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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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18/03/2024
( 1431 letture )
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Tornano con un nuovo lavoro in studio i Firewind, a distanza di pochi mesi dal doppio live Still Raging, celebrativo dei vent’anni di carriera della band pan-Europea, dal momento che nel tempo il leader, chitarrista e principale compositore greco Gus G. (noto soprattutto per molti anni a fianco di Ozzy Osbourne), si è circondato di compagni di squadra provenienti da vari paesi con esperienze di vario tipo nel mondo del metal. Questo Stand United ci presenta il quartetto in formazione stabile rispetto al precedente omonimo lavoro in studio del 2020, con il potente e attivissimo Herbie Langhans alla voce (già con Beyond the Bridge, Radiant, Seventh Avenue, Sinbreed, Symphonity, Steel Rhino, oltre che fido collaboratore di Avantasia in sede live) e una sezione ritmica costituita da Petros Christos al basso e Jo Nunez alla batteria. Il sound dei Firewind prende connotazioni maggiormente ruvide, più power rispetto al mix tra power-prog e hard rock attraversato in lavori del passato, specialmente relativi al periodo con il talentuoso Apollo Papathanasio alla voce (ora negli Spiritual Beggars) e il virtuoso Bob Katsionis alle tastiere, tra cui vanno citati senz’altro Allegiance (2006) e Premonition (2008), forse gli apici della carriera della band sino ad ora.
Questo Stand United è un album diretto, incentrato sui riff e sulle trame chitarristiche di Gus G., abile nel costruire tappeti solidi con spazi melodici e nel cesellare con brevi ed efficaci assoli, sia pure viste le doti un pizzico di virtuosismi in più non avrebbero senz’altro fatto male. Il timbro di Langhans è duro e ruvido, una sorta di Ronnie Atkins in versione potenziata, risultando tuttavia ben al di sotto di Papathanasio in termini di varietà ed espressività. Ne consegue che i dieci brani siano formalmente validi ma spesso troppo di maniera e senza osare quanto il potenziale della band potrebbe: si pensi all’opener Salvation Day, che suona come una B side dei Gamma Ray di fine anni Novanta; o la titletrack, introdotta da un riff in stile Accept e vitaminizzata da una sezione ritmica veloce e precisa, che stenta a sorvolare con un refrain melodico ma che suona come piuttosto scontato, impreziosita tuttavia da un grande solo del chitarrista greco. Il livello si alza un po’ con Destiny Calling e The Power Lies Within, mid tempo granitici e forgiati da un ottimo lavoro alle sei corde di Gus G. e con linee vocali graffianti di Langhans. Si torna ad accelerare su Come Undone e Land of Chaos, brani alla Edguy con qualche inserto tastieristico che fa un po’ rimpiangere i tempi con Katsionis; tastiere presenti anche nelle basi di Fallen Angel che finisce per fare il verso ai Beast in Black. La voce di Langhans si fa un po’ più melodica e ampia in brani come Chains e Days of Grace, che riprendono alcuni tratti hard-rock sentiti in alcuni frangenti della carriera della band in stile Pretty Maids, proseguiti in Talking in Your Sleep, dai richiami a Thin Lizzy e Whitesnake, da sempre influenze dell’axeman ellenico.
I Firewind sciorinano dieci brani che fanno dunque di Stand United un album discreto ma non di più, che fa leva sulle provate qualità chitarristiche di Gus G. ma che lascia un po’ l’amaro in bocca, pensando a una dose di potenziale inespressa nei tre quarti d’ora ascoltati, che non permettono al lavoro in questione di avvicinarsi ai migliori episodi della carriera della band.
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1
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Mamma mia... Che lenta discesa sto gruppo... Per me inascoltabile. Monotono, scontato, banale. Vabbè. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Salvation Day 2. Stand United 3. Destiny Is Calling 4. The Power Lies Within 5. Come Undone 6. Fallen Angel 7. Chains 8. Land of Chaos 9. Talking in Your Sleep 10. Days of Grace
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Line Up
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Herbie Langhans (Voce) Gus G. (Chitarra, tastiere) Petros Christos (Basso) Jo Nunez (Batteria)
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