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26/04/25
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Royal Hunt - Dystopia Part II
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31/12/2022
( 1741 letture )
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Dystopia è il concept in due atti che il mastermind André Andersen ha messo in piedi con i suoi Royal Hunt, ispirato a livello lirico da Farenheit 451, opera letteraria datata 1953. Non è la prima volta che la band danese ancora i propri testi alla penna e alla mente di Ray Bradbury, dopo l'ottimo The Mission datato 2001 e tratto dal classico sci-fi The Martial Chronicles. Dystopia Part II esce a un paio d'anni dal predecessore e ne prosegue il percorso in modo coerente non soltanto a livello lirico, ma anche e soprattutto a livello di songwriting e di scelte di interpreti, con André Andersen saldamente ancorato a sonorità di matrice orchestrale e progressive, accompagnato dalla recente e apparentemente solida formazione (anche se non si può affermarne la continuità con assoluta certezza vista la personalità irascibile e accentratrice del proprio leader) e con la conferma di guest vocalists di livello internazionale (gli esperti Mats Levén, Henrik Brockmann, Mark Boals, Kenny Lübcke e l'emergente Alexandra Andersen) ad affiancare il cristallino D.C. Cooper alla voce principale.
Il lavoro è introdotto da una breve e atmosferica intro strumentale, condotta dalle tastiere di Andersen, in grado di aprire il terreno agli oltre otto minuti di Thorn in My Heart, brano in perfetto stile Royal Hunt con ampio uso di partiture orchestrali e neoclassiche ben intessute con le varie linee vocali interpretate da D.C. Cooper spesso melodico e talvolta più tagliente e aggressivo, che conferma di essere tra i migliori vocalists in circolazione sia pure non sempre ai livelli qualitativamente più alti toccati nella prima parte della carriera con la band. Un pezzo molto buono e senza dubbio tra i momenti maggiormente riusciti dell'intero concept, frenato solamente da una produzione e da un mixing non perfettamente bilanciato, dal momento che le tastiere risultano preponderanti e a tratti schiaccianti nei confronti di voce e chitarra mentre la sezione ritmica -specialmente a livello di batteria eccessivamente triggerata- finisce per non essere perfettamente amalgamata con il resto delle partiture strumentali e finendo per far rimpiangere la coppia pulsante Mogensen/Olsen della prima formazione. I Royal Hunt ci avevano abituato sin da inizio carriera a un livello eccellente di pulizia sonora così come di esemplare amalgama tra orchestrazioni, frangenti elettrici e parti vocali corali e avvolgenti, raggiungendo il top in album epocali come Moving Target e Paradox, facendo poi fatica a mantenere in modo costante negli anni un tale standard, probabilmente, possiamo ben immaginare, per restrizioni a livello di budget e non soltanto per mere scelte di mixaggio. Il disco prosegue con un’alternanza di altri brani sostanzialmente convincenti, come The Key of Insanity (con buoni innesti vocali di Mats Leven su sonorità progressive) e soprattutto la lunga e pomposa Scream of Anger, che nei ben quattordici minuti di svolgimento si caratterizza per un abbondante uso di orchestrazioni e virtuosismi specialmente di uno strabordante Andersen, limitando le parti vocali a pochi minuti centrali con alternanza tra D.C. Cooper e il fedele Kenny Lübcke e con buoni spunti chitarristici di Jonas Larsen. Buone e in linea con la cornice di power prog sinfonoco creata negli anni dalla band danese anche Live Another Day (con una grande interpretazione di Cooper ben supportato dai cori di Lübcke) e One More Shot (con innesti vocali di Mark Boals e Hendrik Brockmann, entrambi peraltro già lead vocalists della band in periodi antecedenti), brani che peccano solamente di un minutaggio troppo elevato - tra i sette e i nove minuti – e che mancano di quelle zampate catchy e immediate presenti nei migliori lavori della band, pur fornendo abbondanti ed eleganti spunti melodici. Non mancano infine un paio di episodi che non vanno oltre il manierismo come la più breve strumentale The Purge, o la neoclassica e molto melodica Left in the Wind (questa volta con innesti meno riusciti di Brockmann e Alexandra Andersen in alternanza a Cooper), che fanno poco per contribuire alla vasta produzione della band finendo invece -pur senza peccare di tecnica e professionalità- per diluire la qualità media del lavoro in oggetto. La scelta di alternare D.C. Cooper con altri vocalists, in continuità con la prima parte del concept uscita due anni fa, risulta interessante sulla carta ma da un altro lato finisce per limitare e in qualche modo comprimere lo spazio all'estro del vocalist statunitense, dando quasi l'impressione che questi due Dystopia siano una sorta di progetto solista di Andersen circondato da vocalists d'eccezione e fedeli strumentisti/esecutori, anziché frutto di una vera e propria band.
