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ANATHEMA - Bologna/Milano 2010
19/11/2010 (3045 letture)
Bologna, Estragon
11/11/2010
a cura di Andrea Moretti "Moro"


Gli Anathema sono una di quelle band che non mi stancherò mai di vedere dal vivo. Da quando hanno fatto il "cambio di genere" (leggasi personalmente come "salto di qualità"), sono riuscito a godermeli dal vivo per cinque volte (compresa questa); questa nuovissima, godibile e nostalgica data all' Estragon di Bologna è un appuntamento che suona un po' come la rinascita della fenice (gli Anathema non calcavano il palco italiano come headliner dall'aprile del 2004; successivamente si sono sempre esibiti aprendo ai Porcupine Tree, hanno fatto una specie di concerto-contentino a un Gods of Metal ma si sono cimentati anche in un emozionante duo acustico a Milano nel 2007).
La mia famelicità cronica mi ha sempre permesso di gustare le loro nuove canzoni nota per nota e anzi, devo dire che gli unici momenti di noia era quando rispolveravano la solita A Dying wish, contrapposti agli attimi più sperimentali che mi mandavano in visibilio mentre lasciavano attòniti i classici metallari stereotipati di fianco a me. Questa volta, invece, tanti sono stati i brani presi da Judgement (6 canzoni) mentre solo una presa da A Fine Day to Exit (l'album che preferisco); avrei preferito decisamente un'inversione delle due parti ma devo dire che in passato mi sono goduto ormai quattro volte questa inversione. Ma andiamo al live-report.

L'esibizione dei The Ocean Collective (della quale mi sono perso un buon 50%), si è rivelata molto in linea con gli ultimi due album del collettivo: Heliocentric e Anthropocentric (uscito proprio questo mese): le atmosfere sludge, progressive e jazzy che marcavano Precambrian sono scomparse in tutto e per tutto in favore di un più canonico ma non meno articolato metalcore, il quale si è mostrato efficace al 100% in sede live. L'attitudine "do it yourself" del cantante è stata la protagonista principale del loro show: i muri di suono erano precisi e d'impatto mentre le chicche più sperimentali che si potevano sentire sugli album (archi, sassofoni...) sono stati campionati per emergere naturalmente nel contesto sonoro. Insomma: un cambio di stile abbastanza discutibile da disco, ma che dal vivo ha saputo mostrare tutti i frutti di questo recente raccolto.

Dopo un cambio palco in tempi prettamente italiani (tre quarti d'ora buoni), è il momen to degli Anathema. Il tastierista Les (per chi non si ricorda, era anche su Cruelty and the Beast dei Cradle of Filth) e lo storico John cominciano ad aggiustare i propri strumenti. Un'altra manciata di minuti e la line-up sarà completa dal trio dei fratelli Cavanagh in prima fila.
Il tuffo nel passato del live-show coincide con l'esibizione d'apertura dei primi quattro brani di Judgement; la favolosa Deep non veniva eseguita dal vivo con molta frequenza ed è stato entusiasmante sentire una ri-proposizione di quello che per me è il pezzo più bello dell'album. Tutta la folla cantava, e la band si dimostrava anche un po' generosa per il regalo fatto alla platea. Poi è il turno di Empty e di Lost Control, eseguite in successione come in Alternative 4. Soprattutto in Empty, la carica dei Cavanagh ha fatto un tuffo nel passato, ammiccando agli headbanging dei più e ai salti entusiasti degli altri.
Ma è giunto il momento di cambiare, si passa ad A Natural Disaster con Balance, brano-summa dell'evoluzione anathemica che racchiude i momenti più soft e "radioheadiani" e anche quelli più aggressivi. I cori si sprecano, tutti cantano le parole di Vinnie il quale poi, in chiusura, si posiziona dietro le tastiere e tutti sanno che assisteranno a uno dei migliori brani di A Natural Disaster: Closer. Peccato che un paio di errori tecnici hanno fatto si che il synth non funzionasse, e così metà del brano è andato avanti durante le operazioni di manutenzione. Certo che i nostri inglesi potevano benissimo far finta di niente e cominciare il brano dall'inizio ma, sarà la loro pignolerìa britannica o sarà il minuzioso cronometraggio del live-set, Closer è cominciata nell'effettivo secondo in cui i synth hanno preso a funzionare: cioè a metà brano. Peccato. La platea ha però apprezzato e ammirato questo cambio di stile in cui Vinnie si esprimeva a voce effettata.
Dopo pochi secondi di pausa, Lee Helen Douglas (sorella del batterista) entra on stage e tutti gli applausi sono per lei, perchè dopo l'esibizione dell'omonimo brano in stile Portishead, gli spettatori hanno avuto l'ennesima prova della completezza di questo gruppo.
La scelta successiva si presenta quantomeno innovativa: il brano è Temporary Peace, song di chiusura di A Fine Day to Exit, eseguito sempre con la Douglas ai cori, ed è l'unica perla pescata da quel corollario targato 2001....
E' Daniel che prende la parola; vuole che tutto il pubblico canti la prossima canzone, la dedica specialmente a un fan, li in mezzo presente, che ha fatto 14.000 km per vederli (magari era in vacanza a Bologna), e che in quel giorno aveva appena perso il proprio padre: è il momento di Flying, ed è il momento in cui tutti e tre i microfoni della band si rivolgono verso i fan per sentirli cantare.

