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27/04/25
THE LUMINEERS
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Sylosis - A Sign of Things to Come
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08/01/2024
( 1357 letture )
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Ritorno a Reading, Berkshire. È di nuovo il tempo uggioso ad accoglierci, insieme alla classica pletora di case a schiera. Un mini déjà-vu, ma sono passati tre anni. Non vi sembra? Il sound ruvido si leviga, la tecnica ritorna ammaliante a irrompere nel nostro tiepido salotto invernale: ri-aggiustiamo le cuffie, alziamo il volume a 11 e ci immergiamo nel nuovo, ‘nerissimo’ capitolo discografico dei Sylosis che tornano in pompa magna con qualche novità in seno e qualche schegge prevedibilmente devastante. Insomma, famigliarità a go-go con qualche sorpresa tinta di grigio-blu.
Gli iper-britannici capitanati dal talentuoso Josh Middleton (voce e chitarra), rientrano in gioco con un pizzico di intelligenza ed esperienza in più, diminuendo a dieci le nuove composizioni, tra velocità limitata , melodia e qualche sperimentazione. I tempi si compattano ulteriormente rispetto alle lungaggini progressive del passato, ma anche rispetto al recente, validissimo Cycle of Suffering (2020) . A Sign of Things to Come scorre via velocemente rimanendo sotto i canonici 45 minuti di durata. Via grasso e impurità, cercando di mantenere il -core sound della band. In parte ritorna il classico death / thrash, con i gusti variegati gestiti a dovere, ai quali si aggiungono nervose porzioni metal-core e una componente melodica più marcata che non spesso funziona come dovrebbe/vorremmo. Così partiamo ai 100 chilometri orari con la bolla incendiaria di Deadwood , furiosa apertura all’insegna di rabbia, riff squisitamente osceni e tecnicismi da pelle d’oca. Ripartenze veloci, poesia thrash e rallentamenti spezza-collo fanno di Deadwood una delle opener migliori degli ultimi tempi, grazie alla sua natura double-face che poggia le fondamenta su metallo antico e moderno. Ruvide melodie e solista arrembante del fenomenale Josh Middleton sono le protagoniste della composizione #1. Il genio tentacolare di Ali Richardson si mette subito in mostra grazie alla sua dose di groove e imprevedibilità. Batterista incredibilmente sottovalutato dai più, Richardson convince in ogni frangente, non lesinando potenza ignorante e tecnica sopraffina laddove richiesta. Dopo un inizio da dieci e lode prendiamo un mini scivolone con la title-track che –diciamolo- non convince più di tanto con la sua doppia atmosfera altalenante: tra insicurezze melodiche e riff stoppati la canzone tende a non decollare mai e alcune scelte sembrano forzare la mano. Per fortuna ci pensa un buon bridge dominato da un assolo melodico a riportare il brano in carreggiata. E mentre l’inizio della faccenda è un 50/50, il proseguo ci sconquassa con l’headbanging di Pariahs (dominata da un rifferama drammatico e progressivo) che, grazie ai suoi frequenti stop’n’go ci consegna una piacevole terza traccia di spremuta-Sylosis. Un succo intrigante che ci versiamo volentieri anche durante l’incredibile Poison for the Lost , un trascinante up-tempo all’insegna del consueto death / thrash ci prende a calci per quattro minuti, con una struttura pianificata ad-hoc, un ritornello cattivo ma cantabile e un pre-bridge dominato da un riff anti-kevlar, bissato da un assolo repentino e sfuggente, doppia-cassa assassina e crescendo da esplosione casalinga. Puro godimento metallico anche durante il finale destrutturato, che sfocia in un amabile outro alla Machine Head.
Tutto bene? Insomma, come accennavamo poc’anzi ci sono alcuni tasselli, alcuni passaggi non propriamente a fuoco all’interno di questo A Sign of Things to Come. Descent sembra il seguito della title-track per struttura e idea principale. La melodia portante non fa il suo dovere richiamando alcune influenze degli Architects, mentre salviamo come sempre il bridge strumentale, grande peculiarità di casa Sylosis , dove Josh Middleton , Conor Marshall e Alex Bailey mettono in mostra la loro tecnica dirompente . Un brano che poteva essere top ma che risulta solamente OK, mentre la successiva Absent (aperta da synth sospesi) manca completamente il bersaglio. La voce pulita di Josh non convince e la struttura minimale non può competere con alcuni passaggi similari del passato (la magniloquente Abandon su tutte). L’album prosegue sui binari tracciati dalle prime tracce, confermando un secondo tempo da 6 in pagella, senza grandi sussulti. Un buon vettore di heavy-riff e pioggia metallica si scontra con decadenza gotica (il refrain di Eye for an Eye profuma di Lacuna Coil) , mentre la veloce e thrashy Judas è un breve ritorno a Cycle of Suffering a tutti gli effetti. Il melo-death passa attraverso la lente dei britannici, che arricchiscono la ricetta con una prestazione speziata, accelerazioni in blast-beat e ripartenze groovy. Ma il turno di Thorns è sostanzialmente un giro di giostra sì melodico ma impalpabile. Bagnata da richiami alt-rock, la penultima traccia non picchia né accarezza lo spirito, risultando ancora una volta in bilico e un po’ fuori posto. Il retrogusto pop e i layer sintetici non aiutano la valutazione finale, ponendola a metà strada tra l’assenteismo di Absent e la staticità della title-track. Cattiveria forzata.
Chiusura con l’autopilota che apprezziamo grazie alla dilatata morsa di A Godless Throne, con la quale si viaggia indietro fino ai tempi di Conclusion of an Age (2008). Scheggia di metal tecnico, con l’aurea sibillina dei primi Trivium e una classe che avremmo voluto sentire durante tutta la durata di A Sign of Things to Come. In definitiva, l’ultima fatica dei grandi Sylosis fa male solo per metà, riuscendo sì nell’impresa di suonare compatto, ma non privo di sbavature e tentennamenti. Plauso per la diversità sonora incorporata nelle 10 tracce, anche se un po’ di tradizionale vortice violento in più avrebbe sicuramente giovato alla buona riuscita. Album dal quale pescare qualche traccia preziosa, mentre il resto possiamo tranquillamente trascurarlo senza dolorosi ripensamenti.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Deadwood 2. A Sign of Things to Come 3. Pariahs 4. Poison for the Lost 5. Descent 6. Absent 7. Eye for an Eye 8. Judas 9. Thorns 10. A Godless Throne
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Line Up
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Josh Middleton (Voce, Chitarra, Tastiera) Alex Bailey (Chitarra) Conor Marshall (Basso) Ali Richardson (Batteria)
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