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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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19/09/2016
( 3345 letture )
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Avevamo lasciato Tarja con The Brightest Void, un delizioso antipasto che faceva ben sperare per l'uscita di questo full-length, dunque ecco qui The Shadow Self. Se il primo disco descriveva quel vuoto da cui si deve attingere la forza, con The Shadow Self l'artista non si discosta tanto per tematica. Il titolo, per altro citando un'intervista di Annie Lennox, si riferisce infatti a quel lato oscuro, quella parte cupa e talvolta carica di dolore che è in ognuno di noi, ma è proprio da quel "cono d'ombra" che sgorga la creatività umana e quella di Tarja soprattutto. Anche musicalmente la Turunen non si allontana da quanto ci aveva anticipato: il sound si fa più aggressivo con una presenza maggiore di riff accattivanti, alcuni frammenti più easy listening e qualche tocco di creatività e sperimentazione, come ormai la vocalist ci ha abituato ad ascoltare, ma ora scendiamo nei dettagli.
Innocence è la lunga e imponente traccia di apertura, in cui la componente classica si manifesta con prepotenza insieme a una dose di massicce chitarre distorte, ma è proprio quando il brano sembra essere sul punto di terminare è invece il pianoforte che cattura il ruolo di protagonista, con una melodia che si infittisce ed intensifica fino al parossismo, ricordando da vicino la musica classica e Chopin in particolare (la cantante infatti non nasconde di aver preso ispirazione da un brano del compositore). The Shadow Self, benché la componente orchestrale sia sempre ben presente e talvolta quasi cinematografica come in Undertaker, è un disco vario in cui la vocalist finlandese aggiunge vari elementi sperimentali: se con la prima traccia ci aveva immerso in un'ambientazione grandiosa e quasi drammatica, con Demons In You si cambia completamente panoramica. L'iniziale melodia della chitarra ricorda un ritmo funky che si trasforma poi in un poderoso riffing, a parte questo originale mélange che potrebbe non essere apprezzato per l'audacia, la canzone si spinge ancora verso l'estremo dell'aggressività. Compare infatti Alyssa White-Gluz, cantante degli Arch Enemy, che duetta con le sue harsh vocals acide insieme al cantato cristallino della Turunen, un'accoppiata che risulta però troppo stridente ed estrema, mentre la parte in cui la cantante dai capelli blu sfoggia le sue clean vocals sembra accordarsi meglio al sound generale della canzone. Se già con The Brightest Void Tarja si era misurata con cover di altri artisti, anche in The Shadow Self la cantante non si lascia sfuggire l'occasione di inserire una sua personale interpretazione dei Muse, Supremacy: accostarsi a questa band così particolare ed eclettica è sicuramente una sfida e Tarja rimane abbastanza fedele all'originale, ma forse la versione del visionario Matthew Bellamy rimane inarrivabile. Con la successiva The Living End, una bella ballad delicata, si assapora un'atmosfera quasi scozzese con l'aggiunta di frammenti di cornamusa, che si accordano perfettamente con l'ambientazione distesa e speranzosa dell'intero brano. Per terminare, Tarja fa addirittura la burlona, dopo l'ultima traccia infatti viene nascosta una canzone, Hit Song, che appunto mostra il lato non troppo serio della cantante alle prese con l'aggressività dell'heavy metal più estremo e una componente elettronica molto moderna, vale la pena l'attesa di un paio di minuti.
Insomma Tarja non si allontana troppo da quanto già realizzato dai precedenti album, ma con The Shadow Self riesce ad amalgamare il suo lato più oscuro e aggressivo del metal, rendendolo più presente e deciso (Calling From The Wild) e bilanciandolo con con la sue influenze classiche e operistiche, per esempio Diva con il suo incedere solenne. Inoltre Tarja come già nella precedente uscita sembra essere meno fredda al microfono, mescolando non solo passaggi dall'impostazione lirica ma anche altri con un cantato più moderno aumentando così la sua espressività. Oltre a ciò come sempre il lavoro della cantante finlandese è ottimamente prodotto, ogni suono viene bilanciato al meglio, lasciando giustamente molto spazio alla voce. Per concludere The Shadow Self è un disco piacevole e vario (per quanto alcuni spunti sembrano meglio riusciti di altri), che segna un equilibrio tra la componente orchestrale e quella heavy metal con momenti più immediati e altri più riflessivi.
