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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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25/01/2016
( 4968 letture )
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A distanza di relativamente poco tempo -quasi undici mesi- torna a farsi sentire Steven Wilson. Prolifico ed inarrestabile, costantemente impegnato in numerosi progetti, il cantante e chitarrista inglese porta all'attenzione del pubblico 4 ½. Troppo lungo per esser definito un EP e troppo corto per essere presentato come full length, il nuovo platter viene presentato come un album intermedio tra il precedente e quello che verrà. Il disco inoltre è fortemente legato alla quarta fatica da studio solista di Wilson, poiché vi sono quattro tracce che provengono dalle sessioni di Hand. Cannot. Erase. (2015). Vengono quindi riprese determinate sonorità ed un filo conduttore decisamente chiaro, che ci porterà ad ascoltare i brani con una sorta di coscienza che contestualizza musica e testi all'interno di una sfera emotiva incredibilmente vasta. Dietro il titolo, che appare come un semplice numero, vi è quindi tutta la spiegazione e l'idea di questo platter.
My Book of Regrets, richiama in termini di struttura ed idee, la bellissima 3 Years Older e venne presentata durante il tour promozionale di Hand. Cannot. Erase. La canzone viene proprio da un concerto che ha avuto luogo a Montreal il 28 Giugno del 2015 ed è stata successivamente ripulita e ritoccata in studio in piena tradizione prog: basta pensare ai King Crimson di Starless and Bible Black, per trovare un esempio di questa tecnica di registrazione. Il brano risulta longevo ed estremamente scorrevole al tempo stesso, presentando un gran numero di cambi di tempo. In tutta la prima sezione l'atmosfera è decisamente leggera e già nel primo minuto e mezzo si può percepire tutta la classe del songwriting di Steven Wilson e dei musicisti che lo accompagnano. Dopo appena un paio di strofe il brano si apre in una serie di assoli veramente degni di nota di Nick Beggs, Adam Holzman e infine di Dave Kilminster. Tutte le prove sono sostenute da una sezione ritmica di Craig Blundell a dir poco mastodontica ed è soprattutto l'assolo del del chitarrista a spiccare su gli altri, per longevità ed estro creativo. Il gruppo si riunisce per proseguire con un atmosfera più introspettiva e pacata, per poi chiudere con il filo conduttore che apriva il brano. La sfera emotiva si oscura, cambiando drasticamente tono con Year of the Plague, uno strumentale composto durante il periodo di The Raven that Refused to Sing (2013). Gli arpeggi di chitarra acustica che richiamano The Watchmaker e Transience, si mescolano egregiamente con l'orchestra ed i synth di Adam Holzman, che svolge un lavoro eccelso, regalandoci delle bellissime linee melodiche. Le nebbie si diradano con Happiness III e si torna ad una forma canzone più canonica, che risulta piacevole, ma nulla di più: buona l'energica sezione ritmica di Marco Minneman e del tutto sprecata la presenza di Guthrie Govan. Allo stesso modo Sunday Rain Sets In ha punti di forza e qualche debolezza. Lo strumentale presenta senza ombra di dubbio una gran classe, fra i fill di batteria di Chad Wackerman e le note sfuggenti di Holzman al pianoforte. L'atmosfera gode di una grande tensione che ricorda quella di un thriller d'epoca, per poi scoppiare in un breve stacco prog, nervoso e distorto. Tuttavia dopo l'esplosione, giunta un po' troppo tardi, torna rapidamente la quiete, sprecando a mio avviso una possibilità che poteva esser giocata meglio. Vermilioncore è lo strumentale più trascinante e spinto del lotto, dotato di chitarre distorte e synth dal sapore vintage. Sul groove, ben riuscito ed interessante, costruito dalla possente batteria di Craig Blundell e dal Chapman Stick di Nick Beggs, si muovono delle linee melodiche che spaziano dal metal, alle dissonanze che ricordano i King Crimson, passando per il prog cinematografico e coinvolgente dei Goblin. Il platter va successivamente a chiudersi con Don't Hate Me, brano dei Porcupine Tree preso da Stupid Dream (1999). La rivisitazione di Steven Wilson viene effettuata con la stessa tecnica ibrida tra live e studio come in My Book of Regrets e vede la presenza di un'ospite d'eccezione. Ninet Tayeb, già presente in Routine ed Ancestral di Hand. Cannot. Erase., canta con gran classe i ritornelli e offre delle aperture ariose e coinvolgenti al pezzo. Come nella versione originale vi è un magnifico assolo di sassofono di Theo Travis e un'atmosfera rarefatta e notturna. La scelta del brano da rivisitare da tutto il repertorio dei Porcupine Tree è tutt'altro che casuale a mio avviso, poiché le sensazioni di solitudine ed alienazione, riescono a conciliarsi perfettamente con l'ultima uscita solista di Wilson e con le tematiche d'essa.
