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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 6929 letture )
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Un groppo in gola durato tre anni!!! Tanto il periodo necessario per songwriting, registrazione e perfezionamento del prodotto, immane la mia attesa. Personale sì, ma da condividere con le migliaia di fedeli fans che li hanno sempre accompagnati nel corso della loro più che ventennale carriera. Il risultato sfornato dalla Valery Records è a dir poco meraviglioso. Si potrebbero usare filiere infinite di aggettivi per descrivere questa “quarta vita” dei ragazzi torinesi, meglio invece sbattere il cd nel lettore e farsi estasiare da quattordici tracce stupefacenti. Gli Elektradrive come l’Araba Fenice: risorti dalle loro stesse ceneri dopo aver sfiorato la prematura resa dei conti e il chiudete i battenti, alcuni anni orsono.
Poi, invece, la reunion in line up pressoché originale (manca il solo Eugenio Manassero alle keyboard) l’entusiasmo recuperato, un impegno nel comporre spasmodicamente euforico. Un’elettrizzante verve che innerva l’intero disco e tracima attirando a sé chi lo ascolta. Certo, a 15 anni da Big City, album che li fece sbarcare sui mercati giapponesi ed europei con punte americane, il quartetto è cambiato: non più un Melodic-AOR di classe eccelsa ma un maturo e moderno hard rock che spariglia le quote. Le sorprese come queste innalzano il cuore a vette rarefatte, un grande lavoro d’indiscutibile classe che alterna brani dalla struttura possente a meravigliose ballad tutte marchiate a fuoco vivo da un comun denominatore: lo stile degli Elektradrive. Sono certo che se un giorno si mettessero a suonare jazz o death metal sarebbero sempre, e dico sempre, riconoscibili per il loro stile cristallino. La scelta di suoni e arrangiamenti è superbamente azzeccata, i cori e le armonizzazioni da brividi sulla pelle, la produzione impressionante. Il sound schizza dalle casse e crea sommovimenti interiori all’ascoltatore, il tutto guarnito da lyrics che molti grandi gruppi si sognano.
Come in passato, o per meglio dire come da sempre accade nella storia della band, molta attenzione è stata dedicata al nucleo dei testi che toccano tematiche scottanti come il collasso del pianeta terra, lo strapotere delle corporazioni, la superficialità della società moderna, senza tralasciare sognanti divagazioni sull'universo, la bellezza della natura e delle emozioni umane. Un capolavoro nel capolavoro. La musica poi cuce tutte le idee e le innalza ad essenza hard rock. Potenza, cattiveria e crudeltà musicale si miscelano perfettamente ad atmosfere vellutate d’alta scuola che confermano, se ce ne fosse stato bisogno, che gli Elektradrive sono una band internazionale! Le chitarre sono massicce e corpose con sonorità spesse, a metà tra Alice in Chains e Nickelback e disegnano le architravi su cui si incastra una sezione ritmica atletica e tetragona e una voce, quella di Elio Maugeri, che nonostante il trascorrere degli anni, è diventata ancora più potente ed eclettica. Una voce che ammalia, stupisce, annichilisce e tratteggia sensazioni dure-calde-morbide-bastarde! Il platter si apre con un breve intro musicale che richiama alla mia memoria effluvi di Dare e Giant, poi si scatena l’inferno paradisiaco di Evil Empire sostenuto da riff spezzati duri come il granito e cori raddoppiati che ammaliano. Che botta!! Non c’è tempo per i minuti che filano via come piombo fuso ed è subito ora di Feed The Ground song percorsa dalla chitarra ancestrale di Simone Falovo che detta i tempi e traccia un bridge smaccatamente marchiato Elektradrive e un cantato che la meastria di Elio Maugeri rende inossidabile. Si stampa nella memoria all’istante, con Turolla e Jorio che mostrano i bicipiti; hai voglia di tentare di lavarlo via con acidi vari. What We Still Don't Know vede una sei corde ruvida che sfrega contro un chorus da applausi con le corde vocali di Elio che incantano per le sue impuntature calde: gran pezzo! La pioggia scrosciante e una tastiera soffice fanno da custodia per una sei corde che spacca la canzone e porta il singer, ancora una volta, a cantare da Dio con cori tipicamente Elektradrive, avvolgenti e penetranti e un finale arpeggiato e uno spoken che esaurisce la musica.
