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Erra - Cure
06/05/2024
( 1307 letture )
Longing for a wish or a cure

Esteso in maniera trionfale il ciclo del self-titled con una sontuosa riedizione arricchita da bonus track ottimali (Sol Absentia, Psalm of Sedition, Nigh to Silence) e cover di altissima levatura (Light My Way degli Audioslave, i NIN di Heresy e l’incredibile capovolgimento di Stockholm Syndrome dei Muse), gli Erra tornano a deliziare i fan del progressive metalcore nel sesto album di una carriera ad oggi esemplare, inaugurata dal brillante Impulse (2011) e giunta ai vertici tramite il capolavoro Augment (2013), l’estasi melodica di Drift (2016) e l’apicale omonimo del 2021, opere d’arte all’interno di un genere basato sulle qualità tecniche, la profondità dei testi, l’impeto di matrice -core e il trasporto emotivo del registro vocale.

Confermare la vertiginosa quota raggiunta dalle uscite precedenti è impresa ardua ma il nuovo Cure, a tre anni dalla magistrale autoaffermazione di Erra, dimostra di avere le carte in regola per mutare l’esoscheletro, diversificarlo/evolverlo e non perdere nulla in termini di integrità lirico-stilistica.
Sostituito il dimissionario Sean Price con la new entry Clint Tustin e affidatosi al produttore Dan Braunstein (al lavoro per realtà quali Spiritbox, Volumes, Silent Planet, Veil of Maya), il gruppo vara un parziale cambio di rotta semplificando l’abituale progressive metalcore in una forma più accessibile di “melodic djent”, trasformazione riconosciuta dagli stessi musicisti che hanno qui deciso di puntare su accenti groovy e arrangiamenti meno stratificati dove il rigore strumentale, comunque ben in vista, lascia spazio ad una raffinatissima organicità melodica ben incastonata su trame modern metal dirette e lineari come mai prima.

I think part of why this album is cool is because it does sound more accessible to us, but it doesn’t sacrifice anything. It gets tricky when accessibility becomes an objective. It ends up backfiring a lot. We hoped that it would sound easy to listen to whilst still managing to be personal and profound.

Pregno di velate atmosfere e incentrato sull’ambivalenza metaforica della cura/guarigione (the idea of cure is rooted in positivity, but what if the cure that ails our existence is that nothing truly matters?), il disco fin dalla copertina assorbe negatività e sprazzi di luce mediante la concatenazione di piccole e distorte figure umane agganciate l’un l’altra come se la loro vita dipendesse da tale intreccio; questa inquieta ed inquietante geometria antropomorfa evidenzia quanto i rapporti interpersonali siano fondamentali anche se a volte originanti da solitudine e alienazione, riflessi connaturati di un’esistenza obbligata a nutrirsi di poli opposti come buio/luminosità, dolore/speranza e bianco/nero.

Tra i fantasmi del quotidiano e rimandi cinematografici (Cure è un noto horror psicologico del Sol Levante) si dipana la title-track, prima aggregazione di tecnicismi prog metalcore e intelaiature djent fatte risaltare dal cyber sound hi-tech di Braunstein, ideale cassa di risonanza per gli affondi voluminosi delle chitarre, la fisicità della sezione ritmica e l’immancabile breakdown; le antinomie lavorano in sinergia anche sul piano vocale e il growl di J.T. Cavey, solido come lastre d’acciaio, trova la quadra perfetta nei contrappunti melodici di Jesse Cash, sognante ed armonioso Dioscuro. Sinestesie albeggianti colorano la soave Rumor of Light, pennellata da un tenue assolo e dalla meravigliosa voce del chitarrista, libellula a fior d’acqua in un paesaggio idilliaco dove le distorsioni si fanno più malleabili e levigate. Parimenti danzante fra melodic metalcore, arabeschi prog e istanze djent veleggia l’eufonica simmetria di Idle Wild (ornata dall’ennesimo refrain-gioiello) a cui subentra la delicatezza galleggiante e tattile di Blue Reverie, mid-tempo dal sottinteso cuore di ballad increspato da conflittuali ma fugaci dissonanze ed “epicureo” nel rimembrare l’antico concetto del λάθε βιώσας (from a world you can’t embrace hide away, hide away, hide away).
Il plumbeo fascino dei Nine Inch Nails, dopo il tributo nella deluxe edition del 2022, emerge anche qui negli innesti elettronici della granitica Crawl Backwards Out of Heaven e in Slow Sour Bleed, aggressiva nella carica gutturale di Cavey e nei riff ultra-ribassati in mezzo ai quali spunta un intrigante break industrial ordito dai sintetizzatori.
Attraversato il veloce interludio Wish si continua a percorrere il doppio binario melodic metalcore-djent nelle compresse dinamiche di Glimpse/End to Excess, nell’intima e leggiadra cornice di Past Life Persona e nei sofferti cromatismi di Pale Iris, quest’ultima riavvicinantesi ad un taglio prog-core nel dispiego di variazioni ritmiche, fraseggi e up-tempo corredanti gli intrecci vocali dei singer e le melodie platinate del ritornello, annoverabile tra i migliori dell’intera scaletta.
L’ultima onda a infrangersi sugli scogli è la poetica Wave, un dolce arcobaleno prog metal-core fondato sul candore atmosferico, le rifiniture soliste e la pulizia del timbro di Cash, architetto e volto principale di una band che raffigura in toto l’anima del sottogenere di appartenenza.

