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02/11/24
EREGION
HEADBANGERS PUB, VIA TITO LIVIO 33A - MILANO
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BORKNAGAR - La musica e il dramma della vita
21/10/2024 (488 letture)
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Moro: Siamo con Øystein Brun dei Borknagar. Benvenuti in Italia e benvenuti a Bologna! Øystein: Grazie a dir la verità hai pronunciato bene il mio nome…
Moro: Ti stavo dicendo che questo è uno dei più bei momenti della mia vita… sto aspettando di vedervi dal 1999. Prima di tutto come sta andando il tour? Øystein: Il tour sta andando davvero bene. Sono venute tantissime persone a vederci e la maggior parte dei concerti sono stati sold out. Ma anche l’offerta è cool con i Rotting Christ e Seth. Questa combo ci dà un pubblico molto variegato. Sai, eravamo già andati in tour coi Rotting Christ in America, conosciamo bene i ragazzi da anni e sanno creare un’ottima atmosfera, quindi, per noi è davvero un buon tour.
Moro: Anche se voi e i Rotting Christ siete delle band davvero diverse, ma degli stessi anni. Come fate a far coesistere questa co-headline pur avendo dei generi così diversi? Øystein: Ma io credo che sia proprio questa la magia… I Rotting Christ esistono fin dagli inizi della storia del black metal in Grecia e io stesso mi ricordo di loro quando si formarono e io ero un bambino che si stava aprendo a queste sonorità… noi eravamo del Nord Europa e fin da subito si è creata una connessione fra Sud Europa e Nord. Un miscuglio potente: sicuramente siamo diversi, ma condividiamo diversi punti in comune nella musica e nella filosofia, anche se non sembra. Condividiamo la stessa età, mentalità –la quale è collegata all’età stessa- ed è un’interessante combinazione.
Moro: I Borknagar sono nati 30 anni fa e siete venuti in Italia sono 3-4 volte e non ho mai capito perché, se è stato un gap dei tour operator.. perché? Øystein: A dire il vero non ricordo proprio quante volte, ma ricordo la prima volta che abbiamo suonato in Italia era a Milano. E lo ricordo perché abbiamo incontrato i ragazzi dei Lacuna Coil perché eravamo entrambi su Century Media. Ricordo che era il primo show e mi sentivo quasi come una rock star, la gente ci seguiva dappertutto quasi come dei paparazzi. Negli ultimi anni è vero siamo stati molto assenti, ma per diverse ragioni. Sai, del booking e tutto non me ne occupo direttamente, abbiamo un’agenzia che fa questo per noi e soprattutto dopo il Covid tutto si è complicato ed è diventato più difficile… ma è vero, è strano. Ricordo che ne ho parlato proprio ieri (a Torino) con qualcuno e l’ultima volta era il 2014 e prima il 2006, non ricordo dove, ma è bello tornare. Ieri abbiamo suonato a Torino, non sapevamo bene cosa aspettarci, ma l’audience è stata stupenda.
Moro: Quando siete venuti in italia era il vostro primo tour europeo? Øystein: Sì sì, è stato il nostro primo vero tour con gli In Flames e credo coi Defleshed.
Moro: Torniamo ad oggi, quali sono le principali differenze fra Fall e True North, nel comporre? Øystein: Questa è una domanda a cui è difficile rispondere, perché per me è semplicemente “fare qualcosa” che faccio da tutta la vita e rientra in una routine: andare nel mio studio e suonare con la mia chitarra. Non ci sono delle vere e proprie formule, è come un muratore che fa una casa: mette un mattone dopo l’altro e ad un certo punto ha fatto una stanza. Ma la differenza fra oggi e fra i primi 5-6 album è che c’era un team più incentrato nella produzione del suono, mentre negli ultimi 3 album faccio tutto molto di più da solo, sto dietro a tutti i dettagli, gli effetti ecc. Anche il modo di fare i demo è molto simile in questi album, tranne la qualità del suono ovviamente. Spendo tantissimo tempo dietro alla produzione, ogni volta ci sto più attento, ad esempio, in Fall i mood, i contrasti… ma sono le basi di una passione musicale che “suona” questi accordi musicali.
