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Pink Floyd - The Piper at the Gates of Dawn
( 9695 letture )
I know a room of musical tunes. Some rhyme, some ching, most of them are clockwork. Let's go into the other room and make them work.

Signore e signori preparatevi per uno dei più grandi viaggi che dei musicisti abbiano regalato all’umanità, preparatevi alla psichedelia allo stato più puro, all’LSD, a paure e ingenuità unite da una mente geniale che ha saputo viaggiare fino ai più oscuri meandri della propria dipendenza, mettendo in musica dei veri trip e spingendosi forse troppo oltre, fino a perdere il controllo della propria mente. Preparatevi alla sorprendente bellezza di The Piper at the Gates of Dawn, pietra miliare di un genere, di un filone e di un’epoca. Un disco che in poco più di quaranta minuti è riuscito a sconvolgere e a far mutare diverse generazioni, grazie a tutta la sua immensa innovazione e genialità. Un album che ha cambiato radicalmente le sorti della musica inglese, d’oltreoceano e mondiale. Semplicemente: un capolavoro.

LE ORIGINI
Per analizzare appieno un’opera di tale portata si deve compiere un salto temporale rispetto alla pubblicazione del disco, fino all’autunno del 1963, quando un piccolo gruppo cominciava a prendere vita con il nome di Sigma 6. Pur senza saperlo i giovani ragazzi inglesi che formavano tale band stavano già scrivendo la storia, creando il primo nucleo embrionale di quelli che –di lì a poco- sarebbero diventati i Pink Floyd. La formazione dei Sigma 6 comprendeva Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason insieme a Keith Noble, Sheilag Noble, Clive Metcalf e Juliette Gale -futura moglie di Richard. La band ebbe vita molto breve e dopo appena sei mesi tutto risultò concluso. Della precedente band rimase esclusivamente il terzetto Waters, Wright, Mason a cui si aggiunsero infine i due amici e conoscenti Bob Klose e Roger Keith Barrett.
La band, la quale cambiò moltissimi nomi prima di giungere all’embrionico The Pink Floyd Sound, vantava un discreto repertorio rhythmn & blues esclusivamente di cover. Divergenze stilistiche tra Syd e Klose portarono a diverse diatribe interne –il primo spingeva la band verso un sound più sperimentale sotto aspetti mai toccati e sostanzialmente rock, l’altro puntava verso il jazz e il suddetto rhythmn & blues- che si concretizzarono con l’uscita di Klose dalle fila del gruppo. Da qui in poi si assisterà alla completa ascesa di Syd come indiscusso leader e compositore della band; infatti nei due anni successivi –siamo già alla fine del ’65- Barrett sarà la fonte interminabile di idee che porteranno i Pink Floyd ad essere la prima tra le band del panorama underground di tutta Londra. I loro show all’UFO Club e al Marquee diventarono vera e propria leggenda, creando un vero seguito e una certa fama alla band che riuscì a concretizzare tutto ciò in tour esteri e con la registrazione dei due primi singoli: Arnold Layne nel marzo del ’67 (con Candy and a Currant Curn come B side) e See Emily Play nel giugno dello stesso anno (il 45 giri vedeva The Scarecrow in seconda facciata). See Emily Play fu un vero successo, rimanendo in classifica per circa sette settimane e raggiungendo la 6° posizione, il che permise alla band di essere notata in modo ancora maggiore e palese. L’esplosione era ormai avvenuta, mancava solo il colpo di grazia.

