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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Steven Wilson - The Harmony Codex
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17/10/2023
( 4749 letture )
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“Eh ma i Porcupine Tree...” “Eh ma i primi lavori solisti...” “Eh ma quanto è spocchioso questo...” “Eh ma sono anni che campa di rendita...”
Steven Wilson è uno di quei personaggi che spacca il pubblico. O lo ami, o lo odi. O ne riconosci le capacità, e perché no, anche un po’ il genio, o ne vedi un certo grado di supponenza misto a una non troppo celata dipendenza dal riciclo di idee (anche altrui). Entrambe le visioni possono essere condivisibili e tendenzialmente giuste, l’errore nel giudicare l’attuale Steven Wilson risiede invece nella tendenza del pubblico di comporre l’equazione SW = Porcupine Tree e, per una non indifferente parte degli ascoltatori più distratti (o più recenti), Porcupine Tree = Progressive Rock. Ecco, se si parte prendendo per giusti questi presupposti, The Harmony Codex non farà per voi. Vi annoierete, non troverete strizzate d’occhio metalliche come negli ultimi PT, e non troverete nemmeno tante digressioni progressive rock dal sapore vintage come in Raven Refused to Sing. Di fatto, siamo molto lontani da questi lidi. Tuttavia, mai come in questo album si può avvertire un ritorno alle origini per il musicista inglese.
The Harmony Codex potrebbe essere assimilato non a un The Best Of in senso stretto ma più come a una sorta di retrospettiva della carriera dell’artista attraverso pezzi inediti. Nei dieci brani che compongono l’album c’è tutto quello che Steven Wilson ha raccontato attraverso la musica in 30 anni e più di lavori: c’è elettronica, tanta, psichedelia, pop d’autore, rock progressive e molto altro. Troppo riduttivo dimenticarsi che parallelamente al suo gruppo principale già da subito (e forse da prima ancora) SW si dilettava con musica ambient (a nome Bass Communion e come I.E.M.), indugiava in una multiforme specie di art rock elettronico insieme a Tim Bowness nei No-Man, e che anche i primi seminali Porcupine Tree suonavano molto di più come novelli Pink Floyd che come prog rocker moderni. Vista sotto questa ottica un po’ più consapevole, questa ultima uscita discografica è un po’ un ritorno a casa per chi segue l’occhialuto polistrumentista dagli inizi di carriera. Ma prima ancora di iniziare con la disamina track by track di The Harmony Codex occorre specificare un altro aspetto fondamentale legato alla fruizione dell’album: ci vuole un impianto stereo buono. No alle casse dello smartphone, no agli auricolari del discount, no all’ascolto lo-fi su Youtube o affini. Già questi strumenti moderni sono qualitativamente la morte della buona musica, ma approcciandosi a questo album la differenza fra la versione originale e quella ascoltabile online è abissale. Meglio ancora sarebbe possedere l’impianto Dolby Atmos per il quale il missaggio e la produzione del disco sono stati concepiti, ma ci si può accontentare di un buon impianto audio casalingo. L’estrema qualità e stratificazione del post produzione sono sia un punto forte che un punto debole di The Harmony Codex, perché da un lato è un piacere ascoltarlo, dall’altro si preclude a una buona fetta di pubblico la fruizione completa dell’opera. Per capirsi, la differenza potrebbe influire sul voto dalla sufficienza abbondante al voto che vedrete in calce alla recensione.
Fatte queste doverose premesse, ad Inclination spetta il compito di aprire le danze. Un beat profondo in 4/4 sul quale si innestano percussioni elettroniche ad opera di Pat Mastelotto è il tappeto pulsante sul quale flauto, fiati, chitarre e un basso accompagnano SW nella canzone che più si avvicina nelle sonorità e nelle intenzioni a The Future Bites: elettronica fredda miscelata ai toni caldi dei fiati e delle chitarre in un brano che già fa intuire cosa ci aspetta. Non il brano più ispirato del disco, ma di certo un’apertura che da una parte spiazza (straniante la pausa lunghissima prima dell’entrata del cantato, come l’assenza di un ritornello vero e proprio) e dall’altra cuce il discorso con l’album precedente. Con What Life Brings invece si viene catapultati indietro nel tempo, dritti a Lightbulb Sun e alle sue ballate pop eleganti e stratificate, con una grande attenzione agli arrangiamenti e alle sovrapposizioni vocali, oltre ad uno dei migliori assoli del tipo che SW abbia partorito negli ultimi anni. 3 minuti e mezzo circa di una elegante ballata come il periodo dei PT compreso appunto fra Stupid Dream e Lightbulb Sun ci ha insegnato ad apprezzare, ma che ricorda anche un’altra parentesi della sua carriera, quella con Aviv Geffen nel progetto Blackfield. Una base elettronica sincopata che ricorda il segnale di un vecchio modem ripetuta in ostinato apre invece la successiva Economies of Scale, primo singolo estratto dall’album ed emblema del concetto espresso prima sull’importanza di un ascolto in alta qualità: sibili, ticchettii, beat, il tutto si intreccia attraverso una ricerca sia nella scelta dei suoni che su come farli arrivare all’orecchio veramente encomiabile, in un crescendo emozionante nonostante la canzone risulti di per sé molto semplice e orecchiabile. E’ vero che vengono scippate intuizioni e sensazioni di casa Radiohead, ma la destrutturazione della forma canzone risulta molto meno marcata che nelle ultime composizioni del gruppo di Oxford. Da segnalare anche il testo molto bello.