La ricalibrazione della cifra stilistica non ha intaccato l’esito finale: Cure, nell’aggiungere un’altra preziosa tessera al mosaico discografico degli Erra, rinsalda la loro egemonia in questa determinata nicchia musicale permettendo la conservazione del titolo di “re del metalcore progressivo”.
La previsione di Jesse Cash sopra riportata si è dunque rivelata esatta e il timore di un disco più “abbordabile” non ha trovato riscontro in un full-length ispirato e coscienzioso, di alto livello nella performance melodica (da segnalare anche i brevi eppur significativi incisi in pulito di J.T. Cavey) e nella condotta strumentale, più affine al djent senza aver dovuto rinunciare all’estro dei lavori passati.

Chi è in cerca di una guarigione sonora non dubiti dell’efficacia insita nella Cura promulgata dal quintetto americano; vi sentirete decisamente meglio già dall’ascolto iniziale.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
86 su 5 voti [ VOTA]
LukaMagic77
Lunedì 1 Luglio 2024, 16.48.57
4
Per come la vedo, l\'evoluzione di un gruppo si interrompe quando invece che metterci del proprio si attinge a piene mani da quello che fanno gli altri, quindi per me il loro apice resta l\'album precedente. Intendiamoci, è un bel disco, gradevole e di facile approccio, però sarà anche dovuto alla scelta del nuovo produttore Dan Braunstein, ma per molti versi mi pare che abbiano cercato di avvicinarsi ai gruppi più in voga al momento, in primis Spiritbox. In Rumor of light ad esempio mi pare palese, anche le linee vocali in clean sembrano identiche a quelle di Courtney LaPlante
earthforner
Domenica 30 Giugno 2024, 14.12.29
3
MADONNA CHE ALBUM QUESTO, jesse raggiunge delle vette assolute in sto album, sia come chitarrista che come cantante
Indigo
Giovedì 9 Maggio 2024, 10.49.07
2
@Archangel, sì l\'album omonimo è superiore ma in Cure hanno fatto di nuovo centro e parliamo di una band che in sei album si è sempre mantenuta su livelli altissimi (esiste nel loro repertorio anche solo una canzone \"deludente\"? Per me no). Ad ogni modo ti ringrazio per il commento e per i dettagli che hai aggiunto in merito alle fonti di ispirazione del disco e, già che ci sono, segnalo brevemente un\'altra piccola curiosità: il gruppo era indeciso se intitolarlo Cure o Wish ma alla fine hanno optato per la prima idea destinando il secondo vocabolo all\'interludio e citando questa dicotomia nella title-track come riportato ad inizio recensione.
Archangel
Lunedì 6 Maggio 2024, 16.48.45
1
Per i miei gusti un passo indietro rispetto al precedente capolavoro, però è apprezzabile la volontà del gruppo di inglobare nuove influenze nel sound. La title track è il manifesto del nuovo corso. Blue reverie è il riuscito aggiornamento di Skyline. Slow Sour Bleed è Reznor-core. Il resto delle traccie è metalcore di alto livello, che completa l\'album più nero degli Erra. Chiudo con una curiosità: Cash in un\' intervista ha dichiarato che Cure è stato unfluenzato nelle temetiche,oltre che dal film omonimo del 97\', dalla S1 di True detective e il saggio del 2010 \"cospirazione contro la razza umana\", e ciò spiega il tono cupo dei testi.
INFORMAZIONI
2024
UNFD
Metal Core
Tracklist
1. Cure
2. Rumor of Light
3. Idle Wild
4. Blue Reverie
5. Slow Sour Bleed
6. Wish
7. Glimpse
8. Past Life Persona
9. Crawl Backwards Out of Heaven
10. End to Excess
11. Pale Iris
12. Wave
Line Up
J.T. Cavey (Voce)
Jesse Cash (Voce, Chitarra)
Clint Tustin (Chitarra)
Conor Hesse (Basso)
Alex Ballew (Batteria)
 
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