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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Cirith Ungol - King of the Dead
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Uno dei capolavori massimi dell’heavy metal. Più che una semplice raccolta di canzoni, un posto nel tempo e nello spazio dominato da un heavy metal barbarico e possente, grezzo quanto ricercato, potente e melodico al tempo stesso, eroico ed epico quanto oscuro e sepolcrale. Un modo unico di coniugare l'heavy metal e trasportarci verso la pianura e la torre di Cirith Ungol, il Passo del Ragno, nel quale Gollum indirizza Frodo perché cadesse vittima del ragno gigante Shelob. Un sound figlio e germinazione diretta degli anni 70 eppure al tempo stesso ormai quasi completamente votato all’espressività metal, di cui è uno dei cardini assoluti. King of the Dead è il secondo album della cult band californiana Cirith Ungol ed è unanimemente considerato il loro capolavoro: un’idea che trova conferma nelle parole della band stessa. Uscito dopo quattro anni dal leggendario e seminale debut Frost and Fire, il disco è stato curato in tutto e per tutto dalla band, autrice dei brani quanto della produzione e, forse proprio grazie al tempo necessario alla sua scrittura, offre otto canzoni assolutamente perfette, dal songwriting decisamente evoluto, che viene inserito nel filone epic per la sua capacità evocativa e per le tematiche trattate dalla band. In realtà, la definizione va quasi stretta alla musica qua contenuta, anche se è innegabile che i Cirith Ungol siano, assieme ai Manilla Road, i veri eroi misconosciuti di questo filone dell’heavy metal. All’interno di King of the Dead, infatti, si respirano echi ed atmosfere tipicamente anni 70, sia in alcuni riff che, in particolare, nel solismo ispirato e travolgente di Jerry Fogle (R.I.P. 1998), un musicista che raramente riceve la menzione che merita e che in questo album riempie del suo talento altissimo i brani, con lunghe ed elaborate costruzioni, tra le più affascinanti concepite in quegli anni. Al tempo stesso, il linguaggio usato dalla band perde in buona parte quelle parentesi hard rock tipiche del debutto, per concentrarsi su un metal potente ed oscuro, che non disdegna partiture che, da lì a poco, si sarebbero definite “doom metal”, altro genere di cui i Cirith Ungol vennero considerati parte. Per qualcuno, infine, proprio la costruzione complessa e molto lunga di alcuni brani qua contenuti (da citare, in questo senso, Master of the Pit col suo lungo e lugubre intro e, soprattutto, Finger of Scorn, aperto ed intervallato da uno stupendo ed arcano arpeggio) potrebbe addirittura configurare un esempio di approccio progressive unito al metal. Di fatto, la musica dei Cirith Ungol attraversa tutti questi generi, ma è un unicum assoluto, dato che difficilmente la si può assimilare a quella degli altri maestri del genere epic, coi quali condivide al massimo una comune derivazione dall’hard anni 70, rintracciabile nei solchi dei primi Manilla Road, come in quelli di Manowar e Virgin Steele, fino ai meno famosi, ma altrettanto importanti Omen, Brocas Helm e, poi, Warlord.
Centrale in tutta la produzione della band, oltre all’inconfondibile solismo di Fogle, il ruolo dinamico del motore ritmico offerto dal duo Robert Garven/Michael ‘Flint’ Vujea, autori sempre di una prova notevolissima. Il primo grazie ad uno stile ibrido che rimanda sia ai grandi batteristi dei seventies col loro approccio simbiotico e quasi “melodico” rispetto all’evolversi dei brani, sia alle nascenti nuove leve, fautrici di uno stile probabilmente meno fantasioso, ma più concreto e roccioso; il secondo è, invece, abilissimo tessitore di partiture sempre melodicamente importanti, capaci di donare alle canzoni un vero e proprio contributo musicale ed atmosferico, oltre che una solidissima base ritmica. Altrettanto fondamentale ai fini dell’identificazione della musica dei Cirith Ungol è, senza dubbio, la particolarissima voce di Tim Baker. Probabilmente, la timbrica aspra e dilaniante del singer è da ritenersi uno dei motivi principali che hanno reso difficile alla band conquistare il favore delle masse metalliche dell’epoca: ancora oggi, paradossalmente, potrebbe risultare più melodico l’approccio di diversi campioni del growl più feroce, rispetto a quanto offerto trent’anni fa dal cantante statunitense; d’altro canto, Baker riesce a caratterizzare come nessun altro delle liriche grondanti epicità e sangue, oscuri presagi e terrore dall’aldilà, offrendo una credibilità che un "normale" singer non avrebbe mai saputo dare. Impossibile citare un brano piuttosto che un altro, dato che l’intero platter si attesta su livelli di eccellenza assoluta, regalando brividi per tutti gli oltre cinquanta minuti di durata: l’opener Atom Smasher, lasciata in eredità alla band dal secondo chitarrista Greg Lindstrom, uscito nel 1982, assieme al potente anthem Cirith Ungol ed alla indimenticabile Finger of Scorn, ci dà subito un caldo e veemente benvenuto:
Welcome to the brave new world, The future’s here, or haven’t you heard? The sons of man have fell from grace Till the Smasher comes to save his race.