Impossible Tightrope, quarta traccia del lotto, è una lunga digressione strumentale in pieno stile progressive, che tuttavia si concede ampi sconfinamenti verso quella specie di ambient psichedelico tanto caro ai Porcupine Tree del periodo Up the Downstair o The Sky that Moves Sideways, con l’aggiunta del sempre immenso Theo Travis ai fiati e di un bellissimo solo di tastiera nella seconda parte ad opera di Adam Holzman, che cofirma anche la musica del pezzo. Indiscutibilmente una delle vette più alte dell’album. In Rock Bottom si ritornano a percorrere i sentieri musicali dello Steven Wilson più recente, fautore di un pop rock sicuramente di classe, impreziosito ancora una volta dalla bravissima Ninet Tayeb alla voce e chitarra (oltre aver firmato interamente anche la musica del brano, caso più unico che raro nella discografia dell’inglese), pezzo che vorrebbe ripetere i fasti di Pariah non riuscendo tuttavia a colpire nel segno come la precedente collaborazione fra i due. Sicuramente una canzone orecchiabile, drammatica, scelta corretta come singolo ma che non convince pienamente fino in fondo. Anche qui, il testo, vero inno alla vita e alla resilienza, fa la differenza. Il salto alle sonorità dei Porcupine Tree del periodo The Incident arriva insieme a Beautiful Scarecrow, brano oscuro, teso, non aggressivo ma scostante, inizialmente sommesso ma che poi esplode in un crescendo quasi cacofonico nella seconda metà per poi tornare a collassare su sé stesso. Qui il livello dell’asticella compositiva risale, in un pezzo che cresce in qualità con il numero degli ascolti.
Ora è il momento della title track. Ahia. Nonostante Wilson sia molto orgoglioso del brano, e per quanto lo stesso sia indubbiamente evocativo, elegante e ricercato, manca qualcosa. Musicalmente siamo dalle parti di Voyage 34, ma ancora più vicini alle meno conosciute Moonloop o Mesmer, dove il concetto di “viaggio” inteso come trip è centrale e fondamentale, però nell’incedere il brano non decolla. Interessante la scelta di proporlo come una sorta di Scala Shepard (illusione uditiva atta a ricreare un tono infinitamente ascendente o discendente), vagamente fan service i brani recitati che riprendono un po’ il commento al viaggio della già citata Voyage 34, ad opera della stessa moglie di SW, però alla fine si avverte un senso di incompiuto, come se mancasse una seconda parte in funzione di una prima fin troppo lunga. Occasione quasi sprecata. Si continua con le occasioni semi sprecate anche nella successiva Time is Running Out. La canzone riprende la dicotomia fra tappeto elettronico e strumenti a corda acustici e pianoforte, ricordando alcuni passaggi già sentiti nei primi due album da solista dell’autore. Anche in questo caso, il brano non è da rigettare, ma è di maniera. Per fortuna l’album risale, e di molto, nelle ultime due tracce. Actual Brutal Facts è la canzone più simile alle ultime produzioni dei Porcupine Tree, e questo nonostante l’arpeggio iniziale di chitarra richiami agli inizi psichedelici del gruppo. La voce filtrata e quasi rappata di Steven Wilson, in veste di novello Robert Del Naja, ci accompagna in un brano dal sapore quasi trip hop, con il basso pulsante di Nate Navarro che fa da base a una traccia oscura e dal testo brutale come il titolo suggerisce. La chiusura è affidata alla lunga Staircase, che si apre sorretta su una base elettronica per poi svilupparsi come un mid tempo rock dove due batterie sovrapposte e all’unisono seguono le varie fughe strumentali (monumentale quella di Nick Beggs al basso), la base orchestrale e una delle migliori interpretazioni vocali di Steven Wilson da tempo. Nel suo sviluppo finale la traccia riprende il trip della titletrack chiudendo in maniera ideale l’album.
Se i testi in generale rimangono abbastanza comprensibili e, come sempre accade per l’inglese, sospesi fra il sociale e il personale, diventa più interessante inquadrarli all’interno del concept dell’album intuibile dal booklet, che racconta la storia di due fratelli, Jamie e Harmony (quella che dà il titolo al lavoro), e del loro viaggio. Per concludere, Steven Wilson non ha prodotto un vero e proprio capolavoro, e probabilmente non lo produrrà mai. Ci si è avvicinato più di una volta in carriera, sia con i PT (Signify, Fear of a Blank Planet stanno lì a dimostrarlo) che da solista, ma è sempre stato più un artista di buona qualità costante che di exploit inarrivabili. Pur non avendo nemmeno questa volta con The Harmony Codex centrato l’obiettivo “capolavoro”, ne ha conseguiti almeno altri due importanti: il primo, dopo due album spiazzanti come To the Bone e The Future Bites, è stato di rimarcare che a livello di songwriting e di tutto ciò che è “tecnico” ruotante attorno alle canzoni ci sono pochi artisti che possono competere al suo livello, e il secondo, forse ancora più importante, è stato quello di ricordare come sia capace di evolversi musicalmente e cambiare pelle ma sempre in maniera organica e senza mai rinnegare il suo background musicale.