La prima parte del concerto sembra essere finita, i Cavanagh sono entusiasti, ringraziano e annunciano l'ennesima sorpresa: per la prima volta in Italia (la data di Bologna era la prima delle quattro) sarà eseguito interamente il nuovo album. E via allora con l'intera scaletta; gli Anathema si dimostrano un perfetto meltin-pot di musica pop-rock inglese (Radiohead e Coldplay soprattutto) e del loro recente passato. Thin Air cresce naturalmente col suo pathos, Summernight Orizon e Dreaming Light svelano delle inedite sfaccettature vocali di Vincent, mentre la loro poliedricità viene fuori con la "sigur-rosiana" Everything. Protagonista segno di nota, è ovviamente Daniel, che con i suoi fading e bending "pinkfloydiani" riesce a ricreare perfettamente le atmosfere degli ultimi dischi. Bellissimi gli hammond di Presence che fanno rifiatare la band per la cavalcata finale verso la coda dell'album. I Cavanagh salutano, ringraziano, e se ne vanno.
Torna dentro solo Daniel, che si appresta a suonare Are You there ? in una simpatica ed inedita verisione in stile folk (a metà fra Kings of Convenience e Devendra Banhart). La band rientra al completo, deliziandoci ancora con One Last Goodbye e poi con la conclusiva Fragile Dreams (diventata ormai il cavallo di battaglia della band, che fino a qualche anno fa chiudeva con Confortably Numb).
Le luci si accendono, le emozioni sono ancora calde ed astratte, ma il cuore batte all'impazzata, testimone di un concerto che negli anni si rivela sempre come unico ed irripetibile. O meglio: ripetibile solo da una band come gli Anathema, melanconici autori di un rock emozionale

SETLIST
01. Deep
02. Pitiless
03. Forgotten Hopes
04. Destiny is Dead
05. Empty
06. Lost Control
07. Balance
08. Closer
09. A Natural Disaster
10. Judgement
11. Temporary Peace
12. Flying
-----------------
13. Thin air
14. Summernight Horizon
15. Dreaming Light
16. Everything
17. Angels
18. Presence
19. A Simple Mistake
20. Get Off, Get Out
21. Universal
22. Hindsight
-----------------
23. Are you There?
24. One Last Goodbye
25. Fragile Dreams

Milano, Magazzini Generali
14/11/2010
a cura di Stefano Asti “Autumn”


Ancora pochi gli astanti quando alle 8 meno un quarto circa inizia lo show di Petter Carlsen, il giovane norvegese che, come egli stesso ha spiegato, si è fatto notare mandando un proprio pezzo a Daniel Cavanagh. E' visibilmente emozionato Petter, con lo sguardo di chi si ritrova tutto d'un colpo a condividere un tour insieme alla band del cuore, e questa emozione la trasmette nella sua musica: solo la sua voce, la chitarra elettrica ed una loop machine per cinque pezzi delicati e ricchi di pathos. Un po' James Blunt, un po' Damien Rice ed il pubblico, me compreso, gradisce e ricambia i suoi inviti -di un'innocente tenerezza- a cantare insieme a lui.
Artista da tenere d'occhio.

Poco da aggiungere sui The Ocean rispetto all'analisi di Moro. Non nascondo che mi abbiano lasciato totalmente indifferente, ma è solo questione di gusti, perchè i tedeschi suonano e tengono ottimamente il palco, da perfetta band metalcore. Non mi spiego granchè l'accostamento con la band di Liverpool, ed in effetti solo le primissime file hanno abbozzato un minimo di entusiasmo, nonostante il cantante ce l'abbia messa davvero tutta per scaldare un pubblico che evidentemente non era preparato ad una performance così “fragorosa”. E poi, lasciatemelo dire, quando vedo le mutande fuori dai pantaloncini proprio non ce la faccio a provare simpatia...

