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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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10/05/2020
( 3602 letture )
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Duemilaventi: un anno di svolte musicali -soprattutto nel filone stoner-, sociali e umane. Tra il ritorno degli svedesi Lowrider dopo venti lunghi anni e il tentativo di cambio di direzione musicale dei 1000mods, quest'anno continua ad essere gonfio di uscite. Non potevano dunque mancare all'appello gli Elder, altro gruppo sul quale nel tempo si è posata una quantità sempre crescente di curiosità e soprattutto di dense aspettative. Dopo l'ottimo Reflections of a Floating World (2017), DiSalvo e compagni -forti della fama di chi non sbaglia un colpo- hanno pubblicato nel 2019 un EP dal titolo Gold and Silver Session (2019). Il lavoro in questione raccoglie una serie di sperimentazioni strumentali molto più orientate alla psichedelia rispetto al passato e -inevitabilmente- questa pubblicazione non è stata altro che un’anticipazione di qualcosa di più grande. Omens fin dai primi istanti torna a calcare la scia lasciata dall'EP che lo ha preceduto con una line-up rinnovata: Matt Couto lascia il posto dietro le pelli in favore di Georg Edert, mentre Michael Risberg (già presente ai tempi di Reflections of a Floating World come musicista di supporto) entra in pianta stabile nel gruppo sgravando Nicholas DiSalvo dal compito di pensare alle tastiere, aggiungendo inoltre una seconda e preziosa chitarra. Una formazione a quattro dunque, che visto il genere proposto, risulta sicuramente più comoda e di larghe vedute destabilizzando tuttavia l'equilibrio per la quale gli Elder fino ad oggi si sono battuti.
Nonostante la fondamentale miscela di stoner e progressive rimanga la stessa, le tastiere in questo ultimo lavoro del gruppo di Boston risultano decisamente più presenti che in tutti i dischi precedenti. Sono proprio le note di synth che aprono la titletrack, seguite immediatamente dopo dal caldo crunch di una chitarra effettata. Le prime esplosioni sonore non tardano ad arrivare, emancipando immediatamente un'altra differenza che risalta subito all'orecchio: l'approccio al microfono di DiSalvo è decisamente più pulito, scevro di effetti che lo collocano in una dimensione eterea e lontana. Da una parte questa scelta tende ad avvicinare l'ascoltatore, dall'altra in certi frangenti si ha l'impressione che il timbro si posi in maniera meno naturale e meno azzeccata sul comparto musicale. Ad ogni modo il cambio di direzione dà i suoi frutti nel bellissimo bridge centrale del pezzo, in cui tutto diventa liquido e fluido e -con innata naturalezza- tornano le chitarre e il synth che aprono la longeva composizione. I nostri vanno a premere l'acceleratore sul finale, richiamando le ruvide chitarre dal sound settantiano che contraddistinguono i loro dischi, tra fraseggi complessi e assoli rapidi dal retrogusto blues. Una sezione onirica, già filtrata apre In Procession e dopo poche battute il filtro si leva e il brano decolla immediatamente in maniera pomposa ed epica. Il tiro si abbassa leggermente durante la parte cantata, per poi integrare fra le varie sonorità un bell'assolo di synth in stile vintage, mentre le chitarre rimbalzano da destra a sinistra in maniera quasi decorativa, mostrando quanto da parte del gruppo non vi sia solo una grande dote compositiva, ma anche tanto mestiere nel lavorare e rendere unico il proprio sound. Le tastiere tornano a giocare un ruolo fondamentale nella seconda parte di In Procession dimostrando ancora una volta di essersi integrate in una lunga sezione psichedelica, mentre l'approccio vocale di DiSalvo risulta più convincente in questo brano. Dei lunghi riverberi che si miscelano con il synth sul padiglione sinistro della cuffia aprono Halcyon, il quale spettro delle frequenze si colora progressivamente nella sua interezza, aggiungendo con delicatezza il basso e i cristallini arpeggi della sei corde. A circa