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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 12169 letture )
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Quando si citano gli album più significativi degli inglesi Jethro Tull, il loro secondo lavoro in studio intitolato Stand Up e pubblicato nell’aprile 1969 viene relegato inopinatamente in secondo piano offuscato dalla magnificenza di Aqualung e dalla suite Thick As A Brick; in realtà si tratta di un disco molto importante ed indispensabile per comprendere pienamente il processo evolutivo della musica della band di Ian Anderson. Oltre a contenere alcune composizioni di straordinaria bellezza, al punto di essere ancora eseguite durante i loro live show, il platter include innovazioni stilistiche di grandissimo interesse; il definitivo salto di qualità è senz’altro anche merito del lavoro del nuovo chitarrista Martin Barre, subentrato al posto di Mick Abrahams, che contribuì significativamente ad apportare il proficuo cambiamento rispetto al sound contenuto in This Was (1968) e che determinò, di fatto, l’affermazione planetaria dei Jethro Tull.
Stand Up, infatti, abbandona la mistura di rock, jazz e blues degli esordi, abbracciando contorni maggiormente melodici e decisamente progressive folk, una scelta che fu talmente apprezzata tanto che il full lenght raggiunse il primo posto nelle classifiche di vendita britanniche.
I brani passano dalla classica ballata al rock più incisivo, avendo come comune denominatore l’accuratezza quasi maniacale negli arrangiamenti e nelle liriche. L’utilizzo di strumenti inusuali in quel momento storico nell’ambito del rock rappresenta un’ulteriore fondamentale chiave di lettura per comprendere il successo di questo lavoro; oltre all’ormai leggendario flauto traverso troviamo la balalaika, gli archi, il mandolino e l’organo Hammond. La perizia tecnica dei musicisti, l’eccezionale qualità del songwriting e le pregevoli parti di chitarra acustica rendono Stand Up un’autentica gemma, un delizioso disco che si ascolta amabilmente a così tanti anni di distanza dalla sua uscita: se la musica è perfetta, parallelamente è senza tempo.
La strumentale Bourée è il fiore all’occhiello di questo full length; si tratta di un conosciutissimo riarrangiamento di Anderson della Suite per liuto n° 1 BWV 996 di J.S. Bach, musicista tra i preferiti dello scozzese; domina il flauto, ma di spessore anche il basso di Glenn Cornick. Altre canzoni degne di menzione sono la cupa A New Yesterday, la suadente e melodica Jeffrey Goes To Leicester Square (dedicata a Jeffrey Hammond, grande amico di Ian), il rock frenetico di Nothing Is Easy (uno dei cavalli di battaglia live dei Jethro Tull), l’umoristica Fat Man (nel testo si parla ironicamente del fatto che un uomo grasso avrebbe la meglio su una persona magra soltanto rotolandosi dalla cima di una montagna), l’armoniosa We Used To Know (talmente gradevole da ispirare gli Eagles nella composizione di Hotel California) e l’eterea Reasons For Waiting. Stand Up rappresenta un punto nodale nella storia del rock: ogni altra parola sarebbe davvero superflua.
