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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Royal Hunt - XIII - Devil`s Dozen
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( 3172 letture )
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La storia dei Royal Hunt mi sembra inutile raccontarla, la conoscono anche le insegne della rosticceria di fronte alla piazza. Interessante il fattore che questa band, dopo un periodo di rimpasti di line-up, abbandoni della linea ispiratrice e qualche periodo non brillantissimo, sia ancora in pista viva e scalciante, e faccia tredici. Si, perché sono ben tredici i prodotti nella loro discografia, una cifra non indifferente, anzi. Ci sono entità musicali entrate nella leggenda che possono sognarsi un numero di LP tale. XIII - Devil’s Dozen rappresenta il terzo cd dopo il rientro di D.C. Cooper alla voce, uomo storico dietro il microfono, supportato dal keyboard-master Andre Andersen, vero perno di questi rocker che videro i propri natali in Danimarca ad inizio anni novanta, terra di grandi realtà metalliche sulla scia di King Diamond, Mercyful Fate, Fate e Pretty Maids. Va detto subito che in questo lavoro non si notano cambi drastici rispetto alla saga musicale del quintetto, rimanendo nell’alveo della propria tradizione e sfoderando un coacervo di metal-epic-progressive con spruzzate di AOR.
Scocca l’ora dell’ascolto e si sfreccia subito con l’apertura di So Right So Wrong, con atmosfere tribali incalzate da riff maestosi di tastiere, raddoppiati dalle chitarre, portando a sviluppo una song lunga, composita, ma che appare subito cantabile e memorizzabile, soprattutto nel ritornello sfoggiante solarità mista alla bella vocalità del singer americano, tornato all’ovile. Un ottimo start con puntate eroiche, dotato di un solo-guitar evocativo e atmosfere tastieristiche sfarzose e ricche. May You Never (Walk Alone) prende forma da un soave pianoforte in fase introduttiva, poi deflagra su un tessuto fatto di broccati vocali, key osannanti e atmosfere power con la drums scatenata e serrata e un basso abile a cucire e spianare, ennesima buonissima composizione impreziosita da un duello solistico key-guitar che trascina con la memoria indietro negli anni. Ascoltatore colpito e affondato e piedino che si muove a ritmo di arrangiamenti pregiati. Sezione ritmica coordinata e in evidenza su Heart On A Platter, che si affusola e sciorina tanti spunti neoclassici, tra cori e soluzioni melodiche e strumentali, risultato che non fa una piega, mentre A Tear In The Rain è una traccia svelta e veloce, con i soliti condimenti di classe ma che non crea entusiasmo, almeno al sottoscritto, al netto di soluzioni armoniche e corali di grande impatto e pregevolezza. E con un minutaggio non indifferente. Until The Day, è una slow-track che nelle mani dei Royal Hunt diviene un tesoro colmo di brillantezze ed opacità perlacee che fanno strabuzzare gli occhi, inutili ripetersi sulle performance lodevoli dei singoli o sul solo della sei corde enfatico, l’insieme parla da se ed è un verbo di caratura superiore e magniloquente. Riches To Rags appare come un’altra traccia splendente con tanto di riff portante di flauto e melodie folk che a qualcuno potranno far storcere le sopracciglia, ma la riuscita è ottimale, con escursioni davvero suggestive, con architravi a sette note coinvolgenti, poi Way Too Late mostra alla plebaglia del hard come si costruisce un’infiammante track di pomp rock corale, costellata da stellari armonie e soluzioni melodiose da brividi con scansioni e saliscendi da top band. How Do You Know chiude il lavoro con una freccia parecchio hard rock nell’andamento e nelle ritmiche serrate della sei corde e nel cantato, la struttura è meno intricata dei pezzi precedenti, ma l’immediatezza dona freschezza ulteriore all’ultimo scampolo tatuato su questo album. Considerazioni finali? Come per il precedente lavoro, l’ottimo A Life To Die For, le composizioni di XIII - Devil’s Dozen sono ricche di fervore e suscitano interesse, passione e curiosità, anche per la loro immediatezza, nonostante la lunghezza di certe tracce.