metà platter risulta sempre più chiara l'importanza del contributo creativo di Michael Risberg, cardine immediato di questo lavoro. Il modo in cui l'ascoltatore viene traghettato all'esplosione delle chitarre distorte è fluido e fa perdere la concezione del tempo, facendoci dimenticare dei minuti che passano prima del momento clou. Il lato più melodico e morbido degli Elder prende il sopravvento nelle strofe, lasciando fra l'una e l'altra delle sezioni più forti e impegnative tipiche dell'impronta stilistica della band. Il finale del pezzo prende una piega epica e -nonostante alcune sbavature sul mixaggio delle chitarre- il mood uscente è decisamente coinvolgente. Giungiamo dunque a quello che è stato il primo singolo promozionale di Omens: un approccio diretto e rock-oriented apre Embers senza troppi fronzoli. La voce di DiSalvo si muove su una sezione ritmica scandita e precisa, fino a giungere ad un ritornello molto catchy. Nonostante vi siano diverse sezioni (eccezionale quella solo batteria/basso/tastiera verso i sei minuti e mezzo) nella lunga composizione che si alternano a quelle più morbide, il singolo non spicca come le altre canzoni presenti sul platter e lascia qui e lì qualche punto interrogativo. L'assenza di un fil rouge marcato, così come alcune scelte armoniche che tendono allo stucchevole sono alcuni dei fattori per il quale il brano risulta altalenante e alla fine dell'ascolto non totalmente coinvolgente. La distorsione più profonda delle valvole degli amplificatori apre egregiamente One Light Retreating portandoci indietro di qualche anno a un sound più vicino agli Elder pre-Omens. Giochi di produzione che ci permettono di sentire il suono delle chitarre passare intorno a noi e incastrarsi perfettamente con gli altri strumenti su gli stacchi ci traghettano lungo un brano dai numerosi cambi di tempo in pieno stile progressive. Non mancano i momenti in cui la psichedelia abbraccia gli stilemi stoner con una proposta gonfia e più heavy, soprattutto a metà brano. Ci avviciniamo alla conclusione con una violenta frenata che riduce il comparto musicale quasi allo zero, ma quando tutto sembra finito emerge il suono di un synth che ricorda molto quello di No Quarter dei Led Zeppelin (band per ispirazione molto cara a DiSalvo e compagni).
La produzione di Omens si attesta buoni livelli, pur non essendo esente da qualche sbavatura qui e lì, cosa del tutto naturale nel momento in cui si stravolge la line-up e si integra nel proprio sound una grande vastità di suoni come quelli portati da tastiere e synth. Nonostante l'ottimo lavoro di arrangiamento e composizione permane qualche ombra sul nuovo approccio vocale di Nicholas DiSalvo che sembra adattarsi più in alcuni brani e meno in altri. Inoltre per fare spazio al largo impiego di tastiere vengono a mancare -in parte- i numerosi assoli di chitarra dei quali si sente la mancanza, così come di alcune sezioni più ruvide e violente che avevano contraddistinto i lavori precedenti. Per quanto questo lavoro non rappresenti una sintesi perfettamente bilanciata fra il vecchio sound e il nuovo, l'esperimento è comunque da promuovere a pieni voti, poiché è chiaro che vi è del ragionamento dietro la svolta stilistica e che la nuova direzione è stata del tutto ponderata e pianificata. Lo stesso Michael Risberg risulta una scommessa vinta, poiché sembra perfettamente integrato con la band e il suo apporto in termini musicali e ampio e ricco di possibilità. Forse non siamo mai stati così tanto lontani da quel capolavoro di Lore, eppure il marchio di fabbrica degli Elder rimane incredibilmente lo stesso. Questo disco è senz'altro destinato a dividere la critica, tuttavia è innegabile che lo spettro di possibilità del gruppo di Boston ora si sia allargato infinitamente. Ora gli obiettivi sono due: bilanciare le parti che convivono in questo nuovo stile e mantenere la propria personalità. Per il primo traguardo attenderemo il futuro della band, mentre il secondo con questo Omens è stato già tagliato nel migliore dei modi.