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Beh... 57 come voto lettori direi che si addica maggiormente a quanto ascoltato in questo disco, rispetto al voto del recensore. Per me Wilson da To the bone in poi non esiste più... si può cambiare in meglio, ma non sempre i cambiamenti sono necessari. Incommentabile. |
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@GT Oro Bene, Raven e\' un capolavoro che si aggiunge agli altri😜 |
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Grande delusione, ascoltato solo qualche giorno fa per mancanza di tempo. Assenza di sostanza in tutte le canzoni, anche se Impossible Tightrope, Rock Bottom e Staircase risaltano sulle altre. Gli accenni prog rock li avrei comunque evitati, dato che non c'entrano nulla con il clima del disco ed illudono il fan di vecchia data. Ruffiano, socialoide e mediocre, spero torni presto a scrivere musica. Voto 50 |
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@Manuel...quoto in pieno, in effetti non avevo pensato a questa involuzione... sopratutto dopo aver ascoltato l\'ultima sua noiosa nenia di Natale non capisco a che gioco stia giocando,cioè a quale pubblico sia ora rivolta la sua arte (ma sincermante segnali di squilibrio si sono avvertiti sopratutto quando poco tempo fa aveva deciso di coverizzare Taylor Swift). Questo non l\'ho ancora approfondito,ma non sono invogliato a farlo ora...ho ascoltato solo Impossible Tightrope e mi è parsa un po\' di maniera.
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* avrebbe giovato, pardon |
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Incredibile come Wilson debba con il tempo rovinare ogni suo progetto... i no man sono passati dal pubblicare ottimi dischi alle attuali innominabili ciofeche, i blackfiled idem per non parlare dall\'inspegabile abbassamento qualitativo dopo hand cannot erase (il quale aveva fatto gridare quasi al miracolo data la sua delicatezza, struggenza e ricercatezza pop...). Forse i porcupine tre sono l\'unico progetto rimasto valido, anche se nel 2009 un bel passo falso l\'hanno commesso anche loro prima di sciogliersi e tornare poco fa con un buon album (probabilmente soprattuto grazie a barbieri e soci). Insomma, tutto questo genio tanrto decantato in wilson io non lo vedo,a partire dal fatto che non mi sembra che questo artista rappresenti un vino che diventa piu buono invecchiando col tempo, anzi... probabilmente moderare la quantitè delle uscite a scopo commerciale e aumentarne la qualità sarebbe giovato alla credibilità dell\'artista... chiediamoci come mai molti gruppi entrati nella leggenda dopo un tot lasciano le scene oppure - vedesi i Tool - ci mettono 13 anni a pubblicare un disco. In questo lavoro di wilson mancano i dettagli e l\'anima (probabilmente anche l\'impegno) e il fatto che tutti ne consiglino l\'ascolto tramite supporto adeguato non fa altro che rimarcare il fatto che il guscio sia scintillante ma il conenuto solo discreto. |
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Innanzi tutto mi complimento con il recensore per la perizia con la quale ha analizzato e commentato il disco, nonché avvisato i fruitori della necessità di ascoltare il disco con una attrezzatura adeguata. In effetti io ho utilizzato Mojo 2 e Denon Ah-7200 ed il risultato é stato uno stato di ipnosi e rapimento. Si, perché fino ad ora non ero mai stato catturato da un intero disco solista di Steven Wilson. Al limite qualche canzone, ma mi sembravano sempre o pretenziosi, o poco organici o poco ispirati. Qui invece se il disco lo comincio lo ascolto fino alla fine e con grande attenzione ai passaggi, ai fraseggi musicali ed ai testi. C\'è una summa di tutte le esperienze maturate da Wilson nel corso della carriera ma la loro sapiente miscelazione e l\' intelligente uso ed innesto dell\'elettronica ha creato qualcosa di unico e particolare. Insomma a me garba un bel po\' e lo annovero fra i miei preferiti del 2023 |
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Bell'album....da usare come sottobicchiere della birra |
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GT_ORO___ si, stavo parlando si gusti di massa contro gusti intimi o analisi scevre da condizionamenti. Anche io ho apprezzato soul at zero dei neurosis dopo un po' di tempo... ma non credo che il discorso fosse quello. |
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Potrei andare avanti con il discorso dei "pilastri del genere", parlando di di diverse influenze, palesi e elaborate a volte in maniera maldestra, per le quali a mio avviso é assurdo dare 83. Facendo giusto qualche esempio, what life brings copia linea vocale metá da brian ferry e in parte dai black sabbath, proponendo una musica tale e quale a quella dei pink floyd anni 80; economy of scale ci propone palesi echi del peter gabriel più scialbo e dai radiohead più innocui (decisamente meglio la versione con i Manic Street Preachers); a tratti sentiamo anche l'influenza dei Tears for Fears, Warp o Autechre più indolori. Impossible Tightrope è una lunga tirata jazz-prog-psichedelica (con cori chiesastici) che sa di