IL DISCO: INIZIO DI TUTTO E CANTO DEL CIGNO
Tra il Febbraio e il Luglio del 1967 si ebbero finalmente le registrazioni dell’album di debutto della band, ultimo tassello mancante. I pareri sulle registrazioni risultano da sempre discordanti, c’è chi afferma, come Mason, che avvennero nella più totale tranquillità, mentre altri, come Norman Smith, asseriscono che fu un vero inferno. Sta di fatto che, inferno o tranquillità che fosse, in cinque mesi il gruppo registrò una vera e propria pietra miliare. Come già detto l’album è pieno di rimandi alla droga maggiormente in voga al tempo, nonché preferita di Syd, ovvero l’LSD. L’allucinogeno in questione fu il mezzo fondamentale per i vari trip mentali di Roger che permisero il successivo parto di perle come Astronomy Domine, Flaming, Interstellar Overdrive e molte altre. L’album si apre con quella che sarà ricordata come una delle maggiori canzoni psichedeliche della storia, molto vicina anche allo space rock, ovvero Astronomy Domine. Il brano dalle tinte ombrose ed oppressive narra l’amore del chitarrista per lo spazio –elemento che lo ha sempre affascinato- nonché un suo viaggio indotto proprio dall’LSD (leggenda narra che Barrett durante il trip portò con se un libro di astronomia per orientarsi). Musicalmente parlando la traccia si classifica immediatamente come innovativa sopra ogni forma immaginabile; i tetri accordi di Syd e il martellante/pulsante basso di Waters catapultano l’ascoltatore tra le stelle e i pianeti, facendolo vagare insieme alla mente del corvino singer. Le dolci quanto onnipresenti tastiere di Wright sostengono l’intera struttura regalando forma e compostezza anche nelle varie digressioni, e Nick con i suoi piatti, che risuonano riempiendo tutti i possibili vuoti, contribuisce a creare una traccia monumentale, indimenticabile e semplicemente storica. Con Lucifer Sam si vira su lidi leggermente più classici, grazie ad un riff e una ritmica psichedelica quanto potente, da pezzo rock nudo e crudo, ma le sperimentazioni non tardano ad arrivare sia musicalmente, con una continua progressione sonora, infarcita delle più disparate sperimentazioni, che a livello di testi. Il brano tratta nientemeno che del gatto di Syd, Rover, soprannominato Sam dal cantante stesso; qui l’artista parla dei suoi strani comportamenti che a volte risultano davvero inspiegabili -da una strofa della canzone prenderà il nome una band di rock psichedelico, ovvero i Jennifer Gentle. Con Matilda Mother ci si ritrova dal nulla in una dolce e bellissima favola che vede Richard e Syd avvicendarsi al ruolo di narratori. Il normale andamento della canzone viene interrotto dalla centrale incursione delle tastiere molto orientaleggianti che contribuiscono a rendere ancora più particolare un pezzo di per sé già molto atipico. Flaming è la perfetta dimostrazione di come le droghe abbiano avuto una grandissima importanza all’interno della stesura dei brani. La traccia in questione è una descrizione dei tanti stati mentali provati da Syd sotto l’effetto di tale sostanza e delle allucinazioni provocategli. Ci ritroviamo così con un Barrett sdraiato su nuvole blu, a cavallo di unicorni e impegnato a nuotare tra le stelle. Musicalmente il brano presenta i cambiamenti più disparati, anche questi sempre posti in correlazione con i vari stati d’animo dettati dalla droga: il tratto iniziale, molto cupo, sfocia in un’allegra strofa con triangoli, chitarre acustiche ed incursioni di pianoforte. Ogni strumento porta avanti una diversa linea, dalla chitarra, alla batteria, alle tastiere, fatta eccezione per il basso, che risulta essere l’unico strumento pertinente alla linea melodica iniziale della canzone fino alla sua conclusione.
