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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 2895 letture )
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Varg. Lupo. Nomen omen.
Eccola, piuttosto esplicita e diretta, la dichiarazione di guerra che apre Blutaar, secondo album della crucchissima armata made in Coburg, Baviera. Un’orda di fameliche bestie pronte ad essere scatenate nella furia notturna di una caccia sanguinaria. Quaranta secondi, con annesse orchestrazione epiche e maestose, per avere subito un’idea del campo scavato da mille battaglie nel quale stiamo per essere catapultati. I Nostri, con una buona esperienza live nonostante l’esiguità numerica della propria discografia, si ripresentano sul mercato a tre anni dal precedente Wolfszeit e dopo una serie di comparsate armati da capo a piedi sui maggiori palchi del continente. Impossibile tralasciare l’aspetto visivo e concertistico nella valutazione complessiva di questo nuovo arrivato in casa teutonica. Ogni brano è costruito per essere scaraventato su un pubblico adorante, assiepato in un circle-pit o impegnato a onorare Odino a colpi di birra. Niente di nuovo sotto il (metalleggiante) sole: e, in effetti, la miscela di folk, viking e death targata Varg rifugge qualsiasi tipo di novità. Tutto in larga parte sentito, risentito e triturato. Eppure dietro una cura profonda dell’aspetto visivo (la copertina raffigura un poveraccio sottoposto alla pratica del Blutaar, “l’aquila di sangue”, consistente nello squartamento della schiena del malcapitato), emerge una buona dose di personalità e un piglio aggressivo e audace non indifferente.
Le influenze vengono alla luce tutte fin dai primi ascolti, Amon Amarth e Turisas über alles: agli assalti black metal seguono spesso varianti folk orecchiabili, in bilico costante tra divertimento e banalità. I lupi sono pronti ad essere scatenati già nell’intro Wolfsmond, tipico incipit da battaglia vichinga in arrivo dietro l’angolo. I latrati rabbiosi e famelici si stemperano nel primo brano, Viel Feind Viel Ehr: una seria riff catchy e il ruggito costante del singer Philipp “Freki” Seiler che apre le porte a una cavalcata affascinante quanto superficiale nella sua tenuta sulla lunga distanza. Certamente uno dei brani migliori, dove gli innesti folkeggianti si stemperano in una struttura marcatamente black. Il problema è che lo stesso schema viene riproposto nella successiva Invictus e ritorna con insistenza per tutta la durata dell’album. L’attitudine viking fuoriesce con prepotenza un po’ pacchiana in titoli quali Sieg oder Niedergang (Vittoria o Decadenza, argh…) e Zeichen der Zeit (Segni dei Tempi), consolidando un andamento costante e decisamente stancante. Uniche vette in una pianura tendenzialmente piatta sono la splendida Seele, lento e struggente viaggio nell’anima di una guerriero pronto a lanciarsi verso la propria morte, e nella possente title-track: chiaro ma non scontato l’omaggio ai compari svedesi Amon Amarth, anche se Thor a questo giro non è esattamente al nostro fianco.
Ciò che resta è qualcosa di già ampiamente sviscerato e assimilato per ogni amante del folk-viking che si rispetti. Poco, senza dubbio, ma abbastanza per far scorrere i cinquanta minuti dell’album in maniera tutto sommato onesta e famelicamente tranquilla. Giusto in tempo per finire divorati dalle fauci dell’orda di belve che si aggira in questa giovane e, per certi versi, promettente selva germanica. Sempre che non ci si sia addormentati prima.
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10
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voto:85 l'album spacca dai |
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7
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Benvenuto collega L'album mi piaciucchia, Viel Feind Viel Ehr è la mia suoneria del telefono da mesi... Voto: 65 |
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6
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Grazie di cuore a tutti, la famiglia si allarga... Horns Up!! |
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5
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Giusto, in confronto al debutto fa dormire però è comunque un bell'album |
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4
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Benvenuto!  |
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2
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Benvenutissimo, bella rece  |
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1
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Benvenuto tra noi Enrico  |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Wolfsmond 2. Viel Feind Viel Ehr 3. Invictus 4. Sieg oder Niedergang 5. Blutaar 6. Seele 7. Nebelleben 8. Zeichen der Zeit 9. Wilde Jagd 10. Alter Feind 11. Blutdienst II
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Line Up
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Philipp "Freki" Seiler: voce, chitarra Zasch "Hati": chitarra Timo "Managarm": basso Silvester "Fenrier" Grundmann: batteria
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