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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Avatarium - The Fire I Long For
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01/12/2019
( 2627 letture )
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L’evoluzione compiuta dagli Avatarium costituisce per certi versi un modello esemplare. Il che conferma non solo la grande qualità dei musicisti che compongono la band, ma anche la loro estrema professionalità e l’amore sincero che nutrono per la propria musica e la propria identità. Il gruppo fondato da Leif Edling ormai sette anni fa sta infatti ormai da tempo compiendo una propria trasformazione interna che vede sempre più il timone e la barra della rotta passare dalle mani del bassista a quelle del duo Smith/Jidell, compagni ormai non solo più nella vita, ma anche alla guida degli Avatarium. Il contributo di Edling resta sempre fondamentale e non sarà difficile sentire infatti la sua inconfondibile penna anche nelle composizioni del nuovo album The Fire I Long For, ma è altrettanto indiscutibile che accostando il nuovo e quarto album al primo omonimo, le differenze stilistiche e compositive emergeranno in maniera netta. Come un figlio che vede la propria natura individuale emergere anno dopo anno, anche con gli inevitabili contrasti rispetto ai confini tracciati dai genitori per lui/lei così, passo dopo passo, affrancandosi ma rimanendo al contempo fedeli all’impronta del “padre” Leif Edling, gli Avatarium stanno diventando un’altra band rispetto a quella che abbiamo conosciuto all’inizio, senza che questo stia però portando a traumi o crisi violente interne. Almeno, finché il bassista non deciderà di lasciare del tutto. Cosa che al momento non sembra voler fare, portando in dote tre composizioni su nove. Peraltro, brani tutt’altro che secondari nell’economia del disco, a conferma del valore del suo contributo e del suo coinvolgimento, senza nulla togliere agli altri.
The Fire I Long For si compone di nove canzoni, per un totale di neanche quaranticinque minuti di durata, il che ci dice anche della tutto sommato facile fruibilità del nuovo disco, con una lunghezza media delle tracce che si attesta attorno ai cinque minuti, con la sola eccezione di Epitaph of Heroes che arriva ai sette. Siamo poi nella quasi totalità di fronte a tracce che riproducono una struttura semplice e lineare e nelle quali le melodie giocano un ruolo fondamentale. In questo, è bene rimarcare come Jennie-Ann Smith resti e sempre più diventi una interprete fenomenale, un vero e proprio regalo che il mondo del metal ha ricevuto dall’esterno e per il quale dovrebbe essere grato sempre. La vena bluesy e jazz e la calda e interpretativa vocalità della Smith sono un valore aggiunto assoluto nell’economia della band, tanto da diventarne elemento personalizzante imprescindibile. L’influenza portata dalla cantante e amplificata dalla grande sensibilità compositiva dei suoi compagni di band rivela la propria valenza sia quando rivaleggia sui terreni propri del doom impostati da Edling, sia quando invece sposa appieno le composizioni più rockeggianti e settantiane realizzate da Jidell, fornendo ad entrambe le facce della medaglia una potenza e un calore interpretativo che ben poche band possono vantare. Viene ulteriormente confermato come, pur nel pieno rispetto della identità del gruppo, le composizioni stiano sempre più prendendo la via di un rock settantiano oscuro e malinconico, fiero e carico di pathos, ma anche decisamente più mainstream, senza che questo implichi una connotazione negativa. Una strada questa che il precedente Hurricanes and Halos aveva tracciato e che trova conferma in The Fire I Long For. La produzione stessa dell’album risulta modernissima e perfettamente esemplificata dalla copertina, anch’essa decisamente più moderna e geometrica nella composizione delle precedenti. Questo bel contrasto tra modernità dei suoni e natura profondamento retrò della musica è un altro degli elementi vincenti di The Fire I Long For, album che parla alle giovani generazioni quanto agli amanti del metal e del rock classico, portando qualcosa in dote ad entrambi. Parlavamo appunto della grande sensibilità dei musicisti coinvolti e ci vuole anche un grande coraggio e una grande fiducia in se