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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 3570 letture )
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Sono passati pochi mesi dall’uscita dell’ottimo Album of Man, eppure eccoli di nuovo qua: Jon, Marcus, Hugo e James hanno già sfornato il loro nuovo lavoro, senza rimanere con le mani in mano e senza crogiolarsi negli ottimi riscontri ricevuti della loro ultima fatica. Nessun EP, questa volta, a sancire la pubblicazione di due o tre brani da raccogliere conseguentemente in un concept più esteso, ma la semplice e diretta pubblicazione di un full-lenght. Se ad Album of Man, il sottoscritto si è avvicinato senza alcuna aspettativa non conoscendo questa band, nei confronti di Earth le sensazioni sono decisamente diverse: le aspettative sono altissime, le speranze di trovarsi di fronte un lavoro al livello del precedente, o addirittura superiore, sono tante e vanno a scontrarsi immancabilmente con il timore che questa fretta nella pubblicazione possa minare l’intero, grande concept musicale che è stato creato sin dal 2007 con Spacial Operations. Come si può intendere già dal titolo, esiguo e completo allo stesso tempo, anche questo album si dipana dal filo conduttore del concept personale dei Monsterworks creato a partire proprio dalla loro quinta pubblicazione, sei anni or sono: partiti dalle tematiche avventuriere e spaziali dei due dischi Spacial Operations e Singularity, per poi passare alla filosofia umana e divina con i successivi due, arrivando quindi alla Terra, il luogo dove (per alcuni) umanità e divinità si possono incontrare e luogo da cui, almeno utopisticamente, ci si può allontanare per viaggiare nell’eterno spazio. Seguendo i contenuti dei dischi precedenti, ci si può aspettare che questa nuova fatica riassuma i concetti espressi dai Monsterworks sino a quel momento, in una condensazione completa ed esaustiva. Tralasciando ulteriori elucubrazioni mentali su questi concetti, si può passare direttamente all’ascolto del disco per andare a scoprire se questa scelta abbia ripagato l’eclettico quartetto, o se lo abbia malamente penalizzato in un momento estremamente delicato della loro carriera.
Si parte con From Dust and Gravity, brano che pare riattaccare con naturalezza dalla conclusione di Air-WHCSF. Il suono saturo della chitarra introduce l’ormai familiare voce acuta e graffiante, inizialmente su un arpeggio in crunch per poi offrire un cambio di tempo e un mid-solo squillante e piacevole; l’eleganza dei cambi di tempo, della varianza dei suoni e della naturalezza con cui voce e strumenti duettano rendono l’ascoltatore conscio di un semplice dettaglio: i Monsterworks stanno proseguendo sulla loro eclettica strada, senza alcun tipo di compromissione. Late Heavy Bombardment tiene fede al proprio titolo e introduce le sonorità più estreme del quartetto: growl, doppia cassa e tanta sostanza dietro le sei corde, senza però dimenticare quel lato melodico che ormai contraddistingue il suono di Jon e Marcus. Proseguendo nell’ascolto si può anche notare come la qualità testuale del concept sia rimasta agli altissimi livelli del disco precedente, adattandosi alle caratteristiche alternanze di suoni acustici e pesanti distorsioni cariche di saturazione. Ancora una volta, in un disco dei Monsterworks, non vi è un brano fuori posto, un singolo filler che si distoglie da una qualità media davvero elevata: infatti, non è per nulla semplice scegliere quale sia il pezzo più riuscito, tra le sonorità sinusoidali di The Last Universal Ancestor, le reminescenze di casa Mastodon (la band che, più di tutte le altre, può essere accostata ai Monsterworks) di Oxygenation, il cupo e pesante incedere di Powered by Fate, l’onirica Aeon of Man o la lunga, travolgente title track conclusiva. Effettuare una scelta non è sempre opportuno e questo disco ne è una prova lampante, pregno di qualità e di varietà sonora tanto da distogliere le preferenze dell’ascoltatore e di permettergli di valutare il prodotto nella sua interezza al termine della riproduzione. Come già detto nella recensione del precedente disco, i punti forti di una band come i Monsterworks sono molti, anche se quelli più caratteristici ed evidenti continuano a trovarsi nelle sezioni soliste di chitarra, sempre coinvolgenti e cucite alla ritmica in modo impeccabile. Allo stesso modo, voce, basso e batteria dimostrano delle capacità non comuni di amalgamarsi in un genere che è in continuo divenire, da un genere all’altro.
