimanere tale, sia per l’inesorabile declino del genere che soprattutto per gli irraggiungibili livelli epici, culturali e teatrali a cui i nostri hanno elevato l’intera loro opera. David DeFeis e la sua band appartengono di diritto all’olimpo dei più grandi, anche se troppo spesso non hanno ricevuto gli onori che avrebbero meritato. A noi appassionati, che all’inizio della nostra avventura nel mondo del metal non avremmo mai pensato di scoprire gli incredibili tesori che i Virgin Steele ci hanno regalato, non resta che raccoglierci in un sincero moto di gratitudine.
Under tortured skies From a land with no sun I will come for you
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Io ho tutti i loro studio album, persino Nocturnes ma il cofanetto Ghost Harvest non ce l'ho fatta a comprarlo, c'è un limite alla fedeltà verso un artista e non so cosa aspettarmi ora che sta rifinendo il vero nuovo album. Se non cercherà di strafare con gli acuti come in Nocturnes è già un passo avanti, Black Light bacchanalia pur non essendo un capolavoro almeno aveva un DeFeis più misurato vocalmente. |
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Bo, ma che dischi avete ascoltato. La produzione dei VS a me va benissimo così in ogni album. Visions of Eden solo faceva schifo, e infatti poi è stata corretta nel remix. Non hanno mai avuto produzione perfette, ma neanche così scandalose, alle mie orecchie suonano alla grande così, tranne Nocturnes che vabbe, è una produzione finta fatta al pc. |
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Visto che siamo in tema epico e mitologico…parliamo del tallone di Achille di una grande band ma che sostanzialmente e’ un progetto solista di DeFeis da sempre. La produzione. Credo che l’unico album prodotto veramente bene della loro discografia sia LATR (e non parlo di songriting ovviamente ma di produzione e mixaggio). Il problema della batteria scandalosa/elettronica comincio’ ahime’ molto presto, da wuando lascio’ Joey Avazian per la precisione. L’opener Symphony of Steele di Marriage 2 era gia’ un pessimo esempio. |
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A conti fatti, di album errato hanno fatto solo Nocturnes, che non è nemmeno un album ma una raccolta solista. Che poi le canzoni sono pure bellissime, ma prodotte al pc e cantate male, e per questo è un lavoro brutto. Ma credo non gli si possa dire nulla ai VS fino a The Black Light bacchanalia, che avrà pure i suoi difetti, ma resta un capolavoro, nonché il miglior album epic metal degli ultimi 10 anni. I dischi dei VS non sono robetta da ascoltare velocemente, è roba complessa, sono opere teatrali che vanno capite e assorbite nel tempo. Purtroppo dal 2011 è iniziata una fase strana per la band, DeFeis si è rincoglionito, ha litigato con i compagni di squadra e ha iniziato a fare tutto da solo. Però, se vediamo come stanno le cose, negli ultimi 10 anni sono uscite solo due raccolte, Nocturnes e il box Devil Moonshine. Per quanto riguarda gli album per non hanno mai sbagliato, anzi. Spero che col prossimo album ci sarà una band unita e un DeFeis conscio dei suoi limiti vocali odierni. Non lo dico perché è la mia band preferita da sempre, ma penso sia impossibile criticare un gruppo che per 30 anni ha fatto capolavori assoluti (e non parliamo di due o tre album, ma più di diceic consecutivi) e inimmaginabili per qualunque altra band nel mondo. |
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Quello che dici @Transcendence, mi spiace perché DeFeis è uno che la musica la conosce. Io stimo incondizionatamente chi conosce anche la teoria (chi ha parlato di André Matos diplomato al piano e direttore d'orchestra e chissà cos'altro). DeFeis potrà essere stato immortalato con lo spadone, a petto nudo, capelli corvini al vento, ma oltre a saper cantare sapeva comporre, sapeva suonare il piano, sapeva orchestrare. Insomma era ad un altro livello anche culturale. Mi spiace leggere che si è ridotto a quelle bassezze di cui scrivi (oltre a non saper più cantare). "Umano, troppo umano".