stessi per chiudere un album di una band doom come sarebbero gli Avatarium, con una ballata pianistica puramente jazz come Stars They Move, piccola grande gemma che fa scuola e lascia il segno, anche più di quanto fece When Breath Turns to Air nell’album precedente. Quanto detto non metta in agitazione gli amanti delle sonorità classiche del doom: il cambiamento come detto non è di rottura e conserva per molti versi l’esteriorità tipica del genere, ma è indubbio che se l’opener Voices pur nella sua ortodossia doom mostri ampiamente qualche concessione alla modernità in termini di sound, ancor più avanti si va con Rubicon, aperta da un giro bluesy che poi si trasforma in un andamento da alternative rock band ammantata di oscurità piuttosto evidente. L’elemento doom rimane semmai nella cadenza, nell’atmosfera e nella tematica. Ancor più traslata verso “altro” è la seguente Lay Me Down, nella quale la vena country che già avevamo conosciuto in Road to Jerusalem fa da contraltare ad un’atmosfera quasi sacrale, che sarà ancora più evidente nella titletrack, traccia similare per struttura ed ispirazione, ma ancora più enfatica e potente. Oltre alla citata Voices, gli amanti del doom puro troveranno pane per i loro denti in Porcelain Skull, nella quale si segnala anche l’assolo di organo dell’ottimo Rikard Nillson e il piacevolissimo scambio con Jidell, già in evidenza nell’opener e, naturalmente, l’apoteosi di Epitaph of Heroes, capolavoro doom nel quale la Smith si conferma credibilissima e che eleva senza dubbio l’intero album come valore complessivo. Nel mezzo, resta fuori solo Shake That Demon, veloce e ritmato rock d’assalto, nel quale la Smith fa ampio ricorso a filtri vocali che ritroveremo anche in numerose altre tracce: ulteriore concessione alla modernità del sound, ma non spiacevole e anzi piuttosto coerente con le canzoni, bilanciata peraltro dall’uso insistito di Jidell della slide guitar. Infine, l’altro gran pezzo del disco è senza dubbio Great Beyond, nel quale sono invece le influenze psichedeliche a farla da padrone, con riff che citano palesemente Kashmir, sonorità liquide che si infiltrano ovunque, assoli spaziali di alto spessore e la sensazione che comunque, quando c’è da fare sul serio, gli Avatarium sanno come e cosa fare.
La sensazione conclusiva all’ascolto della quarta uscita degli “svedesi” è che la transizione in corso non sia ancora terminata e che il bagaglio di ispirazione che va dal doom alla psichedelia, al blues, al jazz e che si traveste ora anche da sonorità più moderne, possa e debba riservarci ulteriori sorprese. La band sta diventando adulta, peraltro cambiando anche quasi tutti i membri iniziali, visto che anche Lars Sköld ha lasciato il proprio posto alla batteria e forse ancora deve regalarci un capolavoro indimenticabile, degno di essere consegnato alla Storia. Sarebbe un peccato se così non fosse, visto il potenziale. Certo è che se la ridefinizione degli equilibri interni da un lato ha contribuito e contribuisce a definire l’identità della band rispetto agli altri progetti di Edling, dall’altro pur in un livello superiore alla media, non sembra in grado di prescindere dalla qualità compositiva del bassista. In prospettiva, diventerà sempre più difficile bilanciare le due anime interne garantendo al contempo i risultati di alto spessore ai quali il gruppo ci ha abituato e che è lecito pretendere. Nel frattempo, The Fire I Long For conferma la band tra le più interessanti tra quelle sorte negli ultimi anni e affascina per le tante influenze messe in campo, per il coraggio e l’amore dimostrati nello svecchiare la tradizione e per la qualità degli interpreti. Abbiamo bisogno di loro ed è un piacere sapere che ci sono.
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arrivato e ascoltato bene. Grandissimo ritorno e come il ragazzo prima apprezzo un deciso bilanciamento più equilibrato fra le sonorità doom e quelle purpleiane. Grandissimi assoli di chitarra a tratti pink floydiani, marcus un chitarrista splendido che onora la grande tradizione svedese di derivazione settantiana. La smith è una musa divina, semplicemente stellare |
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Sò tornati❤️
Ero preoccupato dalla deriva purpleiana (deriva😂🙃
Tornano con un semi doom che tanto mi piaceva.