I Royal Hunt suonano alla grande, ma questa non è di certo una news impellente, dico però che ascoltare dischi con performance tali fa sempre molto bene alla nostra anima metallica. Certo, non chiedete chissà quali innovazioni a questo combo, anche se in passato diverse furono le novità sciorinate, che ormai appare standardizzato su formule di altissima suggestione ma impermeabili a nuovi elementi. I Royal Hunt degli anni 2000, seconda decade, sono questi, prendere o lasciare…e io prendo subito senza alcun dubbio. Disco da avere.
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12
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Grande album e grande band! Melodici e potenti al tempo stesso, gli album pubblicati dal rientro di DC Cooper sono tutti di ottimo livello, questo secondo me è un filo sopra all'ultimo Cast in Stone. Apice del disco May You Never (Walk Alone), con un chorus fantastico! Voto 85 |
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11
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Visti nel 2008 a Bolgona con Boals ( show prodigioso al Sotto Tetto davanti a 50 persone) e nel 2012 al Firefest con DC Cooper. Per me Moving Target, Paradox e The Mission sono imprescindibili, da avere in ogni discografia che si rispetti di appassionati del genere. Paradox ai tempi, fu il mio album preferito del periodo. |
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10
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Purtroppo trovo questo disco mediocre, anche dopo molti ascolti. Sono sempre grandi, ma la benzina sta finendo, non si può scrivere la stessa canzone sempre, soprattutto se dopo un pò non incappi più nel ritornello "giusto", come quasi sempre in questo disco. La voce di DC inizia a calare tra l'altro, e le melodie (tranne un paio di episodi) risultano stanche...peccato, li adoro ma a sto giro zero pelle d'oca rispetto al passato |
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9
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Eh lo so, come tanti anche tu preferisci mission, io invece esco letteralmente di senno per fear...questo nuovo lo ascolterò appena posso  |
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8
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io dopo paradox aggiungo solo mission |
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7
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@ayreon non concordo , per me vanno aggiunti almeno moving target e il (per me, lo so, sono l'unico) capolavoro assoluto fear |
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6
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@ayreon sei senza cuore !! cmq al di la dei gusti, secondo me un pò esageri! |
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5
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diciamo che se hai il live "1997" e "paradox"hai tutto di loro |
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4
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Io invece condivido la recensione. Ogni album dal rientro di dc è molto bello, ma chiaramente l'effetto sorpresa viene sempre meno. Per la questione tastiere strabordanti , da sempre questo e il loro sound, che li rende comunque unici e riconoscibili (anche quando hanno avuto altri cantanti). Io trovo il loro aor/ hard / prog rock/metal una miscela davvero bella che mi ha sempre conquistato. voto 78 |
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3
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D'accordo con ayreon, oltretutto per me hanno il solito difetto di avere il suono delle tastiere che sovrasta esageratamente quello dei riff di chitarra che im questo album sono quasi inudibili, e in un album heavy/rock che si rispetti è abbastanza assurdo |
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2
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dai primi ascolti mi è sembrata minestra anche troppo riscaldata ,preferisco di gran lunga il nuovo symphony x.almeno con "the mission" si erano un po staccati da quel filone ,con il ritorno di dc cooper han ripreso la fotocopiatrice e quasi rifatto "paradox" in tutti i dischi del suo comeback |
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1
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Questa Band dalla classe immensa tira fuori dal cilindro un'altra gemma preziosa d'inestimabile valore che supera per freschezza compositiva il loro precedente e ottimo disco. L'opener mi ha ricordato nel refrain la gloriosa "message to God". |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. So Right So Wrong 2. May You Know (Walk Alone) 3. Heart On A Platter 4. A Tear In The Rain 5. Until The Day 6. Riches To Rags 7. Way Too Late 8. How Do You Know (bonus track)
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Line Up
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DC Cooper (Voce) Jonas Larsen (Chitarre) Andre Andersen (Tastiere) Andreas Passmark (Basso) Andreas Habo Johansson (Batteria)
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