L’assolo centrale di Fogle è semplicemente bellissimo: niente a che vedere con una mera esibizione, ma semplicemente un connubio perfetto di melodia e tecnica, da tramandare, assieme al riff triturante ed inarrestabile. Black Machine è la classica canzone da urlare fino alla morte durante un concerto, mentre l’intro di Master of the Pit è semplicemente agghiacciante ed al tempo stesso irresistibile, cattura e spinge verso l’abisso, per affrontare l’empio Signore. L’aria stessa di condanna e destino ineluttabile circonda gran parte delle tematiche affrontate dalla band, confermando l’aspetto “doomish” della loro identità:
Bow down and kneel, to the Master of the Pit Though the powers of Chaos are those you abide, You raise your sword to cast him aside.
You know there’s no escape When you see your world in flames As the hellrains pound the darkening land Man and sword begin their last stand. (da Master of the Pit)
Burning in its savage fury Our fates accept no judge or jury Helpless we must watch it done For I have seen the Death of the Sun
We are coming to the end I see my life and I have sinned. It’s too late to change our ways For man has seen his final days. (da Death of the Sun)
Ed ancora:
From age to age it stalked the earth The apish scum of evil birth. Up from slime it has seen man crawl It waits to see our final fall
The Finger of Scorn, it points to us all The Finger of Scorn, it points to our fall
The Beast will rule the hearts of men, Till mankind falls to ape again. And when our souls are stripped and torn, Still we face the Finger of Scorn. (da Finger of Scorn)
Semplicemente perfetta e maestosa la titletrack, degna apoteosi per la venuta del Re, mentre la nuova versione di Death of the Sun (l’originale era sulla raccolta Metal Massacre) conferma l’impatto furioso del brano. Dopo l’ottima resa della Toccata in Dm di Bach, il disco ci tiene col fiato corto fino alla fine con la terribile e stupenda Cirith Ungol, dotata di una strofa trascinante ed irresistibile e di un refrain coinvolgente, tra i più riusciti tra quelli proposti dalla band (da notare come, invece della corretta pronuncia “dura” del nome “Kirith”, il gruppo abbia optato per la pronuncia inglese “Sirith”):
Try to run, try to hide If you don’t, you’ll surely die Screaming in terror, there you’ll lie In Cirith Ungol, Tower of Fire. (da Cirith Ungol)
Nella meritoria ristampa Metal Blade del 1999, troviamo infine Last Laugh, brano dal vivo registrato al Country Club il 9 novembre del 1984, che ci regala tutta la veemenza della band dal vivo, con un brano leggermente più incline verso le radici hard rock: non fosse per l'inconfondibile timbro di Baker, parrebbe quasi di sentire una canzone dei The Stooges. Una parola infine per la stupenda cover di Michael Whelan, intitolata anch’essa King of the Dead: senz’altro una delle più belle e significative dell’intera storia dell’heavy metal, ancora una volta incentrata sulle gesta di Elric di Melnibonè, principe creato dalla penna di Michael Moorcock, altro ispiratore fondamentale per la musica dei Cirith Ungol.
King of the Dead, uscito nel 1984 per la Enigma Records ed interamente finanziato dalla band, che per quattro anni aveva fatto risparmi lavorando duramente per "il sogno", è senz’altro uno dei platter più importanti e riusciti del metal tutto, proprio grazie alla sua unicità, all’essere un disco ispiratore e modello per altre decine di band e resta tutt’ora assolutamente significativo, senza aver perso niente del proprio fascino arcano e barbaro, ricercato quanto duro ed oscuro. Le atmosfere tinteggiate dalla band ad un livello così forte e superbo sono a tutt’oggi ineguagliate e pronte a dischiudersi all’ascolto dei fortunati che vorranno ancora una volta tornare in quel luogo ed in quel tempo oscuro e lontano, nel quale la nera torre di Cirith Ungol svettava ai confini di Mordor. La parola capolavoro si spende facilmente oggi, ma questo è davvero un album indimenticabile ed affascinante, ora come allora.
