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Avatarium - Death, Where Is Your Sting
03/11/2022
( 1951 letture )
Gli Avatarium sono dei musicisti straordinari. Lo si scrive o lo si dice, spesso a sproposito, di fin troppe band. Nel caso del gruppo svedese l’affermazione risulta però dannatamente centrata e i cinque album che compongono la ormai importante discografia lo stanno a testimoniare. Un dato che non ha risentito della definitiva uscita di scena del fondatore Leif Edling, visto il gruppo ha dovuto imparare a sopravvivere anche senza di lui ormai da qualche anno. Un distacco progressivo, divenuto definitivo dopo la pubblicazione del precedente The Fire I Long For. La guida della band è di pari passo andata progressivamente al duo composto dalla cantante Jennie-Ann Smith e dal chitarrista Marcus Jidell, i quali hanno saputo rinunciare anche all’apporto compositivo di Edling, lavorando sul nuovo album durante la forzata reclusione pandemica, in un mondo che improvvisamente iniziava a perdere la bussola e che, nel frattempo, non ha certo visto migliorare la situazione. Ecco quindi che i nuovi brani riflettono tutto questo, con un afflato intenso, drammatico, oscuro e carico di tensione e passione.

La cosa più difficile per gli Avatarium resta trovare una identità definitiva: staccarsi progressivamente dal doom, cercando un compromesso tra le radici del gruppo e un nuovo corso che risente in maniera sempre più evidente e per forza di cose necessaria del background dei due compositori rimasti. Non stupisce che Jennie-Ann Smith abbia preso sempre più spazio nell’economia compositiva e certo dei musicisti coinvolti nel progetto è quella più lontana dall’ambito metal, il che le ha consentito di mettere il suo infinito talento in mostra e al servizio di una musica che non era la sua, riuscendo a trovare un equilibrio che ne denota la grande sensibilità musicale, senza rinunciare alle sue palesi influenze jazz e blues. La sua presenza ha reso gli Avatarium qualcosa di diverso fin dall’inizio e oggi lo fa a maggior ragione. Dal canto suo Jidell si è diviso tra Royal Hunt ed Evergrey, tra gli altri, finché non ha avuto l’occasione di sostituire Lars Johansson nei Candlemass dal vivo nel 2012. Il suo background sembrerebbe insomma spingere verso il prog metal e se l’amore per il doom non sembra mancargli, è certo che anche lui, come la compagna e co-leader può essere considerato un outsider. Ecco quindi il difficile equilibrio da trovare: finché Edling garantiva un ancoraggio al doom classico e gli altri due portavano le idee “diverse” il gioco andava in una direzione. Da Hurricanes and Halos in poi, però, la componente doom si è sempre più affievolita ed è emersa invece quella "diversa", eterogenea. Col rischio che sia quella doom a farsi definitivamente da parte.
Death, Where Is Your Sting si muove esattamente da dove The Fire I Long For ci aveva lasciati, con il gruppo che continua a investigare tra influenze rock e blues e jazz e prog cercando di amalgamarle al doom e di farne quindi una versione più moderna e aggiornata, ricca, ma non per questo meno intensa. La qualità dei musicisti è davvero fuori questione e bisogna dar credito a Jidell di aver trovato in questo disco forse la sua prestazione in assoluto superiore per intensità, sia negli assoli, semplicemente bellissimi, che nei riff. Di Jennie-Ann Smith non si può che dire tutto il bene possibile: la sua voce è straordinaria, meravigliosa, potente, intensa, matura, carica di una quantità di sfumature semplicemente inarrivabile per la stragrande maggioranza delle cantanti metal e le sue interpretazioni sono sempre impressionanti per pathos e calore. Addirittura, si potrebbe dire che in questo nuovo album la cantante abbia ulteriormente scavato a fondo nell’interpretazione, caricando letteralmente i brani, tra sussurri, respiri, coloriture vari, riempiendoli di una gamma di arabeschi splendidi. Forse addirittura troppo, si potrebbe dire, ma difficile darle torto, quando il risultato è questo. Come anticipato, il disco che esce dal periodo pandemico non può essere un disco solare e Death, Where Your Sting? non lo è affatto: è cupo e drammatico e l’apertura di A Love Like Ours non potrebbe essere più chiara in merito, con degli archi che lasciano il passo a un arpeggio di chitarra, sul quale Jennie-Ann si arrampica da par suo, sempre con la tensione data dall’intervento degli archi e dalla latente distorsione della chitarra, finché il riff elettrificato non spezza la tensione. Da notare comunque il sapore vagamente western, quasi morriconiano, che ritroveremo anche in seguito. Bello il refrain, ma a vincere è soprattutto l’atmosfera del brano, intensa, emotivamente trascinante, con uno strepitoso sax che regala un assolo travolgente in chiusura. Partenza a livelli già altissimi e Stockholm tira fuori un riffone apocalittico in pieno territorio doom, con tanti ululati di chitarra e rumoristica varia ad aumentarne la tensione allo spasimo, per poi condurre a