Moro: Questi ultimi due album sono davvero simili, molto diversi da Universal-Urd-Winter Thrice, che per me sono una specie di periodo a sé –dimmi se sbaglio. Mentre questi ultimi due sono molto più incentrati sull’epic e il folk e vanno dritti al punto. Øystein: Sì beh è una cosa importante perché, quando abbiamo registrato True North ho perso mio padre… avevamo appena finito di registrare Winter Thrice. Quindi quando scrivevo True North pensavo a quello che era successo alla mia famiglia, alla sofferenza che ho avuto, a questo forte schiaffo che ho ricevuto in faccia dalla realtà, dalla brutale realtà. Pensa a quanto tutto può essere radicale: un giorno prima tutto è bello e glorioso e il giorno dopo tutto è sparito, non c’è più. Credo che realizzare di diventare vecchio, è quello che mi fa pensare di essere il prossimo che se ne andrà. Questa brutalità, questa realtà ha impattato la composizione di True North, volevo essere più diretto al punto, piuttosto che essere filosofico con grandi teorie e pensieri astratti. Ho fatto un passo indietro e sono andato a pensare alla brutalità della vita e della natura. Sai, la gente si gode la vita viaggiando, mangiando, protetta nel proprio rifugio, ma le cose possono cambiare davvero immediatamente, soprattutto quando ti muore un genitore. Un’altra cosa è che io non ho mai voluto mischiare la politica con la musica. Io credo tantissimo che la musica deve essere sopra e oltre ogni credo politico. La musica è più grande e non deve scavare nella politica in senso stretto, anche se prima o poi ci finisce perché, quando vai ad analizzare questi temi che parlano di vita e di morte, comunque influiranno sulla tua vita e sul tuo pensiero; e lo hanno fatto sia influenzando la composizione di True North che di Fall. La brutalità di questo pensiero: che un giorno tutto è al top e il giorno dopo tu puoi perdere tutto. Non è solo perdere un membro della famiglia, ma anche la tua casa o perdere tutto a causa di una guerra. Il giorno prima sei tranquillo e il giorno dopo ti lanciano una bomba. Sai, non voglio parlare di cose politiche, ma questo è il dramma della vita e questo dramma è qualcosa che è sempre stato in qualche modo affascinante nella mia vita e non è qualcosa di nuovo; è qualcosa di classico di ogni generazione e di ogni stile di musica.
Moro: Forse hai metà risposto alla mia prossima domanda. Moon e altre canzoni sono quasi “pop” (con le virgolette) che si mischiano benissimo con il vostro songwriting, ascoltando i vecchi maestri come Yes o Helloween Øystein: Ho capito cosa intendi… a dir la verità quando mio padre era sul letto di morte, non sapevo che sarebbe morto poi così presto: lo accompagnavo in ospedale, tenendogli la mano e uno dei miei modi per ripulire la mia mente era scrivere musica e in quel momento ho composto Wild Father’s Heart. Mi sono seduto a scrivere ed è andato come un flusso di coscienza e di tristezza. Io volevo comporre alcune canzoni emozionali, cariche di una certa malinconia, ma non volevo esclusivamente brani di questo genere, così neri e distruttivi. Mio padre non era così quindi volevo creare qualcosa di fresco e più luminoso di questi periodi tristi, anche perché il cerchio della vita è fatto di luci e ombre, è buio ma c’è anche luce; c’è sempre speranza anche nei momenti peggiori. Questo è un tipo di contrasto che cerco di compiere in Wild Father’s Heart. E anche in Fall c’è qualcosa di simile; come Summits, dove i testi sono molto brutali, ma con sezioni davvero diverse e contrastati. È un brano dolce amaro esattamente come lo è la vita.
Moro: Una cosa su cui riflettevo ora, credo sia connesso alla nostra età: tu sei sui cinquanta, io su quaranta ed è interessante come ad un certo punto della tua vita tu ti senta a tuo agio a parlare di queste cose. Molto meglio rispetto ai primi anni del black metal… cioè non è più solo odio, true, lotta al cristianesimo ecc… Pensando anche a voi, Borknagar, come vi siete imbattuti in diverse tragedie come il suicidio di Grim o il padre di Ivar a cui lui ha dedicato om hundrede aar er alting glemt in The Olden Domain. Credi che oggi, questi giorni, sia il momento migliore in cui guardare in faccia queste cose? La perdita dei nostri cari, dei cari di nostri amici? Øystein: Ma sai ho passato quanti tutta la mia vita in questo, in questo tipo di pensieri e stati d’animo, nella musica e nei tour. Ancora, non voglio parlare di politica o andare troppo nel personale. Preferisco invitare le persone a prendere parte a un contesto di esperienza musicale, piuttosto che essere quello che deve dire qualcosa. Ma se possiamo condividere qualcosa di emozionale a proposito di questo dramma della vita, questo è davvero il punto più importante della mia musica. Io preferisco sempre l’onestà e credo che come amante stesso della musica, la musica che trovo onesta è quella intima ed è davvero la musica migliore di questo mondo; è quella che può unirci ed avere queste esperienze in comune. Non voglio fare canzoni che siano super-hit per qualche mese e poi sparire nel nulla; io voglio costruire qualcosa che tramite la musica porti davvero qualcosa a questo mondo. Suona davvero scadente a parole, ma voglio davvero fare qualcosa per far suonare questo mondo un po’ meglio.
