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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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03/06/2023
( 2518 letture )
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Ha senso un album dei Jethro Tull nel 2023? Nì.
Se si dovesse valutare questa uscita discografica all’ombra di 55 anni di onoratissima carriera, paragonandolo ad Aqualung o Thick As A Brick questo album ne uscirebbe probabilmente demolito. Purtroppo, se si dovesse valutare questa uscita discografica come opera a sé stante, il risultato sarebbe probabilmente simile.
Per quale ragione? Presto detto: Rökflöte è un po’ spento. E oltre a essere spento, è fin troppo omogeneo. E se l’essere un album “tranquillo” non sia di per sé un difetto, l’essere omogeneo parlando comunque di una sorta di concept album (basato sulla mitologia norrena) di derivazione progressive è un fatto un po’ più grave. Che si parli di Odino, Loki o Fenris, un po’ di “varietà” in più nella scaletta ne avrebbe giovato.
In tutto questo la produzione non aiuta. Bruce Soord (dei Pineapple Thief) ha cercato suoni sì molto puliti, ma anche estremamente flat, con le chitarre e in genere tutto ciò che non è flauto sullo sfondo, ed è un peccato, perché gli strumentisti che accompagnano Anderson sono di alta categoria. In più aggiungiamo che la voce del buon Ian, a 76 anni, non ha più il graffio che aveva nel 1971.
Che le capacità ci siano emerge comunque nei brani dove la forma canzone è più destrutturata, come The Feathered Consort o Trickster, che restano anche fra le più legate alle radici folk della band.
Il resto dei brani corre, fra episodi più rock (Hammer on Hammer, Wolf Unchained, The Navigators) o più folk (The Perfect One, Cornucopia), sugli stessi binari, con gli interventi del flauto di Anderson che abbelliscono il tutto rendendolo sempre e comunque piacevole da ascoltare.
Più interessante è il terzetto finale dove la già citata The Navigators e Guardian’s Watch alzano l’asticella del ritmo e Ithavoll richiude il cerco collegandosi con l’introduzione di Volupso riprendendone la melodia.
E quindi? Quindi, paradossalmente, il senso questo album lo trova proprio nell’essere un tassello di un quadro più grande che è la ricca discografia di Anderson e co. Chi è fan della band non rimarrà deluso perché troverà esattamente quello che si aspetta, e chi non mastica il sound della band da qualche anno riscoprirà le stesse caratteristiche dei bei tempi andati con una patina di invecchiamento che rende il tutto un po’ più sfumato e morbido.
In definitiva, Rökflöte si salva dalla mera sufficienza perché la proposta di base dei Jethro Tull è ancora piacevole e vincente come lo era negli anni ‘70, questo grazie al fatto che è fuori dal tempo e scollegata dalle mode e riflesso di un personaggio che forte della sua esperienza e maturità artistica può permettersi di fare esattamente quello che ogni artista dovrebbe fare, cioè quello che gli pare.
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12
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In apertura si nota una buona ispirazione, per essere un vecchietto se la cava egregiamente. Poi c\'è un calo nel disco, ma tanto di cappello, se Anderson ha ancora voglia di fare musica e di mettersi in gioco. C\'è tanto da imparare. |
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11
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Concordo con Evil, voto 75 |
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10
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A me piace. Pezzi migliori di altri, ma in generale è un disco che si lascia ascoltare . Voto 75 |
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9
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A me piace. Pezzi migliori di altri, ma in generale è un disco che si lascia ascoltare . Voto 75 |
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8
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Sono completamente d\'accordo con l\'analisi di Monsieur GT_Oro e complimenti per la precisa recensione. In effetti ero rimasto sorpreso, quando ho sentito di questo nuovo album dei Jethro Tull, un anno dopo The Zealot Gene che mi era molto piaciuto. Se si pensa che prima di The Zealot Gene abbiamo The Christmas Album del 2003 e J-tull Dot Com del 1999... Si può quindi dedurre che la cosa sia stata un po\' forzata, magari dalla casa discografica. Certo, Jan Anderson è Jan Anderson e come dice Monsieur GT_Oro nel finale di recensione, il personaggio ha una sua esperienza e maturità artistica, aggiungerei anche un trademark che lo rende unico e musicisti di alto livello. Però fare un album di belle canzoni non è facile, soprattutto se non c\'è il tempo di avere l\'ispirazione necessaria. Lasciando stare i capolavori, anche su altre produzioni, il caro Jan Anderson ha fatto di meglio. Au revoir. |
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7
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Lo regalerò a mia madre... Tanto a lei basta che sente il flauto di Ian Anderson ed è contenta... i fan settantenni sono i più accaniti 😂 . |
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6
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Per me più o meno al livello del precedente album. E più o meno con gli stessi pregi e limiti. Sicuramente piacevole, dal punto di vista della forma nulla da dire, Anderson catalizza in larghissima parte l’attenzione dell’ascoltatore e, secondo me, quest’approccio, ripetuto traccia dopo traccia, rende il complesso dell’album un po’ troppo monotematico e un po’ noioso. Peccato, perché, dai rari sprazzi concessi ai musicisti che lo accompagnano, si potrebbe intravedere la possibilità di realizzare un prodotto più accattivante. Voto 72 e … in bocca al lupo Davide! |
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3
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Al di sotto di TZG ma sempre piacevole ascoltare Anderson,d\'accordo con il voto...in bocca al lupo Davide! |
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2
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Grazie! Demolite pure nei commenti che segno negli appunti come migliorare  |
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1
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Con questa recensione diamo il benvenuto ufficiale in famiglia a Davide! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Volupso 2. Ginnungagap 3. Allfather 4. The Feathered Consort 5. Hammer on Hammer 6. Wolf Unchained 7. The Perfect One 8. Trickster (And the Mistletoe) 9. Cornucopia 10. The Navigators 11. Guardian’s Watch 12. Ithavoll
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Line Up
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Ian Anderson (Voce, Flauto, Chitarra acustica) Joe Parrish-James (Chitarra elettrica) John O'Hara (Tastiera) David Goodier (Basso) Scott Hammond (Batteria)
Musicisti Ospiti: Unnur Birna (Voce su tracce 1, 12)
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