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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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( 3687 letture )
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Parlare dei polacchi Hate, qualsiasi sia l'album in questione, senza menzionare almeno due band loro conterranee (Behemoth, Vader) tra le maggiori influenze della band guidata da Adam “The First Sinner” e senza ridursi a fare paragoni con i numi tutelari, diventa col passare degli anni sempre più arduo. L'ottava fatica in studio, intitolata Solarflesh, sfortunatamente non inverte il trend, che seppure non sia negativo non fa nemmeno onore al quartetto di Varsavia. Il nuovo platter si articola in nove tracce (più tre bonus per chi sceglierà l'edizione limitata) per tre quarti d'ora di blackened death metal che rispetta tutti i canoni del made in Poland, con tanto di produzione robusta e lustra, drumming furioso centrato sul lavoro di cassa, influenze orientaleggianti (le malelingue leggano: gusto melodico che sembra preso in prestito dai fraseggi dei Nile), vocals imperiose.
Si parte con la marziale introduzione Watchful Eye Of Doom, in cui sample di percussioni elettroniche e synth aprono la pista alla sei corde, accompagnata da campionamenti di vocals femminili che saranno presenti in tutti il disco. Fin da subito s'intravede come la produzione sia nitida e potente, precisa nella resa e molto curata nella scelta dei suoni così come nella loro disposizione, in grado di assegnare ad ogni strumento una zona precisa in fase di ascolto. Si sfocia nell'apripista Eternal Might, brano che mette in mostra diverse delle caratteristiche della band: la potenza dei suoni di chitarra ed il gusto mediorientale delle loro melodie; la precisione dei quattro elementi in fase di pestaggio, coordinata dal picchiatore Hexen che sembra dimostrare una certa predilezione per i tappeti di doppia cassa; la similitudine vocale tra Adam e Nergal, a testimonianza che i due non condividono solamente il nome di battesimo. I brani suonano robusti, solidi e abbastanza vari, anche se in diverse occasioni aleggia il sospetto che alcune tracce avrebbero potuto risultare più efficaci senza tergiversare sull'introduzione per un paio di minuti, introducendo una sequenza di riff di buona fattura ma non sempre necessari a fare la differenza, quasi a dover inserire uno spessore a tutti i costi, dovendo tamponare qualche falla. La sensazione che si potrebbe arrivare al punto più in fretta s'impadronisce dell'ascoltatore a più riprese, mettendolo alla prova in particolare con la pachidermica Sadness Will Last Forever, concepita con le migliori intenzioni ma di fatto destinata a far sbadigliare più che a scalfire. Altro particolare che fa avanzare qualche lecito dubbio è la scelta di tarare la maggior parte dei brani sul mid tempo, pur spezzando il ritmo con qualche blast beat o con le scariche di cassa l'incedere mantiene un passo pressoché costante per una buona parte del running time. Con il potenziale tecnico a disposizione della band, è lecito attendersi qualche prodezza in più; quella varietà nel riffing data da una padronanza delle proprie capacità compositive, in grado di spingere la band a osare e spingersi fuori da un percorso che appare già tracciato. Ma, spezzando una lancia a favore dei polacchi, va detto che un elemento che aiuta a fare la differenza in Solarflesh è sicuramente rappresentato dall'utilizzo dei samples e la scelta di lavorare anche su parti cadenzate che tirano verso lidi industrial, in grado di creare una sensazione di discontinuità e particolareggiare le composizioni, allontanando a tratti la sensazione di deja vu che tanto penalizza l'album. Tra le più riuscite prove dell'album spiccano Alchemy Of Blood, Festival Of Slaves e Solarflesh, brani in cui è stata dosata la violenza e le variazioni sono presenti, senza concedere il tempo di annoiarsi. Dinamicità e groove si equilibrano, di nuovo senza strafare, ma con risultati positivi.