Nel tirare le conclusioni è inutile parlare delle performance dei musicisti, visto che vi è un grado di bravura e professionalità estremo e, allo stesso modo, è inutile spendere parole su una produzione magistrale e perfetta. La maggior parte delle considerazioni ora vanno fatte sul contenuto: le tracce sono tutte di qualità, ma non tutte lasciano il segno, o perlomeno alcune lo fanno parzialmente. Inoltre il formato del disco non è molto convincente, dando al prodotto un sapore che non è né carne né pesce. Lungi da me il fare un discorso improntato al favorire la quantità rispetto alla qualità, ci mancherebbe altro, tuttavia credo che un'artista prolifico come Steven Wilson, avrebbe potuto serenamente trovare altro materiale con il quale arricchire questa uscita. Esponendo le prime idee che mi vengono in mente, si potrebbe pensare all'aggiunta di qualche brano live, eseguito con delle varianti o con delle improvvisazioni. Al secondo tour di Hand. Cannot. Erase. (qui potrete trovare il live report della data di Roma) ad esempio vi è Dave Kilminster alla chitarra al posto di Guthrie Govan e l'esecuzione dell'assolo di Regret #9 presenta lick differenti e una tecnica diversa alla versione originale. In alternativa il disco si poteva arricchire con la presenza di alcune demo di tracce già pubblicate o altre rivisitazioni dei lavori passati come fatto con Don't Hate Me. Lasciare tanto spazio vuoto sul disco è quindi, a mio avviso e considerata la situazione, uno spreco evitabile che gioca a sfavore di un titolo che avrebbe potuto essere sfruttato molto meglio. Anche il booklet stesso, di solo quattro pagine, risulta decisamente misero e dimenticabile. In conclusione possiamo dire che è meglio avere questa mezzora abbondante di musica in più che in meno, in attesa dell'uscita del prossimo full length. Nonostante una forte sensazione di spreco, percependo la bellezza di pezzi come My Book of Regrets o Vermilioncore, rimane ampiamente consigliato l'ascolto di 4 ½, nell'attesa che un'artista con la A maiuscola come Wilson, torni con un quinto lavoro completo e degno dei suoi fasti.
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Se paragonato alle ultimissime uscite di Steven Wilson, questo 4 1/2 lo ritengo un ottimo lavoro, a prescindere che sia costituito da brani provenienti da sessioni (importa a qualcuno?). Speriamo che il nostro ritorni sui suoi passi, perché da To the Bone è un po' una delusione. |
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Se paragonato alle ultimissime uscite di Steven Wilson, questo 4 1/2 lo ritengo un ottimo lavoro, a prescindere che sia costituito da brani provenienti da sessioni (importa a qualcuno?). Speriamo che il nostro ritorni sui suoi passi, perché da To the Bone è un po' una delusione. |
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Ragazzette alternative, prlando di SW, mi mancava... |
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neanch'io comprendo la venerazione a cui questo artista è spesso sottoposto da fanboy della prima ora e ragazzette alternative,ciononostante lo apprezzo musicalmente e questo EP è un valido lavoro,nulla di nuovo ma comunque piuttosto evocativo! |
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Rispetto Steven Wilson, e reputo quest'EP persino migliore di Hand.Cannot.Erase. Ma continuo a chiedermi da dove venga questa continua adorazione nei suoi confronti, quand, a conti fatti, non fa altro che "riciclare" il prog rock anni 70. C'è gente che, a parer mio, si merita molte più attenzioni rispetto a questo figuro.... uno in particolare Devin Townsend. |
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Effettivamente, come alcuni hanno sottolineato, è un po' troppo presente con uscite su uscite che fanno chiaramente pensare ad una politica di marketing, tutta tesa a sfruttare la situazione favorevole. Ma il contenuto è più che buono, non eccellente ma notevole. Wilson è un ottimo compositore e probabilmente per fare un disco, scrive molta roba che poi non viene utilizzata e serve per questo tipo di operazioni. Il punto è che anche se usata in questo modo, alcune parti (o la maggioranza) danno vita a ottimi pezzi, come Happiness III (per me bellissimo!) e Vermilioncore. Questo, alla faccia di band o autori che fanno fatica a mettere insieme un album, dopo attese di anni (anche nel metal). Au revoir. |
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Album che, per essere una raccolta di b-sides, tracce semisconosciute e continuazioni di altre canzoni, è di una certa qualità e sembra un po i riassunto della carriera di Wilson insieme a Transience: prog rock con momenti dream pop, momenti prog metal e momenti psichedelici sperimentali. Comunque in generale lascia un po' in sospeso e resta discreto ma non ottimo, quindi direi che 71 è il volto giusto. Migliore traccia : sicuramente Vermilioncore Peggiore : la vuotissima Year of The Plague. |
