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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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04/12/2021
( 1574 letture )
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Dopo l'apice raggiunto nel 1997 con Paradox -indubbiamente il disco più idolatrato e famoso dei danesi Royal Hunt- il gruppo guidato da André Andersen si trova all'improvviso in una fase di stallo, a causa del repentino abbandono del prezzolato cantante D. C. Cooper, il quale decide di perseguire la carriera solista. Il tastierista rimette quindi insieme i pezzi e assoldando stabilmente in lineup il batterista Allan Sørensen, due anni dopo pubblica il qui presente Fear, curiosamente in contemporanea con il debutto da solista dell'ex vocalist. Il duro compito di rimpiazzare Cooper tocca a John West, già noto per il suo lavoro negli Artension, band del virtuoso tastierista Vitalij Kuprij. Lo stile neoclassico non è pertanto distante dalle esperienze di West, dotato di una voce meno irruenta del collega che si trova a dover sostituire, ma altrettanto capace tecnicamente.
Il disco si apre con la title track, lungo brano introdotto per circa un minuto da una cupa voce narrante e da rumori sinistri di vario genere. Il pezzo si rivela un bel mid tempo, con il basso in grande evidenza e con le classiche tastiere di Andersen a creare atmosfera e a trainare le linee melodiche principali. La strofa ha il sentore di una ballad, comunque interpretata ottimamente dalla voce di West, ma il pezzo cresce, chiosando alla fine sulle fughe neoclassiche tipiche dello stile dei Royal Hunt. In sostanza, una più che apprezzabile introduzione che il gruppo farà tuttavia fatica a ripetere all'interno del disco. Non troppo diverso il registro di Faces of War, che nelle ritmiche richiama la celebre Message to God, senza però raggiungerne la profondità, nonostante la bella apertura del ritornello e i convincenti passaggi sinfonici verso la metà. La terza Cold City Lights, il cui titolo richiama –forse volutamente- quella Big City Nights di scorpioniana memoria, è una ballatona che non lascia esterrefatti, ma in cui il buon West mette una discreta dose di espressività, salvandola dall'anonimato. Finalmente si ricomincia a correre con Lies, guidata da un riff di chitarra piuttosto ottantiano e dalle onnipresenti tastiere. Il brano presenta diversi cambi di tempo al suo interno e l'introduzione movimentata fa da contrappunto alle strofe più riflessive, ma decisamente melense, anche per gli standard dei Royal Hunt. Una volta finito, rimane purtroppo la sensazione di un pezzo che non sa bene dove andare a parare, seppur suonato senza pecche. La stucchevolezza prosegue anche nel brano successivo, Follow Me, comunque orecchiabile, ma in cui di progressive non c'è traccia, trattandosi di un brano lento e piuttosto canonico, quasi radiofonico. Ci si avvicina alla conclusione, con la sesta traccia, Voices, che riporta i Royal Hunt sul binario giusto, e anche se il tutto suona un po' di già sentito, il brano funziona bene, grazie soprattutto alle buone orchestrazioni. Un crescendo di tastiera dà il via a Sea Of Time, sicuramente il brano più interessante del lotto insieme alla title track. Ritornano le atmosfere misteriose e pompose –e soprattutto l'estro compositivo- dei dischi precedenti e John West mostra finalmente di essere il degno sostituto di D. C. Cooper.
Posizione piuttosto difficile da ricoprire, questo Fear. Si tratta infatti di un disco di transizione dopo il masterpiece Paradox, praticamente impossibile da bissare (anche se due anni dopo con The Mission il gruppo ci andrà molto vicino). I Royal Hunt fanno comunque del loro meglio, regalandoci una manciata di brani decisamente godibili, sebbene ogni tanto smarriscano la bussola, in particolare nella parte centrale dell'album. Dal lato della produzione è un lavoro come sempre curato, le tastiere sono molto in primo piano, ma la separazione strumentale è degna di nota. Sulla performance dei musicisti nulla da recriminare, e d'altro canto c'è da essere felici perché John West non fa rimpiangere troppo il precedente vocalist, sfoderando un'ottima prestazione.
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7
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Con John West/Matt L'Amour non c'era più scampo per nessuno. Sentitevi anche i portentosi Destiny (1989-90), forse su youtube qualche demo sparsa c'è. |
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6
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Ogni volta che sento descrivere in modo tiepido questo gioiello, mi cadono un po le braccia...ma vedo dai commenti che sono in buona compagnia. Un disco semplicemente spettacolare, che ha il solo difetto di succedere a due magnifici album con Cooper in formazione, identificato come cantante "simbolo" della band. Peccato, perchè questo lavoro non ha NIENTE da invidiare ai predecessori, e West è semplicemente autore di una performance gigantesca. Non c'è una nota fuori posto in questi 7 gioielli, e il voto va alzato almeno di 10 punti per quanto mi riguarda. Eccezionale! |
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5
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Gran bell’album! Soffre un po’ il fatto di essere “incastrato” tra Paradox e The Mission che sono due capolavori. A mio parere questo è un gradino sotto, ma la qualità rimane sempre molto alta. Ne sono prova due pezzi come Lies e Cold City Lights, che non per niente sono stati riproposti live spessissimo anche dopo il rientro D.C. Cooper. Bellissima anche Sea of Time. Voto 83 |
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4
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Forse il più AOR dei Royal Hunt, ma quanto é bello? 95. |
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3
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con john west la musica dei royal crescie ogni album specialmente gli ultimi due |
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2
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Alziamo il voto a 85. Del periodo West questo e' secondo solo a The Mission. Anche con molti cambi alla voce i Royal Hunt hanno sempre sfornato dischi di altissimo livello. |
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1
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Gran disco, da 85 minimo. Basterebbero Cold City lights e la prestazione di John Wast su questo brano e sulla ballad… |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Fear 2. Faces of War 3. Cold City Lights 4. Lies 5. Follow Me 6. Voices 7. Sea of Time
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Line Up
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John West (Voce) Jacob Kjaer (Chitarra) André Andersen (Tastiera, Chitarra) Steen Mogensen (Basso) Allan Sørensen (Batteria)
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