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Concordo con tutto quanto detto dal recensore e col suo voto. |
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I Cirith Ungol sono sempre stati una garanzia...Tutti album dal buono all\'eccellente !! |
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L\'opera massima dei Cirith Ungol, e uno dei più grandi capolavori di epic heavy metal mai composti! Qui siamo di fronte al vero significato del metallo epico, con riff scuri ed evocativi, atmosfere macabre e poetiche allo stesso tempo, e con ritmiche a volte più spedite e altre ai limiti del doom più oscuro. Ma a svettare su tutto c\'è sempre stata la voce acida e \"stregonesca\" di Tim Baker (che ha sempre dato quell\'impronta totale alla loro musica, un pò come la timbrica di Mark Shelton per i Manilla Road) e la chitarra di Jerry Fogle. La raccolta di canzoni che c\'è in questo album è da antologia, \"Atom Smasher\", \"Black Machine\", \"Master Of The Pit\", \"Finger Of Scorn\".... mamma mia che roba! Tutto l\'album è un capolavoro totale, mai più eguagliato (magari il successivo \"One Foot In Hell\" ci va un pò vicino, ma comunque si posiziona dietro). Signori, l\'EPIC METAL!!! |
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Lo ascolto e vedo cavalieri di un epoca mai esistita che cavalcano sotto un sole rosse verso nemici provenienti da mondi sconosciuti. Evocativo come solo le grandi opere possono essere, tutto qui ė perfetto. Chiunque oggi pronunci la parola "capolavoro" dovrebbe prima ascoltare quest'album. Ė tutto perfetto, bilanciato...dalla scelta dei suoni ai virtuosismi sempre a servizio della canzone. Un album senza tempo da venerare per l'eternità |
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banda sempre snobbata perché dai rapidi ascolti in rete la voce mi sembrava indigesta. Preso da poco e ascoltato innumerevoli volte scopro un vero capolavoro del metal tutto, senza tempo. Musicisti eccellenti, composizioni raffinate. E nella parte finale di Finger of Scorn io ci sento qualcosa di One dei Metallica. Fanculo i plasticosi suoni moderni |
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I Cirith Ungol sono una delle band più affascinanti della storia dello Heavy Metal, capaci di unire Black Sabbath, Atomic Rooster, Black Widow e High Tide e di modernizzarli senza pudore. In tutto questo straordinaria la voce di Tim Baker, una sorta di Robert Plant del Doom e ell'Epic, per stile. Gli assoli e le ritmiche di Jerry Fogle ci trasportano in un mondo a dir poco fiabesco e le ritmiche di Michael ‘Flint’ Vujea (bassista sopraffino) e di Robert Garven (un mix tra Jahn Bonham e Carmine Appice) sono la propusione più giusta che ci sia per questo tipo di musica. Peccato siano sconosciuti ai più, perché tecnicamente li trovo superiori a troppe band sulla bocca di tutti, oltre che straordinari compositori. Se la musica deve trasmettere emozioni ed essere fatta con devozione... Meglio i Cirith Ungol e album come questo "King Of The Dead" che tanti altri album (e band)!!! |
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Sono d'accordo anchio sul cantato di Baker...una timbrica irruenta e rabbiosa che fece dell'intera band un marchio distintivo ben definito!..(Un estremizzazione delle sonorita' "scream" halfordiane e selvaggie ,che rende l'idea degli scenari battaglieri, oscuri e eroici proposti dalla band)...Grandi e selvaggi Defenders Statunitensi ma purtroppo sottovalutati ,..anche per me!...Album Stupendo! |
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Che band fantastica i Cirith Ungol! E quanto sottovalutata purtroppo! La voce di Tim Baker era perfetta per la loro proposta musicale e i tre strumentisti eccezionali! Da riscoprire per chi non ha avuto la possibilità di conoscerli a suo tempo |
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Attendiamo !! Per qua to riguarda la voce...diciamo che è perfetta per il tipo di musica suonata! |
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Band tanto grande quanto sottovalutata...ma va bene così..le cose buone sono per pochi eletti...e la notizia dell'anno è senz'altro il loro comeback ed un probabilissimo album in uscita entro il 2017 che ne sono certo non deluderà le aspettative... |
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Ma la voce del cantante (?!?!) non convince solo me? Troppo declamatoria, troppo recitativa. Peccato, perchè musicalmente l'album è validissimo con duelli solistici di alta scuola (Master of the pit; Death in the sun). |
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Secondo me, con "Frost and Fire", un must imprescindibile! |
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Da incorniciare il commento di The Reaper, parole azzeccattissime per un album stupendo. |
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Questo è probabilmente l'album Metal più difficile e meno immediato che abbia sentito. Ed in effetti più che a Tolkien potrebbe fare da colonna sonora al ciclo di Elric di Melnibonè a cui si riferiscono le copertine di tutti e 4 gli LP. Ma c'è un ciclo di letteratura fantasy a cui è secondo me ancora più vicino: L'Era Hyboriana di Conan il Cimmero. Qui veramente si evocano cieli rossi, abissi senza fine, nere nebbie ed oscurità echeggiante. Giungle malsane, idoli granitici e sangue maledetto. La colonna sonora del ritorno del Kraken, dell'avvento di Quelli-di-Prima, città stigee ed arcane nenie sussurrate davanti agli altari..... Bisogna non solo ascoltarlo, ma riascoltarlo ancora ed ancora e per dirla con Nietzsche, questo non è un albume solo da ascoltare, ma DA IMPARARE A MEMORIA |