E me la godo.. |
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Figurati shock@ infatti ho scritto di aver mal interpretato. Tra l'altro so che sei una persona corretta che non va oltre quindi hai tutto il mio rispetto e la mia simpatia. Poi la penso come te sul supportare i nuovi gruppi ma non riesco a separarmi dai vecchi, li amo ancora troppo, sono una parte di me |
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Un bell'album. Decisamente migliore del precedente. E' fuori dubbio che il ruolo della Smith sia determinante nel dare quel valore in più. Mi piace molto, in alcuni pezzi, quelle sonorità doom e blues combinate che danno sempre un grande pathos. Ottima anche la recensione. Au revoir. |
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Aaaaaahhhhhh queste correzioni automatiche....non connubio ma commento n.3🤬 |
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@Tino: per una volta tanto sono d'accordo con Lizard: quel "chiaro", ma quale intimidazione da capo ufficio, ci mancherebbe, era proprio per chiederti se avevi capito cosa intendevo, se mi ero ben spiegato. A volte uno scritto può essere male interpretato, come invece sarebbe parlando di persona, ma non era assolutamente mia intenzione essere aggressivo, tutt'altro.
Addirittura nella prima frase ho messo "ahahaha" proprio per chiarire che scherzavo (a volte non mi prende il messaggio se metto le emoticon).
In più il mio connubio n.3 era in risposta a Galilee. Sai come la penso su certe questioni, è che a volte magari esagero, ma lo faccio solo per amore di una musica che non vorrei veramente col tempo faccia una brutta fine.
Peace, love and metal!!!
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Vero quel che dice tino, infatti vi diro', sapendo che facevano doom (che non amo, gusto) ho glissato pero' spinta dalla recensione e dalla discussione sul carattere dell'album ho dato un rapido ascolto e sono rimasta molto sorpresa dall'ampio respiro della proposta |
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La matrice edling (candlemass barra black sabbath) affiora ogni tanto qua e là ma non è presente in maniera massiccia come sul primo lavoro, segno che la coppia jidell smith ha preso in mano la situazione andando a pescare in altri affluenti, cosa evidente soprattutto nel precedente lavoro Penso anche che la particolarità della voce della svedese sia talmente importante che potrei provocatoriamente azzardare che sarebbe più attrattiva con il suo nome e cognome in bella vista piuttosto che con un monicker che può distrattamente non attrarre l’attenzione di chi passa per caso o e troppo pigro per approfondire leggendo articoli e recensioni (ce ne sono parecchi). La personalità viene filtrata in tutto e per tutto dalla la voce unica della madama, i pezzi sono belli ma con un cantante maschio più ordinario lo sarebbero sicuramente di meno, un ottimo pezzo come rubicon sembra uscito da perfect stranger ma è la smith che come il vernelli nella pubblicità del caffè lo esalta. |
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...sull'ormai tediosissima questione vecchi vs nuovi sono abbastanza in linea con quanto ha scritto Tino; l'idea che la longevità dei vecchi sia un ostacolo per l'affermazione delle nuove leve è a parer mio demenziale, e funge solo da alibi per i tanti che non riescono ad arrivare e tirano in ballo il destino avverso, le congiunzioni astrali e altri fattori esterni, senza guardarsi allo specchio e ragionare con onestà sull'effettivo valore del proprio operato... mi pare che Iron, Metallica, Slayer, ecc. ecc. siano esplosi pur essendo ancora attivi Sabbath, Deep Purple e altri, quindi non si capisce perché gli odierni talenti del metal dovrebbero avere tutte queste difficoltà.. e non tiriamo in ballo i tempi diversi, lo streaming, i gusti che cambiano e così via: chi spende per godersi i vecchi lo fa - o lo farebbe - anche per i giovani, se questi danno prova di valere. Tornando in tema, adoro gli Avatarium: hanno talento e tanta intelligenza, come dimostra la mossa - per me necessaria - di smarcarsi gradualmente da certe sonorità che "prezzemolo" Edling sta dispensando con troppa generosità tramite i suoi tanti progetti, e lo dico da acquirente quasi seriale di questi ultimi. La Smith è poi la punta di diamante della band; una fuoriclasse che domina la categoria a mani basse, davvero bravissima. Ottimi! |
