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NODE - As Book Kills - La biografia ufficiale
15/06/2024 (829 letture)
LA SCENA E LE PREMESSE
Torniamo ancora una volta ai primi anni Novanta, un periodo carico di fermento, nel quale il metal italiano entra finalmente nell’età adulta, dopo i pioneristici anni Ottanta, quelli in cui suonare questo genere, nel nostro Paese, significava essere degli alieni e doversi scontrare regolarmente contro un muro di ignoranza e pregiudizi, assenza di strutture, mezzi, professionalità. Non che nel decennio successivo improvvisamente il Belpaese fosse diventato la California, New York e nemmeno Londra o Berlino. Il metal era comunque un fenomeno underground e poco capito, ma finalmente si iniziava a ragionare in termini di studi di registrazione che sapevano cosa facevano, etichette piccole ma agguerrite e che tentavano davvero di promuovere la scena, promoter che avevano un giro di band metal, locali che proponevano il genere in pianta stabile e un giro di musicisti ampio, che si conosceva e collaborava (pur con i conosciuti limiti), con MTV che era ancora un canale di musica e Videomusic in onda. Sono anni, quelli precedenti l’avvio del digitale e il conseguente crollo del mercato discografico, nei quali l’underground sta diventando grande e nel mainstream ci sono band che suonano rock che vanno regolarmente in televisione e in classifica e “aprono” al genere. Insomma, è un momento di forte crescita, dopo anni difficilissimi, e band come Extrema, Broken Glazz, White Skull, Alligator, Sadist, Karma, Ritmotribale, Mortuary Drape, Necromass e via elencando, si affiancano ai “padri nobili”, Death SS, Strana Officina, Dark Quarterer, Sabotage, Vanexa, Necrodeath, Schizo etc. etc., creando quella “scena” nazionale che da lì a pochissimo avrebbe dato i natali all’enorme ondata power metal e ai veri “prodotti da esportazione” nazionale: Rhapsody e Lacuna Coil.
In mezzo a questo fermento, una band inizia a fare i primi passi: siamo nel 1994 e Steve Minelli, ex chitarrista dei Death SS di Heavy Demons, sta cercando membri per avviare una propria band. Il movimento, come detto, c’è e Minelli è un nome che attira; in pochi mesi, ecco che una prima versione del gruppo si forma attorno a lui. Arrivano il nome, il logo, le prime registrazioni, inizia la vera protagonista della storia dei Node: la girandola di persone, che conosce da qui in avanti, un solo punto fermo, Gary D’Eramo. Arrivato come chitarrista nel 1995 e poi anche come cantante, D’Eramo diventa il partner ideale per Minelli: musicista capace, conosciuto nell’underground, motivato a mille e pronto a prendersi carico della band in tutto e per tutto. Arrivano le prime soddisfazioni: l’EP Ask, il concerto al Rainbow di spalla ai Death di Chuck Schuldiner in sostituzione dei Benediction e, soprattutto, inizia a prendere forma la prima formazione “classica”. Da qui, inizia la storia dei Node.

IL LIBRO E L’AUTORE
Massimo Villa lo abbiamo conosciuto di recente, grazie a una serie fittissima di biografie, aperta dai Necrodeath (The Shining Book, per Arcana nel 2021), Sadist (La melodia del male, Tsunami, 2022) ed Extrema (E’ un fottuto massacro collettivo, Tsunami, 2023). Un libro l’anno, che arriva al quarto con questo As Book Kills, dedicato appunto ai Node. Una schedulazione importante, che ci dice anche come questo autore sia apprezzato dagli stessi musicisti e da loro chiamato a narrarne le gesta, in quello che sembra essere il più classico dei passaggi generazionali: il rock ha sempre parlato e fatto parlare di sé, tantissimo. E’ stato il primo vero genere mediatico, sin dagli anni Cinquanta, e questa narrazione continua, interna ed esterna, ne ha costruito la Leggenda, poi trasmessa agli antesignani, blues e jazz e, in parte, ai Maestri della musica classica. Ma è indubbio che, ancora oggi, sia il Rock a parlare di sé in primis e non stupisce che lo facciano musicisti che ormai hanno una lunga carriera alle spalle (trent’anni, nel caso dei Node). Sia per celebrazione, sia per evitare che il tempo alteri troppo i ricordi, sia per promuovere un po’ un nome storico che ritorna con un nuovo album, sia infine per ricostruire, un pezzetto alla volta, la storia di quella scena e di quegli anni.
