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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 4937 letture )
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So cosa state pensando e avete ragione
(Cit. Magnum P.I.).
Quelli contenuti in Green non sono i Forbidden che molti hanno amato grazie al clamoroso debut album Forbidden Evil. Niente di più facile, eppure anche niente di più vero. Oltretutto, il disco usciva anche in un periodo non proprio felice per i gruppi thrash della "vecchia guardia". Un periodo nel quale tutti o quasi, avevano tentato la via dell’aggiornamento delle sonorità alleggerendo e semplificando oppure rincorrendo i nuovi eroi: Pantera, Sepultura e Machine Head, in particolare. Questa triade, che di fatto aveva cambiato la faccia del thrash (e non solo) nei primi anni 90 e le grandi e pesanti contaminazioni che provenivano dal crossover prima, dall’industrial e perfino dal grunge poi, avevano di fatto spostato l’asse di ispirazione e di ascolto verso sonorità nuove, che avevano investito i "vecchi" rappresentanti del thrash anni 80, un genere che dava ormai l’impressione di essere morto e sepolto, come forse il metal tutto, dato che ormai sempre più si andava affermando una corrente che molti davano per definitiva, quella del nu metal. La Storia, come sappiamo, andò diversamente, almeno in Europa. L’atmosfera di quei giorni era comunque questa e non tenerne conto sarebbe un grave errore. Nel caso dei Forbidden, in particolare, l’errore sarebbe duplice. Il gruppo di Locicero ed Anderson, infatti, ha sempre avuto una propria personalità scontrosa ed originale, che lo ha reso un "figlio unico", anche all’interno della famiglia thrash. L’elevato tasso tecnico della band, così come le costruzioni ostiche e dissonanti, accentuatesi con l’ingresso in formazione di Tim Calvert, le particolari linee melodiche di Russ Anderson e l’alta propensione allo sperimentalismo, pur all’interno di una precisa matrice estrema, fanno dei Forbidden un gruppo a sé stante, con una evoluzione sonora abbastanza unica. Il predecessore di Green, infatti, è quel Distortion che prendeva già decisamente le distanze da quanto fatto in precedenza dalla band della Bay Area, introducendo sonorità e soluzioni compositive all’avanguardia per un gruppo thrash e, di fatto, molto diverse anche da quelle messe in luce dalla succitata triade. Si direbbe quasi che i Forbidden, pur cercando di portarsi al pari con il tasso di modernità richiesto dagli anni 90, avessero anche la precisa volontà di farlo a modo proprio, un po’ come fatto dagli Anthrax con Sound of White Noise. In questo senso, Distortion può essere inteso senz’altro come il disco più sperimentale e coraggioso dei Forbidden. Green, pur mostrando di voler proseguire nella direzione intrapresa, fa intuire una precisa volontà di semplificazione nella scrittura dei brani ed un parziale recupero dell’identità thrash, seppur aggiornata, come se il gruppo avesse avuto un po’ paura del grande passo compiuto e cercasse di recuperare consenso, senza rinnegare le scelte fatte.
La produzione dell’album è decisamente orientata verso sonorità tipiche degli anni 90, con un suono compresso e pesantissimo che mette batteria e voce in forte evidenza, a danno del basso, comunque distortissimo e chitarre che passano da distorsioni modello muro di cemento ad altre decisamente più orientate verso l’indutrial/alternative, fino a sfiorare l’effetto-zanzara che aveva infettato anche Divine Intervention degli Slayer. Anche la voce di Russ Anderson si presenta in più di un’occasione filtrata e rabbiosa, come rinchiusa dietro ad invisibili maglie che a stento ne contengono la furia. Da un punto di vista compositivo, come anticipato, si registra una sostanziale semplificazione ed una maggiore accessibilità rispetto al controverso e contorto predecessore e la lungheza media piuttosto contenuta dei brani, lo conferma appieno. Ovviamente, trattandosi dei Forbidden, questa semplificazione riguarda solo ed essenzialmente la strutturazione dei brani, più lineare ed aperta, mentre il livello tecnico resta decisamente alto. Menzione d’onore in questo caso per lo strepitoso lavoro di Steven Jacobs dietro le pelli, senza ombra di dubbio la cosa migliore che si senta sull’album: autore di una prova superba per fantasia, potenza e versatilità, il batterista riesce non solo a scrollarsi di dosso il fantasma del predecessore Paul Bostaph, ma dimostra una preparazione tecnica d’assoluta eccellenza ed una sensibilità nel portare la batteria