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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Avatarium - The Girl with the Raven Mask
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11/02/2016
( 4430 letture )
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Comprendere, al susseguirsi degli ascolti, di avere a che fare con un gran disco è di per sé una defibrillazione emozionale non indifferente; scriverne la recensione non può che essere un onore, ma sperimentare in prima persona una piccola prova di come il suo contenuto sia probabilmente in grado di toccare le corde dell'Essere di molte persone, è una delle esperienze, oltre che rare, difficili da associare ad un aggettivo preciso, forse potrebbe essere il corrispondente di ciò che noi proviamo con l'umami nel gusto. Mi sono accorto di ciò casualmente nell’attimo in cui, guidando, mi sono voltato intercettando lo sguardo della persona che condivide con me ogni weekend: stava ascoltando per la prima volta The Girl With The Raven Mask ed era il momento in cui si apriva per la seconda volta il ritornello di The January Sea:
Stiamo tutti affondando nel mare di gennaio Qualcuno nelle case dei loro sogni, qualcuno da qualche parte nel mare. Stiamo tutti andando alla deriva nel mare di gennaio Annaspando e scoprendo che è difficile respirare
i suoi occhi erano completamente immersi in quel mare invernale, in totale empatia con quel ritratto evocato dalla bellissima voce di Jennie-Ann Smith. Ora, se pure è chiaro come fin dal loro debutto gli Avatarium non fossero una band ordinaria poiché capace come poche di re-interpretare il doom classico attraverso una ri-formulazione fresca e brillante, a quanto pare il traguardo raggiunto e la conseguente (relativa) relegazione in una nicchia specifica sono risultati solo un punto di partenza, sebbene il suo creatore Leif Edling possa permettersi di farne un esercizio di stile. L'ombra del gruppo più importante della sua carriera, i monumentali Candlemass, oltre che essere ingombrante, può rappresentare un'arma a doppio taglio nonché un fattore limitante per le reali capacità compositive, interpretative, il background, lo stile e le competenze strumentali dei suoi attuali compagni di band. Infatti, immediatamente dopo il già "personale" primo capitolo discografico, si manifesta la volontà di spingersi oltre i confini tracciati, delineando nuove rotte dapprima solo sussurrate nell'EP All I Want e ora messe in chiaro con l'ultimo The Girl with the Raven Mask, album nel quale la vena sperimentale viene spinta ulteriormente in avanti trovando nuova linfa creativa e andando ad interfacciarsi con un passato ancora più remoto. Il rock e la psichedelia dei Seventies vengono infatti fusi col doom classico e con una vena noir, per una combinazione che, pur preservando una certa retrospettività, diviene al contempo attuale evitando di cadere nel tranello di cui spesso è vittima la maggior parte degli emuli odierni. Il risultato di tale processo non può che essere pazzesco.
Una simile definizione si riferisce in primis alla gestazione dei suoni, che deve fungere da suolo fertile per lo sviluppo e l'espressione dei pezzi stessi; inizialmente può sembrare fuorviante il fatto di percepire tanta cristallinità e modernità a dispetto di un più sicuro direzionamento verso lidi lo-fi, ma in realtà a braccetto con le caratteristiche menzionate vanno anche i seguenti aggettivi: naturale e crudo. Tali qualità nell'insieme, oltre che permettere di estrapolare ogni dettaglio dell'album, determinano la salvaguardia delle dinamiche che, mai come in questo atto, sono importantissime nel risultato complessivo. La logica che sta dietro a tale scelta è semplice da interpretare: sarebbe sensatamente razionale pensare che qualsiasi gruppo del passato proiettato nella contemporaneità, se avesse a disposizione le tecnologie attuali, le sfrutterebbe al fine di ottenere il miglior risultato possibile, motivo per cui anche sotto questo aspetto gli Avatarium possono fare tranquillamente scuola.
