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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Il nome oramai è noto, perché nel bene o nel male chi segue la scena contemporanea del metal ha sentito parlare dei Sylosis; spesso troppo frettolosamente etichettati come facenti parte della scena death-core o thrash-core o qualsiasi-core, hanno nel tempo conquistato una solida base di fan che ad oggi gli permette di essere nell’olimpo di quelli che “posso vivere di musica”. Rispetto al precedente Monolith la band è identica, è tutto come prima e i pilastri della composizione classica vengono mantenuti, perché come si suol dire, squadra che vince non si cambia: Josh come capomastro, tra composizione, testi e produzione si prende l’intera responsabilità lasciando agli altri alcuni scampoli di gloria: come dargli torto, in fin dei conti questa è la sua creatura. La vena dirigenziale non va sottovalutata, perché spesso porta ad ottenere risultati in breve tempo laddove la band, figlia di una sola mentalità, riesce ad intraprendere la strada del “copia e personalizza artistico” più velocemente, senza inserire idee prese alla rinfusa da questa o quella persona. Non funziona così, fondamentalmente, in ogni grande gruppo? Oppure credete ancora nell’unione di intenti con fatidica jam session in studio? Almeno i nostri hanno la sincerità dalla loro, questo non glielo si può negare.
Dormant Heart, senza girarci intorno, è la summa di tutto quello che è il bagaglio artistico-compositivo della band, e dunque è ad oggi la loro migliore uscita in termini prettamente tecnico-stilistici, con idee brillanti, più o meno, e nel complesso una maturazione quasi definitiva. Lo stile, come già accennato prima, lo si percepisce dai primi istanti, o meglio dalla seconda Victims and Pawns, essendo Where the Wolves Come to Die una intro considerevole: l’apertura dei cancelli per mostrare uno dei lati più introspettivi dell’album. Oltrepassando le grate, lo scossone arriva come una manata tra capo e collo, possibilmente di rovescio: le canzoni tirano come dei porcellini in amore, ma oltre al classico treno impazzito la base tecnica è così articolata che per forza bisogna perderci del tempo ad assimilare e individuare ogni cambio di tempo; l’headbanging sfrenato lo mettiamo da parte per aumentare l'attenzione esercitata dal padiglione auricolare. Prendete per esempio alcune tra le migliori del lotto, come Leech, Indoctrinated o Mercy, dove le sfuriate anni '80 di tipico stile Bay Area si combinano con le atmosfere tipiche del post metal più anticonvenzionale e moderno: i tempi si dilatano e ci si ritrova a comprendere quel passaggio “wow” e cosa stava succedendo qualche istante prima. C’è volontà di progressione, desiderio di oltrepassare il passato e trovare strade nuove. Ovviamente non basta un classico cambio di tempo per fare tutti contenti: provate a sezionare To Build a Tomb (con il riff portante da incorniciare) e Harm (da 3:36 a 4:25, da applausi). Queste tracce sono due esempi che parlano chiaro, meglio di ogni altra composizione qui presente, e potrebbero essere la spina dorsale dei Sylosis del futuro, l’incarnazione del thrash con venature di death e i ritornelli melodici da poter alzare le corna al cielo. Questi ragazzi hanno studiato il manuale del perfetto metallaro a menadito, ecco perché spesso c’è quel deja-vù che riaffiora prepotentemente non lasciandoti soddisfatto a pieno: ascoltatevi il finale tamarro di Overthrown e ditemi che non l’avete sentito cento volte. Sia chiaro che ogni traccia, se presa singolarmente, funziona alla perfezione ed è praticamente inattaccabile sotto l'aspetto compositivo, tecnico e vocale, ma allontanandosi e guardando più il generale alcune soluzioni vengono riprese più e più volte, risultando in alcuni momenti dei copia incolla molto ben studiati. Se qualcuno ha un minimo a che fare con il fotoritocco e conosce il timbro clone di Photoshop ha l’idea chiara e limpida del risultato finale. Detto questo, è anche vero che proporre sessantasei minuti di musica con ben dodici tracce senza mai ricadere in occasionali momenti in alcuni cliché risulta praticamente impossibile.
In sede di intervista Josh non ha nascosto di aver indirettamente preso qualche influenza proveniente da band come i Cult of Luna o dall’intero movimento post metal: il tutto viene confermato se si pone l’occhio sulle tempistiche, ad oggi meno forsennate e più introspettive rispetto ai primi anni, che portano a quello che può essere considerato come il disco “meno veloce” mai composto dalla band. A cosa sia dovuto questo leggero rallentamento non è dato a sapersi, ma le sfuriate cieche del passato non sono più ben accette ed è la tendenza ad una articolazione più chirurgica e ricercata ad emergere: il desiderio di sviluppare le potenzialità del singolo strumento rimanendo ancorati ai canoni stilistici della band. Quiescent è la riprova definitiva, con i suoi nove minuti di catatonica ricerca sonora attraverso una prestazione vocale cristallina: è un manifesto per quelle che sono alcune delle barriere prima mai esplorate dai Sylosis. Certamente non è un album assimilabile in tre ascolti senza impegno: ha bisogno di tempo, dedizione e soprattutto attenzione. A dispetto di quello che i media meno specialisti vogliono far pensare qui di *-core non c’è nulla, piuttosto vediamo quello che alcuni definiscono progressive thrash o post metal, dove le influenze di uno confluiscono nell’altro abbracciandosi e contorcendosi in una danza funambolica. Sono bravi, sanno comporre ma mancano di centrare il bersaglio al cento per cento componendo più del dovuto e non sempre in maniera impeccabile; alcune idee potevano benissimo essere lasciate indietro (Callous Souls o l’iniziale Where the Wolves Come to Die) per porre accenti su alcuni dettagli più pregevoli. A differenza di molti loro coetanei o band sulla stessa linea compositiva, come Trivium e Bloodshot Dawn i Sylosis ci mettono la perizia e un tanto carisma in più; peccato che la vocina che ti sussurra da lontano “musica per le masse” sogghigni beffarda. Vedremo col tempo quella che sarà la strade intrapresa dai nostri, per il momento Dormant Heart è un buon album, fatto di alti e (pochi) bassi, che sicuramente non scontenterà i fan della band in attesa di quel capolavoro che probabilmente è lì dietro l’angolo.
