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Monsterworks - Universe
( 3498 letture )
Ci risiamo. Nella conclusione della recensione di Earth ho sbagliato totalmente tempistiche. Ho supposto di dover attendere almeno un anno prima di risentire parlare di questi prolificissimi neozelandesi, invece son passati solo sei mesi. Alla faccia di tutte quelle band che impiegano anni e anni per pubblicare un disco mediocre, i Monsterworks dimostrano ancora una volta di aver bisogno solamente di alcuni mesi per portarci dalla Terra all’universo, nuovamente scortati dall’etichetta Eat Lead and Die. In poco più di un anno, Jon, Marcus, Hugo e James ci hanno portati dalla raccolta intitolata Album of Man, complementare al The God Album, a questo Universe, passando per Earth. Come sempre, il concept continua ad essere uno dei marchi di fabbrica dei Monsterworks, ormai in perenne allargamento tematico: partiti dalla complessità dell’essere umano e della sua contrapposizione a Dio, hanno allargato il cerchio sino al pianeta Terra progenitore d’umani e, in questo ultimo step, sono giunti nello sconfinato universo che ci circonda. Conoscendoli, il primo pensiero che passa per la testa è: quale sarà il prossimo album? Dove andranno ulteriormente a parare? Domande all’apparenza inutili, ma che mostrano una curiosità di fondo sempre più pressante, vista la propensione di questo quartetto a stupire; per quante domande possiamo porci, ci spiazzeranno di nuovo con la prossima uscita, ormai già in cantiere visto che sono attualmente in studio, pronti a sparare altre grandiose cartucce dal loro estesissimo caricatore. Per ingannare questi pochi mesi che ci separano dalla nuova uscita -ormai ci hanno abituato così- possiamo goderci appieno questa ennesima prova di forza dei Monsterworks, grazie ad altri quaranta minuti di ottima musica nel loro ultimo disco. Finché dura.

L’universo si apre di fronte a noi, sconfinato eppure riassunto in poco più di sei minuti. La title-track d’apertura si allaccia perfettamente al sound di Earth e, al contempo, se ne distacca parzialmente, attraversando l’atmosfera precedente per giungere in mezzo alle stelle. Il saturo arpeggio iniziale viene accompagnato da delicati tocchi alle pelli e un’onirica voce effettata, giungendo poi in una lunga cavalcata thrashy edulcorata da uno screaming acutissimo e di grande effetto. Sin da subito, i Monsterworks dimostrano di non aver perso la loro vena creativa, alternando le harsh vocals al pulito con grande maestria; allo stesso modo tutti gli strumenti spaziano spontaneamente da un sound delicato a cavalcate a profusione. L’assolo chitarristico ci porta indietro nel tempo, a quel sound onirico settantiano impregnato di riverbero, delay e un pizzico di chorus, facendo correre più di un brivido dietro la schiena dell’ascoltatore. L’impetuosità del quartetto viene quindi accentuata nel secondo brano, Grandiose, che innalza il gain sparando direttamente un riffing massiccio in faccia all’ascoltatore. Tra riff travolgenti, assoli sempre più psichedelici incastrati in validissime sezioni rallentate e un basso prorompente, la registrazione si snoda con impetuosa eleganza, facendo dimenticare all’ascoltatore il significato della parola “noia”. La sezione centrale di Universe è composta da un trittico che complessivamente supera di poco i dieci minuti, quasi speculare alla lunghissima conclusione fornita da Heat Death e Outside Time. Da segnalare come punti alti in un disco che già si trova su livelli base elevatissimi, la sognante Voyager, il commovente assolo che spezza a metà la furiosa The Bridge e la tematica di Extropy, ovvero la teoria pseudoscientifica secondo la quale l’intelligenza umana, per mezzo della tecnologia, riuscirà ad estendere la vita ordinatamente a tutto l’universo. Tale tematica pare quindi coinvolgere ogni singolo aspetto degli ultimi dischi dei Monsterworks, riassumendo i recenti concept in un unico fine proprio della natura umana. Un modo come un altro per riportarci al punto di partenza, per farci capire che non può esistere l’uomo senza l’universo, ma, al contempo, l’universo stesso potrà essere plasmato dall’uomo grazie all’estropia.

Cosa possiamo dire, che non sia già stato detto nelle precedenti due recensioni dei Monsterworks? Una frase molto riassuntiva e pregnante sarebbe: procurateveli tutti. Non è lecito sapere come facciano a sfornare dischi con una regolarità e, soprattutto, una qualità tale da stupire ogni volta, mantenendo un canovaccio di fondo riconoscibilissimo, ma andando a sperimentare nel songwriting e nelle sonorità in modo sempre differente. Per chi ha avuto modo di ascoltare Album of Man ed Earth non è necessario specificare che ci troviamo di fronte a una grandissima band, tanto talentuosa quanto scarsamente considerata dal pubblico mondiale. Il lavoro alle chitarre di Jon e Marcus è, come al solito, trascinante e coinvolgente, grazie ad assoli dal grandioso sapore stilistico e dal sound onirico; le vocals dello stesso Jon continuano a essere il vero punto di riconoscimento del quartetto, grazie alla sua sconcertante semplicità nel passare dal growl più rabbioso agli acuti più schizofrenici. Nulla da eccepire nemmeno sulla sezione ritmica, incessante e bilanciatissima nel sostenere la corposità del sound, accelerando e rallentando quasi a comando, con una naturalezza tipica dei gruppi ben rodati. Produzione come sempre d’altissimo livello, in grado di fornire il giusto impatto sonoro ed emotivo di ogni strumento e che garantisce una resa finale davvero -passatemi il termine inerente al concept- spaziale, capace di superare anche di un paio di punti il meraviglioso predecessore e confermando al contempo che i Monsterworks sono una di quelle band da supportare a prescindere, qualsiasi sia il vostro genere musicale preferito. Bene, ora che vi ho aggiunto questa lapalissiana conclusione, potete procurarveli tutti.



VOTO RECENSORE
87
VOTO LETTORI
81 su 4 voti [ VOTA]
mg
Sabato 22 Marzo 2014, 10.30.03
4
sono pompatissimi
Rapture
Sabato 22 Marzo 2014, 10.14.14
3
Questi qui lavorano sodo!
Prometheus
Venerdì 14 Marzo 2014, 14.35.39
2
Sono parecchio incuriosito dalla recensione. Da com'è stato descritto, dovrebbe piacermi.
Graziano
Mercoledì 12 Marzo 2014, 17.11.04
1
Un altro album, ed evinco dalla recensione che sia notevole come sempre. Dovrò recuperarlo. Peccato non li conosca davvero nessuno perchè sono una band unica,che naviga tra prog, thrash, post metal e sludge. Davvero difficili da definire, e se non è un pregio questo......
INFORMAZIONI
2014
Eat Lead and Die
Inclassificabile
Tracklist
1. Universe
2. Grandiose
3. Voyager
4. The Bridge
5. Extropy
6. Heat Death
7. Outside Time
Line Up
Jon (Voce, Chitarra)
Marcus (Chitarra)
Hugo (Basso)
James (Batteria)
 
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