|
26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
|
|
Satyricon - Live At The Opera
|
( 4733 letture )
|
Autunno, giorni di registrazione e di impegno prolungato, sia mentale che fisico. Più precisamente, settembre, Norvegia, Satyricon, un festival di musica contemporanea a cui il celebre duo viene invitato. Un coro di formazione classica. Un esperimento il cui successo è già stato comprovato, si rammenti la collaborazione dei conterranei Dimmu Borgir con un'intera orchestra, o, spostandosi in ambito avantgarde, dagli Ulver. Una problematica inattesa (o forse no): l'encefalogramma piatto della dinamica delle composizioni, o meglio, delle composizioni, con enfasi, recenti, del gruppo scandinavo. Appena ricevuto l'incarico di curare la recensione del presente live ero alquanto eccitato. Musica classica, tremolo picking, blast beat, sapore epico di battaglie tardo medievali ed una forte atmosfera che, oscillando tra l'eccessivo intessere del barocco e la solennità di una messa di Bach, esalta i perforanti intrecci degli strumenti a corda. Chi meglio degli autori di Mother North potrebbe, considerando solo i veterani della scena estrema, fornire una prestazione memorabile in un contesto siffatto? Piccolo passo indietro. Se valutassimo a scatola chiusa il prodotto offerto, scorrendo la tracklist, il voto non sarebbe troppo lontano da una sufficienza risicata, visto l'ampio spazio dedicato ai pezzi tratti dall'ultimo omonimo album, che, valutazioni personali a parte, ad eccezione dell'ottima Phoenix (picco anche dello spettacolo), non si prestano ad una riedizione in cui ci sia da bilanciare la strumentazione moderna con l'impatto emotivo delle voci di un coro. Chi tra i lettori conosce a fondo Satyricon, noterà immediatamente come una The Infinity Of Time And Space navighi senza un carattere definito, costretta a contorcersi nei suoi stessi riff abbastanza vuoti di sostanza, mentre il supporto offerto dai vari registri coreutici impedisce al pezzo di affondare completamente in una monotonia raggelante. Ed è esattamente questa appena evidenziata, riprendendo le file del discorso, la chiave di lettura dell'intera operazione. Il nuovo corso black’n’roll dei Satyricon funziona poco, porta risultati discreti al massimo (K.I.N.G.), accattiva grazie alla professionalità degli interpreti (Repined Bastard Nation), scuote l'animo dei nostalgici (la solita maestosa Mother North), tiene la testa fuori dall'acqua sottolineando qualche limite vocale dello strano personaggio che risponde al nome di Satyr (The Pentagram Burns e Our World, It Rumbles Tonight) il quale sembra aver abbandonato il suo scream violento ed acidulo per un graffiato che, nonostante presenti una timbrica ricca di sfumature velenose e rispecchi la sua maschera nichilista ed edonista, non comunica sovente nessuna emozioni reale, che sfugga anche per un solo passaggio alle regole della rappresentazione teatrale che il polistrumentista norvegese si è cucito addosso, svelando al pubblico l'uomo Satyr e non sempre e continuamente un pupazzo che nei video si agghinda con boa di struzzo. Comunque Live At The Opera non è un pessimo cofanetto da avere sul proprio scaffale. Essendo diventati più una multinazionale della musica estrema, che artisti nel senso puro della parola (si può credere fiduciosi alle interviste, i dischi parlano però un linguaggio inequivocabile), i Satyricon sfoderano una prestazione quasi eccellente, coadiuvata da una resa sonora, almeno nella versione in doppio cd, piuttosto buona, sia che si scelga un ascolto da stereo e lettore, sia che si preferisca affidarsi ad un riproduttore portatile. L'immagine sonora è restituita fedelmente, con la batteria chiaramente sul fondo della cuffie, il basso orientato verso un lato dello spettro e le chitarre, corpose ma essenzialmente fedeli allo standard black metal, quindi ricche di alti, chiudono il cerchio al cui vertice coro e voce principale si collocano in un rapporto paritario. Non si è nella posizione di affermare che, almeno negli aspetti tecnici, il gruppo non abbia messo a frutto l'esperienza ventennale nel campo. Inoltre sono buone le dinamiche dei singoli strumenti, garantendo la naturalità e la vivacità di una performance dal vivo, che, se assente, avrebbe completamente annientato le speranze di ottenere una votazione positiva. In conclusione, se emerge l'occasione per far proprio l'elegante edizione digipack con dvd annesso, si consiglia l'acquisto, per lo spettacolo, per la notevole dose di talento, -è doveroso riconoscere che un regista necessita di attori di prim'ordine per essere di impatto- forse “sprecato”, che guida gli ascoltatori durante i novanta minuti abbondanti di durata, per apprezzare gli a volte pregevoli arrangiamenti vocali. Astenersi, tuttavia, se oltre ad una perfezione asettica e formale si ricerca una fiamma, dalle lingue ardenti ed... imprevedibili.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
14
|
Dimmu Burger fa ridere effettivamente |
|
|
|
|
|
|
|
|
12
|