Pow R. Toch H. è la prima traccia strumentale dell’album. Con un nome dalla spiegazione ancora ignota –le ipotesi sono diverse ma nessuna di queste risulta essere attestata-, presenta grandi sperimentazioni, come le urla e le risate presenti all’interno del brano di Barrett e Waters o i disparati versi in apertura –cose che ritroveremo in maniera maggiormente approfondita in Ummagamma. Il brano, sorretto ancora una volta dalle tastiere e dalla batteria, lascia molto spazio sia all’improvvisazione delle prime che alla chitarra di Syd, il quale si diverte a seviziarla nei modi più disparati, tra cui il tanto caro slide. Roger Waters, futuro leader indiscusso della band, nonché compositore delle maggiori e più grandi opere mai realizzate, in questo lavoro resta quasi sempre in disparte, lasciando che l’amico/leader porti avanti da solo ogni aspetto riguardante il gruppo. In tutto il disco sia ha una sola, esclusiva, incursione del genio di Waters che scrive e canta Take Up Thy Stethoscope and Walk. Da notare fin da subito l’embrionale critica presente all’interno del pezzo, che, seppur ancora molto distante dai lavori futuri, si fa comunque sentire. Il pezzo presenta un comparto strumentale davvero fenomenale. Inizialmente tutto segue l’andatura della melodia vocale, con un esclusivo accompagnamento del basso; la chitarra di Syd fa la sua entrata solamente dopo la prima parte del testo per improvvisare in uno dei modi migliori visti in tutto il disco e man mano fa la stessa cosa anche lo strumento di Roger, trovando finalmente lo spazio che gli spetta, quello di colonna portante. Detto ciò le tastiere di Wright non si fanno scrupolo ad entrare irruentemente nel pezzo, armonizzandosi senza problema alcuno. Il brano viene chiuso da una serie discendente di accordi che accompagna la strofa finale.

Quando si pensa alla musica psichedelica, cercando di identificarla in un solo pezzo, è innegabile dire che Interstellar Overdrive salta immediatamente alla mente come prima candidata. Il brano –che su disco raggiunge solo i nove minuti, nulla in confronto ai venti e più delle versioni live- si sviluppa in diversi livelli, nascendo dal cupo riff di chitarra di Barrett per sfociare nella più totale improvvisazione, in cui ogni strumento suona un qualcosa a se stante, senza risultare mai fuori posto. Il riff portante viene modificato, snaturato, decostruito e ricostruito, per essere nuovamente accennato al centro del brano e ripreso sul finale. La chitarra di Syd tocca vette davvero “interstellari” facendo cose inaspettate insieme all’ossessivo riff di basso creato da Waters che ha davvero del maniacale. Nove minuti di pura arte impressionista sotto ogni aspetto. Passiamo ad un brano leggermente minore, ma non per questo meno bello, come The Gnome. Pezzo dalle vesti quasi esclusivamente acustiche, dove Syd ci descrive il piccolo Grimble Gromble e le sue abitudini. Il brano di chiara ispirazione tolkieniana, nonostante risulti come la più “normale” tra le composizioni, presenta anch’esso delle particolarità, come il modo sibilante, quasi diabolico, di Syd nel ripetere la frase:
Look at the sky, look at the river. Isn't it good?.
Chapter 24 illustra alcuni degli insegnamenti di vita del confucianesimo, ispirandosi al testo classico cinese I-Ching, conosciuto anche come il libro dei mutamenti e traendo spunto proprio dal capitolo ventiquattresimo. Nel brano il cantante illustra come i vari movimenti siano legati tra loro e come l’ultimo riporti direttamente al primo, creando una catena indissolubile. Per spiegare ciò Syd mette veri e propri frammenti del libro all’interno del testo. Con le conclusive The Scarecrow e Bike ci si trova davanti a tutta la dolcezza, nonché infantile ingenuità dell’artista, che spesso sembra stupirsi semplicemente di un oggetto in quanto tale. Riesce ad osservare tutto con occhi veri, senza cenno di malizia o giudizio alcuno, è su questo che si basa la storia dello Spaventapasseri che lì, fermo in mezzo al campo se ne sta. Il brano introdotto dalle tastiere si mantiene su canoni più classici, fatta eccezione, come già detto, della semplicità con cui Barrett tratta il tutto, in modo quasi disarmante. Stessa cosa accade con Bike i cui primi versi sembrano scritti davvero da un adolescente che cerca di apparire grande grazie al suo nuovo fantastico regalo, sfoggiandolo davanti agli amici o –ancora meglio- davanti al primo amore. Il testo man mano sfocia sempre più nel paradosso, passando per il topo di nome Gerald, fino agli omini di pan di zenzero, per poi crescere d’improvviso e parlare di musica e di queste melodie da far funzionare insieme. Fin qui gli arrangiamenti risultano classici, influenzati probabilmente anche dal fantasma beatlestiano con cui erano molto a contatto al tempo –i Beatles stavano registrando il loro Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band sempre negli Abbey Road Studios- per interrompersi dopo la fine dell’ultima strofa e sfociare in un caotico, quanto significativo, outro psichedelico che ha un doppio significato: oltre a volersi staccare definitivamente da tutto ciò che era conosciuto e consono all’interno della musica “pop” inglese segnava l’imponente inizio di una nuova era.