Moro: Senti usciamo da questo topic della tristezza. I Borknagar sono il tuo figlio, il tuo figlio di 30 anni; tu sei il primo vero padre ma anche Lars è nella band da 25 anni, quindi una sorta di patrigno, poi c’è anche Simen che se ne è andato dalla band per poi tornare e anche Vintersorg ha fatto parte per anni della band. Anche se sembra ovvio sentire immediatamente le differenze fra Simen e Andreas, io vorrei sapere da te, secondo la tua opinione, quali sono le cose migliori che ha Vintersorg e che Simen non ha… Øystein: Oddio questa è davvero una domanda difficile, non saprei, io non cerco mai di fare paragoni, mentre invece l’essere umano di solito è sempre alla ricerca di differenze, analogie e paragoni. Perché è così e non così…. In qualche modo dobbiamo sempre classificare tutto… È difficile paragonare Simen e Vintersorg. Ci sono alcune tecniche vocali di Vintersorg che sono pazzesche e anche Simen sarebbe d’accordo con me, ma soprattutto i suoi arrangiamenti vocali sono davvero fuori da questo mondo. Dall’altra parte, sai, Simen ha una voce pazzesca e il modo in cui si esprime con la voce è davvero fuori dal mondo. Entrambi hanno delle capacità davvero speciali che amo. Ma siamo onesti, io e Simen usciamo insieme dal 1996, io avevo 22 anni, siamo cresciuti insieme. Ok, lui è andato nei Dimmu Borgir per anni e robe simili, ma Simen mi fa sentire come se fosse davvero mio fratello nella musica. Nella mia vita lui è davvero ad un livello molto alto e in quello stesso livello posso metterci anche Lars. È davvero difficile da descrivere, ma funziona davvero bene.
Moro: Ok, la mia prossima domanda è dedicata a questa triade e questo periodo. Quintessence, Empiricism ed Epic. Posso considerarlo lo stesso periodo per i Borknagar? Forse per l’artwork che li accomuna. Da un lato mi piacerebbe tanto risentire una ri-registrazione di Quintessence, perché è un album con riff brutali, freddi, ma dalla produzione un po’ confusionaria, coi synth che si fondono con le chitarre mentre poi in Empiricism le tastiere di Lars diventano davvero calde e variegate: pianoforte, l’hammond… tutto prende un’altra piega. Cosa ricordi di questo periodo che, personalmente, è il periodo in in cui ho scoperto i Borknagar? Øystein: Ma sai, guardando indietro, nella mia mente c’è sempre qualcosa che evolve nella band. Stiamo ancora facendo album, musica, tour quindi siamo ancora vivi. Per te quello è uno stesso periodo, mentre per me il primo periodo comprende anche il debut e va avanti per altri 4-5 album. Credo che Quintessence faccia parte del nostro primo capitolo, non sono davvero sicuro. Poi, secondo me, c’è un secondo capitolo che va da Empiricism a Universal. Poi un altro da Winter Thrice ad oggi, in un certo senso… Dico questo perché per me non è solo la musica che parla, ma sono le esperienze della mia vita durante quegli album, i vari stadi della vita nei quali ero e con i quali ho legato la musica registrata. Ad esempio, oggi ho dei figli e prima di Quintessence non li avevo, ero solo un giovane ragazzo che facevo musica.