muffa anni ’80. Dovrebbe essere la parte in cui dovrebbero fare capolino i King Crimson, forse, ma ricorda parecchio gli Ozric Tentacles; Actual Brutal Facts, altra roba retorica simil downtempo che art-attacca un po’ di Massive Attack, un po’ di Depeche Mode e una bava del Tricky malaticcio di Pre-Millennium Tension; The Harmony Codex ha quel retrogusto muffoso-passatista come di un Kuedo che rifà Vangelis... con una voce feminile parlata che sa di scontato o di una traccia audio per praticare mindfullness..Inclination è roba EDM (jazzettino innocuo quasi lounge) cantata, sempre dalle parti dei Tears For Fears senza averne la scrittura né la classe (la scuola dovrebbe essere la solita degli Steely Dan, molto alla lontana). Insomma, potrei andare avanti così per tutte le canzoni del disco... piacevole? Certo, ma tutto si mantiene costantemente sui binari di una musica educata, innocua, senza alcun balzo trasversale verso un qualche anfratto non dico inesplorato ma che rivendichi una qualche identità propria, Al di là delle fisse e dei gusti personali, che comprendo benissimo, io credo che un bel 7 forse sarebbe stato più che onesto. |
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@Matt: di dischi che di primo acchito non mi sono piaciuti per poi essere grandemente rivalutati nel tempo e con gli ascolti me ne vengono in mente tantissimi, almeno per la mia esperienza. Uno su tutti? Adore degli Smashing Pumpkins. Un gruppo che viene incensato dalla maggioranza della critica di settore e che a me personalmente non piace per nulla trovandolo la quintessenza del sopravvalutato? I Sunn O))). Non siamo tutti, fortunatamente aggiungo, uguali. Ciò che colpisce uno non colpisce un altro, ciò che un singolo trova in un album, perché forse lo ascolta in un dato periodo della sua vita, da qualcun altro non verrà recepito. |
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Non solo dall'analisi a posteriori si decreta il valore di un'opera... é proprio quella forma passiva del verbo decretare che non capisco. Si decreta riferito a chi? Qual é il soggetto? Perché bisogna scindere il parere delle masse dalle persone che riescono a ragionare in maniera avulsa dal contesto popolare e che sono dotate di capacitá di analisi critica tanto da poter apprezzare o non apprezzare un prodotto anche subito o dopo qualche mese di ascolto, nel recupero dei dettagli più reconditi. Sinceramente non conosco persone (frequento una scuola di musica e suono in due band), grandi e piccini, che mi abbiano mai parlato di un apprezzamento a posteriori, perché quello é semplicemente il gioco della critica... anche i DAFT PUNK erano sfottuti all'inizio, ma credi che un ascoltatore con un grande background ci sia potuto cascare a questo giochetto? Ho sempre odiato quesyo modo di fare e consapevolmente me ne allontano. E si ritorna al discorso... se si imparasse a valutare e analizzare un prodotto senza atteggiamenti ego-riferiti tutta questa manfrina finirebbe, ma ovvio che il Dio Denaro non sarebbe d'accordo. Per concludere, credo che sia fondamentale avere un pensiero rivolto alla critica nei confronti dello showbiz, altrimenti immagazziamo tutto passivamente e buonanotte... il disco non mi é piaciuto, ma la maggior parte dei lavori di steven si. Lo reputo, comunque, molto furbo e poco innovatore a differenza di ciò che dicono tutti, ma ho amato i lavori di No-man, Blackfield e Porcupine Tree... sono d'accordo con il dire che gli Storm Corrosion facciano pena e ne approfitto per ribadire che anche ciò non si limiti ad essere solo un parere, ma una conclusione alla quale si può arrivare attraverso un'analisi non soggettiva e grazie all'insegnamento dei pilastri dell'avanguardia. |
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@matt... d'accordo su tutto il discorso filosofico/sociologico,come non esserlo ma...a me l'album é piaciuto e ho trovato l'inserimento di una titile track del genere abbastanza geniale e spiazzante. Tutto meglio dei 3 lavori precedenti,o anche 4. La sensazione é che per arrivare alla perfezione wilson ne debba fare ancora di strada,o forse non ci arriverá mai...ma é raro trovare così tanto eclettismo,professionalità e creatività in un autore contemporaneo. Meglio i porcupine tree e non ci piove,ma in tempi di trap o metal trito e ritrito vittima delle solite tematiche, c'è da accontentarsi anche un po'. Voto 80 |
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L\'ho scritto nella rece: SW anche per me non ha mai prodotto veri e propri capolavori fatti e finiti, però ha un curriculum alle spalle che lo rende quanto meno un artista credibile. Non per niente collabora o ha collaborato con il gota del prog e cura i remix dei più significativi gruppi del passato. Alle volte si farebbe prima a dire \"non mi è piaciuto\" o anche \"mi ha fatto schifo\" senza per forza dover tirare in ballo lo showbiz corrotto e corruttibile. |
