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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 3651 letture )
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I decani dell’hard teutonico di seconda generazione, punto. Quello fatto di ritornelli alla “bier vom fass”, rutti ai krauti, casino stile Oktoberfest e un occhio, e qualcosa di più, alla sterminata America, quella che da il vero successo mondiale. Ci sono andati vicino alla consacrazione globale, già nel 1987, con il pregiato Fireworks che si avvaleva della produzione del “gran duca” Michael Wagener e del contributo nel songwriting di Desmond Child, Jack Ponti e Joe Lynn Turner, menti illuminate in ambito di rock duro. Il disco ottenne grandi apprezzamenti in mezzo mondo, tanto che raggiunse le 100.000 copie vendute, e vide la band impegnata in una parte del tour '88 dei Judas Priest. L’anno successivo uscì su major il terzo disco Point Blank, un vero resumè di ottime rock song con grandi prospettive, che confermò l’eccellenza del livello qualitativo dei tedeschi. Ad oggi il loro assoluto masterpiece. Sempre in quell’anno, i Bonfire parteciparono alla colonna sonora del film di Wes Craven, Shocker, con Sword and Stone, scritta a quattro mani da sua maestà Paul Stanley e ancora Desmond Child (vero prezzemolo di quegli anni dorati). Insomma il vero american biz, quello che conta, li aveva adottati e li stava innalzando sugli altari. Sembravano in procinto di esplodere, invece tutto si fermò drasticamente. E per colpa loro. Dal 1991 in poi, infatti, i cinque non hanno più prodotto nulla di sensazionale, e come si sa, quando si toppa, si torna a suonare nei club o nei piccoli festival tematici. Molti gruppi si sono sciolti, altri hanno raffazzonato compilation e tributi, loro sono ancora vivi e ce lo dimostrano con questo nuovo cd dotato di una copertina tatuata e “brandizzata” a caldo. Il motore pulsante è costituito dai due uomini che hanno creato e plasmato il gruppo: Claus Lessmann voce e Hans Ziller chitarra, praticamente sempre presenti in line-up a parte due brevi parentesi, attorno a loro sono sfilati una quindicina di musicisti che hanno solcato i decenni in loro compagnia.
Branded è un album squisito, con spunti di orgoglio che denotano una vena creativa finalmente rinsavita, ancora capace di assestare colpi dello scorpione. Si parte con il loro stile sugli scudi, Deadly Contradiction è un estratto fedele dal loro repertorio, spicca al solito la melodia pura e la voce inconfondibile, un po’ nasale, del navigato Claus. Una partenza tutt’altro che gasata e sgommante, ma corposa e solida. Just Follow The Rainbow è una piece importante con un chorus che si appiccica alla corteccia cerebrale e ci rimane, la produzione non è scintillante, appare un filo grezza e sporca, e dona un tocco di vissuto al loro sound, ottima la resa comunque, uno dei top dell’album. Un peccato non averla pensata subito dopo il successo di Point Blank. Save Me pulisce la terza traccia dai trucioli di polvere con una chitarra molto in evidenza ma null’altro, pezzo ininfluente e troppo lagnoso, mentre Let It Grow riscopre l’intro da sbevazzatori, qualcuno ricorda il mitico Minestrone? Poi parte una song dal feeling trasudante, imperniata su una slide guitar, che evidenzia un’iniezione di armoniose partiture che ci rendono i Bonfire di una volta. Tessitori di belle melodie con spirito tedesco e retroterra sano e duro, davvero una bella botta corroborata da un solo di Hans Ziller che sguaina una frana di note incisive come pugnali affilati. Viva la Germania allora, due birre qui al tavolo, bitte fräulein. Better Days gioca con i Led Zeppelin e l’ariosità di una simil Kashmir, con l’inconveniente che Lessman non è nemmeno un’unghia di Plant e tutto ciò limita la vocalità di una traccia che avrebbe potuto crescere sontuosamente: invece rimane una buona canzone con un grande lavoro delle sei corde e della sezione ritmica. Insomma da una Ferrari si passa a una Punto Gt, la strada è lunga. Il solo comunque è fantasioso e coinvolgente, resa finale da sette più: con suoni più levigati e una produzione scintillante avrebbe potuto diventare una suite da applausi. Do Or Die è finalmente sparata con il loro inconfondibile gusto e richiama alla memoria la passata produzione di rilievo, coralità con spruzzi di metal tedesco con le asce chitarrone che fanno grande attività in cavalcata e una voce che domina