Che dire di più? Semplicemente un lavoro fenomenale che però ha contribuito a portare via quegli ultimi barlumi di lucidità ancora presenti in Roger Keith Barrett. Infatti, se The Piper at the Gates of Dawn segna il vero esordio commerciale dei Pink Floyd, risulta essere anche il “canto del cigno” dell’indiscusso leader all’interno della band, dato che da lì a poco non sarà nemmeno più in grado di suonare durante le esibizioni nei locali, costringendo il gruppo ad affiancargli David Gilmour e verrà sostanzialmente allontanato durante le registrazioni del successivo A Saucerful of Secrets.

The Piper at the Gates of Dawn -che deve il suo nome al settimo capitolo de “Il Vento Tra I Salici”- è un album magnifico, stupendo, fondamentale e molto triste –per il futuro di Syd- che incarna in se tutto un genere a parte, riuscendo a smuovere le fondamenta della musica da solo, come opera a se stante. Molti all’epoca si lamentarono della troppa poca psichedelia, rispetto a quanto proposto nei live della band, come su Interstallar, ma dopo tutti questi anni è giusto ammettere senza ombra di dubbio che il disco risulta fantastico così e nulla di più né nulla di meno lo avrebbe reso migliore. Syd, Roger, Richard e Nick al tempo fecero le giuste valutazioni per ciò che poteva e non poteva rendere su disco vero e proprio e sono stati ripagati con un risultato finale oltre ogni umana immaginazione. Un disco che nonostante tutto riesce sempre a sbalordire, lasciando meravigliati ed attoniti, con un fascino a se stante, di opera tra il sano e l’insano, tra ordine e puro caos. Un’opera maestosa, irripetibile, dal volere storico inestimabile.
The Piper è uno di quei dischi che ogni uomo dovrebbe avere il diritto di possedere.



VOTO RECENSORE
96
VOTO LETTORI
67.98 su 165 voti [ VOTA]
progster78
Mercoledì 19 Agosto 2020, 17.17.20
36
100 per questo album sarebbe anche poco,ci troviamo dinanzi a qualcosa di monumentale. Astronomy Domine fa tremare i polsi, Interstellar Overdrive superlativa e Bike assurda e geniale al tempo stesso. Barrett era un genio e su tutto il disco c'e' la sua arte,la sua mente e la sua anima. E' un disco a se stante dalla discografia dei Pink Floyd. E se pensiamo che e' uscito nel '67 la cosa fa venire i brividi. Non vorrei sembrare esagerato ma questo e' il mio pensiero. Voto Infinito!!!
Massimo
Giovedì 14 Maggio 2020, 17.21.58
35
Dei Pink Floyd non c'è molto da presentare o dire. Limitandomi a questo album d'esordio ritengo sia un lavoro molto interessante ed anche unico nella loro produzione essendo l'unico di manifattura prevalentemente Barrettaina. Dimenticatevi i Floyd degli album successivi, qui sono un'altra cosa. Difficile esprimere quindi una valutazione, io sinceramente preferisco la produzione successiva, lo stile Barrett lo trovo infantile, con cadenze da filastrocche e canzoni brevi poco melodiche ma comunque interessanti. Il mio voto personale è 75
Rasta
Sabato 12 Ottobre 2019, 9.42.08
34
Non dimentichiamoci dell'UFO Club!