Un disco tutto sommato ben più che discreto, anche se dai Royal Hunt ci si deve sempre e comunque aspettare il meglio e certamente un certo appiattimento a livello creativo aleggia in doversi momenti all'interno dell'ora di musica proposto da questo Dystopia Part II. Che i tempi gloriosi e inarrivabili di Moving Targets e Paradox siano lontani è oramai pacifico, ma questi ultimi Royal Hunt restano ancora una spanna sotto il periodo migliore con John West alla voce (quello a cavallo tra Fear e The Mission, per intenderci) e nemmeno ai livelli dell'ottimo comeback con D.C. Cooper a titolo Show Me How to Live di una decina di anni fa. Andersen non innesta dunque la sinfonia perfetta e questa seconda parte di Dystopia, al pari del predecessore, scorre in modo a tratti troppo prolisso e a tratti artificiale, non lasciando la pelle d'oca e le emozioni che i tanti capolavori della lunga carriera dei Royal Hunt hanno saputo trasmettere.
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5
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Allora, il disco è abbastanza buono (forse un po’ meno della prima parte di due anni fa), anche se in tutta sincerità mi sarebbe piaciuto se fosse stato - non dico un capolavoro - ma giusto un pochino meglio, visto che adoro Fahreneit 451, sia il libro che il film di Truffaut… e quindi ci speravo. C’è da dire comunque che la classe della band c’è sempre, e quando imbroccano riff e ritornelli come quelli di Live Another Day o One More Shot ci si può solo inchinare. Vero è pure però che nel complesso non tutti i pezzi riescono a decollare al 100%. I primi due della reunion con DC Cooper rimangono una categoria sopra. Voto 77 giusto (80 alla prima parte). |
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4
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Grazie Uomo Tigre, il global warming ha riportato i Farenheit a 451 😀 |
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3
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C è un grado Farenheit di troppo.
Grandi Royal Hunt, e il concept mi invoglia di brutto all\'ascolto. |
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2
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Concordo sulle considerazioni sull’utilizzo dei vari/troppi cantanti. Quando si ha uno come DC Cooper basta e avanza un Kenny Lübcke con le coriste. Voto giusto, in linea con il primo episodio e (troppo) distante dalle vette della loro suprema discografia. |
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1
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Buono, ma non ottimo…voto giusto |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Midway 2. Thorn in My Heart 3. The Key of Insanity 4. Live Another Day 5. The Purge 6. One More Shot 7. Scream of Anger 8. Left in the Wind 9. Resurrection F451
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Line Up
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D.C. Cooper (Voce) Jonas Larsen (Chitarra) André Andersen (Tastiera) Andreas Passmark (Basso) Andreas “Habo” Johansson (Batteria)
Musicisti ospiti Kenny Lübcke (Voce su tracce 6,7, cori) Alexandra Andersen (Voce su tracce 2,8, cori) Henrik Brockmann (Voce su tracce 6,8) Mats Levén (Voce su traccia 3) Mark Boals (Voce su traccia 6)
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