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Secondo me Nocturnal Hellfire conteneva dei pezzi che, se registrati con degli strumenti veri, con un cantante con ancora un pò di voce, e con una produzione degna, sarebbero risultati sicuramente migliori. Li squittii di De Feis e le varie problematiche ormai note, hanno fatto si che, probabilmente, quel disco sancisca la fine della band. Dovessero pubblicare altri dischi, li skipperò senza pensarci..purtroppo. |
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@ Rob Fleming: Non sono mai stato un fan di nessun gruppo taggato come "epic metal", ma ritengo questo gruppo fra i miei preferiti in questa nicchia. Se vuoi la mia opinione, da The Black Light Bacchanalia (2010) in poi non ti perdi molto. Ci sono state molte critiche anche da ex fan come puoi vedere nei commenti delle notizie e delle recensioni dei due album citati nelle schede del gruppo. Purtroppo, per motivi sconosciuti, oscuri o mai completamente chiariti, i Virgin Steele hanno avuto un enorme calo di popolarità, di attività live e anche in studio a partire da quegli anni per una serie di motivi su cui si sono fatte molte speculazioni non totalmente campate in aria (Frank Gilchriest, adesso nei Riot V, ha affermato di non essere stato pagato da David DeFeis per il suo lavoro in quegli album, venendo sostituito da plug-in di una workstation - una drum machine in pratica -, stranezze nella produzione come chitarre che sembrano registrate con controllori MIDI per tastiera - quindi da DeFeis stesso, visto che è anche tastierista -, e la produzione stessa di quegli album e di Visions of Eden è molto casalinga e smorza il sound rock/metal del gruppo) finendo a parlare addirittura di problemi alla voce di DeFeis stesso (i più fatalisti in queste pagine hanno parlato di un tumore alla gola, che se fosse vero, sancirebbe la fine della carriera di un cantante). C'è poi da aggiungere una cattiva promozione del gruppo nel web e nei profili Facebook (abbandonati a sé stessi da anni), risposte stizzite alle interviste (in cui DeFeis confutava in maniera troppo decisa alcune affermazioni), mattoni di oltre un'ora di durata (Visions of Eden = 79 minuti, The Black Light Bacchanalia = 76 minuti, Nocturnes of Hellfire and Damnation = 79 minuti, tra cui alcuni pezzi registrati con altre band di DeFeis e messe per allungare il brodo, Seven Devils Moonshine = box set di 5 dischi dalla durata totale di CINQUE ORE, sfido chiunque a sentirseli per intero di fila)... facendo i conti e sommando, ne viene fuori il profilo di una band in inevitabile declino, su cui concorderei. |
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Bell'articolo che prendo come scusa per "ripassare" quello che ho in casa (i primi tre, la trilogia del Marriage e i due Atreus). Ho sempre adorato l'epic che ho consumato mentre mi immergevo nella lettura di tonnellate di saghe fantasy. Da un certo punto di vista ritengo i Virgin Steele i migliori (Deliver us dei Warlord escluso) , ma mi rendo conto che alla fine conosco meglio i Manowar. Va a capire il perché... Di De Feis mi ha sempre stupito il suo essere "anomalo" nel panorama metallico: potente e acuto come da copione, ma anche sporco e graffiante il che non è usuale. Non conosco neanche una nota dell'ultima produzione e da un lato sarei curioso di ascoltare i "miagolii e squittii" di cui è accusato David. Ma dall'altro ho paura di rimanerci veramente male. E adesso sotto con il debutto (a suo modo molto più stradaiolo/urbano che epico) |
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Grande band, grandi liriche e cultura ai massimi livelli per un gruppo metal, qualcosa di più unico che raro in questo panorama (e non solo). Pur non essendo fan accanito (non ho mai ascoltato molti loro dischi), mi trovo ogni tanto a riprendere in mano certi brani tratti dai loro classici e sembra proprio di ascoltare qualcosa di mai sentito. Arte, da molti punti di vista, totalmente diversa dalla musica proposta dai Manowar, e fa strano vederli catalogati sotto lo stesso genere. L'emozione che De Feis trasportava nelle melodie era incredibile, cantante unico. |
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Che bello! Ho sempre voluto scrivere un Fatal Portrait su di loro ma li considero ostici per svariati motivi... Quindi complimentoni ad Enrico! Peraltro mi hai fatto ricordare un bel periodo della mia vita: mountain bike nei sentieri con in cuffia sempre e comunque Virgin Steel. |
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Uno dei miei gruppi preferiti, bellissimo articolo, se lo meritavano anche se purtroppo alcune scelte approssimative del Maestro non hanno fatto superare la prova del tempo a molte composizioni. I miei dubbi sulla produzione anche dei dischi più importanti furono confermati tempo addietro da un intervista di Gilckriest il batterista, che raccontò di aver suoato su batterie elettroniche poco funzionanti, in camera di David e poi in uno studio Rap dietro ad una pizzeria col fonico che gli diceva di suonare piano perché si staccavano le cose dai muri. |
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Mi accodo ai complimenti per l'articolo. Il trittico Marriage / Invictus li ha scolpiti eternamente nel mio coure metallico, sono dischi che ho consumato, ho amato alla follia e tutt'oggi riascolto con piacere. Li conobbi appunto con LATR e rimasi frastornato perchè nelle riviste leggevo di epic metal e quando riuscii a prendere quel disco, cosa non facile, andai letteramente in confusione. Cercavo un qualcosa alla manowar e mi trovai a emozionarmi su cry forever, last rose of summer e i neever believed in goodbye o a scapocciare su love is pain o sulla bellissima title track. Poi col primo marriage e l'opener I Will come for you fu letteralmente amore. Dopo THOA li ho un pò persi di vista, ho sentito David cantare ultimamente e devo dire che mi fa veramente male vedere come si "incaponisce" con gli acuti impossibili invece di enfatizzare il ruggito del leone e la carezza di una farfalla che era la sua voce. Comunque, nella lista. veni vidi vici dovrebbe esserci, e lo dico col massimo rispetto!  |
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Life among the ruins è un album bellissimo, una volta si chiamava class metal non a torto, e forse la vena meno epica ne decretò all'epoca alcune contestazioni. Ma i Virgin anni 80 flirtavano molto col metal di classe, su Noble savage ad esempio c'è 'Evil in her eyes' per esempio e altri casi sparsi qua e la |
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Giusto aver pescato anche da Life Among the Ruins, disco veramente molto buono e ingiustamente sottovalutato all’epoca dell’uscita. Ci sono ballads straordinarie in quell’album oltre al citato brano hard rock. |
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Una delle migliori HM bands di sempre, Noble savage giustamente occupa un posto di rilievo e tutto l'album per la data di uscita per me rimane il migliore, anche se dopo hanno fatto album anche più ambiziosi e complessi come scritto da Epic |
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Che bella coincidenza sto proprio riascoltando in questo periodo tutta la loro discografia, sono arrivato al marriage..part 1 ed è sempre una gioia per le orecchie. Gran bell'articolo. Saluti. |
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La più grande band di tutti i tempi. Nessuno è mai riuscito a eguagliare i loro lavori, ambiziosi, complessi, teatrali, assoluti. |
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Bell'articolo! Vero, ci starebbero tante altre canzoni da menzionare, soprattutto per quanto riguarda il periodo degli anni '90, ma condensare tutto in poche tracce è impossibile. Band stratosferica in ogni caso. |
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