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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Redemption - The Fullness of Time
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06/08/2016
( 3857 letture )
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[...] Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio. (San Paolo, Lettera ai Galati 4, 4)
Il loro debutto eponimo del 2003 aveva lasciato più d’una buona impressione all’interno del panorama prog metal, profondamente dibattuto tra l’attaccamento agli stilemi canonizzati nel decennio precedente e la ventata di idee fresche che il nuovo millennio stava portando. A due anni di distanza, i Redemption si incaricano con The Fullness of Time del duro cimento di confermare queste impressioni e, se possibile, di portare il proprio sound ad un carattere ancor più personale e peculiare. Saltano subito all’occhio, anzi, all’orecchio, i numerosi avvicendamenti nella line-up: da produttore del primo album ed ospite solo in una traccia di questo, Ray Alder (ex Fates Warning), diviene a tutti gli effetti membro della band, lasciando la produzione alla sapiente mano di Tony Newton; al basso ed alla batteria si trovano James Sherwoode Chris Quirarte, entrambi provenienti dai Primary. A coordinare questa lineup di tutto rispetto, se non di lusso, è sempre lui, il vulcanico Nick Van Dyck, la grande mente che regge l’ancor più grande macchina di uno dei maggiori gruppi prog metal, una spanna sotto (ma sicuramente solo quanto a popolarità, non certo di qualità, anzi) ai "soliti noti" del genere.
Passando all’osservazione della tracklist, il platter appare idealmente diviso in due parti: la prima è costituita da una triade (Threads - Parker’s Eyes - Scarred) di canzoni di lunghezza media, dato che solo l’ultima di queste giunge a toccare gli 8 minuti; la seconda consta di due canzoni di notevole durata: la sola Sapphire sfiora i 16 minuti, mentre la conclusiva suite che dà il nome all’album è divisa in quattro movimenti (Rage, Despair, Release e Transcendence) dalla lunghezza complessiva di quasi 22 minuti. Questa bipartizione strutturale non si traduce tuttavia sul piano compositivo, né a livello lirico, entrambi caratterizzati da una sorprendente compattezza musicale e testuale: pur non essendo quello in esame un concept album propriamente detto, i brani sono infatti intimamente legati tra di loro da un filo rosso. Rosso come un amore che lascia vuota l’anima che l’ha visto spegnersi (Sapphire), anche se, nelle intenzioni di chi l’ha concepito, The Fullness of Time non si limita a girare attorno alla forse già sufficientemente abusata tematica della delusione amorosa, ma si propone di chiamare al banco degli imputati ogni genere di legame (come testimoniato dal titolo della prima traccia, Threads) interpersonale, attingendo peraltro a piene mani da un ampio bacino filosofico, che va da Platone a Nietzsche, passando per Hobbes e Schopenauer, accomunati, se non altro, almeno dall’interesse per l’uomo ed il suo rapporto con la società.
Ma passiamo finalmente a quello che c’interessa di più: la musica. Premo Play: qualche secondo di confusione, poi premo Pause. Controllo di non essermi sbagliato: sono consapevole di essere disordinato, ma sono certo di aver preso il disco giusto. Premo di nuovo Play, stessa sensazione di smarrimento, ripremo Pause. Pochi istanti di silenzio. Premo Play per la terza volta, stavolta lasciando che Threads possa scorrere fino alla fine. Sono in un secondo momento giunto alla conclusione che lo spirito di Michael Romeo non può che essersi impossessato di Van Dyck per una dozzina di secondi: questo fenomeno apparentemente demoniaco può essere tuttavia spiegato, non senza un certo margine di plausibilità, con la presenza del già citato chitarrista e del compagno di band Jason Rullo nell’album di debutto dei Redemption. Innegabile e profonda risulta dunque l’ammirazione del mastermind nei confronti dei Symphony X, a livelli tali da arrivare praticamente ad utilizzarne un celebre intro che di certo riconoscerete. Quanto al resto della traccia, Alder si mostra già ora in un particolare stato di grazia, Van Dyck e Versailles dimostrano di aver raggiunto un’ottima intesa, quasi pari a quella tra Sherwood e Quirarte, foriera di un’impeccabile tessitura ritmica. Si parlava prima di un "fil rouge": ma rosso è anche il colore del sangue delle vittime innocenti dei celebri quanto tragici attentati dell’11 settembre 2001 a New York: Parker’s Eyes tratta di un’infantile innocenza, distrutta da una delle più grandi tragedie meditate, compiute ed al tempo stesso subite dall’uomo. Segue Scarred, uno dei migliori episodi dell’intero album: imprevedibile nelle soluzioni ritmiche, poliedrica negli stili vocalici e profondamente problematica nello sviluppo lirico, è la degna chiusura della sopracitata "triade ideale". La seconda parte del platter , come già detto, è formata da Sapphire e dalla suite The Fullness of Time: per la loro lunghezza e complessità a tutti i livelli (strutturale, compositivo e lirico), non mi dilungo in una meticolosa analisi punto per punto: ritengo anzi che un’operazione del genere possa essere controproducente e produrre impressioni che potrebbero essere disattese dall’ascolto di due canzoni che, per le loro intrinseche caratteristiche appena citate, sono quanto mai soggette alla personale interpretazione di ciascuno di noi. Alla fine, si consiglia ad ogni appassionato del genere questo The Fullness of Time, che conferma appieno le impressioni ricevute dal precedente e getta le basi per i traguardi raggiunti negli episodi successivi della fortunata discografia dei Redemption.
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6
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Li ho scoperti da qualche giorno e devo dire che mi hanno notevolmente impressionato.
Penso che chi apprezza il Prg Metal qui dentro troverà di che gioire.
Molto consigliato. |
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5
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Li ho scoperti da qualche giorno e devo dire che mi hanno notevolmente impressionato.
Penso che chi apprezza il Prg Metal qui dentro troverà di che gioire.
Molto consigliato. |
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4
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@ayreon bè adesso non esageriamo. Questo è un grande album, di sicuro il migliore della band (e anche Snowfall molto bello) ma si sta parlando di un gruppo degli anni 2000 cioè suppergià una quindicina di anni dopo la nascita del genere e quindi in piena fase "post" epoca classica. E i Redemption appartengono alla fascia dei gruppi "revival derivativi", una band con personalità ma che rielabora e ripropone cose già ampiamente fatte e sperimentate. Di sicuro uno dei grandi album "di genere" ma non certo uno di quelli cardine che hanno contribuito a crearlo/svilupparlo/innovarlo. |
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3
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album bellissimo, il mio voto è 90/100. |
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2
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questo e "snowfall on judgement day "se non li hai non sai cos'è il prog metal |
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1
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Apice della loro discografia favolosa! capolavoro assoluto voto 93! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Threads 2. Parker's Eyes 3. Scarred 4. Sapphire 5. The Fullness of Time (I. Rage, II. Despair, III. Release, IV. Transcendence)
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Line Up
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Ray Alder (Voce) Nick Van Dyck (Chitarra, Tastiere) Bernie Versailles (Chitarra) James Sherwood (Basso) Chris Quirarte (Batteria)
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