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22
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Finalmente...... sento un recensore che capisce di musica
hotel california e uguale a the used to know a lo stesso giro di accordi quasi lo stesso cantato e anche l'assolo e pressapoco uguale
devo dire però che benefit e superiore a stand up elo trovo inferiore solo a aqualong e thi as a brick |
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21
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Chiedo scusa x 19 e 20. /// I primi lavori conservavano ancora una certa semplicità, senza quell'enfasi parossistica di stupire e spiazzare a tutti i costi tipica di un certo Prog, e che IAN ANDERSON adotterà con convinzione in futuro. Si può apprezzare ancora un Prog rurale alla FAMILY, impreziosito dal traverso, nonché dal carisma, del leader/padrone indiscusso dei JETHRO TULL. Bourée + famosa addirittura dell'originale di BACH. Sacrilegio ma anche no. BACH apprezzerebbe. Dopotutto, molti si sono avvicinati alla Classica, proprio grazie a rockettari come BLACKMORE o, ovviamente e prima di lui, lo stesso IAN ANDERSON. |
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20
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I primi lavori conservavano ancora una certa -§1 01 |
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19
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I primi lavori conservavano ancora una certa -§1 01 |
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18
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Meraviglioso...ho consumato il vinile,ma il disco dei Jethro Tull che me li ha fatti amare è stato Thick As A Brick...Per non parlare di Aqualung,A Passion Play e Minstrel In The Gallery,non c'e' niente da fare questa è storia! |
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17
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Che dire? Meno male che ogni tanto possiamo ascoltare questa magnificenza in mezzo a tanto ciarpame musicale odierno. Meno male che c'erano gli anni '70. Oggi i teenagers ascoltano ganggnam o come cacchi si scrive. Tragedia! Stand up! |
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16
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Il migliore dei Jethro per me è il primo This Was, blues country jazz ruvido e strampalato. Song for Jeffrey è la mia sveglia mattutina da almeno dieci anni. |
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15
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Pietra miliare della storia del rock! |
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14
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La recensione spiega tutto quello che serve a chi non conosce questo album fondamentale,per motivarsi e rimediare alla grave carenza. Aggiungo il parere di Ian Anderson che in una intervista lo definì il loro miglior album . Il che ha la sua importanza... Fino ad allora la band aveva messo a punto il loro modo di fare rock, in un'epoca in cui i gruppi british di primo livello gareggiavano aspramente,sia per il successo ,sia per la riconoscibilità - a mio parere -. Essere originali era già un traguardo. Se poi il pubblico apprezzava e comprava,era fatta ! Io voto 93 |
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13
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Arriva Martin Barre e il blues lascia il posto, salvo rare ed eccellenti eccezioni (A New Day Yesterday), alle linee guida dei futuri successi |
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12
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Mamma mia che album ragazzi!! |
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11
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Uno dei miei album preferiti!!!!! In assoluto, lo ascolto tuttora mio voto personale 98 ... New day yesterday..ballato sui tavoli! |
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10
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Grandissimi, la loro musica e' emozione pura, arrangiamenti, songwriting ed interpretazione melodico- strumentale da veri maestri.Grandi, Grandi,Grandi Jetro Tull. |
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9
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"Se non ti piacciono i Tull ,amico,è meglio che controlli le tue pulsazioni : probabilmente sei morto". |
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8
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Davvero una perla, concordo in tutto con la rece molto azzeccata: melodie accattivanti, strumenti inusuali, chitarra acustica fantastica, arrangiamenti maniacali e grandi brani. Mio voto personale: 90. |
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6
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Bourée mi faceva impazzire quando avevo 14 anni...che meraviglia!!! |
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5
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Poco da commentare............ Grande Album!!!!!!! |
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4
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Grande album per un grande gruppo, almeno fino a Thick as as Brick. Il vecchio Ian è ancora sulla breccia e fino a non molti anni fa i suoi concerti erano ancora godibilissimi. Adesso, superata la sessantina, mi pare che perda qualche colpo. Vorrei sottolineare che gli Eagles si sono più che ispirati ai Jethro di "We used to know" per comporre "Hotel California": a me sembra proprio copiata di sana pianta! |
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3
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Album che è una Chicca imperdibile |
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basta la chioma di anderson x farne un mito, eheh. comunque grandi musicisti, lui tra l'altro ogni tanto passa dalle mie parti, è amico ($$$$$$$) del flautista griminelli. |
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1
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Ecco un altro gruppo che mi ha abituato troppo bene. Per me rimarranno sempre nell'Olimpo dei Grandi e Stand Up è uno degli esempi più classici...ed era solo il secondo lavoro! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. A New Day Yesterday 2. Jeffrey Goes to Leicester Square 3. Bourée 4. Back to the Family 5. Look Into the Sun 6. Nothing Is Easy 7. Fat Man 8. We Used to Know 9. Reasons for Waiting 10. For a Thousand Mothers
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Line Up
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Ian Anderson - voce, chitarra folk, flauto, pianoforte, organo Hammond, mandolino, balalaika Martin Barre - chitarra elettrica, flauto Glenn Cornick - basso, voce Clive Bunker - batteria, percussioni
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