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Uno dei più grandi dischi della storia del Metal. Quanto siano poco considerati (album e gruppo) mi desta sempre più stupore e tristezza. |
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Veramente non riesco a capire il 91 a questo disco e, soprattutto, a definire leggendario il debut... Un disco, questo KOTD, che esce nel 1984, con molte canzoni composte a metà degli anni 70 (per stessa ammissione della band), con una voce terribile (infatti le parti strumentali risollevano la media). Qui di epico e di atmosfere che portano a Tolkien non c'è traccia. Evocativo? Lo era più Walls of Jericho, che apparteneva ad un altro genere. Lasciando perdere i Manowar, in quegli anni giravano band che gettavano le basi dell'epic metal...Non so ragazzi, io non riesco a sentirci niente di speciale |
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Ciao Nightcomer, felice di sentirti! Up the Cirith forever |
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Ciao Fabio, lieto di rileggerti! Ancora una volta le nostre idee concordano. |
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..e citando appunto gli ultimi Candlemass, qua davvero 'the time is black'; ottima rece per Saverio, concordo con Nightcomer; l'etichetta epic è sin troppo riduttiva |
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Ti aspettavo Nightcomer!!! Grazie, davvero. Sono assolutamente d'accordo sul valore dei solos di Fogle, un grande chitarrista in un gruppo splendido. Grande personalita' e grandi atmosfere. |
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Una splendida recensione che trasuda entusiasmo, approfondimento e competenza: bravo Saverio. Il testo rende giustizia ad un gruppo che sicuramente avrebbe meritato più di quanto ha raccolto. Quest'album è il loro capolavoro anche secondo il mio modesto parere, ma prenso che i Cirith Ungol vadano apprezzati per l'intera carriera, oltre che per il contributo dato ad un genere le cui sfumature si estendono ben oltre la mera etichetta "epic" (concordo nel pensare che tale termine sia riduttivo). L'apporto di Fogle in tutto questo, senza voler sminuire gli altri componenti, è stato determinante: pur non avendo intenzione di fare panegirici, mi piace ricordarlo come un musicista dotato di anima e sentimento: i suoi solos sono tra i più espressivi che conosca. |
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I Cirith Ungol SONO l'Epic. |
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Senza dubbio uno dei più grandi parti della storia del metal. RIP al poco considerato Fogle... |
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Sono gli stessi artwork che venivano utilizzati per le pubblicazioni dei libri di Elric di Melniboné (al cui soggetto sono ispirati). Comunque oltre alle stupende copertine va di pari passo una stupenda proposta musicale. Come Baker stesso ricorderà molti anni dopo, la loro rovina fu firmare per una etichetta piccola e poco serie che li ha costretti per contratto alla miseria e all'anonimato. Peccato, una band dal suond incredibile e composta da signori musicisti. |
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Concordo con il buon Vichingo , Frost and Fire e questo King of the Dead sono due capolavori di Epic Metal , Immesi Cirith Ungol !!! @freedom ascoltali non te ne pentirai  |
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Impossibile fare classifiche tra i primi tre dei Cirith Ungol, sono delle gemme di pari splendore. Uno dei picchi più alti in questo ambito, a mio modesto parere, anche se per ragioni sentimentali tenderei ad affermare che l'indimenticabile Frost And Ice è leggermente superiore agli altri. Si sarà capito... i Cirith Ungol sono uno dei gruppi che più apprezzo nel panorama epic. Disco maestoso, da brividi. 90/100. |
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Mai ascoltati, ma l'artwork mi intriga parecchio...rimedierò al più presto. |
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Finalmente è mio, certo è solo il primo di una serie di acquisti che dovevo fare ma che liberazione averlo, un capolavoro IMMENSO! |
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Un capolavoro della musica, un modo di fare heavy metal che non tornera' più (?). Stesso tuo voto e...complimenti a te Lizard per ciò che hai scritto. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Atomic Smasher 2. Black Machine 3. Master of the Pit 4. King of the Dead 5. Death of the Sun 6. Finger of Scorn 7. Toccata in Dm 8. Cirith Ungol
9. Last Laugh (Bonus track della ristampa Metal Blade, 1999)
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Line Up
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Tim Baker (Voce) Jerry Fogle (Chitarra) Michael ‘Flint’ Vujea (Basso) Robert Garven (Batteria, Art Direction)
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RECENSIONI |
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