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@Matt Solstice: mi permetto di entrare nel merito della questione voto. Premettendo che a me SW o la Warner non hanno regalato niente per promuovere Harmony Codex, né mi sento obbligato per motivi affettivi ad incensare a tutti i costi un suo prodotto (tanto per dire Storm Corrosion, nonostante le premesse, per me rimane una ciofeca inascoltabile), ti faccio notare che l\'\"analisi scevra da condizionamenti\" è una chimera fuori dalla realtà anche professionale. Alla fine le nostre esperienze ci condizionano che lo vogliamo oppure no. Quanti artisti vengono \"pompati\" solo perché qualche critico si è fissato con loro e li porta su un piatto d\'argento? Ma davvero vengono pompati oppure è la nostra visione sempre soggettiva che li rende tali e sono davvero meritevoli? Come dice Transcendence, è solo a posteriori che si può decretare in maniera più oggettiva il valore di un\'opera. |
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Si infatti il mio commento suggeriva il distacco dalle opinioni soggettive e l\'analisi colta, scevra da condizionamenti. Quella massa di ignoranza e pregiudizio presente anche prima si é moltiplicata ormai in ambito musicale... diventando la normalità, quando prima la normalità era fecepire fino in fondo il prodotto artistico presentato... il cinema mi sembra, invece, che stia attraversando un periodo di rinascita e le persone siano più consapevoli si avere di fronte una ciofeca rispetto ad un film di qualità. |
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@ Matt Solstice: \"guai a dire che un film di Tarkovsky o un quadro di Picasso siano giudicabili e analizzabili solo attraverso i gusti personali\", e infatti è stato così ai tempi loro. Molti artisti di tutti i campi, anche i pittori, venivano stroncati o ignorati dall\'audience contemporanea, salvo poi essere rivalutati in positivo decenni o secoli dopo, basti considerare il termine Arte Degenerata in auge negli anni 30/40. Vale anche per la musica di conseguenza. |
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@luca... risposta all\'ultima parte del commento: questo succede solo per quanto riguarda la musica... se ci pensiamo in tutte le altre discipline artistiche come arte figurativa, teatro, cinema questo discorso vale molto di meno: guai a dire che un film di Tarkovsky o un quadro di Picasso siano giudicabili e analizzabili solo attraverso i gusti personali (e ci mancherebbe), ma quando si parla di musica vengono espresse le principali pagliacciate come \"é tutta una questione di gusti\", \"la musica é solo soggettiva\". Anni fa non era così, purtroppo dagli anni duemila in poi ci siamo rincitrulliti... e mi sembra anche una mancanza di rispetto nei confronti di musicisti che davvero valgono, posti sullo stesso piano di artistucoli o presunti geni come Wilson solo per questioni propagandistiche. Ormai anche i recensori fanno, spesso involontariamente, il gioco delle multinazionali facendoci credere che la diversità di opinioni nella musica sia essenziale... stesso gioco dei talent che si sostituiscono agli scout, dalle testate giornalistiche generiche che si sostituiscono alle riviste di musica o delle scuole di musica moderne che soppiantano il conservatorio. Tutto questo sistema sta distruggendo il concetto puro di musica mettendolo alla mercé di cani e porci, banalizzandolo e dandolo in pasto all\'ecomomia, soprattutto nel sistema Italiano, borghese, qualunquista e ignorante. Ascoltiamo e giudichiamo un disco come se stessimo guardando un film d\'autore o un scultura di Canova... forse, avvicinandoci alla comprensione dell\'assoluto (per pochissimi ormai), eviteremo che la musica continui ad essere usata come un semplice prodotto di consumo il cui valore é giudicabile solo da approcci eccessivamente entusiastici o non profondi, né tantomeno catartici. |
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Bel disco,a tratti emozionante e dal suono molto moderno. Sempre apprezzato questo autore in quanto mi ha sempre trasmesso emozioni particolari e più profonde rispetto ad altri progetti rock/prog. Diciamo che da to the bone in poi c\'è stato un piccolo downgrade qualitativo,ma sempre meglio della maggior parte delle uscite internazionali. Solo non capisco tutto questo entusiasmo x un disco semplicemente piacevole e di una spanna sotto ai pionieri dell\'elettronica o dell\'eletrorock..sono anche d\'accordo con quelli che dicono che la musica nn sia solo questione di gusti e probabilmente chi non ammette questo fatto non ha abbastanza competenze per giudicare il valore di un prodotto senza condirlo con il proprio ego. eppure chi ha fatto anche solo il classico sa cosa voglia dire scrivere un testo argomentativo,io infatti scriverei una recensione più emotiva e soggettiva e una più distaccata,ma il voto nn puo essere dato con l\'emotività. Per questo dico mi é piaciuto,ma do solo 70 |