Tirando le somme, Solarflesh rappresenta l'ennesima prova che gli Hate ci sanno fare, riuscendo a dare alla luce un disco piacevole e ben realizzato, ma in cui si percepisce che non sembrano voler osare qualcosa in più per distaccarsi dall'immagine di semplici cloni. Le buone idee spiccano qua e là, le capacità strumentali non mancano e la produzione valorizza quanto il quartetto polacco compone, ma, diciamolo in tutta onestà: è la sostanza a mancare. Ciò che davvero dovrebbero prendere dai Behemoth, è la capacità di costruire brani ad effetto giocati su pochi riff e non necessariamente tirati al massimo delle proprie capacità. Invece di ritrovarsi anno dopo anno a collezionare una serie di brutte copie confezionate splendidamente, i nostri farebbero bene a riflettere su come staccarsi di dosso quest'impressione che gli Hate non siano destinati a rimanere che l'ombra delle realtà concorrenti.
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6
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Per me è una bomba ... ascoltatelo meglio!!!! |
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5
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Non saprei da dovr iniziare.. Il commento risulterebbe troppo lungo probabilmente... Ho solo l'impressione che si stiano focalizzando su troppo pochi fattori per un disco di tale durata. Se ponessero gli elementi che han creato dentro meno canzoni il risultato sarebbe probabilmente piu soddisfacentr... Stesso discorso di erebos.. Rimango sempre legayo ad awaken the liar ad ogni kodo |
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4
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@Undercover: mi riferivo proprio al nuovo corso, ho proprio dato per assodato che la virata degli ultimi anni fosse conosciuta da tutti. @Piggod: direi che suona molto vicino ad Erebos, all'inizio era partito in modo coinvolgente, ma dopo 3/4 ascolti già l'impatto cala ed emerge quella ripetitività di fondo di cui parlo nella rece.. |
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3
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mmm... ho sempre preferito gli azarath a loro, soprattutto da quando hanno acquisito tutta 'sta "patinatura" à la behemoth appunto... supponendo che faranno sicuramente anche loro un singolo con video iper carico mi sentirò quel pezzo là ad ogni modo, Anaclasis mi era piaciuto abbastanza, lo ammetto. |
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2
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Questo non l'ho ancora ascoltato, il precedente (Erebos) era una brutta copia dei Behemoth, Morphosis faceva vedere qualche interessante commistione con l'industrial però, a livello compositivo non era il massimo. Il periodo precedente a Morphosis è fatto da due disconi come Anaclasis e Awakening of the liar, in cui sono evidenti le influenze dei Vader che però vengono elaborate in maniera personale. I primi sono album in cui il culto per i Vader emerge con prepotenza (consideriamo che negli anni '90 in madrepatria il gruppo di Peter e Doc era IL gruppo leader della scena estrema), anche se sono notevoli le influenze dei prime mover del death metal (Morbid Angel, Deicide). Tornando al disco, ho solo una domanda: suona come Erebos? In caso di risposta affermativa, ho seri dubbi che mi verrà voglia di ascoltarlo, se invece mi dite che sono tornati ad un sound più simile ad Anaclasis (dove davano compimento ad un'identità unica nel death metal), lo ordino direttamente. |
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1
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Sono d'accordo con la rece in linea di massima, anche se li trovo ancor più scadenti di quanto affermi, per me arrivano a stento al sei, solo l'incipit del testo mi lascia perplesso: "Parlare dei polacchi Hate, qualsiasi sia l'album in questione, senza menzionare almeno due band loro conterranee (Behemoth, Vader)", se si parla degli album da "Morphosis" compreso in poi allora va bene, ma quelli prima onestamente le influenze dominanti non erano certo quelle della madre patria, anzi gente come Deicide e Morbid Angel spadroneggiava alla grande. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Watchful Eye Of Doom 2. Eternal Might 3. Alchemy Of Blood 4. Timeless Kingdom 5. Festival Of Slaves 6. Sadness Will Last Forever 7. Solarflesh 8. Endless Purity 9. Mesmerized
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Line Up
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Adam “The First Sinner” (Voce, Chitarre) Destroyer (Chitarre) Mortifer (Basso) Hexen (Batteria)
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