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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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28/10/2017
( 2828 letture )
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Le nubi si fanno avanti, l'acqua inizia a raffreddarsi, le onde a incresparsi. Il cielo diventa un connubio di cruda visione nichilista, il mare improvvisamente in tempesta. Lampi, tuoni, divinità che crollano senza certezze. È un massacro dei sensi, un tornado di anime, e noi siamo nel bel mezzo del frastuono, con i sensi spezzati e la voglia di sopravvivere.
Già, Aeolian, potenziato dalle fiamme silenti del vento, rappresenta l'altra faccia della moneta, l'altra Storia di cui si parla sciorinando grandi principi sul gemello acquatico Fluxion, dove respiro, tormenta, sole e accoglienza facevano da padroni, lasciandoci vivere in santa pace. Più o meno. Aeolian, secondo platter dei tedeschi The Ocean parte dal presupposto di spazzare via ogni cosa. Sterminio post-prog elevato all'ennesima potenza. Il Collettivo riparte da zero, facendo breccia nel cuore nudo della violenza, delle strutture sbilenche, dei mega-riff lavici e dei growl cavernosi di mister Nico Webers, accompagnato dal folletto Meta, frontman energetico e funambolico. La seconda parte della Storia si apre con un monolite ormai classico e super avvincente: City in the Sea, dove in otto minuti si scoperchia il vaso temporale della potenza, con il timoniere Robin Staps a guidare la ciurma verso l'inevitabile fine. Piede sull'acceleratore del caos terraformante, quindi, con un'inclinazione verso le sfuriate matematiche e i riff di estrazione Converge, doppiati dalla potenza ritmica e dagli stacchi (davvero notevoli) di Torge Ließmann, batterista dal vasto background e dalla tecnica invidiabile. Non ci sono molte soste, anzi, non c'è respiro alcuno: l'aria che si respira è colma di polveri e fitta nebbia assassina.
Dove sono le nuvole? Dov'è il cielo?
La ripartenza HC di Dead Serious & Highly Professional, che dura poco più di un minuto (rarità in casa Ocean) brucia ogni cosa. Carta vetrata e roboanti motori futuri, spinti da una carica furibonda che, non sazia, accelera verso il thrash tout court nella seconda parte, regalandoci una traccia breve e totalmente votata all'accelerazione. Un pugno poderoso in pieno volto che ci lascia attoniti e selvaggiamente corrotti. L'anima più pacata e progressiva ampiamente visitata su Fluxion viene quindi messa da parte, pezzo dopo pezzo, passo dopo passo. E non c'è redenzione alcuna, a partire dall'iniziale doom ipervitaminico di Austerity, dove in oltre nove minuti esploriamo le vaste lande eteree di Aeolian, non lasciandoci sfuggire nulla, e anzi aggredendo l'ambiente che circonda con improvvisi e graditissimi campi di tempo, effetti di chitarra provenienti da Terra-2 e riveberi death. Una mole di lavoro e stratificazione impressionante, che non lascia superstiti e che invita l'ascoltatore attento a non mollare la strada maestra: perdersi potrebbe essere pericoloso oltremodo. Inoltre, il viaggio è ancora molto lungo e periglioso, colmo di sali-scendi ritmico-emotivi, grida strazianti e poderosi scambi chitarra/basso. Il mini break prima del primo giro di boa ci fa riflettere con il suo riff portante altamente dissonante, ampliato e duplicato da discreti effetti atmosferici. Le percussioni accompagnano intelligentemente la struttura pesante del pezzo fino a un prolungato breakdown destrutturato. Siamo al cospetto di una parentesi ancora più pesante (!) e soffocante dell'opener, di cui prende lo schema generale e poco altro, per poi tracciare una sua strada, afasica e per nulla circolare. Struttura che riprende piccole porzioni e le interscambia con ipercubi di appartenenza aliena. Il codino, leggermente più melodico e stemperato non ci culla, ma ci prepara adeguatamente alla seconda parte del viaggio oceanico. Chitarre melodiche chiudono il turbinio di emozioni, lasciandoci in sospeso per un attimo.
Il capitano dei giochi estremi, Robin Staps apre il pezzo successivo (Killing the Flies) con un riff – grattugia. Il brano si evolve in maniera spigolosa, tra accelerazioni math-core e riff che ancora una volta richiamano Converge e, in parte, Today is the Day. Onnipotenza scenico/uditiva al minuto 2:10, dove ritmica e solista si intersecano per uno scambio di dubbia provenienza, bellissimo e straziante, favoloso nella sua imbarazzante difficoltà interpretativa. Questo è un album per i forti di cuore, dove le debolezze vengono continuamente messe in secondo piano, estremizzate nei concetti e nelle disperate liriche polverose. Doppia-cassa e un fiume di riff circolari spezzano la marcia mortale per poi ripercorrere terreni saturi e poco sicuri in Une Saison en Enfer, velocissima e vitaminica, assolutamente hardcore nella concezione primordiale, ma decisamente progressiva nella sua struttura ipertrofica e disassemblata. Blast-beat, ripartenze squisitamente estreme e il dualismo vocale/brutale che ci porta a un sintomatico breakdown prettamente ritmico, bridge semplice ma di rara efficacia. Dissonanze, effetti volanti e headbanging furioso, tra poesie del diavolo e bacchette che si infrangono sul drum kit. Violenza sospesa.