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Manuel, se ti piacciono gli Elder dei dischi più doom blues stoner io un ascolto ce lo darei, anzi, mi hai fatto venire voglia, me lo riascolto pure io! |
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Ragazzi,per chi naturalmente lo ha ascoltato,il primo omonimo è anch'esso un ascolto obbligato o è bypassabile? |
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Ascoltato con attenzione, in realtà mi ha deluso parecchio. Peccato che abbiano interrotto la serie dei capolavori. Era prevedibile, ma mi aspettavo di più. Praticamente qui ci sono soluzioni già ascoltate, ma fatte con meno potenza Stoner. Voto 72 |
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Gli Hawkwind nello Stoner possono entrarci benissimo come predecessori, chi può negarlo? |
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quindi gli hawkwind facevano stoner visto che facevano rock psichedelico misto a progressive?  |
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Perché definirli Stoner? Perché sono Stoner progressivi. Poi mi fa un po' sorridere la definizione di Heavy psych, per che lo Stoner è pysch per forza, altrimenti sarebbe un altro genere. La psichedelia è la componente fondamentale dello Stoner, che appunto significa "stordito" "allucinato". |
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@tosaerba, non so, se parli del gruppo non vedo perché non definirli un gruppo stoner e anche psych, come gli Yawning Man ad esempio, o i Kyuss di Sky Valley anche (penso tipo a Demon Cleaner) non mi sembrano termini contraddittori anzi. Anche perché comunque dal vivo l'attitudine degli Elder è quella, stoner o psych, dilatano e distorgono le canzoni come un elastico (così mi è sembrato...). Se invece parliamo del disco ci può stare che sia meglio definirlo come dici tu, ma mi sembrano sottigliezze. |
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non capisco perche' ostinarsi a definirli un gruppo stoner. e' almeno da reflections of a floating world che non suonano piu' stoner ma heavy psych/progressive |
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Sottotono rispetto ai 2 fantastici predecessori. Voto 63. |
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@danimanzo per me assolutamente sono i migliori al mondo, oggi come oggi nessuno ha raggiunto i loro livelli nello Stoner. |
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Album meraviglioso come il loro sound. Hanno un pò perso potenza e rocciosità nella proposta, ma il loro trademark rimane indiscutibilmente il solito. Sinceramente non ascolto molto stoner degli ultimi anni ( sono fermo a Kyuss, Sleep, etc.. ), ma ho letto da più parti che sono i migliori nel genere e nessuna loro uscita discografica mi ha deluso al momento. |
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Sto ascoltando il cd, solito grande album degli Elder ma resto con una punta di amarezza. Sapevo che era quasi impossibile replicare la grandezza di Reflection, a mio avviso non solo il loro apice, ma il più grande album stoner degli anni 2000. Sarà per l'elemento stoner meno presente, ma per ora lo considero inferiore agli album precedenti, che sono tutti capolavori. Continuerò ad ascoltarlo, è comunque musica straordinaria la loro, ma avevo aspettative troppo alte. Tra qualche tempo tornerò a dare un voto definitivo... |
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Ciao @Skull, guarda ho citato Dead Roots solo perché nei commenti sotto nessuno l'aveva citato e la cosa mi dispiaceva ma avrei potuto scrivere Lore, non saprei quale è meglio. È da Reflections che si sono fatti più (troppo) psichedelici e infatti quello non l'ho comprato mentre i precedenti tre sì. Devo inoltre ammettere che il fatto di aver ascoltato questo qui degli Elder dopo due recenti dischi "psichedelici" potentissimi e molto particolari (Villagers of Ioannina e Oranssi Pazuzu) ha forse aumentato la (comunque piccola, sia chiaro) delusione. |
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@NoFun: Dead Roots piace molto anche a me, bello fangoso… ma Compendium da sola lo supera (l'open di Lore) è uno dei pezzi più che abbia mai sentito e tutto è fuorché morbido… beto te che c'hai ancora i denti per il "pane duro"  |
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Per me il meglio resta Dead Roots Stirring, col suo blues doom travolgente. Poi hanno cominciato a diventare più leggeri, a volare via. Questo l'ho ascoltato, lo sto ascoltando e non mi convince. Mi piace ok, ma per me hanno perso molto e quello che resta è uno stoner luuuuungo psichedelico arioso che però, per me, è molto lontano da essere valido come certe cose degli Yawning Man per esempio. Non mi trascinano via. Dal vivo quando li ho visti invece erano stati fenomenali, travolgenti, si sentiva che amavano suonare e che potevano andare avanti per ore, e riuscivano a coinvolgere, soprattutto il bassista. Ci vorrebbe un innesto di potenza, non so una jam session tra il bassista Jack Donovan, Nick Di Salvo e quel pazzo scatenato di TJ Childers, batterista degli Inter Arma, e Eric Wunder alla voce, qualcosa con dei tipacci che mettano del folk malato e del blues pesante nel midollo di questi ragazzi che mi stanno diventando troppo leggiadri per la miseria! |
