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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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13/09/2020
( 1585 letture )
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Eddie Glass ce l’ha fatta. Dopo dieci anni, come nulla fosse, ha riportato i Nebula al disco e lo ha fatto tirando fuori dal cappello un album destinato ad entrare di diritto tra le uscite più importanti del 2019 e di tutta la propria discografia. Un bel risultato, non scontato, ma assolutamente alla portata di un musicista che senza ricercare le luci della ribalta, non ha mai pubblicato niente che non fosse almeno ottimo. La storia dei Nebula inizia nei Fu Manchu, band che nel 1996 pubblica uno dei manifesti dello stoner, In Search of…. Glass è nella formazione che affianca il leader Scott Hill e il contributo all’album del chitarrista sta appunto nelle derive psichedeliche, blues e spaziali, ben più dilatate di quelle composte da Hill. Il risultato è che i due capiscono che la convivenza rischia di deflagrare a danno della band e quindi, senza perdere tempo, Glass decide di formare la propria band, portandosi dietro il batterista Ruben Romano e trovando inizialmente in Mark Abshire il terzo elemento del triangolo, al basso. Inizia con To the Center il viaggio spaziale dei Nebula, nel 1999. Un viaggio destinato a durare per altri dieci anni e fino all’uscita di Heavy Psych, quinto album del gruppo. A questo punto, i Nebula hanno già perso sia Abshire che Romano e il chitarrista sente che qualcosa non funziona più come dovrebbe e forse è stanco, non più così coinvolto o chissà cos’altro. E’ il momento di prendersi una pausa. Una pausa che ha rischiato di rivelarsi definitiva o, almeno, così è stata percepita dai molti fan della band, semplicemente sparita. A spezzare il silenzio arriva la notizia del ritorno nel 2017, seguita poi dall’uscita di Holy Shit due anni dopo, per la nostrana e attentissima Heavy Psych Sounds Records: un buon auspicio, forse, che l’etichetta si chiami come l’ultimo album pubblicato?
Ebbene, per una volta la risposta non può che essere felicemente affermativa. Holy Shit non è solo un buon album di ritorno, per togliersi la ruggine di dosso, è uno dei dischi migliori mai usciti da parte dei Nebula e possiede un livello di songwriting che in pochi si sarebbero aspettati a questo punto. Annotata, en passant, la curiosa ricorrenza del numero 9 (1999 primo album, 2009 quinto e ultimo, 2019 album del ritorno), per tutti gli amanti della cabala e della numerologia, diremo che il titolo, apparentemente ironico e tutto sommato poco elegante, che sembra far riferimento più a sostanze allucinogene che ad altro, sarà invece elemento lirico ricorrente nel disco, contribuendo in maniera significativa alla sua identità e alla sua riuscita. Non parliamo di un concept album, naturalmente, ma scorrendo i titoli appare evidente come l’elemento religioso ritorni più volte e lo fa con una connotazione assolutamente “luciferina” e peccaminosa, che emerge ottimamente dalle composizioni, mai così lascive, sensuali e cariche di allusioni. Anche dal punto di vista musicale rileviamo un leggero aggiornamento, con una affatto latente componente di garage rock’n’roll che affianca le consolidate matrici stoner, blues e psichedeliche di cui la scrittura di Glass resta impregnata. Il risultato è un disco esplosivo, carico, veloce e aggressivo, dilatato e magnetico, divertente e conturbante, nel quale il chitarrista scopre di avere anche carte interpretative con la propria voce, che stavolta non accompagna solamente, con melodie più o meno abbozzate, ma appunto tenta con successo anche la via dell’interpretazione, connotando i brani di una evidente patinatura glam, vincente sotto tutti i punti di vista. Basti prendere a titolo di esempio l’allusiva e fenomenale Messiah, decadente e sensuale come mai i Nebula erano stati, piuttosto che il refrain iperdistorto della psichedelica e notturna It’s All Over, appiccicoso e grondante peccato, per sentire il fantasma di Marc Bolan emergere con prepotenza a proclamare la propria glitterata vittoria. Il tutto, si rassicurino i fan della prima ora, senza perdere un’oncia della potenza stoner/psichedelica tipica della band, che risulta invece esaltarsi in questa nuova veste. In un album privo di brani deboli, impossibile non segnalare la veemente cavalcata rock dell’opener Man’s Best Friend, corredata da riff che ricordano Captain Beyond e diverse altre band proto-heavy metal settantiane e dai classici assoli fiume di Eddie Glass, le arrabbiatissime Witching Hour (clamoroso il crescendo che sfocia nell’assolo) e Garden of Eden ai limiti del garage rock più aggressivo e l’altrettanto carica e nichilista Let’s Get Lost, vero e proprio inno alla decadenza, furente e lasciva al tempo stesso, nella quale -non è il solo caso- sembrano emergere anche i Monster Magnet di Spine of God. Ancora, Tomorrow Never Comes e The Cry of a Tortured Soul, entrambe da sette minuti e dodici secondi, che regalano estasi psichedeliche e si segnalano, la prima per un andamento frastagliato e non lineare, quasi sognante, con tanto di partiture in flamenco e surf rock sul finale, la seconda per un lento e vischioso vortice con sfumature western e abissi cosmici che si spalancano improvvisamente. Siamo senza dubbio, in quest’ultimo caso ma forse non solo, al cospetto di un vero capolavoro di rara intensità.
Giungiamo alla conclusione di Holy Shit con un gran sorriso. Eddie Glass ce l‘ha fatta, dicevamo. Non solo i Nebula sono tornati tra noi, ma lo hanno fatto con un disco enorme. Sfaccettato, personale al massimo livello, senza alcuna reverenza o timore di fronte ai dieci anni di silenzio, i tre tirano fuori una prestazione ottima e nove brani di alto spessore, come troppo poco se ne apprezzano ultimamente. Qua c’è una band carica di identità e voglia di osare, nonostante gli oltre venti anni di attività. C’è un gruppo che è a un soffio dallo scrivere il proprio capolavoro, perché capace di superare se stesso e rinascere. Album senza dubbio da avere e adorare per ogni amante del genere, ma che va ben oltre i confini di genere, per un songwriting altissimo, che può raggiungere i gusti di tutti coloro che amano la grande Musica. Grazie mille Nebula, ne avevamo bisogno.
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INFORMAZIONI |
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Heavy Psych Sounds Records
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Tracklist
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1. Man's Best Friend 2. Messiah 3. It’s All Over 4. Witching Hour 5. Fistful of Pills 6. Tomorrow Never Comes 7. Gates of Eden 8. Let's Get Lost 9. The Cry of a Tortured Soul
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Line Up
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Eddie Glass (Voce, Chitarra) Tom Davies (Basso) Mike Amster (Batteria)
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