L’opera di Villa segue i canoni già visti anche col precedente lavoro per gli Extrema: si parla un po’ dei protagonisti, si parla un po’ della scena e poi via, in rigoroso ordine cronologico (con qualche salto, avanti e indietro), seguendo il filo dato dalla discografia e quindi dagli aneddoti legati alla nascita del gruppo, dalle registrazioni e, di conseguenza, addentrandoci nel mondo discografico e in quello dei tour. Il tutto, ampiamente corredato e approfondito da numerose foto d’epoca. In conclusione, ogni periodo della vita della band viene raccontato attraverso gli album, di cui viene narrata l’origine, i temi trattati, la fase di composizione e registrazione, il relativo tour, ognuno commentato a fine capitolo brano per brano. Poi, ovviamente, spazio alle parole di tutti i musicisti coinvolti e agli eventi biografici accaduti nel periodo tra un disco e l’altro.
Ripercorrere trent’anni di vita e di musica in un libro non è facile e in questo poi sta la bravura del biografo: dare spazio a quello che è significativo e realmente esplicativo, omettere il superfluo, senza per questo nascondere qualcosa che è giusto trasmettere, anche se spiacevole o fastidioso e, soprattutto, mantenere un ritmo che sia piacevole per chi legge. Perché comunque un libro è un libro e non è un film: ci possono stare molte più cose e molte più sfumature, ma il rischio di diventare didascalici, aneddotici e pesantissimi alla lettura è sempre dietro l’angolo. Specie in casi, come quello dei Node, nei quali le variazioni di formazione sono continue e il lettore rischia giustamente di perdersi, dato che anche gli episodi “salienti” della carriera non sono proprio di quelli conosciuti ad ampio spettro e noti “a tutti”. Si parla comunque di una band storica e importante, che ha calcato palchi di tutta Italia, con una discografia numericamente significativa e che ha attraversato una fetta fondamentale della Storia musicale italiana, che ha inciso all’estero e fatto tour internazionali, ma non è mai andata oltre un underground fatto anche di amare delusioni, problemi con le etichette e con chi, a un impegno così pressante e però economicamente così poco remunerativo, ha preferito altro.
Colpisce il linguaggio utilizzato da Villa in questa narrazione che, probabilmente, ha scelto di adattarsi a quello proprio del band leader, Gary D’Eramo: un linguaggio schietto, diretto, secco, con ampio uso di turpiloquio e, al contempo, orgoglioso, caloroso e divertente. Gli episodi si susseguono come un flusso continuo di ricordi, piccoli e grandi, a volte perfino insignificanti, sempre legati a un percorso fatto anche di quotidianità spicciola, lontana dalla vita da star e molto molto “do it yourself”, con i giusti momenti di esaltazione per la prima fase del gruppo, quella in cui si è costruita la carriera, con dischi importanti come il debutto Technical Crime e, dopo l’abbandono di Steve Minnelli, con la serie storica di Sweatshops (2002), Das Kapital (2004), As God Kills (2006), con quella che resta la line up più amata della band. Fino al crack: l’interruzione del rapporto con la Scarlet e il tentativo di entrare nel giro “grosso” con la Massacre che si rivela però un disastro totale, con l’assenza di promozione da parte dell’etichetta, i CD che non si trovano in Italia, la band che si vede costretta a comprarsi i master dell’album per non perderli per sempre e le copie invendute di As God Kills che vengono addirittura distrutte dalla Massacre, piuttosto che essere rivendute alla band stessa. E’ l’inizio del momento più nero e difficile a cui fa seguito lo sfaldamento del gruppo, con Daniele “Daniel” Botti (voce e chitarra) che lascia per perseguire la carriera accademica negli States, seguito poco dopo anche da Klaus Mariani (basso) e, infine, la mazzata finale, con l’uscita anche di Marco Di Salvia (batteria). Da qui una lunga fase di continue entrate e uscite, spesso con polemiche annesse, che fanno male alla band e ne rallentano clamorosamente il battito, tanto che tra In the End Everything Is a Gag (2010) e Cowards Empire (2016), il disco del ritorno, passano sei anni. Anni nei quali D’Eramo resta al timone del gruppo, con l’appoggio, infine, di un altro tipo “duro” come lui, Pietro Battanta, batterista e compagno d’arme e nei quali per mantenere in vita i Node e curare la propria vita personale, il band leader rischia davvero di perdere anche la salute, oltre che la situazione economica. Inutile scendere in particolari, raccontati con sincerità e partecipazione.
Fatto sta che, faticosamente, il gruppo resta vivo e seppure lontano dal seguito degli anni migliori, può ancora togliersi diverse soddisfazioni, tra le quali qualche data in Russia e in Repubblica Ceca, i festeggiamenti per il ventennale e, soprattutto, il ritrovare un po’ di serenità interna con l’arrivo di Syd alla voce e il progressivo passaggio di D’Eramo al basso. Poi il nuovo stop dato dal covid e l’inizio delle lavorazioni al nuovo album, con l’uscita dopo quasi dieci anni anche dello stesso Syd e la nuova formazione, a oggi stabile, con Davide Arri alla voce e Gabriele Ghezzi unica chitarra, autrice dell’ultimo Canto VII. Un ritorno che dà soprattutto un segnale di vita per una band che non conosce la parola “resa”.