Moro: Cavolo, sei diventato un giovane padre a 22 anni. Questo è il welfare norvegese!!! Øystein: Sì, ho avuto la mia bambina nel 2002. Per i successivi 4-5 anni siamo stati quasi obbligati a fare album, per circostanze contrattuali e, devo essere sincero, ho fatto davvero il meglio che potevo ma il focus principale in quegli anni era essere padre e lasciare il musicista in secondo piano per 4-5 anni circa. Anche questo fa parte della vita e a volte bisogna fare delle scelte e dare delle priorità. Sì, ero un giovane padre in Norvegia, avevo un buon lavoro, un buono stipendio. A dir la verità dal 1994 ho iniziato il mio primo vero lavoro: avevo finito con il ginnasio e quindi con la scuola dell’obbligo in Norvegia e la mia intenzione era fare qualcosa nell’ingegneria, ma per farlo sarei poi dovuto andare a Oslo, quindi ho seguito dei pre-corsi. Poi però non volevo davvero spostarmi, mia madre era una parrucchiera, gestiva un salone e parlava con un sacco di persone e ho trovato lavoro nell’ambito dei computer in una casa di cura nel 1994 e ho iniziato a lavorare lì. Continuo ancora a farlo perché posso lavorare in modo molto elastico e fare musica. Posso avere un day-off quando voglio. Proprio lì ho incontrato mia moglie e dopo qualche tempo abbiamo iniziato a parlare di bambini e di famiglia. E ricordo che la mia educazione è riiniziata nel 2001-2002. Ecco perché ti ho detto che il mio cuore in quegli anni era un po’ decentrato dalla musica. Ho preso la laurea nel 2004, in una materia molto norvegese: una specie di mix fra psichiatra, operatore sociale e infermiere. Insomma, sai, so fare le iniezioni, approvare alcuni farmaci... Quindi in quegli anni dopo aver finito l’università ho avuto il CEO all’interno dell’istituto di malati mentali per un paio di anni e poi ho continuato a fare musica, ma poi anche il lavoro, perché avevo 16 dipendenti e tante cose da fare per le quali non potevo davvero passare tanto tempo nella musica. Ma ricordo a un certo punto, nel 2007-2008, ero seduto nel mio ufficio a compilare risme di carta, documenti, ed era prima dell’era di gitale, i dati, stipendi e tutto era scritto a mano e guardavo fuori dalla finestra il sole che brillava e mi sono chiesto “ma che cazzo sto facendo qui?” e abbiamo ricevuto diverse offerte dai festival in Europa e mi sono detto “dai accettiamo questi festival e facciamoli”. E ora non ricordo bene come e quando, ma ho avuto l’opportunità di ributtarmi nella musica: potevo farlo, sapevo farlo e rieccoci qua.
Moro: Ora che mi stai spiegando meglio questo momento della vostra carriera… andiamo verso il momento di Origin. Mi pare sia stato un momento strano della vostra carriera. Vi eravate sciolti o cosa? Øystein: Ma sì, come ti ho detto ero davvero dentro il lavoro, i miei figli erano piccoli (ne ho avuto uno nel 2007) ed ero un padre di famiglia. Forse Origin può sembrarti strano, ma a me no, perché lo avevo pianificato da tanto… erano anni che volevo farlo uscire. Il problema principale è che gli Opeth lo hanno fatto prima di noi, ma io lo volevo fare già dal 1994-1995. Ho sempre composto le canzoni dei Borknagar con la chitarra acustica; non mi sono mai seduto con la chitarra elettrica a provare riff. Le uso solo per i tour e i festival. Invece, per tornare un attimo sull’album Epic, quello è stato un album davvero orchestrale e filosofico dove c’era davvero tanto in termini di testi e composizione; mentre, appunto, con l’album successivo, Origin, volevo che fosse solo la musica a parlare, nel senso più basilare del termine, un vero ritorno alle origini, ai rudimenti della composizione e all’essenza in sé della band. Non so, ricordo che il disco non piacque molto, forse non è stato capito. Ricordo un’intervista con un mio amico di Metal Hammer che mi disse «Øystein questo album non mi è piaciuto ma dobbiamo fare questa intervista», «ok ok facciamola». Ok, posso capirlo, ma c’è anche da capire un’altra cosa: che dal mio punto di vista, il punto di vista di un musicista, dovevo seguire i miei percorsi e ascoltare quello che la musica mi stava chiedendo. Non mi interessa molto degli aspetti commerciali della musica; anche la Century Media ci disse «cavolo questo è un suicidio musicale». Ok, non lo è stato, ma vedi…. Dovevo farlo perché avevo questa idea in testa ed era una questione ritualistica. La musica è una lunghissima avventura fatta di montagne da scalare e foreste da attraversare per arrivare a quello che voglio essere; a volte per arrivare a ciò devo fare anche cose che non sono commercialmente accettabili. Mi hanno anche offerto tante volte di comporre musica per la TV, per le serie TV, ma ho sempre detto di no. Perché per me, di nuovo, c’è questa onestà da rispettare nella musica, non vendo la mia anima al diavolo... sì sì, ridi, ma guarda che se ripenso al 1997-98 quando mi dicevano “hey hey devi mettere in copertina le donne nude coperte di sangue, con le tette di fuori”. Ma ho sempre detto di no, non si adattava per niente a noi. Forse una volta poteva essere interessante, la gente all’epoca avrebbe forse comprato qualche disco in più, ma mi sarei venduto.