Fabio Rasta
Sabato 12 Ottobre 2019, 9.40.48
33
Quando ero pivello, giravo con un nutrito gruppetto di bruciati par mio, uno di questi, il mio grande Amico Click, oggi scomparso, era grande fan dei PINK, di WATERS, ma soprattutto di SYD. Ricordo con immensa nostalgia quando partivamo x le nostre scorribande, con questo Album ancora nelle orecchie da casa, ci sembrava di vivere nei '60. All'epoca le persone non erano ancora fatte tutte con lo stampino, e giravano ancora parecchi Rockers e Frickettoni, Punk prima era, Skins e via dicendo. Benchè cappellone fosse sinonimo di tossico, in realtà eravamo parecchi. Oggi ci sono giorni che credo di essere rimasto solo e indietro. Il xchè della nostalgia, quando il mondo non era "uniformato" (ricordiamoci tutti il tritacarne di The Wall, alla fine pare ci siano riusciti). Con la Musica di SYD appariva tutto magico, come un acquario incantato. X cui sarò assolutamente di parte. Non entrerò nel merito della votazione, ma nessuno può negare la svolta pirotecnica che diede questa Band, questo personaggio (SYD BARRETT), e questo LP. Daccordo, c'è dei BEATLES, che male c'è?. Intanto il riff di Interstellar e Astronomy devono avere scosso non poco le anime inquiete della chitarra, poi i suoni e le atmosfere, i testi, le melodie atipiche, il modo di approcciare gli strumenti, a partire da NICK MASON, che sembra tradizionale, x la sua semplicità, ma fidatevi, non lo fu x niente "tradizionale". Quasi tutti preferiamo i FLOYD + maturi, ma negare la genialità, l'importanza e le post-influenze di Piper, non solo x i Floydiani, ma x tutta il Rock diciamo così "alternativo"... mi pare un po' forzato.
GRC
Lunedì 16 Aprile 2018, 18.39.04
32
WOW!!! 100/100
Francesco
Martedì 25 Luglio 2017, 14.52.28
31
Syd era un genio, questo album è fenomenale, diverso da tutti gli altri album futuri dei Pink Floyd. 100/100
DANILO
Venerdì 21 Aprile 2017, 23.13.20
30
E' molto psichedelico!!!!! Spero di aver detto qualcosa di utile perchè non ci so fare tanto con i commenti e con i social!!!! Ho 13 anni, sono un fan sfegatato dei Queen ma mi piacciono anche un po' i Beatles e i Pink Floyd
DANILO
Venerdì 21 Aprile 2017, 23.11.12
29
Molto bello 'sto album anche se ricorda un po' Rubber Soul e Revolver dei Beatles.
Morlock
Mercoledì 22 Marzo 2017, 12.50.54
28
Premessa:adoro i Pink Floyd quando NON diventano i Pink Beatles(ritornelli diabetici e parti maggiori che definire alla Dawson's creek è dire poco).....indubbiamente il periodo con Sid Barret pur essendo stato probabilmente il periodo d'oro per loro non riesco a digerirlo....ciò non toglie che parliamo cmq di una band cha ha RIVOLUZIONATO il modo di suonare e concepire la musica scardinando canoni musicali un pò come nella musica classica contemporanea fece Stockhausen....cosa che ASSOLUTAMENTE non fecero per l'appunto Beatles e compagnia bella che tutt'al + li potrei mettere nella categoria "jingle per casalinghe frustrate"!Inutile dirvi che a gusto personale li adoro da Animals in poi...
Lorenzo
Mercoledì 22 Marzo 2017, 12.26.56
27
Uno di quei dischi che ha spaccato la scena musicale in due, costruito su genialità e libertà di espressione. Di certo una perla della musica del dopoguerra. Chi lo critica non legge fra le note acide perchè offuscato da stilemi o preconcetti di musica formalmente corretta. Just free your mind. P.S. che anno magnifico è stato il '67 per la musica? O più in generale il decennio 65 - 75? Semplicemente inarrivabile.