una strofa guidata invece dalla chitarra acustica, ovvio territorio di conquista per la voce della cantante; sembra quasi una Lady in Black (Uriah Heep), con intermezzi doom ed ecco nuovamente le atmosfere folk western, fino al ritorno del riff iniziale, come catarsi conclusiva. Forse appena un po’ lunga, ma di sicuro effetto. La titletrack risulta un brano palesemente di stampo rock classico, addirittura “alla Patti Smith”, condotto dalla chitarra acustica e amplificato ad arte, per renderlo più “minaccioso”, ma questo non impedisce di vederlo benissimo sia in una colonna sonora di un film di James Bond che nella playlist di una qualche radio rock (magari, anzi). Completamente diversa invece Psalm for the Living che nel formato sembra una ballata, ma il cui testo rivela decisamente altro intento. Peccato che il risultato sia poco interessante e troppo melenso. Stavolta non basta l’interpretazione di Jennie-Ann Smith a salvare un brano che vuole essere “curativo” per i superstiti, ma non riesce nel tentativo di sollevare emozioni. Per fortuna, a questo punto la band tira fuori dal cappello una sequenza clamorosa: God Is Silent è il pezzo doom che tutti vorrebbero saper scrivere e che invece riesce solo a pochi: semplice, ma irresistibile, anche in forza della clamorosa potenza vocale di Jennie-Ann e dello strepitoso e lungo assolo di Marcus Jidell, con una variazione ritmica centrale letteralmente da urlo. Scolastica quanto volete, ma l’effetto è totale. Mother Can You Hear Me Now sembra la sorella gemella della titletrack, ma stavolta l’atmosfera varia e il risultato anche: se la prima appariva come una buona canzone e poco più, questa possiede una tensione emotiva palpabile, che risolve poi in un nuovo lungo e orgasmico assolo di Jidell, stavolta con la slide guitar, a conferma non solo del talento, ma anche della versatilità del chitarrista. Tutto da godere. Infine, Nocturne spariglia ancora le carte con un riff a rasoio di stampo puramente metal e un andamento decisamente più veloce rispetto a tutti gli altri brani, ricordando la Shake that Demon del disco precedente, con un refrain spettacolare e quasi cinematografico e il rallentamento da infarto che lancia l’ennesimo grande assolo, stavolta di stampo neoclassico. Da manuale, tutto. Chiude Trascendent, brano strumentale di piacevolissima fattura, con ulteriori richiami western, che offre un ulteriore spaccato della versatilità compositiva della band, passando dall’eterea prima parte acustica alla tempestosa seconda parte elettrica, guidata da un violino. Non l’ennesima esibizione di forza tecnica, non necessaria in un disco del genere, ma forse neanche il riuscito tentativo di creare un brano “narrativo”, che invece scorre via, senza lasciare granché.

Gli Avatarium sono dei musicisti straordinari e Death, Where Is Your Sting lo conferma pienamente, mostrando oltretutto una non domata voglia da parte del duo al comando di continuare ad approfondire questa particolare miscela compositiva che ancora non sembra aver trovato una dimensione definitiva, pur proseguendo senza dubbio avanti. Difficile ingabbiare la band all’interno del genere doom ormai, anche se è indubbio che i brani siano decisamente lenti e carichi di atmosfera drammatica, ma di fatto solo Stockholm e God Is Silent rientrano in questo alveo e solo la seconda è propriamente un brano doom in tutto e per tutto. Il resto è qualcosa d’altro, spesso molto ben fatto, in qualche caso entusiasmante (A Love Like Ours, Mother Can You Hear Me Now e Nocturne sono brani che farebbero la gioia di chiunque), in altri piacevole (la titletrack e Trascendent) e con Psalm for the Living che invece fallisce il proprio obbiettivo. Al quinto album (più gli EP), possiamo senza dubbio dire che gli Avatarium sono una delle più belle band uscite dal 2010 in poi, una di quelle che fa la differenza sempre. Eppure, pur arrivandoci vicini con The Girl With the Raven Mask, non abbiamo ancora ricevuto da loro un capolavoro, un disco cioè capace di restare e segnare l’immaginario.
Ha senso lamentarsi, di fronte all’ennesimo grande album? No. Eppure, al tempo stesso, sì. I due sono saldi al comando e hanno ormai certificato di saper guidare la barca da soli. Difficile dire se in futuro ci sarà ancora spazio per il doom vero e proprio, ma al di là di questo, che è forse l’argomento meno interessante, è giusto cominciare a chiedersi se l’esplorazione sia finita e se le varie influenze riusciranno finalmente a combinarsi al meglio, per l’intera lunghezza di un album. Ci sarebbe di che divertirsi.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
83.62 su 8 voti [ VOTA]
Graziano
Martedì 8 Novembre 2022, 21.55.51
13
Come fatto notare nella recensione, ormai è riduttivo definire gli Avatarium una band doom. Ad eccezione di Stockholm, che non a caso porta la firma di Edling, oramai questi artisti hanno preso il largo e viaggiano verso nuovi orizzonti tinti di prog, psichedelia e hard rock settantiano. Sempre e comunque meravigliosi.