Moro: Universal non è uno dei miei preferiti, ma Urd è uno dei miei 3 migliori. Anche se l’epoca è la stessa di Universal e Winter Thrice, e ora che mi hai detto che qualche anno prima stavi crescendo i tuoi figli, sbaglio o qui finalmente ti eri buttato di nuovo al 100% della composizione? Øystein: Sì, in effetti devo includere anche questo album in quella terza era della band che ti ho detto prima. Mi sono dimenticato di questo album per qualche strana ragione, forse perché non suoniamo quasi mai brani da questo disco dal vivo. Nella mia prospettiva, dal mio punto di vista, ero davvero in studio di registrazione tutti i giorni, avevo fatto tanti demo ed ero sempre in produzione, registrandomi e dando la forma alla musica che volevo. Sai, se sei un pittore dipingi un dipinto, scegli la cornice, lo metti al muro, lo fai vedere alla gente e può anche toccarlo. Ma se sei un musicista hai tantissimi ostacoli: fai musica, ma dipende dalla facilità con cui registri, poi dal mixer, dall’ingegnere del suono e così via… hai tante idee per il tuo album, ma non suonano come vorresti perché dipendono da tante altre persone. Prima di Urd c’erano tante persone che potevano modificare la mia idea con le loro prospettive. Con Urd mi sono detto “ok faccio tutto io” tranne gli step finale di mixaggio e masterizzazione. Jens Borgen è stato il nostro tecnico per gli ultimi quattro album e ha fatto un lavoro meraviglioso ed è davvero un onore lavorare con lui. Per me, con Urd, nonostante sia davvero diretto, inizia davvero l’alba di una nuova era.
Moro: Stiamo quasi per finire eh… Senti, in trent’anni di carriera e di tour quali sono le cose che ancora ami fare e quelle che invece non sopporti più? Øystein: Beh… sai, ci sono delle cose che puoi immaginare nello stare in tour in un bus per quattro settimane con 22 persone: prendi il raffreddore, ti ammali, a volte ti sbronzi e, poi, il prossimo anno faccio 50 anni, ultimamente il mio piede si è un po’ fottuto ed è diventata un’infiammazione cronica; col mio piede sinistro cambio gli effetti mentre il mio piede destro mantiene tutto il mio peso e dopo tanti anni inizia a fare male ed è abbastanza doloroso suonare. Cazzo di frustrazione di diventare vecchio!!! Sono piccole stupide cazzate che vengono fuori con l’età ma dai, alla fine non è così poi davvero grave. Ci sono delle cose stupende del tour come suonare o incontrare fan che ti ricompensano davvero. Ad esempio, a Santiago del Cile eravamo soldout e abbiamo chiesto all’ambasciata norvegese di fare uno show extra e loro hanno detto “ma che diavolo sta succedendo? chi è questa band norvegese che sta suonando a Santiago e tutta la città è impazzita?” Tutto questo è affascinante e c’è una cosa che voglio raccontare: siamo stati diversi giorni in un hotel e c’era questa signora fuori che ci aspettava giorno e notte, giorno e notte. Dopo un paio di giorni sono uscito e le ho chiesto “hey come va?”. Lei ci ha detto che ha viaggiato dal Guatemala solo per vederci e ci ha portato dei regali, era una nonna di 60 anni che aveva speso tutti i suoi soldi per il viaggio e per venirci a vedere, e per me -forse perché sto invecchiando- questo tipo di persone mi dà davvero tanto… sì ok, le recensioni, la stampa… è tutto bello, ma questo tipo di persone qui, ascoltare le loro storie, questo genere di storie, guardandole negli occhi, wow ! questo è il legame della musica e di come ci fa stare. Quando mio padre se ne è andato ho passato tantissimo tempo ad ascoltare i Pink Floyd perché era la musica che ascoltavo da bambino con lui. Ho trovato mio padre nei Pink Floyd, non so se mi sono spiegato. Quindi quando parlo con queste persone e riesco a vedere questo collegamento, il fatto che la mia musica rifletta qualcosa in loro, significa qualcosa per loro, come viaggiare tantissimi chilometri, lasciarsi la famiglia alle spalle, tutto per la mia musica… è una cosa davvero immensa, è qualcosa che davvero fa la differenza. Sai, negli anni le lettere che ho ricevuto, le foto, i fan che mi hanno detto che se non fosse stato per la nostra musica alcuni si sarebbero suicidati; la musica ha un’ottima influenza nella vita di tutti i giorni, se la mia musica può cambiare la vita delle persone, oggi come oggi, in questo punto della mia vita così emozionale, allora è davvero la cosa più importante al mondo… non voglio annoiarti con queste cose, ma sai, da un lato la mia musica è “commerciale”, distribuita e venduta in tutto il mondo, ma prima di tutto è una mia cosa personale.