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Va bene lizard hai ragione, probabilmente ho mal interpretato. Capisco il ragionamento sul ricambio visto che è un fiume carsico su queste pagine e ogni tanto riaffiora, però la contrapposizione con i dinosauri va fatta secondo me tirando in ballo gruppi di venti trentenni max, gente con energia, ingenuità, fame, perché no inesperienza Gruppi come questi avatarium bisogna prenderli come esempio e via maestra in un discorso di ricerca della qualità, in un senso di modernità che guarda alla tradizione, e quindi posso condividere l’amarezza nel vedere poche attenzioni. Però per un gruppo di quarantenni come questo che fa fatica ad imporsi nonostante la qualità ce ne sono altri coetanei come opeth o borknagar che invece hanno capitalizzato e mandano avanti lo stesso discorso di proporre musica di qualità e godono comunque di un buono status. Sono la terra di mezzo, quella odierna più popolosa, ha poco senso secondo me continuare a guardare alle grandi masse che ancora attirano i dinosauri, è un epopea ormai sul viale del tramonto, sono gli ultimi fuochi d’artificio, l’abbiamo già detto, nei prossimi decenni si ritornerà a dimensioni più umane in termini di musica dal vivo, resisteranno i grossi festival che ancora hanno la forza dei numeri perché pure loro (dopo il pensionamento definitivo dei dinosauri) andranno incontro ad un ridimensionamento. Il rock e la musica suonata comunque non finirà, doveva già finire vent’anni fa |
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@tino: per una volta vorrei spezzare una lancia a favore di Shock, che non mi sembrava avere nell'intenzione quell'aggressivita' che tu hai rikevato. Sensibilita' diverse, probabilmente, ma la vedrei cosi'. Non vorrei poi che vi incaponiste in una questione abbastanza sottile come questa. Alla fine che si parli di AC/DC o di Opeth, il concetto è chiaro: i gruppi odierni fanno piu' fatica a farsi largo nelle oreferenze degli ascoltatori. Poi dove risiedano i motivi, le colpe e i meriti è questione di intrrpretazione del presente. Un esercizio complesso e al quale ognuno apporta il proprio pezzo di esperienza, conoscenze e sensibilita'. Pace. |
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Ti chiedo per cortesia di abbassare i toni perché quel “chiaro” mi sembra un’intimidazione da capufficio stronzo e non mi sembra questa la situazione visto che si parla di musica. Detto questo continuo a non vedere, e forse non lo vedrò mai, qual è il problema se qualcuno di settant’anni ancora suona in giro con dignità. Quando qulacuno non ce la fa più semplicemente si ritira, come ha fatto tipton, come ha fatto malcolm young, come sta facendo james hetfield e come farà dopodomani tom araya.. Tirare in ballo gruppi, situazioni e periodi che non c’entrano nulla fra loro non aiuta a capire su chi ci si deve concentrare “veramente” per dare continuità ad un genere che sembra essere poco attrattivo per le nuove generazioni. Questi avatarium non sono musicalmente nulla di nuovo, sono bravissimi e l’ho ribadito, tra l’altro sono loro fan, ma non sono molto diversi ad esempio alle cose più recenti degli europe. È un gruppo di quarantenni e se proprio vogliamo mettere a confronto le (non) presenze ai loro concerti e quindi la mancanza di attenzione, non facciamolo con gli iron maiden o gli acdc che stanno bene la dove sono, ma facciamolo con gruppi di coetanei tipo opeth, lacuna coil, amorphis ad esempio, o gli stessi blind guardian, gruppi che hanno conquistato una bella fetta di popolarità ma non sono né il passato né il futuro ma semplicemente il presente. |
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Vabbè ma almeno non hanno settant'anni, ahahahah
I Guardian li ho citati per un'altra motivo: ho scritto che nel tour di Imagination eravamo in pochi a vederli, ma per fortuna il numero di fan è cresciuto col tempo; magari succede anche per gli Avatarium o altri gruppi. Chiaro? |