Per essere un disco successivo ad Album of Man ed essere stato pubblicato ufficialmente dopo pochi mesi, questo Earth è quasi un mezzo miracolo; inoltre, a rendere ancora più evidenti i pregi di tale album, è da segnalare che la media dei tempi di pubblicazione degli ultimi concept è circa un disco all’anno. Le qualità compositive ed esecutive del quartetto si sono mantenute su livelli decisamente alti; inoltre, se a livello esecutivo poteva essere abbastanza ovvio, quello che rende sufficientemente sconcertante (in senso buono) questo Earth è la freschezza compositiva che permea ogni canzone, come se esso fosse semplicemente un maestoso debut album di una band che condensa anni di songwriting nel primo, grande passo della sua carriera musicale e non l’ennesimo disco di una lunga e, purtroppo, poco considerata discografia. Se la prova strumentale è molto valida, allo stesso modo lo è quella vocale: Jon mantiene la sua caratteristica esternazione di quel misto tra clean, growl e scream già ampiamente udito nel precedente disco, continuando a convincere in questa alternanza. La produzione, come al solito, è valida e mette in risalto tutti gli strumenti e i loro cambi di sonorità: si passa dal fantastico suono cristallino delle acustiche, sino al più prorompente basso e alle distorsioni più sature che si possano ottenere su una chitarra accordata in standard. In conclusione ci troviamo di fronte all’ennesima, grande prova dei Monsterworks, i quali ora cominciano seriamente a calamitare l’attenzione su di loro e sul loro operato che, nella sua inclassificabilità, sta diventando un marchio di fabbrica. Earth non è un disco superiore ad Album of Man, ma non è nemmeno inferiore: la qualità si è mantenuta tale, facendo in modo che un altro ottimo tassello venisse inserito al posto giusto nel contesto giusto del grande disegno della band; i Monsterworks rimangono quindi un gruppo consigliatissimo a tutti gli amanti della musica in generale vogliosi di scoprire un tanto sconosciuto quanto maestoso talento. Intanto, visti i ritmi di pubblicazione, io mi appresto ad aspettare speranzoso per un altro anno, in attesa di ulteriore libidine musicale “Made in Monsterworks”. Chissà dove ci porteranno questi quattro Neozelandesi la prossima volta.
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6
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Ascoltato e metabolizzato a dovere, disco tosto che cresce ascolto dopo ascolto...merita l'acquisto! |
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4
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Arrivato! Simpaticamente mi è stato spedito numerato e autografato, disco bellissimo, grazie per avermelo fatto scoprire! |
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3
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Anche questo in wishlist. Appena ho un po' di tempo, lo ascolto. Bella recensione  |
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2
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Ascolto e poi decido se acquistare o meno...certo che se tutti i brani dell'album mantengono i livelli del brano "Late Heavy Bombardment" presente sul tubo credo proprio che mi toccherà metter mano al portafoglio! |
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1
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Ho sentito 2 minuti sul tubo e ho spento: comprato! Ripasso quando mi è arrivato e l'ho spulciato per bene! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. From Dusk and Gravity 2. Late Heavy Bombardment 3. The Last Universal Ancestor 4. Oxygenation 5. Powered by Fate 6. Bookended by Extinction 7. Aeon of Man 8. Earth
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Line Up
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Jon (Voce, Chitarra) Marcus (Chitarra) Hugo (Basso) James (Batteria)
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