TRENT’ANNI SULLA BRECCIA
Come detto, As Book Kills è un libro fatto di episodi e di parole, che narra di una scena nazionale e dei personaggi che vi gravitano e di come, per un periodo purtroppo breve, anche in Italia si cominciò a sognare in grande e, finalmente, i nostri gruppi cominciarono a confrontarsi direttamente col mercato internazionale, con registrazioni e tour all’estero e a ragionare in maniera professionale. Esula naturalmente dall’intento biografico del libro tessere un perché e un percome poi alla fine ai Node, come a tanti altri, sia mancato lo scatto definitivo, quello che avrebbe permesso insomma di vivere di sola musica e di godere di un riconoscimento diffuso e pari al valore strumentale e compositivo messi in campo, comunque di livello internazionale. Ma qualche tassello esce comunque fuori, con le dinamiche di un mercato discografico che di fatto tritura le band, costrette praticamente ad autopromuoversi dopo l’uscita del disco e avaro di soddisfazioni economiche che possano dare continuità a un impegno professionale solo nelle intenzioni e negli impegni richiesti e che, però, non dà di che vivere.
Certo è che, tornando al libro, nel complesso la lettura risulta piuttosto piacevole e scorrevole, con un linguaggio, come detto, molto colloquiale e diretto, ma a un certo punto ci si perde un po’. Dopo la narrazione dei primi gloriosi anni, il periodo “nero” e la girandola di cambiamenti impediscono di “affezionarsi” ai vari musicisti che si susseguono e di entrare davvero nelle dinamiche interne, in una situazione, come fu quella successiva allo sfaldamento della line up classica, che si regge su una narrazione di episodi che lasciano poco al lettore e poco hanno da offrire alla narrazione. Non sempre e non tutto, ci mancherebbe, ma in questo senso, un po’ di filtro, anche a costo di lasciare indietro qualche aneddoto, non avrebbe fatto male, magari compensato da un po’ di “metaracconto”, sulla situazione generale e sullo scenario metal in particolare, anche per inquadrare meglio la situazione del gruppo, musicalmente e storicamente e per dare un po’ di trama a un passaggio storico frammentato e fin troppo visto in prospettiva. Questo non vale, naturalmente, per chi quegli anni li ha vissuti sulla propria pelle e ha tutto il diritto e la voglia di raccontare e raccontarsi, ma sotto questo aspetto l’autore poteva forse fare la differenza. In particolare, l’insistenza sui temi dell’alcol fa un po’ storcere il naso: se è vero che offre un’impressione umana, scazzona quanto necessario e opportuno in una band metal, in ultima analisi, per narrare i “sogni di rock’n’roll” finisce per non rendere merito al gruppo stesso, in mancanza del Sunset Boulevard, delle arene strapiene, dei milioni di copie vendute e della vita “bruciata” da rockstar.
Certo è che per chi ha tenuto fino a oggi la torcia in mano, correndo spesso anche da solo e contro tutti, cercando comunque per amore e passione di far uscire musica di livello, garantendo anche show degni di questo nome, tirare le somme di quanto fatto costituisce un passaggio importante, che rende merito all’orgoglio, alla tenacia, alla passione e alla volontà di Gary D’Eramo e di chi, con lui, ha creato questa storia. La storia di una band che è stata ed è tutt’oggi tra le più importanti e longeve della scena, oltre a essere una delle più particolari e originali, con una identità in evoluzione, ma sempre molto personale e capace di andare liricamente e tematicamente oltre i cliché, oltre che tecnicamente di alto spessore.
In questo senso, As Book Kills non è e non vuole essere solo una autocelebrazione, ma costituisce un documento importante, specialmente se visto in un quadro ampio assieme anche agli altri di Massimo Villa e a quelli di altre band nazionali che hanno iniziato a raccontare la propria storia (vengono in mente proprio i citati White Skull), come mosaico di un enorme affresco collettivo e che finalmente narra anni fondamentali e dinamiche che ai più erano rimaste ignote.
Da segnalare, infine, la gradita presenza di un collegamento tramite QRCode a una valanga di contenuti multimediali riguardanti la band, tra filmati, foto e rarità varie, opera di Pietro Battanta.

::: ::: ::: RIFERIMENTI ::: ::: :::
AUTORE: Massimo Villa
TITOLO: As Book Kills
EDIZIONE ORIGINALE: Arcana - Lit Edizioni, Aprile 2024
COPERTINA: Flessibile
PAGINE: 289
ISBN: 978-88-9277-275-5
PREZZO: € 22



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Sabato 15 Giugno 2024, 20.47.24
1
Grande band, vista più volte, anche se preferisco le sonorità di Sweatshops
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La copertina del libro
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L\'autore, Massimo Villa
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Node in fomazione \"classica\"
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