Do It For Everyone, traccia cinque, piove giù con un carico soft, lento che innesca linee vocali che fanno bene quando si soffre per una storia d’amore andata in malora; Elio, superbo, viene fiancheggiato alla grande da una chitarra che percepisce l’odore della sofferenza e un solo conclusivo da lacrime. Grandissimi. Una tastiera introduce Get Power From The Sun. Chi si aspetta una canzoncina leggere viene letteralmente inchiodato da una chitarra da paura, un rullante pieno in stile Van Halen e un susseguirsi di perle vocali inanellate come nulla fosse, a Elio viene naturale creare vocalizzi pazzeschi che confluiscono in un solo finale di flauto traverso suonato da Mauro Pagani, ex PFM, che si inserisce perfettamente nel tessuto del pezzo. E il singolo dov’è? Eccolo alla traccia numero sette. Pain non è solo un lento calibratissimo, ben studiato e magnificamente eseguito, ma possiede suoni e melodie che, se spinte da radio importanti, potrebbero seguire orme di band planetariamente celebri. Assolo centrale pungente e triste, un crescendo che esplode in cori che meriterebbero un clip in heavy rotation su Mtv. Per chi ama le cavalcate vecchio stampo ecco Dirty War Of Bloody Angels che ha il flavour di certe cose della Nwobhm compreso il coro anthemico da cantare dal vivo alzando i pugni al cielo. Voce effettata e chitarre spartane serpeggiano tra W.Y.S.I.W.Y.G acronimo di What You See is What you Get, song rallentata, strana ma con un chorus che pesca ancora negli anni ottanta, quelli più duri. Episodio azzardato ma ben riuscito. You Are Always On My Mind suona come suonerebbe Sting se facesse hard, ricercatezze e finezze stilistiche con voci che si dissolvono nelle orecchie, modellano un pezzo bello per la sua intricatezza e con batteria e basso che paiono sincronizzati al centesimo di secondo. Siamo verso la fine e partono le ultime saette. Non poteva mancare un pezzo scuro, ma più scuro che non si può. Water Diviner con un testo tremendamente attuale si riveste di caligine e fa splendere in penombra una chitarra che agonizza davanti ad un mondo che non impara mai dagli errori umani. Duro, spietato, Elio urla la sua denuncia e il resto della formazione ci da dentro con l’anima nera dei Black Sabbath che fa capolino dietro la porta dello studio di registrazione. Grandi reminiscenze per chi ama l’heavy metal, quello vero. Fake News ha una batteria sugli scudi e riff nuovamente durissimi che arieggiano solo sulla strofa, poi nel chorus è battaglia acerrima voce-sei corde. Grande traccia .
In A Superficial Way è una delle stoccate da me preferite, canzone nuovamente dura, batteria che detta e chitarra a sferragliare in lungo e in largo….e poi il ritornello, mamma mia! Armonizzazioni vocali d’eccellenza, cori perfetti, e un cantante che, frusta in mano, doma tutto con la sua celestiale ugola. Orecchio anche al solo di Simone, forse il migliore di tutto il disco per dinamica ed efficacia. E si giunge alla fine con un masterpiece come Son Of The Universe, raffinata song con sensazioni filiformi alla Alice Cooper. Il capolavoro, oltre ad un ritornello eccezionale, sta nel controcanto a più voci incrociate mentre una chitarra piange il proprio dolore e conduce l’album al termine. Appena terminato c’è da rimanere storditi. Living Fo è davvero un lavoro strabiliante. Se non fossero italiani questi signori chissà dove sarebbero oggi. Non si può sottacere di 14 tracce di questo valore e senza voler scendere nella retorica che andava assai di moda negli eighties, mi sento di dire: supportiamo le band italiane per cui vale la pena, quelle che hanno cose da dire e in maniera eccellente. Non considerare quest’album sarebbe un delitto efferato, un peccato di lesa maestà. I Re dell’hardrock italico sono tornati, evviva il Re!
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A me non piacciono, ma in ogni caso se questo è da 98, a journey o foreigner diamo 400? |
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Bellissimo disco anche se preferivo lo stile dei primi anni alla over the space.
