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Living Death - Protected from Reality
( 3206 letture )
Guardare avanti ed evolversi senza snaturarsi è sempre stata una peculiarità oggettivamente apprezzabile in ogni band heavy che si rispetti, per quanto minime possano sembrare le innovazioni apportate allo spartito consolidato. Certo, ci sono i fan puristi ed intransigenti, quelli che dalla loro band del cuore esigono la riproposizione sistematica di identici riff ed identiche soluzioni disco dopo disco: ma sono molto più ammirevoli, numerosi e aperti di mente quelli che, invece, si auspicano una crescita ed un cambiamento costante dei propri beniamini, un cambiamento che non sia dettato dalle mode -ovviamente- bensì dalla naturale maturazione stilistica, culturale e globale che porta ognuno di noi a non restare mai identico a sé stesso nel corso degli anni. Negare il progresso é quasi contro natura, e allora perché non applicare questa considerazione anche alla musica, accettando di buon grado e con maggior interesse le normali modifiche che una band può apportare al proprio sound, senza necessariamente gridare allo scandalo (in caso di ammorbidimento sonoro) o allontanarsi dalla stessa per eccessivo inasprimento? Quasi tentando di modernizzare una proposta vincente, rendendola più brutale e definita, i thrashers tedeschi Living Death pubblicano nel 1987 un album per loro rivoluzionario come Protected from Reality: i precedenti Vengeance of Hell e Metal Revolution, dei piccoli gioielli di thrash primigenio, eccitante ma ancora grezzo nella qualità audio e imbevuto di elementi classic heavy, avevano rappresentato un oggetto di culto per gli appassionati di chicche underground, conferendo alla band della Westfalia, nata ufficialmente nel 1981, un fascino del tutto particolare, che nessun disco ultrapatinato o dalla produzione stellare potrà mai superare. Intrisi di feeling, attitudine, passione e genuinità, quei due dischi rilasciati tra 1984 e 1985 restano, ancora oggi, quanto di meglio sia mai stato partorito dalle menti dei fratelli Kelch, rispettivamente basso e chitarra della lanciatissima e sottovalutata truppa teutonica.

Eppure, tanto di buono doveva ancora arrivare: e Protected from Reality non può che confermare questa riflessione. Le velocità si fanno qui più pericolose che mai, i riff affilano la lama e la martellante sezione ritmica del drummer Atomic Steif, violenta e incessante, fa da contraltare perfetto al celebre lamento di Thorsten Bergmann, che si proietta verso lidi ancor più esasperati. Anche la copertina, le tematiche e il titolo del platter riflettono l’approccio più tipicamente thrash rispetto a quello ostentato in passato, che era più battagliero e contraddistinto da odi all’headbanging, alla militanza e alle sfumature orgogliose più caratteristiche della vecchia guardia europea. L’impatto con l’opener, Horrible Infanticide (Part One) è devastante: le ritmiche picchiano con impeto, i riff vengono veementemente mitragliati ad alta velocità e i confini con l’irruenza del black e la foga caotica del death primordiale addirittura ridotti ai minimi termini; un assolo scarnificante, al fulmicotone, conferma l’accresciuto ed incattivito potenziale distruttivo della band, che si getta a capofitto in un altro gancio sanguinario come Manila Terror, dalle metriche assassine. Chi aveva amato il thrash imbevuto di heavy che questa band proponeva nei dischi precedenti, e che corrispondeva con un vocalism atipico, ma comunque non estremo, potrebbe restare quasi stordito dall’acida ed efferata nuova incisività del singer. Certo, già nei capitoli che avevano anticipato questa release l’impatto con quella voce stridula e “miagolata” non era certo semplice -o la ami o la odi, senza mezze misure- ma ora diventa autenticamente ostico per i fruitori meno rodati, dato che il singer si cala in apocalittici sproloqui, apparentemente figli del caos. Anche la qualità dei suoni diventa più che discreta, e fa quasi sorridere pensare ai suoni impastati ed artigianali del debut, pur considerando di non trovarci certo di fronte al top qualitativo raggiungibile già all’epoca da chi disponeva di mezzi migliori. Man mano che le tracce si susseguono, la sezione solista va sempre più ritagliandosi un ruolo di rilievo, convulso e lancinante, capace di abbattere ogni ostacolo come un getto di lava, fluido ed abrasivo. Si potrebbe sostenere che diversi passaggi, per quanto trascinanti ed efficaci, non siano all’altezza delle composizioni di Vengeance of Hell o Metal Revolution, mentre altri sosterranno la migliore qualità delle canzoni presenti: il dislivello è comunque minimo, la qualità altissima. E, ricollegandoci all'ampio paragrafo introduttivo riguardante l'evoluzione di una proposta sonora, viene da chiederci: perché non accettare con lo stesso entusiasmo un prodotto 'diverso', innovativo per certi versi, sicuramente più tosto, ma ugualmente interessante ed affascinante per capire e seguire la storia musicale di una band?