Gabrigilli97
Martedì 12 Aprile 2016, 20.02.18
26
CAPOLAVORO
Kesselschmied
Sabato 27 Febbraio 2016, 16.13.16
25
Raga se non capite di musica fareste meglio a starvene zitti, questo è indubbiamente il miglior album dei pink floyd
Rob Fleming
Giovedì 4 Febbraio 2016, 9.33.50
24
Questo è un album "strano". Alcuni, ancora dopo 50 anni, la menano sul fatto che QUESTI sono i veri Pink Floyd. Ritengo più per l'alone di divinità rock assunta da Syd Barrett e per i concerti sicuramente avanguardistici per l'epoca che per altro. L'album è buono, in alcuni punti ottimo, ma obiettivamente è un buon/ottimo album di pop psichedelico. Affascinante, intrigante, accattivamente, ma niente a che vedere con il futuro. Se ascoltiamo gruppi coevi (Tomorrow sono i primi che mi vengono in mente) non notiamo poi questo gap che si manifesterà in tutta la sua schiacciante superiorità in futuro. Astronomy Domine e Interstellar sono splendide; Bike e The Gnome sono divertenti; l'unico brano di Waters ha il suo perché.
Galilee
Mercoledì 14 Gennaio 2015, 18.07.16
23
Condivido anch'io le opinioni del marchese. Questi non sono ancora i Pink Floyd, anche se adoro questo album. Questo è un mix tra Barret e il Beatles sound. Penso di aver votato 95, ma in effetti un 85 sarebbe più giusto. Usciano dei dischi di pischedelic rock in quel periodo che erano all'altezza ma anche superiori a questo e non di poco. Ma ci sono troppo affezionato.
Steelminded
Lunedì 1 Settembre 2014, 22.48.21
22
Ottimo ancora marchese, la tua deferenza politically correct nei confronti di questo storico debut e' giusta, ma cio' non toglie che questi non sono i pink floyd che verranno e questo disco non vale 96 o gli osanna che in sede di commento gli si tributano. E leggendo tra le righe, mi semba che tu anche la pensi un po' cosi'...
nat 63
Lunedì 1 Settembre 2014, 22.18.39
21
CAPOLAVORO ABNORME.
Zess
Venerdì 22 Agosto 2014, 13.06.26
20
Il migliore che hanno fatto, poche chiacchiere.
Le Marquis de Fremont
Giovedì 21 Agosto 2014, 13.40.07
19
All'epoca non mi aveva preso molto. Forse anche perché sono andato a ritroso, essendo Ummagumma il primo disco dei Pink Floyd che ho sentito. Quindi questo mi era parso più acerbo e forse più "costretto" con canzoni non grandiose come su Ummagumma e come alcuni all'epoca avevano notato, non paragonabili a quelle presenti nelle esibizioni live. Ancora adesso, per me, questo non è il sound dei Pink Floyd ma il sound di Syd Barrett. Assomiglia di più a The Madcap Laughs che a Atom Heart Mother o The Dark Side of the Moon. Comunque una grande testimonianza di cosa si faceva in Inghilterra al periodo. Au revoir.
spiderman
Mercoledì 20 Agosto 2014, 21.50.46
18
Questo e' un capolavoro assoluto, l'impronta Barrett si sente eccome, solo la meravigliosa interstellar overdrive ti manda in estasi e vale da dola l'acquisto del disco, ma direi tutti i brani sono emotivamente entusiasmanti questa musica va al di la dello spazio e del tempo, ti ttasporta veramente in altre dimensioni, proprio come l'effetto di un allucinogeno, quindi e' da prendere a piccole dosi, specialmente per chi lo sente in macchina puo' essere un po pericoloso per chi guida ahahah scherzo, credo che all'epoca fu come un fulmine a ciel sereno, una novita' assoluta per la musica di allora, e se penso che era il 1967, a maggior ragione tanto di cappello, la loro mente musicale geniale era molto ma molto avanti per i tempi, tanto da creare un opera fondamentale nel suo genere, un vero e proprio caposaldo intramontabile e inossidabile.Questa e' vera psichedelia rock , allucinogena e allucinante, ti manda davvero fuori di testa , ti manda in estasi,come una droga questa musica ,e come sola controindicazione,una volta ascoltata non ne puoi piu' fare a meno e puo' provocare crisi da astinenza.voto : 99.
jek
Mercoledì 20 Agosto 2014, 20.20.51
17
Questo disco rappresenta in pieno lo stato mentale di Barret, se lo si inquadra nel periodo d'uscita si ha il suo vero valore. Io preferisco i secondi Pink ma questo disco... P.S. @LORIN ocio che si inquadra il reato di istigazione
Interstellar Overdrive
Mercoledì 20 Agosto 2014, 17.42.45
16
Un disco che mi piace molto, come credo sia intuibile. Una pietra miliare della storia del Rock.
