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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Elder - Dead Roots Stirrings
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( 6435 letture )
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Non so cosa sia più magnetico, se il suono caldo e profondo della chitarra del giovanissimo e talentuoso Nick Di Salvo, o la sua voce incisiva e ricca di sfumature. Quel che è certo è che il secondo parto in casa Elder, dopo i rintocchi sabbattiani del debut omonimo del 2008, ci riconsegna una band in forma smagliante e che si diverte a suonare la musica che ama, trascinando leggermente le proprie coordinate verso le desertiche lande dello stoner metal.
Dead Roots Stirring è, senza ombra di dubbio, uno degli highlights della stagione, grazie alla sua aurea dannata e seducente: doom nella forma, con composizioni lunghe e ben strutturate, stoner nella sostanza, grazie a cavalcate lisergiche e a chitarre sporche e grumose, il tutto perennemente in contrapposizione con melodie armoniose pregne di calore blues e di ardore southern, in una riottoso scontro tra i Down, le cavalcate strumentali dei Karma To Burn e l'immancabile lezione dei maestri Black Sabbath, l’insieme ovviamente riletto e soggetto al volere e al folle spirito di questi ragazzi.
La voce viene spesso utilizzata come una delle tante sfumature che i nostri utilizzano per esprimere le proprie emozioni e per raccontare le proprie storie: viene lasciata spesso alla deriva delle sfuriate strumentali come nella bellissima III , in cui la ritualità dello stoner si veste prima di folk e poi di hard'n blues, accerchiata da un continuo alternarsi di chitarre acustiche e di flussi elettrici di grande valore. Se l'opener Gemini gioca maggiormente su riffs doom e melodie maledettamente stoner e ancora una volta bagnate dall'ardore blues, Dead Roots Stirring punta invece maggiormente il dito verso melodie avvolgenti e calde nei toni, chiaroscurali ed emozionanti, pennellate in gigantesche tele dai colori contrastanti, in cui la voce fa da cornice ad un approccio hard rock trascinante e favoloso, laddove gli assoli di Nick sanno ritagliarsi lo spazio necessario per poter essere protagonisti incontrastati della scena. Ogni cosa qui ha il suo giusto posto, ogni elemento si amalgama alla perfezione: come in The End, canzone che parte lenta, con effetti rumoristici in primo piano, per poi esplodere vorticosamente in un ficcante riff stoner-blues troncato da un assolo mozzafiato prima dell'ingresso deciso delle linee vocali. Non ci sono schemi qui: la musica degli Elder è un fluido libero e costante, arte che si nutre di vibrazioni intense. I riff di queste bellissime composizioni sanno vestirsi con disinvoltura della pesantezza doom, delle dilatate melodie stoner e del rovente magma heavy blues di cui anche la conclusiva Knot si macchia: dodici minuti scarsi in cui la band scrive il perfetto bignami del proprio sound; scomposto e chiuso in una matrioska, un pezzo dentro l'altro.
Gli Elder ci mostrano così la via dell'evoluzione per un genere, come lo stoner, che sembrava non avere più a disposizione molte frecce rigenerative al proprio arco, e lo fanno grazie ad un sound rinnovato, straripante ed esplosivo. Un lavoro maturo, scritto e suonato divinamente; le vie per il paradiso sono davvero infinite, a quanto pare, e nel paesino degli Elder ogni strada conduce al cuore pulsante di un mondo bellissimo, fatto di paludose ambientazione e di soleggiati ed aridi promontori oltre i quali è facile perdere i propri sensi...
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16
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Mooolto bello anche questo, forse pure di più di Reflections... non importa però quale dei due sia meglio, importa che sono due dischi della madonna. Questi Elder mi paiono fra i migliori se non i migliori fra le nuove leve dello stoner: a differenza dei Baroness, promettono e mantengono sempre... a differenza di chi vuol arrogarsi l'invenzione di qualcosa, questi ragazzi hanno raccolto con umiltà e pieno merito la lezione dei Karma To Burn... il risultato si sente ed è tutto da godere. Fantastici. Unico vero neo i suoni un filino impastati, a mio gusto. Unico falso neo, voto utenti scandaloso ed incomprensibile: dementallized? |
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15
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Ah ah @Giaxomo, perché no, mi riprometto di riascoltarlo. I Creedence in effetti non possono che essere una referenza obbligata per chi fa questo genere, i Thin Lizzy anche, sono uno dei gruppi preferiti dai Crowbar, il bello è che non sono manco americani ma irlandesi, anche se (cit.) gli irlandesi sono i neri d'Europa, e il grande Phil Lynott era proprio nero e irlandese, come la Guinness (ri-cit.) |
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@No Fun: ora devi cambiare opinione su "Reflections of a Floating World" 😀 Si scherza, ovviamente! Comunque ho letto su un'intervista che una delle band preferite di Di Salvo sono proprio i Creedence e i Thin Lizzy ..e come dargli torto, del resto 😉 |
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Riascoltato per l'ennesima volta, solo adesso mi accorgo che il riff della title track mi ricorda la splendida Born on the Bayou dei Creedence. |
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12
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Che album! Lo sto ascoltando in continuazione in macchina, blues-doom del profondo sud bello umido. L' avevo ordinato senza neanche averlo ascoltato, ho dato fiducia ciecamente alla rece,
c'erano troppe cose che mi attiravano e non potevo che andare a colpo sicuro. Le radici morte sono risorte alla grande! |
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11
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Concordo in pieno con la recensione, un ottimo disco, merita davvero!! |
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10
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dio santo che cavolo di disco...l'ho ascoltato questa mattina in seguito alla recensione di emiliano e me ne sono immediatamente innamorato...sabbathiani quanto basta, basso distorto spaccaculi e quella melodia southern a rendere il tutto ben condito...sarei quasi tentato a definirlo disco dell'anno, se non fosse che sto solo al primo ascolto |
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9
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bene, sono contento piaccia anche a te.. cmq se continuano a scarnificare in questo modo gli interventi vocali potrebbero arrivare a questa soluzione in futuro.. |
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8
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Copia arrivata e dopo un paio d'ascolti in più rispetto a quelli già fatti con la versione mp3 mi trovo concorde con l'analisi di Emiliano. Un unico appunto, è vero che la voce è una buona sfumatura, sarei però quasi contento se la togliessero e si muovessero pienamente in territori alla Serpent Throne per intenderci, in quel caso avrei alzato il voto fino a 90 anche 93... così invece l'88 va benissimo. |
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7
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Attendo che mi arrivi la copia  |
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6
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Gran bel disco! Ottima rece ma , secondo me, voto un pelino alto. Un 80 era più giusto ma sono sciocchezze di fronte a dischi così belli |
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5
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eheheh ..in effetti mi manca il commento di undercover..è sempre puntuale lui su dischi del genere..sono curioso di sapere la sua opinione.. |
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4
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Non si sa mai Emiliano, non si sa mai  |
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3
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ahahaha Edylc tranquillo, non penso che gli amanti di queste sonorità si privino di un disco di tale portata..  |
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Uè colleghi, dove siete? Non è che fate l'errore di non sentire sto discone? |
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Per me uno dei dischi dell'anno |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1 - Gemini 2 - Dead Roots Stirring 3 - III 4 - The End 5 - Knot
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Line Up
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Nick Di Salvo (vocals, guitar) Jack Donovan (bass) Matt Couto (drums)
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RECENSIONI |
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