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27/04/25
THE LUMINEERS
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Fates Warning - Disconnected
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25/07/2020
( 3234 letture )
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E così il nuovo millennio arriva anche per la storica band progressive metal Fates Warning. Il consolidato trio Alder, Matheos e Zonder ormai figura nella lineup da più di un decennio e giunge a questo importante appuntamento con l’aggiunta di Joey Vera al basso. L’ospite del disco è un nome altisonante, quel Kevin Moore, già presente nel precedente A Pleasant Shade of Gray, che porta con sé un’enorme aspettativa ma altresì un’immensa qualità ad un gruppo che già da sé ne può vantare in abbondanza. Le premesse per un disco eccellente ci sono tutte, l’unico difetto annunciato di questo nono lavoro in studio degli statunitensi è proprio quello di essere stato rilasciato tre anni dopo un album difficile da eguagliare, figuriamoci da superare.
Dopo l’intro che riprende il titolo del disco, con una voce registrata come fosse l’annuncio di un volo in partenza, siamo proiettati con forza nel mondo di Disconnected. La copertina va osservata ed elaborata con attenzione, siamo in un mondo in cui sembra necessario l’utilizzo di maschere antigas mentre due amanti cercano un contatto fisico, il tutto immortalato con un obiettivo grandangolare. Rimanendo nel mondo del progressive, tre anni dopo rivedremo quelle stesse maschere nel metallico The Power To Believe degli immensi King Crimson. Conclusa l’intro, One porta con sé una ventata di metal elegante e radiofonico, con i suoi ritornelli cantabili e il riff graffiante e iconico che la caratterizza, nei suoi brevi quattro minuti di durata. Siamo al cospetto di Kevin Moore e del suo tocco magico, così si apre So, seguita poi dal passo lento e cadenzato della chitarra di Jim Matheos. Come nella precedente, i ritornelli sono il terreno su cui si snoda il timbro vocale melodico di Ray Alder, qui appaiono però forse troppo ripetitivi, quasi come una monotona cantilena, come il messaggio che la canzone vuole trasmettere. Il basso dell’ultimo arrivato Joey Vera è liberamente ispirato al suono dei colleghi e conterranei Tool, così come tutto l’intermezzo strumentale posto a metà brano che sembra uscito dal full length d’esordio Undertow. Con Pieces Of Me, decisamente più rapida e briosa della terza traccia ma anche un briciolo più “elettronica” grazie ai sintetizzatori, si chiude quello che potremmo definire l’antipasto del disco, in attesa delle due portate principali, la cui durata sommata è maggiore delle altre cinque canzoni. Il basso che abbiamo citato poc’anzi lo troviamo in apertura di Something For Nothing, un brano che va apprezzato per il crescendo su cui si basa. Il prog metal infatti compare solo nella seconda metà, per poi chiudersi come aveva iniziato, con un leggero e delicato intermezzo strumentale. Eccoci di fronte alla suite di questo Disconnected, un pezzo eterogeneo che vale da solo l’acquisto del CD, o perché no, del vinile. Dopo la parte introduttiva condotta dalla voce distorta di Ray Alder, salgono in cattedra i musicisti eccezionali che compongono la formazione statunitense e che prendono in prestito molti elementi dal progressive rock anni ’70. Senza la potente chitarra elettrica di Jim Matheos, potremmo quasi definire la suite un prodotto prog rock. Il punto caratteristico di questo brano, ma più in generale della carriera dei Fates Warning, è la commistione dei due generi, l’unione che crea qualcosa di più aulico e solenne, il rock e il metal che si fondono in un’entità progressive inscindibile, racchiusa nei sedici eccezionali minuti di Still Remains. Le parole per raccontarvi questo capolavoro non sono che una labile idea di ciò che è stato compiuto dai cinque musicisti statunitensi. Per utilizzare un paragone dantesco, tratto dal suo “Convivio”, ho raccolto le briciole cadute dal tavolo della mensa dei sapienti e le ho raccontate, ma nulla può sostituire l’ascolto di questo brano immenso. Ma non è tutto, la seconda parte dell’intro Disconnected si apre esattamente come si era chiusa la prima, per poi condurci su un dialogo parlato accompagnato dal piano delicato di Kevin Moore, inframezzato qui e là dalle lunghe note distorte della sei corde. La canzone, fatta eccezione per il dialogo appunto, è interamente strumentale, e non aggiunge grossi concetti al disco, ma è utile a chiuderlo così come si è aperto, con la stessa identica modalità e le stesse note, in una modalità cara al mondo progressive.