Forse questa band "tra le tante ottime" dell' italian way of heavy metal era l'unica che poteva farcela davvero in quanto avevano uno stile personale e sopratutto una gran voce con un ottima pronuncia inglese
Le altre ottime band come steel crown crying steel ecc. le amo tutte ma purtroppo mancavano di grandi vocalist e la.pronuncia inglese era discutibile |
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Concoro con Massimiliano che 98 è esagerato. Per me è un 85, dovuto al fatto che avrei preferito un album più "old style". Comunque gli Elektrdrive sono una garanzia. Rock on 'till the end !! |
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20
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Mi era sfuggito, ma davvero è imbarazzante un voto medio così basso ad un grande lavoro. Purtroppo hanno il difetto che sono italiani, ma possono vantare le 5 K di Kerrang per Due .....Forse 98 è troppo, ma 35 è vergognoso....Grandi Elektradrive !!!!!! |
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Capolavoro. Il voto dei lettori 34. Ma la gente che problemi ha ? |
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Fu un graditissimo ritorno, anche se questo album non mi ha mai convinto fino in fondo (forse qualche soluzione un po' troppo moderna?). Comunque come al solito band veramente molto raffinata, che avrebbe meritato più attenzione 15 anni fa (specialmente dal pubblico di casa). Uscirà mai un quinto album? Voto 78 |
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Voto o non voto, questo album è un capolavoro assoluto. Ascoltare (non sentire) per credere! |
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Vedendo il voto ho provato ad ascoltare qualche traccia tipo Evil Empire e un altro paio ..ma è bruttissimo..voce Aor e ritmica alternative/new metal in un connubio veramente malriuscito, e ritmiche che ricordano qua e là cose già sentite e abbastanza scontate...tra il 98 del recensore e il 32 dei lettori, sono più orientato verso i lettori. Mi ritorno ad ascoltare Due va che è meglio. |
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15
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praticamente 100 a questo, Tooth and nail dei Dokken 72..no comment assoluto |
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Grande album forse anche io reputo 98 esagerato ma comunque lavoro fantastico se non fossero italiani sarebbero considerati molto di più poi è chiaro che bisogna apprezzare musica di classe come questa |
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beh, se questo è da 98, due cos'è da 120? |
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assurdi i voti che mette questo qui...ahahahaha |
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a me fanno davvero schifo. suono vecchio, roba vecchia e suonata pure male. pure stonato |
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@ Franco73: 98 è un voto molto alto, ma i voti sono una cosa anche molto personale... Franco avrà sicuramente avuto i suoi buoni motivi per giudicarlo in maniera così positiva  |
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Premetto che non ho l'album ma ho solo ascoltato quello che c'è su my space. Una cosa è sicura: appena posso compro questo cd. Non vi sembra però decisamente esagerato un 98 ! Soprattutto poi quando vado a leggere qua e la nel sito e vedo il voto dato ad un mostro come Histerya dei Def Leppard (solo 88 !). |
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@ sTEFANù: ma con chi ce l'hai? |
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Poi uno dice che non è vero che in Italia sò tutti raccomandati |
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Un cd bellissimo! Produzione artistica super e song writing d'eccellenza. Grandi ELEKTRADRIVE! |
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Grazie a tutti per i bellissimi commenti ed a Frank per l'ottima recensione...tutto ciò è senz'altro per noi di buon auspicio...arrivederci presto ai nostri live. KEEP ON ROCKIN'!!! |m/ |
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S.P.E.T.T.A.C.O.L.A.R.I. Cos'altro dire? Gli Elektra strapparono il massimo dei voti alla bibbia del metal, ossia Kerrang, con Due e oggi sono ancora un gruppo stratosferico!!! Eppure sono passati un bel po' di anni! Chi li perde non li merita! |
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3
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Grande pezzo Franco, trasuda molta passione, e grandi i nostri AOR kings Elektradive. Me lo procurerò al più presto. |
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Congratulazioni per la bella recensione e benvenuto in questa gabbia di metallari Franco! |
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Grandi Elektradrive, da quanto tempo non li sentivo . Ottima rece di presentazione Frankiss |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Evil Empire 2. Feed the Ground 3. What We Still Don't Know 4. Living 4 5. Do It for Everyone 6. Get Power from the Sun 7. PAIN 8. Dirty War of Bloody Angels 9. The Water Diviner 10. You are Always on my Mind 11. W.Y.S.I.W.Y.G. 12. In a Superficial Way 13. Fake News 14. Son of the Universe
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Line Up
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Elio Maugeri - Voce Simone Falovo - Chitarra Stefano Turolla - Basso Alex Jorio - Batteria
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