Moro: Consideri la tua musica commerciale? Øystein: Beh, non saprei proprio definire cosa è commerciale. Facciamo dischi, la nostra musica è venduta in tutto il mondo e noi guadagniamo per questo, quindi, in un certo senso è commerciale, ma per me non è il motore principale. Il motore principale è l’avventura della musica, incontrare persone di questo pianeta in questa musica. Non importa che lingua parli, in cosa credi o da dove vieni; se ci incontriamo dentro questa musica, se facciamo migliaia di km per vederci ed ascoltarci, forse alla fine dei conti, in questo mondo di conflitti e di tutta questa merda qua è davvero un sollievo poter godere della musica; è davvero qualcosa che ci unisce tutti e, anche se la gente non parla la nostra stessa lingua è la musica in sé che fa da collante e questo è davvero importante.
Moro: Sono stato a Bergen dal 2002 al 2006, per i vari Hole in the Sky e altri concerti; vi ho sempre visto un po’ al di fuori della scena; ora invece quasi tutte le band storiche norvegesi si sono sciolte e la maggior parte di quelli che suonavano all’epoca non ci sono più. Cosa ne pensi di quegli anni lì? Che rapporti avete con le band rimaste, anche quelle dello stesso genere più o meno, come Enslaved e Helheim? Øystein: Beh, è una lunga storia e sono sicuro che non toccherò tutti i dettagli, ma nei primi anni, sai, i ragazzi degli Enslaved vivevano nell’appartamento dei miei genitori quando registrarono Frost. Ricordo quei giorni perché vivevo ad Hagesund e mio padre gli prestava la macchina per trasportare la batteria nello studio. I ragazzi degli Immortal provavano a 500 metri da dove provavo io coi Molested. Eravamo giovani, frequentavamo gli stessi pub in città e siamo cresciuti insieme, ma ad un certo punto io mi sono sentito di dovermi staccare un attimo da tutto… Io vivo davvero di quello che racconto nei testi. Parlo davvero di tanta natura e di stare per i fatti tuoi; non sono proprio la persona più socievole, preferisco starmene da solo con la mia famiglia. Ancora oggi vivo in campagna fuori dalla città e non mi va di frequentare i bar per bere dei caffelatte. Non dico che non vada bene ma, per me, starmene un po’ fuori dai giri, in campagna è una sorta di ispirazione ed è praticamente è il mio modo di vivere. Alla fine degli anni ’90 ho avuto un po’ questa urgenza di andarmene via. Diventava tutto troppo asfissiante e limitante. Ricordo il passaggio fra il death metal e il black metal… tutti hanno iniziato ad ascoltare black metal, tingersi i capelli e farsi il corpse paint e per me era “hey hey ma che sta succedendo?” non sono proprio quella persona. Sai il black metal comunque è una cosa che ti spinge ad essere un sovrano, una persona dalle caratteristiche aristocratiche, stronger than all, fight against everything… tutta questa mentalità. Ma in realtà secondo me contraddiceva tutto quello che la gente aveva fatto, perché tutti praticamente stavano facendo la stessa cosa, erano tutti nella stessa barca, ma tutti contro tutti. Mi sono dovuto allontanare. Sono ancora in ottimi rapporti con tutti, ci salutiamo, ma proprio per il fatto che sono un musicista metal non ho bisogno di passare così tanto tempo con altri musicisti metal. Ora lavoro solo un paio di giorni a settimana, da casa, ma per me andarmene da tutto e prendere nuove prospettive nella vita è sempre stato fondamentale. Per me uno dei peggiori incubi è rimanere nella stessa scena, con la stessa gente per tutto il tempo. Impazzirei e tutto mi renderebbe irrequieto… mi servono tanti divorzi nella vita, tanti stadi diversi, non solo nel metal: io devo essere Øystein, il tipo che fa quello e quello, devo avere diversi ruoli nella mia vita… ho sempre odiato l’idea di diventare quella persona che fa solo una cosa nella vita e sarebbe davvero triste finirci… qualcuno direbbe che vale la pena vivere la vita in diversi modi diversi, ma io vorrei proprio vivere tante vite diverse… non so se mi sono spiegato… Vivere la vita in strati diversi.. è anche quello che mi ha dato l’ispirazione in questi anni… Trent’anni di carriera, 12 album e continuo ancora a farli, e continuerò a farli per altri anni. Significa anche che io riesco a staccare, ad andarmene e a fare qualcos’altro di completamente diverso fra un disco e l’altro. Non dipendo più economicamente ed esclusivamente dai miei album. Sì, ok, mi serviranno dei soldi per i miei figli il prossimo anno, ma è importante avere questa autonomia musicale… potrei fare un album rap il prossimo anno… (risate)… sì sì, potrei davvero; sai probabilmente non accadrà, ma avere la mentalità che forse potrebbe accadere è molto importante per me; il fatto che nella mia vita posso avere un’opzione è fondamentale. Qualunque cosa fai: se vuoi scalare l’Everest, ma non hai l’opzione di tornare indietro se il meteo fa schifo, allora sei nella merda; se non hai delle opzioni da scegliere, degli assi della manica da giocarti in caso di necessità, allora non va bene. Questo è come mi approccio nella vita, in generale ed è anche qualcosa che si riflette nella musica. Voglio sempre avere l’opzione di dire “okay rilascerò un disco il prossimo album”, ma voglio anche avere l’opportunità di dire “Ok, Century Media non lo faccio più perché non mi sento a mio agio nel farlo ora”. Posso avere la libertà di ritardarlo ad esempio di un paio di anni.