Siamo su livelli altissimi, quando ci si trova di fronte ad un disco di un’istituzione come quella dei Fates Warning la gioia per le orecchie è assicurata. Qui la band statunitense ha rinunciato alla potenza cara al metal per dedicarsi ad alcune soluzioni più ricercate e complesse prese in prestito dal prog rock di settantiana memoria. Come dicevamo, l’unico difetto di questo Disconnected non è altri se non quello di aver visto la luce tre anni dopo A Pleasant Shade of Gray, uno dei capolavori più acclamati della band di Jim Matheos. Cari sudditi della chiesa del progressive, questo è pane per i nostri denti, e che pane...
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Guarda a caso con Kevin Moore alle tastiere si tratta di capolavori… i DT non hanno mai capito quanta classe hanno perso con quel loro esibizionista di sola tecnica e zero sentimenti di Jordan Rudess ! |
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20
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Un capolavoro assoluto. 93 |
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Fin qui il più bell'album prog metal di sempre. Mostruoso. Quando è uscito era decenni avanti e infatti ascoltato oggi pare ancora modernissimo. Top |
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18
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Aspettavo da tempo la recensione di questo capolavoro, personalmente non lo ritengo assolutamente all’ombra dell’album precedente anzi è un ulteriore passo avanti in una direzione “ diversa”.Pochi gruppi sono in grado di non ripetersi( troppo) evolvendo il loro sound.Kevin Moore fa la sua parte indubbiamente, del resto è diventato nel tempo più un collaboratore occasionale ( O.S.I), ma è Jim Matheos a stupire ancora una volta.Abbandonando in parte i virtuosismi solistici a favore di architetture sonore fredde e futuristiche (vicine a certi Pink Floyd ) , da vita ad un sound moderno che ben si adatta alle atmosfere distoniche.La chiusura dell’ album dove viene ripreso e sviluppato il tema iniziale è semplicemente geniale nella sua apparente semplicità.Senza ombra di dubbio uno dei lavori più riusciti in una discografia di altissima qualità. |
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17
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Disco spettacolare per palati fini .Consumato |
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Un disco che amai da subito, uno dei capolavori della band e del genere. Ha un approccio "moderno" ma senza dare fastidio. Più oscuro, è un po' lo stesso approccio che ebbero i Dream Theater con "Awake". E lo stesso anno uscì "Immortal?" masterpiece degli Arena.. |
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@marmar, per caso ritieni che questo sia "Il miglior lavoro della migliore band heavy progressive di sempre"? |
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Il miglior lavoro della migliore band heavy progressive di sempre, l'ho scritto forse 15 anni commentando su un altro sito e lo riscrivo oggi. Le ultime tre canzoni sono gioielli di incommensurabile valore, commoventi, altre parole sarebbero sprecate. |
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Oddio dove vedi che ho messo 83? Ho scritto 85 (sul fatto che ho copiato ed incollato, beh...all'epoca ero più fresco di ascolti, adesso è un po' che non lo metto su) |
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@Rob: com'è che su TrueMetal.it gli dai 85 e qui 83, pur avendo copiato ed incollato lo stesso commento? cos'è cambiato in 7 anni?  |
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11
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Joey Vera bassista coi controcazzi. Il disco è il mio preferito della band, a parere mio non un capolavoro ma ci manca davvero poco |
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10
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Ennesimo capolavoro di una band che meriterebbe fama e successo dei colleghi e rivali Dream Theater. |
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9
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Inutile commentare Le uscite di un gruppo così grande, voto 90 |