e sparpaglia detriti piacevoli e indovinati; Dominik Hulshorst dietro ai tamburi mostra di saperci fare. Vivace e tosta Close To The Edge con un chorus da godimento, che si apre ad atmosfere americane e la chitarra che ricama un vetro antisfondamento, altra punta esemplare dell’intero lavoro, infine giunge Crazy. Breve intro, poi scocca l’ennesima saetta, una struttura culturistica, ben evidenziata dal castello di guitar che sfociano nella voce roca del singer, esemplare nello scolpire un inciso massiccio mentre sotto di lui si scatena di tutto; il solo di Ziller è ancora uber alles. Loser’s Lane è commerciale ma ha ancora menischi sani per correre veloce sul filo della compattezza, Hold Me Now si rivela come la classica ballad di fine album. Acustica, ben concertata, tanti voli pindarici, una bella signorina, un camino, due calici di nettare degli dei e poi tanto movimento tra le lenzuola. I Bonfire hanno sempre avuto nelle loro composizioni una predisposizione anche per lentoni di presa; confermato il trend.
Il lavoro finirebbe qui, ma i nostri hanno voluto aggiungere due bonus track, I Need You, dal lp del 2001 Strike Ten e Rivers Of Glory da Knockout, confezionate in versione 2011. La prima, denominata private version, è una deliziosa slow-song per solo voce e chitarra acustica con accenni quasi barocchi, la seconda pure. La raffinatezza dei tedeschi si ripresenta in maniera stagliata anche in queste due riproposizioni fiammeggianti di romanticismo e delicatezza permeata di ottimo gusto musicale. Inutile girarci attorno, Branded è un gran bel come-back tra i marosi del mercato, non saranno mai più la “next big thing” persasi per strada, ma sono ancor oggi un combo che sa regalare emozioni e bellissime frecce di hard potenziato. Io fossi in voi una bella ascoltata gliela darei senza nessuna remora. Bonfire, die alten Löwen sind zwischen uns nochmal... chiaro no? Si, cioè, i vecchi leoni sono di nuovo tra noi.
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6
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Point Blank grandissimo album...spero lo recensirete |
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5
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Mieloso, possente, nostalgico, questo e molto di più per un album niente male, ottimamente registrato, per una sessione d'ascolto in cuffia che difficilmente si può scordare. L'apertura teatrale con Deadly Contradiction, la tiratissima Do or Die, la raffinata Hold Me Now; per un concept album di quelli in grande stile. Tre ondate di quattro brani ciascuna, per dodici brani che alternano potenza a dolcezza, per un'opera magistralmente condotta da chi fa musica da oltre trent'anni. Un buon album di cui difficilmente vi scorderete. VOTO 83 |
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4
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L'hard rock classico non deve essere sensibile alle mode..rimane un genere immortale!!! |
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3
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Bonfire ispiratissimi in questo dicso ! Peccato che il genere non tiri più tanto. Speriamo continuino così. La buona musica fa sempre piacere. |
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2
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Magari proprio leggendo questa rece qualcuno verra invogliato ad ascoltare questo buonissimo disco dei Bonfire.....speruma ... |
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1
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Nemmeno un commento su questa rece?!? Mi viene da pensare che nessuno lo abbia ascoltato! Male, molto male... non sapete cosa vi perdete... ah |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. Deadly Contradiction [05:45] 02. Just Follow The Rainbow [03:50] 03. Save Me [05:18] 04. Let It Grow [05:13] 05. Better Days [07:10] 06. Do Or Die [06:01] 07. Close To The Edge [04:51] 08. Crazy [04:24] 09. Loser’s Lane [03:19] 10. Hold Me Now [05:42] 11. I Need You (bonus track) [03:41] 12. Rivers Of Glory (bonus track) [04:21]
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Line Up
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Claus Lessman : Vocals and Rhythm Guitar Hans Ziller: Lead and Rhythm and Acoustic Guitar Chris “Yps” Limburg: Guitars Uwe Kohler: Bass Dominik Hulshorst: Drums
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