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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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09/03/2017
( 3636 letture )
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Quasi cinque sono gli anni che separano Few Against Many da Immortals, nuovo lavoro targato Firewind. Un lasso di tempo più che sufficiente per attendersi un gran ritorno sugli scudi da parte loro, anche considerando l’argomento trattato. La band nota ai più per essere capitanata dal chitarrista Gus G., diventato nome di rilevanza mondiale a seguito della sua entrata nelle fila del gruppo di Ozzy Osbourne, è sempre stata autrice di dischi di discreto-buon livello, ma non è mai riuscita a compiere il vero salto di qualità. Al di là di un’estrema professionalità e di una forma d’espressione sempre corretta, infatti, ai Firewind è fino ad ora mancato “quel certo non so che” necessario per entrare a pieno titolo nell’Olimpo dell’heavy/power. Ci saranno riusciti con Immortals? Le premesse per produrre un grande lavoro ci sono tutte: il cambio di cantante, con Henning Basse a prendere il posto di Apollo Papathanasio, non ha certo prodotto detrimento nel tasso qualitativo del cantato, semmai ne ha cambiato le coordinate. Dal timbro più acuto del singer greco si è passati a quello più graffiante e ruvido del tedesco, già noto per il suo lavoro con Gamma Ray, Metalium, Sons of Seasons ed in passato coinvolto con i Firewind ai tempi di Allegiance, molto adatto a rendere al meglio le atmosfere del concept. Per la prima volta, per l’appunto, i Firewind affrontano la scrittura di un’opera che tratta di un tema unico, ossia il racconto della battaglia delle Termopili del 480 A.C. e di quella navale di Salamina. Eventi che tutti noi studiammo con più o meno trasporto a scuola, che risultano pienamente nelle corde di un gruppo il quale, così facendo, si misura sia con la strutturazione di un racconto articolato, che con un pezzo di storia della propria terra. Per poter sviluppare ogni aspetto musicale dell’opera, Gus G. ha collaborato lungo un arco di tempo piuttosto lungo con Dennis Ward (Unisonic, Pink Cream 69), il quale non si è solo occupato della registrazione, della masterizzazione e del mixaggio del disco, ma ne ha scritto buona parte insieme al chitarrista. Da registrare, comunque, anche il contributo di Bob Katsionis alla stesura di due brani.
La versione dell’album qui trattata è davvero molto curata. Una volta aperto, il digipack edizione limitata fornitoci si presenta come un libro in miniatura, con cartoncino molto spesso, carta patinata tutta da sfogliare per leggere i testi ed un indovinato artwork di genere. Inoltre, a parte tre adesivi a tema, si registra la presenza di una bonus track intitolata Vision of Tomorrow. Insomma: un packaging sicuramente soddisfacente. Passando alla “ciccia”, il suono ottenuto per Immortals è assolutamente curato, con la coppia Ward/Gus G. a produrre il disco nel modo più efficace possibile in rapporto al risultato che si voleva ottenere. In pratica: un suono molto bilanciato tra potenza e pulizia con strumenti tutti nella giusta evidenza, voce compresa, ed al netto di un maggiore risalto che le tastiere avrebbero potuto ottenere in alcuni frangenti. I dieci pezzi più uno che compongono la scaletta dell’album sono tutti accostabili per qualità e, parimenti, presentano grosso modo gli stessi pregi e gli stessi difetti. Da un lato abbiamo quindi una competenza assoluta sia in fase di scrittura che in quella di produzione, una prova esecutiva ottima da parte di tutti i musicisti coinvolti, i soliti assoli impeccabili da parte di Gus e l’inserimento impeccabile di Henning Basse in una realtà che, peraltro, frequenta e vive già da tempo. Dall’altro, però... le stesse cose. Proprio le qualità prima elencate, portate al parossismo, soffocano la possibilità di imbattersi in qualcosa di sorprendente durante l’ascolto. Tutto è come deve essere, ogni riff è “giusto” e ben suonato, ogni pezzo è arrangiato esattamente come la padronanza della professione impone, ogni assolo è inappuntabile, ogni intervento strumentale è funzionale all’ottenimento del giusto effetto complessivo e, infine, i testi sono scritti coerentemente al fine di essere incastrati senza forzature nel tessuto della musica e cantati con la giusta espressività. Però, ogni cosa è paradossalmente troppo perfetta. Se a spiccare leggermente è il singolo Ode to Leonidas, con la partecipazione -se così si può dire- dello stesso Leonida impersonato da Paul Logue (Eden’s Curse) ed il suo riff ruffiano Q.B., ogni altro pezzo è singolarmente piacevole, quasi inappuntabile, ma privo di quel particolare guizzo che lo rende davvero memorabile. Probabilmente soffocato -altro paradosso- dalla ricerca esasperata della perfezione che sottrae pathos al risultato d’insieme.
Immortals è un album con tantissimi pregi e non può in alcun modo essere considerato insufficiente sotto nessun aspetto. Tuttavia, sembra mancargli sempre qualcosa per esplodere. Ogni pezzo appare sempre sul punto di spiccare un irresistibile volo, ma senza mai riuscirci. Quel che manca è davvero poco in teoria: solo due o tre riff di qualità superiore alla media ed altrettante sorprese negli arrangiamenti e/o negli assoli, ma quando quel “davvero poco” non attiene ad un qualcosa che possa essere ottenuto variando l’incidenza di un effetto, agendo sul programma che governa la registrazione o su qualsiasi altra cosa possa essere mutata con un click, le cose si fanno decisamente più difficili. Se a mancare è quel “quid” creativo inafferrabile e per il quale non ci sono formule matematiche da applicare, programmi da far girare o addirittura ore di studio rigoroso sullo strumento da spendere, si può passare un’intera carriera restando ad un passo dall’eccellenza assoluta, senza mai raggiungerla. I Firewind corrono proprio questo rischio.
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9
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Purtroppo sembrano sempre sul punto di fare il botto, ma l'esplosione non arriva mai . |
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8
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A me piacciono piu' con la voce di Basse che con quella di Apollo.... |
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7
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Quando gli hanno chiesto "Sei il figlio di Dio?" ha risposto "Tu l'hai detto". |
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6
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Ho letto da qualche parte che il bassista sia figlio di Dio.. |
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5
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Onesta band, sforna sempre buoni dischi e anche questo si assesta nella loro media. voto 70 |
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4
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Dei Firewind ho solo.un cd e non li ho seguiti mai molto, questo disco non mi dispiace, non sara` un capolavoro ma si lascia ascoltare, probabilmente oramai dopo tanti dischi e` un po` difficile che facciano chissa` che capolavoro. Nonostante il plagio Judas, come detto da Terzo, Ode to Leonidas mi piace assai. Voto giustissimo. |
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3
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Per adesso ho sentito solo il plagio dei priest nel clip di ode to leonidas, comunque sono un grande estimatore del gus e mi spiace che non ci sia piace apollo. Da sentire appena possibile |
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2
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confermo e sottoscrivo come dice il recensore, sono da salvezza tranquilla ma nulla di più. La canzone live and die by the sword però è proprio un piccolo gioiello. Voto 75 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Hands of Time 2. We Defy 3. Ode to Leonidas 4. Back on the Throne 5. Live and Die by the Sword 6. Wars of Ages 7. Lady of 1000 Sorrows 8. Immortals 9. Warriors and Saints 10. Rise from the Ashes 11. Vision of Tomorrow (Bonus Track)
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Line Up
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Henning Basse (Voce) Gus G. (Chitarre) Bob Katsionis (Tastiere) Petros Christo (Basso) Jo Nunez (Batteria)
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