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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Redemption - The Origins Of Ruin
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( 6967 letture )
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Riesco a vedere con chiarezza tre ramificazioni principali nel progressive metal attuale. Un ramo porta alla sperimentazione forzata, ed in questo senso il termine progressivo viene usato in un'accezione di più ampio respiro, non pago dei riferimenti alle band del passato, e con la forte volontà di progredire in direzioni tra le più disparate. L'esempio più lampante è certamente rappresentato dai Pain of Salvation, ma per un'analisi più accurata di questo fenomeno vi rimando alla brillante recensione di Francesco Gallina. Una seconda e terza strada sono rivolte a ricalcare, chi più chi meno, le orme dei Dream Theater. Nel primo caso le nuove leve prendono spunto dal periodo Tecnico della band newyorkese (When Dream and Day Unite, Images and Words, Awake), un periodo più sterile degli altri, emotivamente parlando: un esempio è rappresentato dai freschissimi Thought Chamber, dei quali potete leggere una recensione qui. Nel secondo caso le influenze sono legate ai Dream Theater dell'ultima decade, quella più Teatrale per così dire, dove a chitarre e pattern ritmici più essenziali sono affiancate partiture orchestrali di portata maggiore ed una più spiccata vena melodica easy listening.
A questo ultimo gruppo di artisti appartengono i Redemption, creatura accudita amorevolmente dal chitarrista/tastierista Nicolas Van Dyk, i quali impostano dunque la loro proposta sui morbidi terreni del nuovo filone progressive basato su Scenes From a Memory, Train of Thought, e Octavarium. E' chiaramente riduttivo paragonare la proposta musicale nei Nostri a quella di una sola band, ma l'esempio fatto dovrebbe dare perlomeno una vaga idea dell'impostazione tecnico-compositiva del gruppo, nonchè far capire come l'originalità non sia poi così accentuata, nonostante il genere proposto lasci largo spazio alla fantasia. Tuttavia la qualità dei brani è molto alta, così come l'esecuzione e l'arrangiamento raggiungono livelli di professionalità assoluta. Non per nulla il cantato è affidato ad un mostro sacro del genere, ovvero Ray Alder dei Fates Warning, che da parte sua appare davvero a proprio agio nell'interpretazione dei brani. In particolar modo consiglio l'ascolto di Memory, un pezzo intenso ed azzeccatissimo, forse più in linea con le pseudo ballate dei Symphony X, piuttosto che dei Dream Theater, ma a maggior ragione di grande impatto lirico e atmosferico. A dirla tutta, Alder resta senza dubbio la cosa migliore del disco, grazie a quel suo timbro eccezionale, morbido e quasi meditativo, ma d'altro canto anche le melodie appaiono sempre azzeccate, nonostante forse l'idea del concept renda il mood generale un pò troppo uniforme.
Sicuramente The Origins of Ruin piacerà a molti estimatori del genere, pertanto lo consiglio senza grosse riserve: vale la pena scoprire ed apprezzare nuovi musicisti, oltre a quelli più blasonati e di cui si parla fin troppo spesso.
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12
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Caro Lorenzo: da sempre, in termini giornalistici quantomeno, utilizzare il termine \"Tecnico\" (riga 10) è un sinonimo di \"emotivamente sterile\" (riga 11) nel momento in cui la tecnica incredibile non lascia abbastanza spazio al calore. Non sono critiche ma semplici attitudini al songwriting. Detto ciò, sarai lieto di sapere che da molto tempo mi sono dedicato ad altro, proprio come volevi tu Buona giornata |
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11
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Leggo solo ora questa recensione…ed allibisco. A mio parere i Dream Theater possono piacere o non piacere ma scrivere che il periodo a cui appartiene Images And Words è stato sterile lo trovo a dir poco vergognoso. Se poi vogliamo essere originali e dissacranti allora proprio non si salva nulla. Forse chi scrive così farebbe meglio a dedicarsi ad altro. |
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10
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@alessio: però l'eroina è meglio |
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9
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Per me i Redemption sono come il metadone per disintossicarmi dai Symphony X. E se volete ascoltare questo genere, i Symph ascoltateli per ultimi perché dopo nulla avrà più senso  |
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8
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Beh certo, se un album è troppo tecnico diventa anche troppo freddo...senza nulla togliere al fatto che possa avere grande valore artistico... |
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7
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si, notoriamente Images and Words e' povero di contenuti emotivi... |
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6
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Devo dire che questo album è piacevole da sentire ma alla lunga stanca un po, ricalca le sonorità del loro capolavoro "The Fullness" Of Time" ma è molto più cupo, diciamo che è un album molto buono. |
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5
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vi diro' nn male suonato bene, ma effettivamente concordo con tutti voi, stra sentiti sti pattern dai dream theater ai fates warning stessi... conclusione: bè non scartate l'album ma forse fate prima un salto ad ascoltarvi i dream, i fates e symphony X... forse avrete gia' qui sazia la vostra sete di prog.. Se volete pero' un assaggio di cosa sia la pazzia fatta ragione, sentite i quasi sconosciuti unexpect (son incredibili!!). |
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4
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Allora sotto questo punto di vista posso essere d'accordo. |
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3
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Per morbido intendevo più propenso all'emozione e alla melodia facile, rispetto ai primi album... |
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2
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Grande recensione. "The Fullness Of Time" era molto gradevole. Mi permetto di dissentire col "morbido" affibiato a "Train Of Thought". |
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1
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Concordo sostanzialmente con la recensione Direi che mi pare molto simile a The Fullness of time... Non brilla in quanto a originalità!! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. The Suffocating Silence 02. Bleed Me Dry 03. The Death Of Faith & Reason 04. Memory 05. The Origins Of Ruin 06. Man Of Glass 07. Blind My Eyes 08. Used To Be 09. Fall On You
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Line Up
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Ray Alder (vocals) Nicolas van Dyk (guitars, keyboards) Bernie Versailles (guitars) Sean Andrews (bass) Chris Quirarte (drums)
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