Ma quella stessa definizione si riferisce soprattutto all'aspetto compositivo, dal quale emerge immediatamente l'idea di ascoltare canzoni con la C maiuscola scritte da musicisti con la M maiuscola. La variabilità nel songwriting lascia letteralmente a bocca aperta, è evidente come il lotto dei pezzi nel loro insieme delinei la forte personalità della band ma nello stesso tempo questa sia in grado di suddividersi in diverse sfaccettature rappresentate dai singoli pezzi, che a loro volta brillano di luce propria. Su questi si intercala la voce di Jennie-Ann Smith, che mai come ora sfodera una performance da brividi, complice l'enorme bacino stilistico che le si è spalancato davanti. L’effetto pratico consiste in un ulteriore ampliamento sia delle soluzioni adottate che del suo registro vocale, dimostrando capacità fuori dal comune non tanto dal punto di vista tecnico quanto da quello interpretativo ed espressivo, rivelandosi vera trascinatrice del gruppo nonché una delle migliori cantanti rock attualmente in circolazione. È doveroso inoltre mettere in evidenza, al di là del “celebre nome” (al quale si deve comunque il contributo maggiore per quanto concerne l'aspetto compositivo), che l'apporto e il coinvolgimento nella stesura dei pezzi, soprattutto in sede di arrangiamento, vede tutti i componenti della band in un ruolo da protagonisti. Da segnalare dunque la prestazione di Marcus Jidell e Carl Westholm in sede solistica, rispettivamente per quanto riguarda chitarra e hammond, i cui intrecci, dosati con maestria all'interno dei brani e insieme alla voce della Smith, ne innalzano l'impatto emotivo a livelli vertiginosi.
Vi è un filo conduttore, chiamato doom, che viene preservato con la funzione di unire le tracce di The Girl with the Raven Mask ma, come già accennato, in ognuna di esse si riversa una gamma di influssi così ampia da renderle degli episodi a sé stanti. La difficoltà, a questo punto, sta nell’evidenziare i picchi qualitativi, considerato che ogni pezzo riserva tutto un suo fascino particolare. Così Girl with the Raven Mask e Run Killer Run si distinguono per il loro andamento più vivace rispetto agli standard su cui normalmente viaggiano gli Avatarium ma, mentre la prima è suddivisa tra la vena punk della strofa e il liturgico horror-rock del ritornello, la seconda è scandita dal dualismo dell'heavy metal ottantiano e del rock settantiano; The January Sea è caratterizzata invece da una vena progressive che si evolve efficacemente in un magico refrain guidato dall'ammaliante voce della Smith, a donare una suggestiva nota di poeticità e drammaticità di tale bellezza da trasportare la mente altrove. Pearls and Coffins è una ballad scandita da inserzioni acustiche che vanno a toccare i solchi tracciati da mr. Neil Young e anche in questo caso la voce della bionda singer sul motivo principale è assolutamente da pelle d'oca. Ghostlight possiede invece un andamento più solenne, mettendo in evidenza la chitarra di Jidell che diventa protagonista con un assolo spaventoso a metà abbondante della traccia; Iron Mule viaggia invece sull’alternanza tra una parte sognante (sulla quale aleggia sempre quella voce suadente screziata di tremolii che sono pura emozione) e i gustosi assoli di Jidell, che rende i dovuti onori, in questo caso, ai seminali Mountain. Chiude The Master Thief la cui strofa è sostenuta da un 3/4 ipnotico con un ascendente acid jazz e richiami ai Portishead. Unico anello debole degli otto congiunti, rimane la non impeccabile Hypnotized, la cui qualità, pur attestandosi su livelli complessivamente dignitosi, non riesce a raggiungere gli standard delle altre composizioni.
Un altro passo è dunque ultimato e gli Avatarium l’hanno davvero compiuto nel migliore dei modi possibili. The Girl with the Raven Mask è semplicemente classe, gusto, raffinatezza, sangue, passione e bellezza priva di confini, insomma un album stupendo e imprescindibile che possiede il merito di aver allargato ulteriormente gli orizzonti stilistici che timidamente germinavano nel suo differente predecessore. Una grande prova di maturità di una band che, dimostrando di non volersi adagiare sugli allori riproducendo una formula comunque vincente, è ora in grado di abbracciare diverse fasce di ascoltatori, spogliandoli di ogni resistenza al fine di sedurli con la sua geniale imprevedibilità nel ri-elaborare le sonorità vintage. Un album da avere e da adorare. Incondizionatamente.