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Si vabbè ma gli avatarium non sono un gruppo emergente, sono un gruppo seminuovo formato da over 40 di provata esperienza, fondati da un bassista degli anni ottanta e che suonano volutamente vintage un po' purple un po' abba un po' sabbath un po' Rainbow. Bravissimi certo ma da non usare per criticare l'affluenza per i grandi nomi. Per i guardian secondo me sei rimasto un po' indietro perché negli ultimi quindici anni di carriera hanno sempre più cresciuto la loro base di appassionati. Li vidi una decina d'anni fa per il tour di a twist in the mith e fecero il pieno...e mi sono sentito per la prima volta anziano perché erano quasi solo ragazzi giovani...e non avevo ancora 40 anni. |
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Tanto per dire: nel tour di Imaginations i Bardi di Krefeld a Milano non fecero quattrocento persone..... |
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In Italia non so neanche se le fanno 50 persone...
Il mio era un modo di dire perché se non si ricomincia dal piccolo e da gruppi come questo il metal morirà veramente.
Il fatto che siano orecchiabili dipende poi dai punti di vista: sfido a vedere se gli sbarbatelli che oggi vanno a vedere gruppi come i Greta si ascoltano gli Avatarium; idem i 40 0 50 mila che vanno ai grandi festival per Iron, Ozzy o Ac/DC... |
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@Galilee: è saltato uno zero...  |
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Il disco è meraviglioso. Spero passino in Italia stavolta, l'ultima volta a Milano non sono più arrivati. |
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per me hanno fatto un capolavoro (the girl), un ottimo disco debutto anche se un po' troppo edlinghiano (non è un difetto), e uno più che discreto (hurricane) ma che non ha lasciato il segno, forse un po' troppo purple rainbow. Questo ancora lo devo prendere e mi riservo un giudizio successivo, comunque grande gruppo con una straordinaria voce che è una delle migliori uscite negli ultimi anni. |
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5 mila è un arena Bonsai..  |
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Per loro francamente non saprei se è meglio trovarsi in un club con poche persone. Certo non sono una band da arena rock, ma sfido chiunque a sentirsi piu' gratificato di suonare davanti a 50 persone che davanti a 5000. |
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La band è fantastica sotto tutti i punti di vista. Ed é pure molto orecchiabile dai. |
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Sinceramente meglio andare a vedere gli Avatarium in un locale con poche ma buone persone, che andare a vedere festival triti e ritriti.
Sui pochi commenti, vista la proposta non mi sorprende più.... |
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Ho saltato il precedente ma questo lo recuperarò. Il metal sta morendo? E certo, se ogni band di tale caratura non riceve più di 3 commenti e i Festival sono totalmente un tributo al passato, non vedo alternative. |
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Che il gruppo volesse andare oltre il doom lo si era già capito dal disco precedente, ma ancor di più questo ci consegna una band con molte frecce al suo arco; dal doom al folk al blues al jazz questo disco non si fa mancare niente, e sopra tutto la voce meravigliosa di Jennie-Ann, capace di donare ad ogni brano quel fascino in più che eleva il disco in maniera prepotente.
Se non è un capolavoro poco ci manca, per me uno dei migliori dischi dell'anno di sicuro e se la gioca col secondo come miglior loro album in assoluto. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Voices 2. Rubicon 3. Lay Me Down 4. Porcelain Skull 5. Shake That Demon 6. Great Beyond 7. The Fire I Long For 8. Epitaph of Heroes 9. Stars They Move
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Line Up
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Jennie-Ann Smith (Voce) Marcus Jidell (Chitarra) Rickard Nilsson (Organo) Mats Rydström (Basso live) Andreas ‘Habo’ Johansson (Batteria)
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