Moro: Quindi hai ancora questa libertà di decisione… Mi dici cosa è cambiato negli anni? Se prima la Century Media era più ferrea ed ora invece è diventata più “tranquilla”? Øystein: Sì, interessante… Sì sì, Century Media non ha modo di spingerti a fare quello che non vuoi. Le label sono molto cambiate, spesso in peggio, ma con la Century Media siamo insieme da quasi tutta la vita; i ragazzi sono diventati davvero carini, professionali e siamo diventati amici. Tutta l’industria musicale negli anni 90 era dura. I contratti erano una merda e riguardando quei contratti oggi posso davvero dire che facevano schifo e le label ti fottevano dei soldi, lo hanno fatto anche a noi. I primi 6 album fatti in Century Media visti con gli occhi di oggi posso dire che facevano pena, da questo punto di vista. Ci sono avvocati che hanno guardato e impugnato i contratti ancora in uso dagli anni ’90 delle grandi label e, per il modo di vivere in Norvegia, questi contratti erano praticamente da fame, quasi da schiavismo, illegali. Una grande palestra di album, uno ogni anno, dovevi pagarti tutto, senza alcuno share... praticamente dovevi chiedere dei prestiti in banca per qualsiasi cosa. Paghi migliaia di euro per registrare un disco e devi poi pagarci anche gli interessi, cazzo! Quelle cose a noi come band ci hanno davvero forgiato e aver lavorato con Century Media per tanti anni ci ha aiutato. Siamo davvero cresciuti insieme diventando una famiglia. Oggi tutti i contratti per fortuna sono molto di più in favore delle band, molto molto meglio e credo che sia un bene per tutti. Per una band come noi, e spero per tutti, ti danno un ottimo contributo economico. Neanche se stavi nella Nuclear Blast. Negli anni ‘90 l’unico modo per guadagnare qualcosa era fare i tour. Oggi, le band hanno occasione di guadagnare (spero) anche solo vendendo album.
Moro: Ok ultima domanda, forse mi hai anche risposto. Ti sei sempre focalizzato su te stesso, sui tuoi diversi stadi di vita, nella tua musica. Forse è per questo che non hai mai avuto il bisogno di avere altre band o di suonare session in altri progetti? Øystein: Beh, sì dai… questa è stata davvero tutta la mia vita, l’avventura della mia vita, musicalmente parlando. Ho avuto i Cronian con Andreas, probabilmente avevamo anche idee per un altro album, ma Borknagar sono la mia band, quella che mi identifica di più, che focalizza più me stesso, quella che mi identifica e quella in cui metto più energie. E’ la creazione della mia vita, ma il gioco che ho sempre cercato di giocare è che la gente spesso è stata divorata dalla musica: fare due dischi e poi sparire per i trend ecc… Ho visto tantissime persone andare e venire, ma io ho sempre voluto avere la libertà di fare la musica che voglio; sembra infantile, ma è così. Avere un’autonomia musicale. Se qualcuno pensa di costringermi a far qualcosa, che si fotta. E una volta ero molto più in difficoltà di ora, ma sono sempre stato così, anche in passato… il momento in cui perderò la passione per il metal significa che sarò finito. Sai, in realtà non mi è rimasto molto di nuovo da fare, potrei anche uscire subito; ma solo all’idea di fare un altro album… ora come ora sono completamente prosciugato e bruciato… anche se, tecnicamente posso farlo, sai andare in studio, suonare riff, registrare… non ci sarebbe problema in questo caso, ma se lo facessi senza alcuna passione dietro, allora sarebbe finita.
Moro: Quindi dai, i Borknagar sono qui e sono qui per rimanerci Øystein: Guarda, finché il mio cuore batterà succederà prima o poi sempre qualcosa. Non posso più promettervi un disco ogni due anni, ma ci saranno altri album e vedremo cosa la vita ci riserverà.