all’interno delle canzoni da vero fuoriclasse (basti a titolo esemplificativo quanto fatto nella furibonda Phat). I tempi medi sono generalmente più elevati e decisamente thrashcore, senza considerare comunque l’apertura atipica di What is the Last Time?, centrata su un riff monolitico ed ipnotico e sul canto stentoreo di Anderson, pieno di chorus e delay, che declama la fine della bellezza esemplificata dal rogo della Cappella Sistina. Più tipicamente piene di groove ed effettistica varia Turns to Rage e Face Down Heroes, mid tempos caratterizzati comunque da intrecci chitarristici tutt’altro che scontati al di sopra di un tappeto ritmico di indubbio valore (da notare i pattern quasi jazzistici della prima ed il basso in evidenza nella seconda). La tiratissima Over the Middle, che pure avrebbe potuto rappresentare un punto di contatto col passato della band, è in realtà anche la canzone più pesantemente farcita di effetti, col risultato di suonare freddissima e rabbiosa, ma al tempo stesso soffocata e rinchiusa. Da citare la riuscitissima Blank una semiballad che rimanda a Distortion, basata su arpeggi e riff dinamici, pieni di chiaroscuri, e sulla bella linea melodica di Anderson, decisamente più sotto controllo in tutto l’album e meno alla ricerca della melodia obliqua ed impossibile, seppur dotato di una personalità immediatamente riconoscibile. Molto meno in evidenza invece il lavoro solistico delle chitarre, impegnate quasi sempre in un soffocante lavoro ritmico al quale raramente concedono uno sbocco melodico, preferendo comunque sezioni solistiche rumoristiche e dissonanti. Chiude Focus, la quale, come per distaccarsi da quanto ascoltato finora, mostra una produzione scevra di effetti, se si esclude l’accordatura delle chitarre, rivelandosi alla fine l’episodio più "nostalgico" del lotto, con un andamento piuttosto lineare e pieno di sovraincisioni di chitarra classica: l’ennesima scelta peculiare di un album, come da tradizione, twisted into form.
Nel complesso, l’operazione tentata dai Forbidden è quindi chiara: recuperare una maggior dinamicità senza ridurre l’impatto ed anzi esasperando la componente "moderna" e groove, in un generale processo di snellimento della struttura dei brani, sempre e comunque permeati da una caratura tecnica ampiamente al di sopra della media. Il tutto, condito da testi tipicamente thrash, centrati su una forsennata critica al sistema monetarista fondato sul denaro (Green) e sull’assenza di etica e bellezza. Sfortunatamente, l’esperimento cadde nel vuoto più totale: i vecchi fans non gradirono l’eccessiva modernizzazione del suono e l’adesione ai canoni del "nuovo thrash", mentre il gruppo sembrava ormai uno dei tanti dinosauri che cercavano di rimanere a galla in attesa di tempi migliori. D’altra parte, la Gun Records, pur essendo una filiale del colosso BMG, non fece alcuno sforzo per promuovere degnamente l’album presso gli amanti delle nuove sonorità ed, anzi, mostrò gravi pecche nella distribuzione, rendendo l’album anche difficilmente reperibile. Ce n’era abbastanza per determinare il fallimento totale del progetto e, addirittura, lo scioglimento della band, con il passaggio di Tim Calvert ai Nevermore, nei quali porterà molte delle soluzioni sperimentate con i Forbidden. In realtà, come spesso accade, il Diavolo non è brutto come lo si dipinge e Green resta un gran del disco, senza una sola canzone brutta o debole, retto da una band ancora in forma e dotata di uno spessore tecnico scintillante. Siamo ampiamente sopra la media del periodo e se si pensa che contemporaneamente i Machine Head stavano rilasciando il secondo The More Things Change, si capisce anche che l’accusa di seguire la moda finisce per avere un senso relativo, per un gruppo che semplicemente stava proseguendo una propria linea evolutiva alla ricerca di un proprio senso nel proporsi come band estrema in un panorama dominato da sonorità distanti anni luce da quelle originarie. Quindi, so cosa state pensando e avete ragione: Green non è l’album che consegnerà i Forbidden alla storia e da un gruppo così era lecito –lo è ancora- attendersi di più. D’altra parte, procedendo in maniera eccessivamente rigida ed ideologica, si finisce per dimenticare il valore di un album che anche all’epoca dava filo da torcere a molti contemporanei. Ottima occasione per rispolverarlo oggi e magari riscoprirlo per quello che vale davvero, all’interno della discografia di un gruppo che, pur rispettato, non ha mai raggiunto davvero una consacrazione definitiva.