Le Marquis de Fremont
Martedì 8 Novembre 2022, 15.32.58
12
Bellissimo album e bellissimi pezzi. Ma pour moi non è doom/metal se non in qualche piccolo frangente. Lo rileva anche la recensione e qualcuno lo ha già sottolineato nei precedenti post. E' musica di grande classe, tendente al prog, con una cantante dai mezzi tecnici notevoli e dalla tonalità vocale molto gradevole. Un piacere ascoltarli. Songwriting strepitoso. Non riesco ad immaginarmi un ambiente diverso dove suonare questa musica se non un ristorante o in un club di alto livello. Non per quando vado a cavallo o in MTB. Non dove ascolto Candlemass o Shape of Despair o Yob. Au revoir
Konradz
Domenica 6 Novembre 2022, 17.06.16
11
Bellissimo lavoro e sono solo ai primi ascolti. Ultimo album acquistato The Girl With the Raven Mask, bello ma qui a mio avviso viene superato anche in termini di classe, che non è mai mancata alla band. Alta intensità emotiva, album musicalmente compatto e affascinante, accentuata attitudine progressive che lo renderà longevo e influenze Seventies interpretate in stile inconfondibilmente Avatarium. E che artista la Smith! Per quel che contano i numeri, andrei oltre l'80.
Lizard
Sabato 5 Novembre 2022, 10.41.30
10
Jennie-Ann Charlotte Smith non suona poi così svedese, no? comunque, corretto.
Painkiller
Sabato 5 Novembre 2022, 9.42.10
9
Jennie “cantante statunitense”? E da quando? Nata e cresciuta a Stoccolma, che non è “sto colma” 🤣
Slow
Venerdì 4 Novembre 2022, 19.43.13
8
Condivido ogni lettera di Shock.
Shock
Venerdì 4 Novembre 2022, 17.09.42
7
Doom? Ma proprio no. Adesso è solo una parte della proposta degli Avatarium e neanche la più preponderante, le influenze che caratterizzano il sound del gruppo sono le più disparate e ancora una volta gli svedesi fanno centro. Chi se ne frega se non sono più solo doom, anzi meglio ancora, perché le qualità del gruppo vanno ben oltre un solo genere. Jennie-Ann si dimostra una cantante stratosferica, con una capacità interpretativa fuori dalla norma, e la varietà stilistica del disco le rende onore. Tutti gli otto brani, uno diverso dall'altro, sono di una qualità superiore, con l'apice in Death, Where Is Your Sting?, canzone quasi hard rock con un coro memorabile. Disco assolutamente tra i top dell'anno.
Tino
Venerdì 4 Novembre 2022, 12.43.48
6
Il marito della Smith è un asso, ma manca l'anima di edling, ora sembrano i Deep purple con il freno a mano
Painkiller
Venerdì 4 Novembre 2022, 11.46.14
5
La penso allo stesso modo. Debutto mostruoso, già dal secondo the girl with the raven mask cambiarono rotta, ed ora sono un po’ lagnosi è troppo “pop”. Cambiare il voto del debutto please, grida vendetta.
Adrian Smith
Venerdì 4 Novembre 2022, 10.30.28
4
Grande band. Non il loro miglior lavoro ma la qualita’ non manca. Recensione ottima e voto giusto.
Tino
Venerdì 4 Novembre 2022, 8.06.26
3
Praticamente il commento precedente l'ho scritto io. Condivido tutto
★Andrea★
Venerdì 4 Novembre 2022, 8.04.21
2
Erano partiti alla grande con il loro candlemass style. Primi 2-3 album super! Oggi suonano lagnosi.... Peccato perché lei é fantastica.
El Faffo
Giovedì 3 Novembre 2022, 23.08.27
1
Ho un solo problema con questo disco: Ascolto sempre e SOLO "God Is Silent"
INFORMAZIONI
2022
AFM Records
Doom
Tracklist
1. A Love Like Ours
2. Stockholm
3. Death, Where Is Your Sting?
4. Psalm for the Living
5. God Is Silent
6. Mother Can You Hear Me Now
7. Nocturne
8. Trascendent
Line Up
Jennie-Ann Smith (Voce)
Marcus Jidell (Chitarra)
Daniel Karlsson (Tastiera)
Mats Rydström (Basso)
Andreas Habo Johansson (Batteria, Percussioni)
 
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