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Mah... da teenager mi sarei bevuto totalmente, credendoci, discorsi simili sulla ricerca di sè, il non badare al lato economico, ecc. Oggi, no. Proprio per niente. Vedo anzi degli atteggiamenti di vita tipicamente norvegesi (e ci sta, naturalmente) uniti al guardarsi bene il proprio orticello ormai ben stabile... buon per lui e lo invidio pure, ma ecco... credo di essermi fatto capire. |
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Bella intervista, é un tipo con cui mi siederei volentieri a fare due chiacchere |
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@DraKe, so che a un certo punto Mortus ha lasciato il palco e la band ha professionalmente finito di suonare... direi che in fin dei conti é andata pure bene.
Per quanto riguarda il Black io non l\'ho mai visto come un movimento ma come un genere musicale estremo.
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@Rain direi che per il black inteso come movimento preso in blocco è un momento di grande diffusione e sdoganamento da certi cliché e preconcetti. Che sia una contraddizione rispetto ai canoni degli albori che lo inquadrava in un genere di nicchia volutamente anti-commerciale e fortemente legato a degli ideali non c\'è dubbio, ma per quel che mi riguarda la sua espansione ha generato interessantissime forme tanto dal versante musicale quanto filosofico. Al Frantic quest\'estate c\'ero e quanto è successo durante il live dei Marduk è stato sì irreale se visto con distacco ed estrapolato dal contesto, ma non se si tiene conto che hanno suonato all\'interno di un festival e che nel pomeriggio si è esibito un gruppo come i Gutalax dove è successo di tutto; voglio dire, il pubblico è stato molto eterogeneo in quella giornata e mediamente probabilmente aperto a qualsiasi genere musicale; se poi andiamo ad analizzare il livello alcolico all\'ora di esibizione dei Marduk ci si riesce a spiegare meglio l\'accaduto. Tra i presenti se ne è parlato molto quella notte e i giorni successivi nell\'area camping e mi pare che a parte qualche blackster più intransigente andava per la maggiore l\'idea per cui se accetti di suonare ad un festival e sai con chi condividi il palco non puoi pensare di trovare davanti a te un solo determinato tipo di pubblico, quindi da professionista suoni e non ti lamenti. Vuoi essere coerente coi tuoi principi? Non venivi a suonare lì |
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Nonostante io di questa band avessi (ora non ho più) solo il loro primo CD quando erano effettivamente ancora un super gruppo ho letto con piacere questa intervista e faccio i complimenti a chi l\'ha realizzata perché le domande le ho trovate molto belle così come le relative risposte.
Ecco a leggere alcune di queste risposte mi viene da pensare che per il Black Metal non deve essere un periodo bellissimo o comunque strano... mi hanno parlato di questo fenomeno del \"Woke\" e mi hanno raccontato cos\'é accaduto ai Marduk al Frantic Fest ... c\'è gente che cerca di umanizzare un po troppo il Black e nonostante io non abbia mai amato alcuni aspetti di esso anche quando mi piaceva tanto e lo collezionavo con passione beh... i generi estremi sono tali perché non sono accomodanti e non saranno mai delle vere comfort zone.
Quindi io leggo interviste a band come questa o ad altre tipo gli Tsjuder e sento quanta \"Dedizione\" ci mettono dentro e non posso fare altro che portargli rispetto.
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Ottima intervista fatta ad un personaggio che finalmente ha veramente qualcosa da dire. E ci ha offerto uno spaccato della sua vita. |
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Bell\'intervista ad un musicista che è cosciente di essere tale in ogni secondo della sua esistenza e lo rivendica. Tanti spunti interessanti, il rifuggire dalla logica puramente commerciale, lo scrivere musica per sé stessi e come propria manifestazione di essere ma con una finalità universale, il prendersi tutto il tempo necessario per scrivere quando si ha qualcosa da dire, la libertà di avere potere sulla propria arte al punto di annoverare la possibilità di cambiare completamente proposta fino addirittura arrivare all\'estremo gesto di cessarla, il bisogno di stare con sé stessi o la propria famiglia, il non stare nel mucchio per potersi invece dedicare ai propri pensieri, alla propria spiritualità, al seguire il proprio percorso che contempla anche il compiere decise sterzate, perché è da lì che si passa per diventare una persona ancora più ricca dentro e più matura, l\' avere esperienze di vissuto con ciò che più ci è vicino, la nostra essenza: immergersi nella natura! Tutto ciò è rispecchiato perfettamente nella musica dei Borknagar, emotiva, profonda, sensibile, unica. Son felice che Oystein abbia seguito fino in fondo il suo percorso e che abbia un tale livello di coscienza della realtà. Al prossimo disco, intanto ti piazzo su l\'ultimo! |
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Intervista stupenda. Il tipo di persona che mi piace, con una filosofia che traspare dalle parole che condivido al 200%. |
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