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8
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Capolavoro! Ne hanno fatti molteplici i Fates, ma questo è uno di quelli che ascolto più volentieri, a distanza di decenni anche più dello storico illustre predecessore. Trovo che abbia di fondo un’atmosfera malinconica (come già in A Pleasant Shade of Grey d’altra parte), quasi tragica (non so perché ma il suo ascolto mi evoca scenari grigi quasi da epoca futuristica, tipo post nucleare...). Qui questo mood viene reso in maniera più atmosferica, mi verrebbe da dire quasi “space”, ma forse esagero; va detto: anche grazie alle tastiere di Kevin Moore, assolutamente indispensabili in molti frangenti. Il livello dei pezzi è altissimo; dall’opener One, uno dei pezzi più metallici (con Zonder superlativo... ma lo è in tutto l’album), fino alla chiusura di Disconnected pt.II, sorta di lungo outro con atmosfere da brividi. Non posso evitare poi di menzionare la lunga Still Remains, per me uno dei vertici della loro ormai ultra-trentennale carriera. Voto 93 |
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7
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Capolavoro....band che adoro alla follia!!!! |
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6
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Son d'accordo.. il mio preferito è Perfect.. ma han sempre mantenuto un livello alto per un genere non "accessibile" a tutti. |
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5
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Gruppo sempre perfetto. Penso che questo sia un lavoro ottimo messo in ombra solo da una discografia precedente semplicemente mostruosa. Jim matheos uno dei musicisti compositori più sottovalutati di sempre |
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3
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La maggior parte dei grandi gruppi dopo i primi album si spengono (chi si ferma subito, chi arriva a 5 chi a 6 pochi a 7). Pochi però, davvero pochi, continuano non solo a tirare fuori dischi di grande qualità ad ogni uscita ma che dicono concretamente qualcosa, che portano avanti il genere, i Fates Warning sono uno di questi pochi. Hanno attraversato le varie decadi evolvendosi sempre e sempre guardando avanti nel loro essere progressivi: l'heavy-power metal, il technical metal, l'heavy melodico-sinfonico, l'heavy moderno tinto di alternative e industrial ecc tirando fuori classici assoluti per ogni periodo e ogni stile, contribuendo a creare, sviluppare ed innovare il progressive metal e l'heavy metal classico in generale di disco in disco. E direi che continuino a difendersi bene tuttora, considerando anche "progetti alternativi" (come Arch/Matheos) che tirano fuori dischi incredibili. Pochi davvero come loro. |
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2
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Livelli altissimi,come quasi tutta la loro discografia.
È quello che preferisco di piu per le atmosfere che emana e Still Remains è uno dei loro capolavori.
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1
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È il loro album che preferisco.
Ho sempre pensato che fossero bravi, tecnicamente superiori, ma che fosse mancato loro sempre il guizzo; il colpo di genio. Precursori sicuramente, ma non campioni assoluti.
Con questo cd la voglia di osare me li ha fatti amare: Something from nothing (Pink Floyd di "Set controls"? Gli OM?) è stupefacente.
Disconnected pt. II così oscura, atmosferica, "tedesca" è sublime.
Still remains è veramente prog, nel termine più nobile.
Finalmente li amo anch'io 85 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Disconnected Part 1 2. One 3. So 4. Pieces Of Me 5. Something From Nothing 6. Still Remains 7. Disconnected Part 2
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Line Up
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Ray Alder (Voce) Jim Matheos (Chitarra) Joey Vera (Basso) Mark Zonder (Batteria)
Musicisti ospiti Kevin Moore (Tastiere)
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