Per chi fosse ancora vivo e in vena di fare festa post metal, il cammino volante procede volenteroso nella sua seconda e ultima parte, dove trovano spazio le più disparate influenze, sempre corroborate dallo Staps-motore, che si surriscalda sempre di più, progredendo pachidermicamente verso una prematura fine totale. Siamo quindi disarmati e senza speranza già durante la successiva, abrasiva, caustica e fenomenale One with the Ocean, due minuti e mezzo di ultra-violenza ai raggi X: poderose chitarre thrasheggianti reclamano lo strapotere della Terra, e gli umani vengono ridotti in brandelli. Spore nell'aria, per un classico scenario apocalittico d'altri tempi, alimentato dalla doppia cassa assassina di Torge Ließmann che qui non fa prigionieri. Il finale dell'opera è costituito da alcuni pezzi da 90, tra cui la belligerante Swoon (con la sua pronunciata effettistica), ma soprattutto dalla mortale coppia Queen of the Food-Chain / Inertia, che in oltre 13 minuti chiude l'album nel miglior modo possibile. La prima delle due canzoni è forse il brano maggiormente conosciuto della band (nonostante la lunga durata), nonché uno dei pezzi maggiormente riproposti dal vivo, durante gli incendiari show / eventi dell'ex-Collettivo. Nichilista e brutale, concepito per il minimalismo e le stratificazioni indivisibili, Aeolian ci prende a sberle, sbirciando nella nostra anima pacata solo in prossimità del bellissimo pre-bridge strumentale, dove le percussioni tribali entrano in gioco con classe e merito, formando una formidabile squadra che non disdegna progressioni ambientali e atmosferiche. Una piuma farcita di piombo, un neon in frantumi.
Inertia ci saluta definitivamente chiudendo il cerchio e il doppio album gemellare con il suo incipit brutale e la sua controparte delicata e sinfonica, prettamente progressiva. Archi e sinfonie piccole come plancton si insinuano nella nostra mente straziata dal dolore prolungato, dalle mazzate ritmiche e dalla matematica ma rozza precisione di Aeolian, che sputa in faccia a Fluxion senza remore. Una vera bomba atomica, nascosta per sbaglio in una nube densa, ma decisamente pericolosa e affascinante
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4
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Per me leggermente inferiore al debutto, ma si parla veramente di millimetri. Band stratosferica, che sia musicalmente che concettualmente ha sempre dato sfoggio di grande classe, ricercatezza e talento. Da Precambrian in poi faranno ancora meglio, ma questa rimane la perla nera della loro discografia. Stupendo. 86 |
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3
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Questo disco, notevole a dire il vero, a mio parere,si discosta alquanto dal precedente Fluxion. Qui troviamo che le chitarre e le varie sonorità musicali vengono sfruttate meno mentre si da' piu spazio alle voci che in questo contesto sono ben sette, rispetto al solo cantante di Fluxion. Un gruppo molto bravo che anche nei lavori successivi ha dimostrato grandi qualità e una continua evoluzione. |
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2
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Album molto vario dal punto di vista stilistico, musicisti dotati di notevole tecnica, riff e growl in abbondanza. Da riascoltare, dopo tanto tempo. |
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1
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Album furibondo, pazzesco, in alcuni punti difficile persino collolarlo in un determinato genere, tanto spazia dal prog al death e altro ancora. Tutta gente che sa fare alla grande il proprio mestiere, e qui niente è lasciato al caso. Veramente notevole. "Austerity" è un capolavoro e se questo disco è per i forti di cuore allora mi compiaccio di farne parte. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The City in the Sea 2. Dead Serious & Highly Professional 3. Austerity 4. Killing the Flies 5. Une Saison en Enfer 6. Necrobabes.com 7. One With the Ocean 8. Swoon 9. Queen of the Food-Chain 10. Inertia
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Line Up
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Mathias "Meta" Buente (Voce) Nico Webers (Voce) Robin Staps (Chitarra, Percussioni) Jonathan Heine (Basso) Gerd Kornmann (Percussioni) Torge Ließmann (Batteria)
Musicisti Ospiti: Carsten Albrecht (Voce) Tomas Hallbom (Voce) Sean Ingram (Voce) Ercüment Kasalar (Voce) Nate Newton (Voce) Yuki Ryang (Cello)
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