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Sinceramente lo trovo un passo in avanti rispetto a the future bites, ma in generale un ulteriore passo indietro per la carriera di Wilson. Il coraggio di affrontare sonorità diverse é apprezzabile e quasi totalmente riuscito dal punto di vista formale, ma siamo ben lontani dai fasti dei Porcupine e dei passati lavori solisti, come se sotto questa nuova veste non si riesca più a percepire la grande carica emotiva dei testi e delle musiche, una prerogativa dell\'inglese. Mi sembra che qui siamo davanti ad una forzatura dell\'evoluzione stilistica e non ad una metamorfosi naturale, catartica e spontanea e lo si avverte un po\' dall\'ascolto dei brani, distanti, asettici e un po\' derivativi, nonché di maniera sotto molti punti di vista..inoltre non vedo una grossa identità complessiva, bensí quasi un\'accozzaglia di esercizi di stile. Tutto piacevole, ma sono d\'accordo con chi dice che 83 sia esagerato, anche perché da un wbzine che fa del voto un suo punto di forza questi dettagli contano e conta anche scrollarsi di dosso l\'idea troppo dualistica che tutto sia solo una questione di gusti. Non l\'avesse pubblicato wilson si starebbe comunque incensando the harmony codex? Mi concedo il beneficio del dubbio e do un 69 come voto. Buona musica a tutti |
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@Giulianetto: sono d\'accordo sul fatto che siano tutti ottimi prodotti, ma capolavori... già HCE per me è inferiore a Raven Refused to Sing, per dire, quindi come vedi si parla sempre in maniera soggettiva. Per completezza, te lo dico da uno che ha praticamente tutto quello partorito da lui e che comunque lo reputa uno dei suoi artisti preferiti. |
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Caro amico recensore va bene tutto, ma leggere che SW non ha mai prodotto un capolavoro proprio no. Cito Deform to form a star, il misconosciuto album No Man Together we are strangers e HCE. E potrei continuare ma non ne ho voglia perche\' mi girano i cosiddetti😜 |
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To the bone e The future bites mi avevano un po\' deluso,questo lo trovo superiore anche se The Raven e HCE restano i gioielli assoluti...qualche passaggio di chitarra in più non sarebbe stato male,cmq per me questo vale 85. |
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Album che sto apprezzando a livello tecnico e artistico, di cui consiglio, per chi avesse un buon impianto multicanale, l\'acquisto del blu ray e l\'ascolto nelle varie versioni disponibili su questo supporto:
High resolution stereo (96 kHz/24 bit) con frequenze ben più alte delle 44kHz del cd;
la versione 5.1 mix (96kHz/ 24 bit) la migliore per me a livello qualitativo e dettaglio sonoro anche perchè non avendo un vero e proprio impianto atmos che per apprezzare la nuova codifica ci vorrebbe un amplificatore e dei diffusori a soffito per simulare i suoni verticali
e infine la versione in dolby atmos (a 48kHz/24bit) che a senso appunto se si ha un buon impianto che permette la gestione di questa codifica che ha un range di frequenze più bassa della nativa.
Trovo Wilson uno dei migliori tecnici/ingegneri del suono dei nostri tempi, oltre che un validissimo artista polistrumentista a cui piace sperimentare, rischiando nel portare avanti le sue idee e decisioni senza rinchiudersi in quella sua confort zone prog-rock che aveva trovato tempo fa che continuo ad ogni modo a preferire.
Lavoro sicuramente superiore a future bites |
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Per me questo é un sunto di quanto fatto vedere sin ora nei precedenti capitoli. La title track é mastodontica! La miglior droga possibile. |
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Non ascolto quasi mai sugli stereo da stanza, perché non voglio disturbare e perché le stanze delle abitazioni non sono mai acusticamente valide come l'orecchio umano. Quindi preferisco le cuffie. Ho le Sennheiser Momentum 4 Wireless (impegnative) e gli auricolari Bose Quiet Comfort Ultra e JLab Signature Epic Air Sport quando vado in bici o a cavallo. Penso siano sufficienti per valutare l'ultimo lavoro di Steve Wilson che giudico positivo.
Innanzitutto perché ha cambiato rotta dal mediocre To the Bone e dal pessimo poppereccio/dance The Future Bites, poi perché certe sonorità riconducibili ai Porcupine Tree e ad un progressive venato di ambient/elettronica, hanno generato pezzi godibili e si nota un songwriting ispirato anche se, come dice Monsieur Dusk in Us, molto di quello che fa Wilson è derivativo. Non un capolavoro, dice la recensione ma molto meglio dei precedenti, Dieu merci. Ha perfino migliorato la copertina, risparmiandoci i faccioni un po' patetici. Please, go on like this. Au revoir. |
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beh che dire.....Steven è sempre uno che spiazza, nel bene e nel male. Col tempo ho imparato che mai, MAI devo ascoltare un suo nuovo disco attendendomi qualcosa, un qualcosa dello Steven che fu. Non che faccia sempre cose nuove, tutt\'altro, ricicla tantissimo ma comunque i suoi dischi spiazzano sempre.
Sia chiaro, per me Raven in primis e poi Hand sono i suoi capolavori, d\'altronde se metti Minneman e Govan nella band difficile che non esca qualcosa di grandioso....però anche i successivi mi hanno sempre colpito, pur non apprezzandoli quanto gli altri e soprattutto interamente. Alcuni pezzi che proprio non se ne scendono, altri godibili, altri stupendi.