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11
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La recensione del nuovo la fate? |
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10
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Appena un gradino sotto Edge of the Earth (il migliore per ora) ma grande, grandissimo album, impeccabile sotto ogni aspetto, per loro è un album mediocre ma la "mediocrità" dei Sylosis per molti è irraggiungibile, il prossimo album sarà quello del botto Vi prego venire in Italia |
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9
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Trovo che questo album segni una continuità con il precedente, soprattutto a livello di complessità e tempi di ascolto, visto che i primi erano sicuramente più immediati e diretti musicalmente. Probabilmente Conclusion.. e Edge... sono i loro lavori migliori, direi quelli che manifestano una maggiore "cattiveria" e "sregolatezza", mentre gli ultimi due sono il risultato di una crescità artistica ben indirizzata. Personalmente, mi aspettavo qualcosa di più da loro, perché ritengo abbiano ottime capacità, però penso debbano ancora esprimerle al massimo. In generale, mi trovo in sintonia con la rece |
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8
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Recensione giusta, analisi centrata al meglio, comunque e' un gruppo davvero interessante, preferisco i lavori precedenti, ma anche questo davvero niente male , per me questo e' sul 78-80. |
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7
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Anche per me il capolavoro rimane Edge Of The Earth ma anche questo merita molto. Voto 80 |
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6
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Il capolavoro per me è già stato fatto e corrisponde al nome di Edge Of The Earth. Questo per me è un ottimo album e concordo con Jek nel dire che è più elaborato di Monolith, ma per me non supera il sopracitato che è veramente l'apice della loro vena artistica con idee geniali e un concept espresso attraverso la musica e l'umore che ti trasmette essa, oltre alle tematiche; un vero e proprio viaggio che mentalmente ti accompagna verso la fine. Non so se l'avete notato ma nel precedente album si nota una... chiamiamola preview di quello che sarà poi Quiescent, pezzo dell'album a mio avviso nonostante sia diverso dagli altri, si tratta della bonus track di Enshrined, anch'essa uno spettacolo, e ho apprezzato tantissimo questo messaggio "nascosto" non so voi. Ad ogni modo veramente grandi, sono tra le mie band preferite e spero che mantengano ciò che hanno detto nell'intervista e che vengano a suonare qui da noi! |
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5
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Questa band merita...tra le poche nuove leve che seguo con piacere,il capolavoro è solo rimandato ma si avvicina sempre più:voto 84 |
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4
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Scoperti praticamente su queste pagine, che dire, buon album, ben suonato, prodotto egregiamente, ed è vero, alcuni passaggi spiccano confronto a tutto il resto, forse con un po' di sintesi si sarebbe potuto parlare quasi di un mezzo capolavoro, ma si fa ascoltare sempre volentieri, mi sono venuti spesso alla mente i Gojira, più che altro nel cantato, ci sta, buon album di una buona band con grandi margini di miglioramento, voto giusto, anche qualche centesimo in più, bravi!! |
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3
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Disco bello, secondo me meglio e più elaborato di Monolith. Effettivamente ci vogliono più passaggi per assimilarlo ma una volta capito ti entra dentro. La prima parte del disco e stupenda, nella seconda alcuni pezzi in tono minore ma tutto sommato gli do un bell' 80, si candida tra le migliori uscite 2015. |
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2
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Questa band mi intriga.Fino ad ora i prodotti sono stati tutti di alto livello.Concordo con la recensione questi sono ddavvero dei grandi musicisti. |
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1
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Recensione giusta, anche se io voterei 78. Purtroppo ancora non possiamo parlare di capolavoro, ma di ottimo album si. Grandissimi ed epici alcuni pezzi, scontati e leggermente noiosi altri. Un occasione persa a metà. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Where the Wolves Come to Die 2. Victims and Pawns 3. Dormant Heart 4. To Build a Tomb 5. Overthrown 6. Leech 7. Servitude 8. Indoctrinated 9. Harm 10. Mercy 11. Callous Souls 12. Quiescent
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Line Up
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Josh Middleton (Voce, Chtarra) Alex Bailey (Chitarra) Carl Parnell (Basso) Phill Eltakchi (Tastiere, Voce) Rob Callard (Batteria)
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