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Sei stato sin troppo tenero caro Michele. Secondo me è un album davvero sorvolabile zeppo di b-sides che giustamente sono state accantonate nei lavori di riferimento. Attendiamo il vero Wilson a breve. Per il resto, recensione autorevole, come sempre. |
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A voler proprio essere critici, uno dei pochi difetti di 41/2 è che è troppo corto!!!!! Se poi - come affermato da qualcuno - si tratta di scarti....beh ad avercene così!!! |
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Dal mio personale punto di vista, c'è una figura che attualmente sta dando veramente tantissimo alla scena prog/metal di questi anni e che non gode neanche di un decimo dell'attenzione che ha Wilson. SI tratta di Daniel Tompkins, il cantante dei TesseracT, che tra collaborazioni e produzioni di tutto rispetto sta davvero inanellando da qualche anno a questa parte una serie di lavori eccellenti destinati secondo me a lasciare il segno. Recuperate, se non l'avete già fatto, i dischi degli Skyharbor, A Dream in Static degli Earthside e Salvage Architecture dei Piano. |
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Ragazzi, non giochiamo a fare lo scontro frontale a tutti i costi e leggete bene ciò che ho scritto senza farlo tra le righe. Non ho mai detto e ne penso che Wilson sia un artista inconsistente, anzi! Credo fermamente che Grace for Drowning sia tra le migliori perle di questo decennio. Ma non fraintendete, non mi reputo uno di quelli che vorrebbe un artista relegato perpetuamente alla sua piccola nicchia di appassionati e che quando questo diventa un po' più conosciuto lo ritiene un traditore. Tuttavia, ritengo altrettanto sbagliato affibbiargli i il titolo di Re Mida del nuovo progressive rock specie dopo un disco come Hand.Cannot.Erase - e questo EP di conseguenza - che tutto sono fuorché capolavori. Tutto ciò premesso, Steven Wilson È un fenomeno di massa e lo dimostra il fatto che sia quest'album che il precedente siano esposti come dichi consigliati nelle vetrine di Feltrinelli e di tutti gli altri mega-gruppi mediali. Ma ripeto, questo non è un difetto, ma un mero e semplice dato di fatto. |
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La solita storia: qualcuno diventa famoso, emerge solo un pò dall'underground di un genere e subito partono le accuse... Sta diventando noioso. |
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@Tbc: non concordo mica tanto. Innanzi tutto i primi lavori di Wilson con il progetto Porcupine Tree non sono progressive ma sono molto più orientati verso la psichedelia. Anzi, mi sento in tutta sincerità di affermare che il primo vero progetto progressive rock è stato proprio il suo primo album da solista, Insurgentes. Ma a parte questo, fenomeno di massa proprio non direi: se bene o male anche chi non segue il metal conosce i DT per via dei mega concerti e delle "sboronate" ipertecniche (passami il termine), prova a chiedere a chi non è introdotto al genere se conosce SW. E non solo, nel campo musicale ci vuole anche una certa credibilità per ottenere determinate partecipazioni nei propri lavori, credibilità che va oltre al semplice fatto di rendersi visibili: e allora guarda la gente che collabora (da turnista!) con SW e chiediti se davvero non c'è anche della sostanza sotto al fenomeno del momento. |
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Esatto, hai espresso a pieno il mio pensiero e ne convinco che conosci il personaggio in questione dalle origini. Detto cio un po dispiace, spero sia una cosa momentanea questo successo trasversale, comunque siamo onesti continua a sfornare sempre album piu che buoni, a differenza dell'altra band prima citata. Ovvio senza proporre nulla di nuovo, forse si sara un po adagiato, ma suonare freschi, non dico innovare (ormai quasi impossibile) lo risulta sempre con proposte valide. Per quanto riguarda il fatto di essere un icona, tutto marketing certo e chiacchiere da bar da parte di un pubblico come dici tu che non conosce neanche l'abc del progressive rock in generale. Il fan medio dei DT, ora è anche fan di SW per il semplice motivo che va di moda e fa molto intellettuale e qualcuno ha deciso che è l'ultimo baluardo del prog. |
