|
26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
|
|
|
10/06/2022
( 1784 letture )
|
I Crowbar sono tra i nomi di punta del genere, essendo attivi da oltre trent’anni e non avendo mai deluso con le loro uscite discografiche. Possono anche vantare la presenza di un frontman come Kirk Windstein, forgiato dal fuoco di mille battaglie e che fa della concretezza la sua arma vincente. Presente sulla scena già dalla fine degli anni novanta, oltre alla band madre prende parte anche al progetto Kingdom of Sorrow insieme a Jamey Jasta, ma con tutta probabilità è ricordato maggiormente per aver militato nei Down. Va da sè, quindi, che quando vengono nominati i Crowbar si va abbastanza sul sicuro. La band non ha bisogno di presentazioni dato che la conosciamo tutti, basti pensare al fatto che con i loro album degli anni novanta, come ad esempio Time Heals Nothing e Broken Glass, giusto per citarne due, hanno contribuito a fare la storia dello sludge, prima affermando il genere e poi aiutando ad espanderlo, come del resto hanno fatto altre band che la città di New Orleans ha pensato bene di rigettare su questa terra. Finita la prima decade, i Crowbar hanno continuato a sfornare dischi validi con costanza e regolarità, nonostante cambi di line up e imprevisti lungo il percorso. Pensandoci bene, questo della regolarità è un discorso che vale quasi sempre, perchè ridi ridi scherza scherza sono passati ormai sei anni dalla loro ultima uscita, onde per cui l’attesa del nuovo album era diventata spasmodica. Ed è così che dopo una lunga pausa tornano a presentarsi in pompa magna, con sulla cover il loro giglio bello sgargiante preso direttamente dalla Francia. Tenendo conto del nuovo arrivato giungono quindi così a dodici album, a un anno di distanza dal primo disco solista del frontman. L’impressione che si ha dell’ultimo periodo di carriera è che i Crowbar abbiano progressivamente ridotto la componente raw della loro devastazione sonora, virando maggiormente verso una sorta di southern sludge, alleggerendo in un certo qual modo il loro sound. Cosa che è anche vera, ma di base il trademark della band rimane immutato e l’ultimo lavoro ci presenta dieci bombette ad alta deflagrazione, per un totale complessivo di quarantadue minuti abbondanti.
Ad anticipare l’album, in modo così da poter dare un assaggio di quello che ci attende, erano stati i singoli Chemical Gods e soprattutto Bleeding From Every Hole, sul significato del cui titolo non si può fare a meno di soffermarci. Il primo parte in modo roboante, con riff prepotenti e spavaldissimi dal vago sapore southern, salvo poi trovarli spalmati nel ritornello dove tutto si fa più diluito e la chitarra più sofferente. Si riparte poi con la voce ancora più incazzata ed un comparto ritmico roccioso, mentre a metà traccia si ha un break dove le sei corde si esibiscono in un lungo segmento dove plettrate marcate duettano con riff armonici, per poi chiudere tutto con un’ennesima raffica finale e riff sparati all’ennesima potenza. Il secondo singolo invece inizia con il basso catacombale, al quale fa seguito subito dopo tutta la sezione ritmica e la canzone esplode nel giro di pochi secondi. Alle harsh di Kirk fanno da contorno i riff ricamati da Matt Brunson, tutto eseguito ad alta velocità e intervallato ogni tanto da qualche affondo di basso. Il breakdown verso la fine risulta particolarmente efficace, e si trova spazio anche per qualche colpo ben assestato da Tommy Buckley. L’album prevede al suo interno molto altro, a cominciare da The Fear That Binds You, ovvero sia la paura che ti lega, bloccandoti e non permettendoti di affrontare le situazioni come faresti normalmente. Un assalto all’arma bianca, con l’alternarsi di due sezioni, una speed e ultra dinamica con accelerazioni al fulmicotone, l’altra composta da riff rocciosi che fanno da tema portante. Sopra queste due si erge come sempre la voce lancinante del frontman e nel finale si assiste anche a rallentamenti prettamente doom, con ritmi cadenzati e momenti paludosi. Diversa la questione in Her Evil is Scared, dove a reggere tutto è un andamento barcollante che si ripete ad oltranza e ogni tanto viene ridimensionato con qualche colpo ben assestato di batteria, mentre nella seconda parte viriamo in