Altra operazione che sottolinea il disprezzo di determinate band nei confronti del black metal,qui ibridato in un esperimento genetico contro natura,degno dei migliori Dimmu Burger e Coso Of Filth. Carne da mercato.Chi apprezza la mangi pure. |
|
|
|
|
|
|
11
|
A me l'album omonimo è piaciuto e qui i pezzi hanno una marcia in più. Trovo giusto il voto dei lettori che al momento è sull' 84/85. |
|
|
|
|
|
|
10
|
A me piace molto e i pezzi nuovi (che non son del tutto di mio gradimento) ottengono nuova linfa e si ascoltano molto più volentieri. Senza dubbio i Dimmu han fatto molto meglio ma cmq un bell'80 se lo meritano. |
|
|
|
|
|
|
9
|
Concordo in pieno con il commento di Wonderghio👍👍 |
|
|
|
|
|
|
8
|
Per me è uno dei migliori live album che abbia ascoltato ultimamente, il coro dona qualcosa di più ai loro pezzi, specie a quelli recenti. Die By My Hand così è spettacolare. Per me voto superiore al 72, mi avvicino al 90. Unica pecca un paio di brani che non mi fanno impazzire in scaletta, per il resto live top. |
|
|
|
|
|
|
7
|
L'ho ascoltato ma non mi piace e sinceramente li ritengo artisticamente morti dopo l'ultima ciofeca omonima. Purtroppo anche per loro vivrò di ricordi. |
|
|
|
|
|
|
6
|
non mi piace come è stato registrato, il coro è troppo indietro. L'idea è carina, basta con queste orchestre, almenmo il coro è più drammatico. |
|
|
|
|
|
|
|
|
4
|
Esperimento tutto sommato riuscito di cogliere i punti di contatto fra l'epicità dei migliori Satyricon (caratteristica purtroppo non molto emersa ultimamente) e il vasto potenziale, atmosferico, tonale, di un'intera orchestra + coro, che ovviamente arricchiscono e approfondiscono le partiture originali della band, ove possibile, limitandosi altrove al ruolo di comprimari di lusso sullo sfondo. Il rimpianto è che se si avesse osato di più, in termini di cernita delle canzoni, magari offrendo una prospettiva cronologica davvero completa, che abbracciasse ogni uscita della band, si sarebbe ottenuto in controluce un bello spaccato del loro song-writing e della loro crescita... Diversamente mi fermo a 70, come voto numerico. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Mi trovo in disaccordo su molte cose: fortunatamente è stato dato spazio all'ultimo Satyricon che reputo un album molto coraggioso e che pone (quasi - a dire il vero) fine al periodo black 'n roll. Le composizioni dell'omonimo disco guadagnano in questa sede più di qualcosa e risultano molto godibili. La tracklist non è perfetta, anzi (Den Siste, Die By My Hand e Repined Bastard Nation le avrei tolto volentieri per dare spazio a qualcos'altro, inoltre non avrei messo due "mattoni" come The Infinity of Time and Space e To The Mounatins una dietro l'altro). Il risultato finale però è notevole e l'apporto del coro d'opera norvegese dà una nuova stratificazione alla musica del gruppo, rendendo l'album molto appetibile anche a chi i Satyricon li ha visti parecchie volte dal vivo. Altra cosa da dire è che il coro rende molto di più nei momenti più rallentati e mid-tempo che in quelli accelerati e, tornando al discorso iniziale sull'album omonimo, probabilmente è per questo motivo che le canzoni dell'ultimo appaiono arricchite. Concludo con un appunto: il discorso multinazionale dell'estremo è eccessivo, considerato che hanno sempre fatto quello che volevano e, probabilmente con l'ultimo disco, pagandone anche lo scotto, visto il passaggio da Roadrunner a Napalm e considerato che "Satyricon" ha scontentato sia i fan di vecchia data (quelli delle origini) che quelli relativamente più nuovi (abituati a un sound black 'n roll). |
|
|
|
|
|
|
2
|
Operazione più interessante del previsto con alcuni brani fra i più recenti che guadagnano addirittura qualcosa in potenza. Alla fine il difetto più grosso è la track list che pesca quasi tutto dagli ultimi dischi, peccato perché la versione di Mother North ha un suo perché e , senza fare confronti con la versione classica, non suona affatto male. |
|
|
|
|
|
|
1
|
Preso qualche tempo fa. Concordo con te Jacopo su ogni discorso fatto... Detto questo mi aspettavo meno dall'omonimo, ma come giustamente ha fatto notare satyr, nessun album é uguale a prima e da adesso dire che si spera in un ritorno alle origine vuol dire essere bendati e non capire l'essenza dei satyricon. Ottima prestazione e più la ascolti, più Phoenix merita attenzioni. Ne vedremo delle belle nel nuovo album... Forse una delle poche realtà norvegesi che guarda avanti, senza dimenticarsi chi si é realmente. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Voice Of Shadows 2. Now, Diabolical 3. Repined Bastard Nation 4. Our World, It Rumbles Tonight 5. Nocturnal Flare 6. Die By My Hand 7. Tro Og Kraft 8. Phoenix 9. Den Siste 10. The Infinity Of Time And Space 11. To The Mountains 12. The Pentagram Burns 13. Mother North 14. K.I.N.G.
|
|
Line Up
|
Satyr (Voce, chitarra) Frost (Batteria)
Musicisti Ospiti: Sivert Hoyem (Voce in Phoenix) Gildas Le Pape (Chitarra) Steinar Gundersen (Chitarra) Anders Hustand (Tastiere) Anders Odden (Basso)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|
|
|