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6
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Più che ispirazione, Tarja da Chopin ha preso un pezzo dello studio Op. 25 No. 2 e l'ha rallentato.. |
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5
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sarebbe anche ora che di lei non si occupasse solo la stampa e il web metal,in quanto ben poco ci azzecca con questo genere |
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4
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E niente, avete citato i muse senza insultare e mi sono commosso da fan del trio britannico. Grazie di tutto. Ottima recensione, però c'è da dire che tarja uscita dai nightwish non è riuscita dove poteva sebbene buonissimi risultati |
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3
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Mi trovo in linea con i due compari qui sotto secondo me questo album è il migliore di Tarja: ha espresso sè stessa al massimo, riuscendo a combinare testi molto interessanti ad alcune sperimentazioni e scelte stilistiche che rendono tutto molto saporito. I 3/4 di Diva, il duetto con Alissa (farò l'outsider, ma a me è piaciuto tantissimo, ancora di più live al Wacken), le cornamuse di The Living End, la oscura Undertaker, la aggressiva ma elegante Calling from the Wild ... e credo anch'io, come Arianrhod, che davvero abbia aumentato la propria espressività (per me già molto alta). Mi piace molto come usa la sua voce in questo disco, dà il giusto pathos a tutte le canzoni. Per me 80  |
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2
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Mi fa impazzire come ogni nuovo album mi prenda più del precedente, sono proprio contento di aver continuato a seguirla. Continua a maturare sotto ogni punto di vista e onestamente la trovo sempre svariate spanne sopra a varie colleghe e gruppi melodici che per gusto o genere possono esserle accostabili. Brava Tarja! A me sono piaciuti tantissimo sia questo che il prequel! L'unica canzone che davvero non mi piace qua è Demons in You, per gli stessi motivi citati dalla brava Giada, mentre devo dire che in generale i testi mi hanno davvero impressionato e penso che finalmente Tarja abbia potuto cantare come sempre ha sognato. |
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1
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Mi trovo d'accordo con la recensione. Buon album dove si bilanciano ottime tracce ad alcune molto discutibili. La conclusiva Too Many è probabilmente una delle canzoni più belle della sua intera discografia, con un testo che mi ha fatto riflettere molto. Ottime anche innocence, Love to Hate, The Living End (che belle quelle cornamuse scozzesi!), Diva e Undertaker. Per me promossa. Voto 75 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Innocence 2. Demons In You 3. No Bitter End 4. Love To Hate 5. Supremacy 6. The Living End 7. Diva 8. Eagle Eye 9. Undertaker 10. Calling From The Wild 11. Too Many
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Line Up
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Tarja Turunen (Voce, Pianoforte, Tastiera) Alex Scholpp (Chitarra) Christian Kretschmar (Tastiera) Doug Wimbish (Basso) Max Lilja (Violoncello) Mike Terrana (Batteria)
Musicisti Ospiti: Alissa White-Gluz (Voce in traccia 2) Toni Turunen (Voce in traccia 8) Julián Barrett (Chitarra in traccia 2, 5, 8, 11) Kevin Chown (Basso in traccia 1, 2, 3, 5, 6) Anders Wollbeck (Tastiera in traccia 1, 7) Guillermo d'Medio (Tastiera in traccia 4,6,9,10) Izumi Kawakatsu (Pianoforte in traccia 1) Luis Conte (Percussioni in traccia 3, 6, 7, 8) Chad Smith (Batteria in traccia 8) Fernando Scarcella (Batteria in traccia 1, 5, 7)
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