territori maggiormente thrash e groove. Groove che si trova in grande abbondanza anche nell’attacco di Confess to Nothing, con batteria più quadrata e chitarre rallentate; va da sè quindi che la voce si adegua facendosi più roca e meno tagliente e alle sei corde è dato il compito di archiviare la chiusura in modo solenne. Sempre le chitarre si occupano di aprire Denial of the Truth, dove torniamo in territori doom, almeno inizialmente. Questo perchè dopo la prima alzata di drappo funereo, la traccia si adagia in un mood quasi onirico, con il frontman che sembra immerso in un profondo stato di isolamento e di riflessione. Dopo di chè si aumenta progressivamente l’intensità della situazione fino a sfociare nell’ultima parte, dove prende il comando la batteria e si smuove definitivamente l’andamento della traccia. Una rullata repentina apre It’s Always Worth the Gain, brano che saprà districarsi agevolmente tra la voce aggressiva, le suddette rullate compulsive e riff melodici, regalandoci anche una ripartenza in controtempo dopo un finto finale. Crush Negativity ha un andamento più trascinato, ma spesso si alterna a sfuriate vere e proprie, va da sè che di conseguenza la voce torna ad essere più lacerante. Non mancano parti barcollanti ed accelerazioni assassine, con gli strumenti che spesso devono trovare modo di incastrarsi tra loro facendo da raccordo tra una fase e l’altra. Reanimating a Lie è l’antipasto prima della title track, ricompare la venatura southern che c’era già in Chemical God, anche se qui è presente in modo meno marcato, dando la priorità a esplosioni sonore e pura rabbia hardcore, terminando tutto in dissolvenza. Alla fine del viaggio viene lasciata la title track, quasi a voler riservare il meglio per ultimo. La traccia ci accoglie con un intro monumentale, contraddistinto da una sofferenza evidenziata allo stesso modo da chitarre e voce, donando al brano un carattere imponente e a suo modo epico. La carica emotiva scaturita dal brano scorre attraverso ogni passaggio, sia che si tratti delle vocals sofferenti, le alzate simil doom o i fraseggi di chitarra, che per l’occasione si riservano anche di brevissimi intermezzi acustici.
Dopo aver ascoltato Zero and Below si sono viste riconfermate tutte le aspettative, che peraltro erano di per sè abbastanza elevate. Come detto ad inizio recensione i Crowbar sono una garanzia ed anche in questo caso è bello constatare come abbiano mantenuto la parola ancora una volta. Non che ci fossero molti dubbi al riguardo, ma in questi tempi senza certezza è sempre meglio averne la conferma dopo aver verificato di persona. I Crowbar si dimostrano come al solito degli autentici fuoriclasse, per qualità ma anche dimostrando una certa versatilità di fondo, sapendo sempre come districarsi tra uno stile e l’altro, consegnandoci tutte canzoni valide senza nessun filler e la ciliegina sulla torta con la title track finale. Un album solido, granitico e sul quale fare affidamento. Quello che ci si aspettava in fondo, da una band che a distanza di tanti anni sa ancora come mantenere alto il proprio vessillo.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
3
|
Questo disco l'ho recuperato solo ora, sulla scia del mio "periodo sludge". Beh devo dire che condivido sia la recensione di Fabio che i commenti qui sotto, aggiungo solo che mi sembra l'album dei Crowbar più "groove" di sempre, con una compattezza e una chiarezza sonora quasi insolita per loro, considerando anche i lavori più recenti. Davvero godibile e perfetto per l'afa di oggi. Voto: sicuramente non meno di 80. |
|
|
|
|
|
|
2
|
Fichissimo, uno dei top album 2022 |
|
|
|
|
|
|
1
|
Soliti elevatissimi standard dei Crowbar. Quando l'ho comprato, a marzo, l'ho consumato per giorni ma lo ascolto ancora saltuariamente. Veramente bello. Grandissimi. Come sempre. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. The Fear That Binds You 2. Her Evil Is Sacred 3. Confess to Nothing 4. Chemical Godz 5. Denial of the Truth 6. Bleeding from Every Hole 7. It's Always Worth the Gain 8. Crush Negativity 9. Reanimating a Lie 10. Zero and Below
|
|
Line Up
|
Kirk Windstein (Voce e Chitarra) Matt Brunson (Chitarra) Shane Wesley (Basso) Tommy Buckley (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|