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Crying Steel - Time Stand Steel
( 2668 letture )
La storia dell’heavy metal italico pullula letteralmente di band che, se fossero nate altrove e senza voler necessariamente sostenere che sarebbero diventate dei fenomeni di levatura mondiale, avrebbero probabilmente avuto una carriera comunque differente. Alcune di queste sono rimaste impresse nella memoria di pochi sopravvissuti dell’epoca o di ancor più rari studiosi della stessa, mentre altre sono assurte al rango di cult band. Tra queste ultime è senza dubbio possibile considerare i bolognesi Crying Steel. Nati a seguito dello split dei Wurdalak, si fecero notare per una demo dal sound priestiano e per l’ugola di Luca Bonzagni, degno emulo di Halford. Dopo l’apparizione su Heavy Metal Eruption e l’EP omonimo dell’85, toccarono il momento di maggiore popolarità interna nel 1986 con la partecipazione al primo festival metal di caratura internazionale tenuto in Italia. Dopo altre due demo, arrivò On the Prowl (primo prodotto metal italiano ad essere stampato anche in versione CD), l’ottimo album che poteva lanciarli definitivamente. Da lì in poi, però, vari cambi di formazione ed il lento oblio, fino al rilancio del gruppo ed il nuovo The Steel Is Back, cui fa seguito l’abbandono per problemi personali dello storico chitarrista Alberto Simonini.

I Crying Steel tornano adesso sulle scene con Time Stands Steel, un nuovo lavoro che, a dispetto di una formazione mutata con Max Magagni alla chitarra e Stefano Palmonari alla voce, conserva immutato lo stile tipico del gruppo. Quello che di conseguenza abbiamo davanti, è un prodotto che non contiene, né vuole contenere, una sola singola nota che possa essere classificata come innovativa, rimandando all’opera delle grandi band del campo, Judas Priest ed Accept su tutte. La differenza con i gruppi che scimmiottano più o meno bene i summenzionati Judas e compagnia, però, è che i Crying Steel non sono posteriori all’esplosione di una certa scena, ma coevi alle stessa, non potendo quindi essere liquidati come semplici amanuensi del metal, ma contando su un pedigree specifico ed una classe che, nonostante le differenze di line up rispetto agli inizi, è sempre notevole. Niente sovrastrutture particolari, niente ricerca, niente orpelli, solo una serie di inni metal concepiti -anche come testi- per i concerti, per fare sano headbanging celebrando il metal e la propria presenza ad un determinato evento dal vivo; tutto qui. Da Defender (appunto) alla divertente Beverly Kills (bellissimo titolo, per inciso), passando per Rockin’ Train, Heavens of Rock, Metal Way e in tutte le restanti tracce, non troverete altro che assoli di chitarra, screaming vocals, palm muting, riff ruffiani ed immediati, atmosfere rocciose, ritornelli da cantare in coro, qua e là aperture più melodiche. Insomma: metal e qualche sana concessione all’hard rock, oltre ad alcuni pezzi semplicemente normali come ad esempio Riding e Black Eve, piacevoli, ma non esaltanti; così è, se vi pare. A completare il tutto una buona incisione e la partecipazione del redivivo Simonini in Crying Steel. Da annotare a margine che la tradizione -si fa per dire- dell’instabilità della formazione bolognese si conferma anche stavolta, con Palmonari che ha lasciato la band poco dopo l’uscita di Time Stand Steel, prontamente rimpiazzato già a giugno da Ramon Sonato.

Da evitare accuratamente se gli anni 80 sono per voi solo un periodo importante, ma morto e sepolto, con i dischi di quel tempo da mettere sullo scaffale nella sezione “ricordi” e da spolverare di tanto in tanto quasi per dovere. Se però questi suoni e questa attitudine schietta e spontanea hanno ancora un senso, una ragione di esistere, magari solo per ricordarci da dove veniamo, allora Time Stand Steel ed i Crying Steel sono un disco ed un gruppo che hanno ancora il loro senso ed una affidabilità certa. Come quella vecchia vettura di famiglia priva di elettronica, di ABS, di navigatore satellitare, di aria condizionata, di stereo con presa mp3, ma che vi ha portato ovunque, dove magari avete fatto dell’altro quando i genitori ve l’hanno fatta usare quando avete preso la patente e che quindi resta indelebilmente impressa nei vostri ricordi. Quell’auto ha percorso una marea di chilometri e tanti altri ne percorrerà, senza mai scatti brucianti ai semafori, ma con la certezza di arrivare a destinazione anche se ha qualche ricambio non originale. A nessuno di voi piacciono le vecchie macchine di una volta? Io quando ne vedo una per strada mi volto sempre a guardarla.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
83.16 su 12 voti [ VOTA]
Mix
Mercoledì 7 Agosto 2013, 20.28.16
4
Bella recensione e bellissimo paragone finale, w le macchine di una volta!
Raven
Domenica 4 Agosto 2013, 21.14.41
3
io ero quello della Uno nera
jek
Domenica 4 Agosto 2013, 20.13.34
2
Raven hai ragione riascoltando i Crying Steel mi ritorna in mente la mia vecchia PANDA col mangianastri
dario
Domenica 4 Agosto 2013, 19.31.38
1
Già le prime note che sto ascoltando mi catapultano direttamente agli '80. Cerco sempre queste sonorità heavy, mi appartengono e non mi stancano. Bellissimo il paragone tra l'auto super moderna e accessoriata , con l'auto di una volta nel finale della rece.
INFORMAZIONI
2013
My Graveyard Productions
Heavy
Tracklist
1. Defender
2. Shut Down
3. Lookin’ @
4. Rockin’ Train
5. Heavens of Rock
6. Crying Steel
7. Metal Way
8. Starline
9. Riding
10. No Slip
11. Black Eve
12. Beverly Kills
Line Up
Stefano Palmonari (Voce)
Franco Nipoti (Chitarra)
Massimiliano “Max” Magagni (Chitarra)
Angelo Franchini (Basso)
Luca Ferri (Batteria)

Musicista Ospite:
Alberto Simonini (Chitarra nella traccia 6)
 
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