E quindi mi riduco a fare compilation per estrapolare il meglio, però la sensazione di spiazzamento che mi suscita ogni suo nuovo disco ai primi ascolti è un qualcosa che mi piace un sacco in sè
alla fine della fiera, una cosa è certa: Steven WIlson potrà piacere o meno, ma è un ARTISTA con la A maiuscola, anzi con tutte le lettere maiuscole |
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Un bel disco. La capacità di Wilson di muoversi su piani differenti, ma col comun denominatore di essere al servizio dell\'espressività, è encomiabile. Nel complesso direi 85. |
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Diciamo che come recensore la strada per esporre le proprie argomentazioni è ancora lunga  |
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Ahimè... non sono degno. Saluti. |
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Non avevo dubbi che non avreste capito una minchia, ma questo già me l\'aspettavo. Au revoir bella gente |
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@Dusk In Us: aggiungo che la critica generalista e non puramente di nicchia è stata molto più generosa di me nei confronti dell\'album. Però onestamente mi sembra oggettivamente corretto piazzare questo album qualitativamente fra The Future Bites (73) e Raven Refused To Sing (88). Come dice Lizard, alla fine il voto è un numero, quello che conta è la disamina del disco, per la quale spero di essere stato esaustivo e imparziale. Rispondendoti sui Massive Attack, che conosco molto bene, ovviamente anche per me Mezzanine è un disco da 90 e rotti, ma è un altro genere (è più sportiva una Ferrari o è più di classe una Rolls Royce? Non si possono paragonare prodotti che escono con presupposti e finalità diversi). Se inoltre pensi che potresti essere un valore aggiunto come recensore, ottimo, le posizioni sono sempre aperte, candidati e dai una mano anche tu alla redazione a migliorare la sua qualità. |
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10
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Rispondo anche ad Andrade, che addirittura ce l\'ha con la linea editoriale: sicuramente la media dei voti risente del fatto che nella enorme marea delle uscite attuali (solo di promo ne riceviamo 4/500 a settimana, tanto che seguire la casella è diventato un lavoro a tempo pieno), quello che riusciamo effettivamente a recensire è la selezione della selezione della selezione. Ci sta che questo dia una percezione un po\' falsata della qualità media delle uscite (che è decisamente più bassa). D\'altra parte, anche negare di fronte all\'evidenza che, nonostante tutto, continuino a uscire dischi di qualità, mi sembra piuttosto ideologico. Come ribadiamo sempre, alla fine il voto è un numero. È la recensione che descrive l\'album... poi la scala di valore sarà sempre argomento di dibattito, anche tra di noi. Sono anche convinto che se chiedi a 100 persone un voto, non dico che avrai 100 risposte diverse, ma di sicuro l\'oscillazione sorprenderebbe tanti che pensano di saper valutare in maniera assoluta un disco. |
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9
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Consigli per gli acquisti non direi, visto che non abbiamo sponsorizzazioni da parte di nessuno e non ci sono link ad amazon.o altri siti specializzati. Ovviamente hai tutto il diritto di dire la tua e di non essere d\'accordo, come d\'altra parte chiunque qua. Poi mi spiegherai se la differenza tra un 75 e un 83 giustifica tutto questo livore, questo tono e queste insinuazioni. Secondo me, no. Aggiungo che il fatto che ci siano lettori molto in gamba, che hanno competenze elevatissime, è verissimo e può solo farci piacere e spingerci a fare meglio. |
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8
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Capisco che i gusti siano gusti (anche se non smetterò mai di dire che al lettore interessi la disamina oggettiva per poter riconoscere i buoni prodotti dalle ciofeche), ma dare 83 ad un lavoro disomogeneo, con scopiazzature trip-hop, con alcune canzoni tendenti all\'industrial dei peggiori nine inch nails, un disco dove le derive ambient e elettroniche risultano sempre di 10 volte inferiori rispetto ai lavori dei maestri del genere, significa omologarsi alla massa e accontentarsi di un prodotto forzato che suona più come un divertissement o un esercizio di stile che come un prodotto credibile e duraturo. Tra l\'altro mi sembra anche ovvio che il platter sia stato rovinanto dalla mancanza di continuità stilistica tra la prima parte (fastidioso il fatto che ne conoscessimo già quasi tutti i pezzi, data la ruffianata commerciale della pubblicazione spasmodica dei singoli) e la seconda. Probabilmente, visto che Wilson non è e non sarà mai Tricky o gli Autechre, le parti elettroniche del disco sarebbero dovute essere amalgamente in maniera migliore con quello che Steven sa fare meglio: credo che tirare fuori un singolo cervellotico alla King Crimson come Impossible Tightrope e poi relegare le chitarre a ruolo di comprimarie per tutto il resto della durata del platter sia stata una scelta alquanto spaesante, ma mai quanto l\'ascolto della titiletrack, inutilmente prolissa e con voce femminile parlata che sa tanto di già sentito, o il vedere arrivare inesorabilmente la fine del disco senza che ci sia stato un vero e proprio scossone emotivo da 10 e lode, ai quali il musicista inglese ci aveva abituato. I pezzi a mio avviso migliori sono l\'interessante opening Inclination, la sopracitata, Rock Bottom con la splendida voce della Tayeb, Actual Brutal Facts, dove la voce forse risulta troppo compassata, ma le atmosfere quasi gotiche non lasciano indifferenti e Staircase. Al netto di quanto detto, rimane un buon disco, superiore a tantissimi lavori pubblicati al giorno d\'oggi, ma con la merda che sentiamo in giro questo può essere considerato un vero complimento? Ormai possiamo parlare del FURBO steven, del re dei SOCIAL Steven, il quale ha dato alla luce dei singoli che ci illudevano, erroneamente, di poter vedere accontentate anche i fan della vecchia guardia e, giocando su questo e sull\'intensa promozione, è stato capace di vendere edizioni deluxe che raggiungono anche i 60-80 euro. Insomma, arrivando maggiormente al grande ed ignorante pubblico, l\'ormai ex porcupine tree di certo non si deve più preoccupare di mantenere troppo alta l\'asticella della qualità, putroppo. Comunque per me siamo intorno al 70-75, merito soprattutto della qualità audio, di alcuni pezzi che spiccano più rispetto ad altri e per la buon qualità generale dei testi e dell\'artwork. Visto che ormai tutte le testate online giudicano questo lavoro non come buono, ma come eccellente, al contrario di molti utenti e conoscenti che mi sembrano anche più preparati di alcuni suddetti \"recensori\", significa che qualcosa di troppo pompato nei voti ci sia, anche a partire dal semolice fatto che non mi sembra che stiamo parlando di un\'opera che brilli di luce propria, ma riflessa e concessa da chi ormai ha già fatto la storia. Più che dei pareri onesti e disinteressati mi sembra solo di leggere degli inviti all\'acquisto: se ad Harmony Codex diamo 83 (su Metalitalia, webzine molto più frivolo, addirittura 85), quanto dovremmo dare a Mezzanine dei Maasive Attack? 110?