Awake
Mercoledì 20 Agosto 2014, 12.24.33
15
Ah ok airmaccjo...
airmaccjo
Martedì 19 Agosto 2014, 9.24.12
14
@Awake: intendevo recensioni di altri dischi che non sono stati recensiti., mi sono spiegato male nel commento
VomitSelf
Martedì 19 Agosto 2014, 0.04.10
13
ps. ah, e basta con i paragoni Barrett/Waters, questa era un'altra band rispetto a quella di 'The Dark Side...'....qui c'era un certo Syd Barrett...poi era il 1967, un'altra epoca. E per essere un album del '67...acciderbolina se non era avanti! Poi i gusti sono sacrosanti, ci mancherebbe...
VomitSelf
Lunedì 18 Agosto 2014, 23.59.35
12
Uno dei dischi più allucinanti (nel vero senso della parola XD) della storia. Forse il mio preferito in assoluto dei Floyd, sicuramente 14-15 anni fa ci stavo in fissa pesante. Il vinile l'avrò consumato. E su 'Interstellar Overdrive' se ci fumavi un po troppo davvero ti sentivi male...
UpLoad
Lunedì 18 Agosto 2014, 23.35.45
11
La psichedelia fatta disco. Stop. 99
Screamforme77
Domenica 17 Agosto 2014, 22.54.27
10
Anche se i PF che più ho amato sono quelli dal post-Barret, questo è un album davvero grandioso, davvero parecchio avanti per l'epoca. Le prime tre e Interstellar Overdrive sono fantastiche.
Akira
Domenica 17 Agosto 2014, 11.27.38
9
la band più grande di tutti i tempi.
Blackout
Sabato 16 Agosto 2014, 21.48.27
8
Capolavoro assoluto, miglior disco anche per me.
Nirvana
Sabato 16 Agosto 2014, 20.31.23
7
Steelminded di nome e di fatto
Steelminded
Sabato 16 Agosto 2014, 15.00.47
6
Ok se vogliamo dare 96 a The Piper at the Gates of Down perché sono i Pink Floyd, faccciamolo... non lo merita.
Awake
Sabato 16 Agosto 2014, 14.57.50
5
@airmaccjo: beh che ci vuole, subito sotto alla line up sulla destra di questa stessa pagina ci sono ben 6 recensioni dei PF...
airmaccjo
Sabato 16 Agosto 2014, 14.25.56
4
Disco semplicemente seminale! sarei curioso di vedere anche altre recensioni dei Pink!
vecchio peccatore
Sabato 16 Agosto 2014, 12.56.07
3
Capolavoro, 95 pieno e per me miglior disco dei Pink Floyd
Galilee
Sabato 16 Agosto 2014, 11.56.25
2
Il primo e indimenticabile disco dei Pink Floyd Un capolavoro come il 90 % dei dischi rock che uscivano in quel periodo. Da avere, da vivere e da ascoltare. Almeno per me, sono già passati 20 anni da quel momento.
LORIN
Sabato 16 Agosto 2014, 11.18.11
1
Disco meraviglioso che rappresenta un era meravigliosa, all'epoca anche LSD era meravigliosa, evviva il mondo a colori. Questo l'album non è un disco più bello di sempre ma è qualcosa di più, qui la musica la vedi.....
INFORMAZIONI
1967
EMI
Psychedelic Rock
Tracklist
1. Astronomy Domine
2. Lucifer Sam
3. Matilda Mother
4. Flaming
5. Pow R. Toc H.
6. Take Up Thy Stethoscope and Walk
7. Interstellar Overdrive
8. The Gnome
9. Chapter 24
10. The Scarecrow
11. Bike
Line Up
Syd Barrett (Voce, Chitarra)
Richard Wright (Tastiere)
Roger Waters (Basso)
Nick Mason (Batteria)
 
RECENSIONI
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