Apertura mentale significa raccogliere senza pregiudizi quello che degli artisti decidono di proporci: a maggior ragione se l'evoluzione coincide con un rafforzamento tecnico ed una maggior carica aggressiva, tenendosi dunque ben lontano da ipotetiche cessioni radiofoniche. I risultati, come nel caso del disco qui presente, possono essere ampiamente positivi. Anche se non manca qualche brano affatto irresistibile (Natures Death, The Gallery), il giudizio sul disco non può che essere entusiasta: non potrebbe essere altrimenti, al cospetto di una strumentale epica ed ambiziosa come Wood of Necrophiliac, intrisa di buone venature thrashy, del riffing serrato e delle atmosfere claustrofobiche di Vengeance (Horrible Infanticide - Part Two) o delle ritmiche a rincorsa di Intruder. Il riff e l’assolo di War of Independence sono superheavy e riportano la formazione tedesca sui sentieri originari; anche sferzate frenetiche, apparentemente ripetitive come Eisbein (Mit Sauerkraut), a conti fatti, si rivelano sempre efficaci e adrenaliniche. Pezzi incalzanti e resi ancora più caratteristici da quella timbrica vocale di cui sopra. Tuttavia, riguardo il ruolo del cantante, è bene precisare che -per quanto insindacabile alle orecchie dei fans e degli appassionati- Bergmann non è propriamente uno screamer da leggenda e, chissà, con un’interprete più tecnico e dotato forse questa band avrebbe potuto approdare nella vera élite dell’heavy metal internazionale. A conclusione della presente disamina, dunque, va appurato che questo disco è ricco e affascinante e merita di essere riscoperto tanto quanto quelli che sono venuti prima.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
79.96 su 81 voti [ VOTA]
Mic
Martedì 22 Febbraio 2022, 11.58.44
2
Preso questo e Dawn for... dei Grinder. La recensione è MITICA nel descrivere i riff "veementemente mitragliati". Ma qui è tutto veementemente mitragliato, ma non mancano i rallentamenti ben graditi. E se sono nel mood giusto questa aggressione tedesca con voce "miagolata" è una figata.
Doom
Martedì 3 Gennaio 2017, 22.30.16
1
Bel dischetto questo...forse il mio preferito di questa band dimenticata. Ottimo speed thrash crucco senza tanti ricamini. Voto 7,5 anche per me.
INFORMAZIONI
1987
Aaarrg Records
Thrash
Tracklist
1. Horrible Infanticide (Part One)
2. Manila Terror
3. Natures Death
4. Wood of Necrophiliac
5. Vengeance (Horrible Infanticide - Part Two)
6. Intruder
7. The Gallery
8. War of Independence
9. Eisbein (Mit Sauerkraut)
Line Up
Thorsten “Toto” Bergmann (Voce)
Frank Fricke (Chitarra)
Reiner Kelch (Chitarra)
Dieter Kelch (Basso)
Atomic Steif (Batteria)
 
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