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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 6119 letture )
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A tre anni di distanza da Blood tornano gli OSI, progetto nato come momentaneo supergruppo e poi diventato la stabile creatura di Kevin Moore (ex tastierista dei Dream Theater) e Jim Matheos (Gordian Knot e Fates Warning). Due nomi di grosso calibro, evidentemente, che sono finora sempre riusciti a non deludere le aspettative nonostante il fatto che il primo album, Office Of Strategic Influence, sia considerato il migliore della band.
Chi non conoscesse gli OSI e leggesse i nomi dei membri potrebbe giustamente immaginare un lavoro progressive metal (a maggior ragione considerato che nei primi due dischi alla batteria è presente un certo Mike Portnoy). Così non è, o meglio, è un dato parziale. Le sonorità degli OSI sono estremamente moderne, spesso difficili da inquadrare, derivanti a tratti dal progetto di Kevin Moore, i Chroma Key. La tendenza all’ambient è piuttosto evidente ma affatto definitiva. A dare una mano ai due “mostri” si ripresenta Gavin Harrison, già protagonista nel precedente Blood e dimostratosi eccelso batterista. Ecco quindi Fire Make Thunder.
Il dinamico duo si rivela ancora una volta in splendida forma, soprattutto dal punto di vista del songwriting. In realtà rispetto al passato la formula generale non viene cambiata bensì perfezionata. L’elettronica di Moore pervade l’album senza risultare invadente sebbene sia posta spesso in primo piano, mentre Matheos è capace sia di mantenere ritmi bassi sia di dare maggiore sfogo alla propria creatività, con un’effettistica sempre ricercata. Il risultato è un album senza bassi e pochi alti, ma dalla qualità media elevatissima.
Si parte con Cold Call: il lungo intro conclude già efficacemente l’opera di isolamento ed assorbimento dell’ascoltatore. Segue la chitarra particolarmente tagliente di Matheos e la voce a stento palpabile di Moore, capace di adeguarsi perfettamente ai brani: uno dei punti di forza dell’album. C’è spazio sia per pezzi molto orecchiabili, come Guards, che per pura misticità, vedesi Indian Curse. Interessanti anche i brani dal sapore più metal, Prayer Missiles e soprattutto Big Chief II, canzone in cui sia Moore che Matheos danno pieno sfogo delle proprie capacità talvolta trattenute. L’episodio migliore dell’album, se è possibile trovarne uno, è forse Invisible Man, ottimo compendio di tutte le qualità del progetto OSI.
Fire Make Thunder è un ottimo disco che miscela prog rock ed ambient come solo gli OSI sanno fare. Sconsigliato agli headbanger intransigenti. Consigliato agli amanti della calma, della solitudine, della fantasia e agli esploratori di nuove sonorità.
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12
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Album straordinario, completo creativo e accattivante, dal taglio moderno ,suonato e prodotto maledettamente bene, forse è il mio preferito fra i 4 che comunque sono tutti ottimi. |
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11
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ennesimo grande disco di qualità! |
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10
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Ormai lo ascolto da mesi, stupendo ! Invisible Men è forse la mia canzone dell'anno, forse... |
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9
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ottimo lavoro anche se secondo me da ascoltare a piccole dosi! |
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8
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Buon disco, ma Blood continua ad essere il mio preferito. Comunque grazie di esistere Gavin... |
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7
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Buon disco, ma Blood continua ad essere il mio preferito. Comunque grazie di esistere Gavin... |
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6
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piccolo inciso, gavin harroson non ha bisogno di suonare negli OSI per dimostrarsi un ottimo batterista. Lo dimostra già il suo immenso curriculum e le sue performance di classe nei porcupine tree |
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5
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come al solito un grande lavoro di Matheos/Moore. Un gruppo che seguo sempre. |
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4
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Hai ragione Remedy, è stato un refuso e sicuramente sfuggito e trascritto in distrazione. Provvederemo a correggere. Grazie per la segnalazione |
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3
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cosa centra Matheos con i Porcupine Tree ? |
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2
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Molto bello, ottimamente suonato. |
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1
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Sono d'accordo! E' un disco eccellente. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Cold Call 2. Guards 3. Indian Curse 4. Enemy Prayer 5. Wind Won't Howl 6. Big Chief II 7. For Nothing 8. Invisible Men
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Line Up
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Kevin Moore (Voce, Tastiere, Elettronica) Jim Matheos (Chitarra, Basso) Gavin Harrison (Batteria)
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