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21
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Concordo pienamente, con questo disco erano avanti anni luce e lo sono ancora |
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20
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Io dico che i voti alla loro discografia sono tutti sballati. L'unico azzeccato è questo. Come album "post thrash" (termine del cazzo) è di qualità superiore, al pari di distortion. Due album con tanto lavoro, tanta tecnica, con una voce perfetta per questo tipo di thrash, pulita,melodica,graffiante all'occorrenza. Poi quel 75 a twisted into form è da ignoranza totale verso questo genere. |
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19
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Ottimo voto 100 quest album per essere apprezzato ha bisogno di essere ascoltato da dei musicisti... chi suona uno strumento può capire ed apprezzare le tantissime sfaccettature che possiede questo disco... chi vive la musica solo da ascoltatore ovvero in modo passivo difficilmente piacerà |
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18
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Album che adoro,per intenditori! |
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16
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X me una vera cagata... Ok ispirarsi a pantera (cowboys e vulgar sono oggettivamente grandi dischi)e company ma richard cole squalo le canzoni fatele bene!! Una noia totale,la voce poi è insopportabile. 35 carte buttate nel 97. Pessimo |
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15
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A mio umile giudizio, uno dei migliori album post-thrash di sempre, davvero ottimo. Ancora una volta Forbidden equivale a Qualità. |
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14
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tutte le composizioni sono di altissimo livello, ispiratissime, nella miglior tradizione dei forbidden (“What is the Last Time?” - ''green'' è, per chi scrive, uno dei brani del secolo )! E’ incredibile quanto questi ragazzi siano convinti di quello che fanno, noncuranti delle mode e totalmente refrattari a qualsiasi tipo di concessione alla commercialità. Persone da ammirare e da supportare in maniera assoluta, che portano avanti il loro discorso musicale con coerenza, alla faccia dei tanti altri venduti. Questi sono i forbidden, una band semplicemente inimitabile. |
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13
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Per me sto disco è una bomba...80 lo merita. |
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12
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il vichingo, Undercover, Flag Of Hate, io proprio non vi capisco MAGARI oggi giorno uscissero album come questo green, qui recensito! Un album incredibile, un inizio fenomenale -What is the Last Time?- e title track, e che continua a macinare riff, altro che nu metal, post metal e compagnia bella ecc ecc. I Forbidden dimostrano di avere grande classe con i propri strumenti, melodia (inclusa) tutte le canzoni sono da menzionare per il loro alto livello! io sono sempre più convito che 'green' & 'distortion' appartengono ai classici del metal. DA AVERE |
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11
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Dico la verità, a me piace. è palese che qui i Forbidden buttano tanta (troppa?) carne al fuoco con la conseguenza di non piacere a tutti, però è un disco che non mi dispiace anche se lontanissimo dai primi due come stile. |
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10
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per me è un ottimo album |
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un lavoro decisamente sottotono seppur non del tutto disprezzabile. certo che se lo si paragona ai primi due fantastici lavori green ne esce sicuramente distrutto!!! |
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8
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Quoto il commento n.2 di Undercover e anche il post di Flag. |
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7
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Blank per me è la migliore del cd! Green molto buono come lavoro |
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6
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ma per favore e per piacere GREEN è un Capolavoro come lo è anche DISTORTION . Secondo me GREEN prende un 88/100. L'album è bellissimo What is the Last Time? - Green - Blank - Focus, e tutte le altre sono gioielli che oggi ve li sognate canzoni del genere!! Grandissimo Lizard hai scelto bene i miei complimenti, da parte mia di dedico l'inizio di green cioè What is the Last Time? - Green, di nuovo i miei complimenti. |
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5
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I Forbidden sanno fare ben altro. Questo sarebbe thrashcore? Provate a sentire i finlandesi Hate Unit. |
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4
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Secondo me è il peggiore dei Forbidden i quali, nel tentativo di rincorrere la moda del tempo, hanno snaturato il loro talento, creando un disco noioso e senza mordente. Qualcosa si salva, ma non è certo da ricordare con piacere. 55/100 |
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3
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Gran bella recensione, come tutte le precedenti di Lizard e di tutto lo staff del sito. Complimenti. Il disco a me è sempre piaciuto, nonostante lo consideri ovviamente al di sotto dei precedenti...ma amando anche le sonorità più groove e numetal, non posso che apprezzare anche questo green. |
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2
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Come distruggere una carriera dopo due album della madonna con due dischi uno più brutto dell'altro, io adoro il lato groove del thrash ma quest'album è veramente di un soporifero bestiale. |
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1
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Meglio di Distortion sicuramente, ma comunque un altro epico strafalcione dei Forbidden. Per me non raggiunge la sufficienza sto disco. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. What is the Last Time? 2. Green 3. Phat 4. Turns to Rage 5. Face Down Heroes 6. Over the Middle 7. Kanaworms 8. Noncent$ 9. Blank 10. Focus
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Line Up
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Russ Anderson (Voce) Craig Locicero (Chitarra) Tim Calvert (Chitarra) Matt Camacho (Basso) Steven Jacobs (Batteria)
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