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Mah... quoto Kiodo74 riguardo a Lore, e lo consiglio @Silvia se non lo ha mai sentito. Sono tutti meritevoli i dischi degli Elder ma in effetti è Lore il capolavoro e già in quei solchi si poteva riscontrare una presenza complementare alla componente stoner. Hanno un "trademark" che sottointende personalità, hanno tecnica, talento e stanno evolvendosi con misura e gusto... le etichette non fanno per me, ma devo dire che presa alla lettera lanche "heavy prog" sarebbe discutibile. Anche dii heavy hanno sempre meno, imho. |
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A mio parere è veramente difficile etichettarli infatti perché la loro proposta sconfina in generi diversi x un mix veramente personale  |
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@inflames69: mi trovo d'accordo con te ed effettivamente l'etichetta del genere è al limite, diciamo che anche io ho pensato a categorizzarlo nel filone heavy prog. Tuttavia ho preferito tenere in considerazione l'indole stoner del gruppo e il filone stilistico con i dischi precedenti  |
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Il disco è bellissimo ma francamente di stoner ci trovo abbastanza poco, forse piu l'indole che le sonorità. Resta un grandissimo albun di heavy prog con sprazzi psichedelici a mio parere. |
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Heavy ambient o heavy krautrock.
Finalmente gli Elder stanno diventando quello che erano da sempre destinati ad essere. I portatori del nuovo sound lisergico pesante d'Europa.
Davvero straordinari. Lavoro, neanche a dirlo, fantastico. |
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attendo il disco fisico per capire meglio, cmq dagli ascolti ch eho dato qua e la non male. |
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@Epic: Anche io durante i primi ascolti ho notato più l'assenza del lato stoner che il resto, ma con gli ascolti successivi è cresciuto clamorosamente. Comunque si riascolta che è un piacere eh  |
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Per me sono i numeri dello Stoner di oggi, una band immensa. Ancora devo ascoltare l'album, lo farò presto appena prenderò il CD, ma un po' ci sono rimasto male per la presenza di poco stoner. Hanno privilegiato il lato prog e psichedelico. Sicuro sarà un disco stupendo, ne sono certo, ma difficilmente supererà l'immensità di Reflection e di Lore. Comunque tornerò a commentare una volta comprato il disco. |
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Dopo "Lore" ho attribuito alla band bostoniana l'onorificenza di Cavalieri della musica..... Uno dei più bei dischi mai ascoltati....hanno talento da vendere ed ispirazione ancestrale, ogni loro uscita è sempre ben accolta.... Stanno diventando sempre più grandi!
Ossequi! |
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A me Reflections era piaciuto molto proprio x le parti piu' prettamente stoner quindi sono rimasta un po' spiazzata dalla direzione piu' "psichedelica" intrapresa su questo lavoro, ma e' solo una questione di gusti e forse anche di pochi ascolti. Grande gruppo, si sente sempre molta cura nelle loro proposte |
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Bel disco, mi sembra la naturale evoluzione di Reflections e rispetto al precedente EP un benvenuto "quasi passo indietro", forse perchè è semplicemente più definito di G&SS che onestamente mi aveva un po' deluso.
La proposta ormai è talmente raffinata da farmi pensare sia normale che sulla muscolarità di certo stoner abbia prevalso la psichedelia... mi stupisco piuttosto di come continui ad essere (relativamente) facile da assimilare.
Me lo sto godendo in sottofondo quando lavoro, sempre un bel trip! |
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L'EP citato in recensione mi ha accompagnato per tutta la scorsa estate, andava in loop anche per 2-3 ore, una musica eterea.
Per questo la virata stilistica degli Elder mi garba parecchio, infatti questo nuovo album sta girando regolarmente da quando è uscito. A me piace tutta la musica degli Elder, vecchio o nuovo stile non importa, mi portano sempre lontano |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Omens 2. In Procession 3. Halcyon 4. Embers 5. One Light Retreating
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Line Up
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Nicholas DiSalvo (Voce, Chitarra) Michael Risberg (Chitarra, Tastiera) Jack Donovan (Basso) Georg Edert (Batteria)
Musicisti Ospiti: Fabio Cuomo (Piano Rhodes, Sintetizzatore)
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RECENSIONI |
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