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7
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@bruno scusami si dice sempre che la musica è in crisi, non si riesce a inventare nulla, il metal sta morendo e poi praticamente su 20 dischi 20 sono tra il più che sufficiente e l\'estremamente buono? Mi sembra estremamente strano |
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6
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Così impara  |
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Mi sono reso conto ora rileggendo la rece per la ennesima volta che Nate Navarro è diventato Dave Navarro  |
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Andrade O magari semplicemente piacciono? Assurdo eh? |
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Ma come è possibile che la media delle ultime 20 recensioni dia voto 77.65? Possibile che escano solo disconi? Si cerca di evitare voti troppo bassi per non scontentare nessuno? Linea editoriale quanto mai discutibile |
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Sono contento che un \"mio lettore\" mi abbia \"sostituito\" nelle recensioni di Wilson/Porcupine Tree. Anche se negli anni anche altre penne se ne sono occupate in maniera anche migliore.
The Harmony Codex è una bellissima sorpresa, ormai l\'ho ascoltato tante volte e sono sicuro della qualità espressa. Wilson è inoltre riuscito nel far ascoltare con orecchie diverse il precedente The Future Bites, che personalmente apprezzo un pochino di più. Pochino eh.
Brano preferito Staircase che se la gioca con la Titletrack. Son gusti alla fine.
Sulla valutazione sono in linea con Davide. È un disco che invita, che si lascia ascoltare ed indiscutibile furbo perché si divide in una prima parte più pop ed una seconda più inedita e complicata, che, visto che ci sei, ascolti anche se poco abituato.
Non si tratta di Hand Cannot Erase o The Raven, non ha il loro stile, ma la mano di Wilson si sente.
Un abbraccio |
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1
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Disco che alle mie orecchie, dopo settimane di ascolto, suona altalenante. Sul capolavoro Impossible Tightrope non si discute, uno dei vertici del Wilson solista; una manciata di buone canzoni (Economy of Scale, What Life Brings, Staircase, la lisergica Titletrack), ma per il resto boh, non fa per me (non dico che sia brutto, solo questione di gusti). Preferisco lo Steven più chitarristico. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Inclination 2. What Life Brings 3. Economies of Scale 4. Impossible Tightrope 5. Rock Bottom 6. Beautiful Scarecrow 7. The Harmony Codex 8. Time is Running Out 9. Actual Brutal Facts 10. Staircase
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Line Up
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Steven Wilson (Voce, Chitarra, Tastiere, Basso, Percussioni) Adam Holzman (Tastiere) Musicisti Ospiti: Ninet Tayeb (Voce e chitarra nella traccia 5, Cori nelle tracce 1 e 2) Rotem Wilson (Voce narrante nelle tracce 7 e 10) David Kollar (Chitarra nelle tracce 1, 4 e 9) Niko Tsonev (Chitarra nelle tracce 1, 4, 5, 8 e 10) Lee Harris (Chitarra nella traccia 4) Nate Navarro (Basso nelle tracce 1 e 9) Guy Pratt (Basso nella traccia 2) Nick Beggs (Basso nelle tracce 6 e 10) Theo Travis (Fiati nelle tracce 1, 4 e 6) Nils Petter Molvær (Tromba nella traccia 1) Ben Coleman (Violino nella traccia 4) Pat Mastelotto (Batteria nella traccia 1) Craig Blundell (Batteria nelle tracce 2, 5, 6, 9 e 10) Nate Wood (Batteria nella traccia 4) Sam Fogarino (Batteria nella traccia 10) Jason Cooper (Toms nella traccia 6) Jack Dangers (Arrangiamenti elettronici nelle tracce 1 e 9) Joseph E-Shine (Arrangiamenti elettronici nella traccia 4) David Kosten (Arrangiamenti elettronici nelle tracce 1, 5, 6, 8, 9, 10)
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