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17
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evocativo. potente. commoventi le melodie. 99 |
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16
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Sedotto dal singolo pearls and coffin e dall'adorazione per edling mi sto gustando questo capolavoro. La bellissima voce della Smith con le melodie decadenti e retrò fanno di questo disco un affresco affascinante. Bellissimo il lavoro solista di chitarra e organo. Uno spettacolo. Voto 90 |
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15
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ottimo disco ottima band. il riff iniziale di Girl with the Raven Mask mi ha ricordato quello di Mein land dei Rammstein ! |
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14
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Mi deve arrivare.. l'avevo già preso in vinile, ma l'ho dovuto restituire perchè era stampato male.... |
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13
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Magnifico. Ancor più bello del debutto. Ogni nota è al posto giusto, ogni sillaba è cantata al meglio. Le tracce che più mi hanno colpito sono Ghostlight - notturna, affascinante con un assolo blackmoriano - e The Master Thief così bluesy. Peccato non aver trovato la versione con In my time of dying. 85 |
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11
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Giunta con colpevole ritardo, la recensione è però davvero bella e completa, quindi complimenti. Che dire, questo disco gira nei miei lettori da quando è uscito (splendida la versione deluxe, con un intero concerto in dvd tratto dal tour precedente), e ogni giorno "scopro" una canzone. Emozionante, questo è l'aggettivo giusto. Tutta la band si merita un plauso, perché se il cantato è ispirato, caldo, coinvolgente, la musica ne è la tela colorata che ne fa da sfondo. 90 tondo tondo. |
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10
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Guardando la foto non so se preferisco la cantante o la maglietta dello stralunato leif. Non conosco questa band ma visto il curriculum dei componenti e la voce femminile sarà mia premura rimediare |
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9
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Finalmente recensito! e concordo con chi lo considera uno dei migliori album del 2015, per me assieme a Galar, Vorna e come citato, Sorni Nai dei Kauan. Inizialmente avevo fatto rimandare indietro i file ricevuti perché pensavo che il disco fosse effettivamente lo-fi con il suono dell'Hammond molto distorto. Poi, ed è citato nella recensione, anche i nuovi file avevano lo stesso suono ed è una scelta compositiva del gruppo. Livelli compositivi altissimi e conferma assoluta di quanto già fatto sentire nel primo album e nell'EP che mi era piaciuto molto. Se questo è il loro standard, siamo in presenza di una band dalle potenzialità immense. Au revoir. |
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8
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Il disco è bello davvero, forse migliore del precedente, anche se Moonhorse rimane insuperata. Ma quello che mi preme dire è che Jennie-Ann Smith mi fa molto, molto moooolto sangue. |
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7
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ammazza che bona la cantante |
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6
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Senz`ombra di dubbio uno dei migliori album del 2015. Per me il fatto di essersi distaccati dal doom per abbracciare altre influenze e` grandioso. Ogni brano e` differente dall`altro inglobando spettri musicali totalmente differenti. La titletrack e` semplicemente uno dei brani piu` belli degli ultimi anni con un ritornello che ti si mette in testa e non ti lascia piu`. E poi influenze jazz, psichedeliche, hard rock, sempre sostenute dalla grandiosa voce di Jennie-Ann, fra le migliori cantanti oggi in circolazione. Album da 95 |
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5
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Per me invece sono riusciti a superarsi, regalandoci un secondo album ancora più ispirato e originale rispetto alla esordio! Voto: 85 |
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4
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IL MIGLIOR ALBUM DEL 2015 è SORNI NAI DEI KAUAN (e non si scherza..), ma questo è un gioiello immenso. E' pieno di bellissime canzoni e poi quella Pearls and Coffins è da brividi. L'unica pecca è che hanno ridotto la vena doom che nell'omonimo debut album dava maggiore grinta, ma stiamo parlando di poca cosa di fronte a questo capolavoro. Gli Avatarium fanno già storia......Voto 90 |
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3
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Notevole , veramente notevole. Bello veramente. |
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2
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La mia modestissima opinione è che siamo dinnanzi al miglior album del 2015 (ma sono di parte ). |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Girl with the Raven Mask 2. The January Sea 3. Pearls and Coffins 4. Hypnotized 5. Ghostlight 6. Run Killer Run 7. Iron Mule 8. The Master Thief
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Line Up
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Jennie-Ann Smith (Voce) Marcus Jidell (Chitarra) Leif Edling (Basso) Carl Westholm (Tastiere) Lars Sköld (Batteria)
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