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La questione non si limita alla mera questione polemica, Luigi. Hai giustamente paragonato Wilson ai Dream Theater e c'è un motivo: entrambi sono - chi da più chi da meno tempo - fenomeni di massa. E si sa, quando in campo musicale si ottengono dei plebisciti così ampi è in parte per meriti artistici e in parte marketing. Ciò che è evidente è che Wilson ha conseguito una maggior popolarità per i motivi sbagliati. Se per i meriti raccolti sul campo Wilson doveva diventare l'icona del progressive rock cui è ritenuto oggi, in teoria, lo sarebbe potuto e dovuto diventare immediatamente, dato che i suoi lavori più intrinsecamente progressive sono i primi. Per dirla tutta: chi ha iniziato ad amare Steven Wilson attraverso gli ultimi album dei Porcupine Tree (per esempio) non è necessariamente affezionato al progressive rock, ma fa parte di una varietà trasversale. Il che non è una critica, ma solo un modo per sottolineare come la figura di Wilson sia stata nel tempo valutata e, ahimè, sopravvalutata da persone non preparate in materia di progressive rock, fino ad attribuirgli un'aura che lo rende praticamente immune alle critiche. |
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La storia si ripete, sopratutto nel progressive, ormai attorno a Wilson si stanno creando le stesse polemiche che da anni si sono create attorno ai Dream Theater. Amore o odio profondo..un polverone veramente inutile. Per quanto riguarda il fatto di essere un po prezzemolino, in passato era molto piu presente con uscite discografice e progetti vari... |
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Io dico solo una cosa: questi scarti (perchè non sono altro), sarebbero brani di punta in molte altre band del genere. E mi accodo al parere di GT_Oro |
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@GT_Oro: Pacatamente, dissento. |
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A mio modesto parere rimane la migliore fotografia del prog rock al momento sulla piazza. Sarà auto celebrativo, prezzemolino della musica, quello che vi pare, ma le sue produzioni hanno sempre una qualità elevata al di sopra della media. Quindi non posso che fargli i miei complimenti. |
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Mio fratello ne và matto per steven willson e gli ho regalato 4 1/2.L'album l'ho ascoltato solo per rendermi conto perchè ogni suo album è sempre così atteso e sinceramente avrei preferito sentire altro,anche perchè a fine canzoni mi era venuto un sonno tremendo! a me sinceramente sembra che Steven Wilson venga sopravvalutato un pò troppo...o magari è mainstream ascoltarlo e ti fa passare per un cultore della musica,mhà... |
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Zess quindi non sono pazzo.... |
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Ma basta, un altro ne ha tirato fuori? Ah già, lui è il Genio. |
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Opeth fan: se avessi saputo prima che ti avrei rovinato la giornata non avrei mai scritto quello che ho scritto. Non vedo poi dove avrei criticato Wilson dal punto di vista artistico, per il quale ha anche la mia stima a conti fatti. Il fatto che sia "sempre tra i piedi" (se mi passi l'espressione che ti ha offeso tanto) è solo un dato di fatto statistico inattaccabile, come anche riportato dal recensore (ma con termini ovviamente leggermente più professionali che stavano ad indicare la sua prolificità). Per quanto riguarda i gruppi inutili non spetta a te, e neanche a me, stare a sindacare quali siano, tutto dipende dai gusti. Ci saranno tante persone che, immagino, pensano che sia la musica di Wilson quella inutile, non trovi? |
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testamatta ride forse 6 tu che 6 sempre tra i piedi.......ce ne fossero di Steven Wilson in giro!!!ma siccome non ci sono e purtroppo abbondano invece gruppacci inutili...ben vengano suoi dischi e cchecavolo critica qualcun altro ma lui non mi pare proprio la persona indicata!!!e' un grandissimo musicista e questa e' l'ennesima perla che ci regala!!!grandissimo S.w! |
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Questo è sempre tra i piedi. Stai a vedere che parteciperà anche a Sanremo |
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My book of regrets e Vermilioncore sono dei gran bei pezzi, Year of the plague è molto cupa e deprimente, adatta al mio stato d'animo attuale. Il resto è sempre a livelli alti ma mi ha colpito meno. In ogni caso da Steven Wilson è difficile aspettarsi qualcosa di brutto. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. My Book of Regrets 2. Year of the Plague 3. Happiness III 4. Sunday Rain Sets In 5. Vermilioncore 6. Don't Hate Me
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Line Up
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Steven Wilson (Voce, Chitarre, Basso, Tastiere, Mellotron) Adam Holzman (Pianoforte, tastiere e sintetizzatore) Nick Beggs (Basso)
Musicisti Ospiti: Ninet Tayeb (Voce nella traccia 6) Dave Kilminster (Chitarra nella traccia 1 e 6) Guthrie Govan (Chitarra nella traccia 3) Theo Travis (Flauto e Sassofono nella traccia 4 e 6) Craig Blundell (Batteria nella traccia 1, 5 e 6) Chad Wackerman (Batteria nella traccia 4) Marco Minneman (Batteria nella traccia 3)
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RECENSIONI |
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