La concomitanza con il derby della Madonnina pensavo fungesse da freno a mano tirato per l'affluenza, invece alla realtà dei fatti i Magazzini Generali erano quasi saturi. Saturi di donne per giunta, come mai in un concerto metal. Ah già, gli Anathema non fanno più metal, è vero.
La band fa il suo ingresso on stage sul coro dei commilitoni che nelle trincee della Prima Guerra Mondiale cantavano per farsi coraggio We're Here Because We're Here sulle note della celebre Auld Lang Syne. Vincent e Danny prima di prendere posto sul palco ne giungono fino al bordo e si lasciano andare in un applauso sentito rivolto al pubblico; dopodichè i brividi possono iniziare a solcare le nostre spine dorsali: l'immortale arpeggio iniziale di Deep pone inizio ad un'esibizione che come al solito si rivelerà di un'intensità e di un coinvolgimento inauditi. La prima sorpresa della serata è l'inizio col botto psichedelico, con riproposizione dei primi 4 pezzi di Judgement (disco che questa sera verrà particolarmente saccheggiato). Una scelta tutto sommato coraggiosa (Pitiless, Forgotten Hopes e Destiny Is Dead non sono certo i pezzi più ricordati dell'album del 1999) che mi è sembrata una forte presa di posizione da parte della band in merito alle proprie radici musicali. La seconda sorpresa, questa volta negativa, è la voce particolarmente nasale e costipata di Vincent, il quale, come annunciato dal fratello Danny al termine del poker iniziale, non versa quest'oggi in ottime condizioni di salute: il rosso-vestito singer non esiterà per tutta la serata a chiedere a tal proposito il supporto del pubblico, nonostante la prova a livello tecnico sia comunque più che degna.
Angels Walk Among Us e A Simple Mistake sono il primo spot dell'ultimo studio album prima di rituffarsi nel passato con brani da A Natural Disaster e Alternative 4. A livello strumentale la prova tecnica, va detto, non è esente da sbavature: diversi pezzi (A Natural Disaster e Lost Control su tutti) vengono eseguiti -non so quanto volutamente- parecchio rallentati; quello più impacciato pare essere John Douglas dietro le pelli: in parecchie occasioni fuori tempo traina in errore sugli attacchi prima la sorella Lee poi il povero Vincent. Chi non ha sbaglia nulla è invece Danny, autore di una prova ispirata ed esente da imperfezioni.
Universal ed Hindsight riportano i riflettori sull'ultimo album ed è la parte più noiosa dello show: i brani sono validi ma non ho mai digerito quella tendenza tutta anathemiana di stiracchiarne le code strumentali all'inverosimile (come già in Violence sul precedente disco).
C'è persino spazio per accenni di pogo durante Judgement, la title track dell'album che Danny stesso ricorda essere stato registrato in Italia (Ventimiglia per la precisione) e che considera (testuali parole), dopo l'ultimo, il migliore della loro carriera; Flying, cantata da tutta la platea, chiude il set.
La seconda parte sono sicuro verrà ricordata per sempre dai presenti. Il solo Danny imbraccia la chitarra acustica ed attacca un discorso di ringraziamento verso gli artisti che hanno influenzato maggiormente la band (tra gli altri Paul McCartney, Thom Yorke e Roger Waters) per poi esibirsi in una cover da pelle d'oca di Wish You Were Here, seguita nel delirio generale da Are You There? (in versione acustica come già sulla raccolta Hindsight). Ricompare sul palco Lee per un duetto sulla delicata Parisienne Moonlight, eseguita col solo accompagnamento della chitarra acustica al posto del pianoforte.
Si volge al termine quando la band si riunisce per Angelica, One Last Goodbye e la chiusura affidata al duo Shroud of False/Fragile Dreams.
Le espressioni sui volti dei presenti a metà strada tra l'incredulo, lo stupefatto ed il commosso sono il perfetto riassunto di un concerto magnifico: poco meno di due ore e mezza in cui gli Anathema hanno dispensato emozioni a non finire, pur non lesinando sulla simpatia e sulla partecipazione con il pubblico. E poco importa dei suoni non perfetti (l'acustica del locale è quella, non ci si può fare più di tanto), delle sbavature strumentali, della condizione non al top di Vincent: un concerto degli Anathema è un'esperienza, un viaggio all'essenza stessa dell'emozione. Non fanno più metal, è vero, ma non ci sono più scuse per continuare ad ignorarli.

SETLIST
01. Deep
02. Pitiless
03. Forgotten Hopes
04. Destiny Is Dead
05. Angels Walk Among Us
06. Presence
07. A Simple Mistake
08. Balance
09. Closer
10. A Natural Disaster
11. Empty
12. Lost Control
13. Inner Silence
14. Destiny
15. Get Off, Get Out
16. Universal
17. Hindsight
18. Judgement
19. Flying
-----------------
20. Wish You Were Here
21. Are You There?
22. Parisienne Moonlight
23. Angelica
24. One Last Goodbye
25. Shroud Of False
26. Fragile Dreams



Autumn
Sabato 20 Novembre 2010, 11.30.53
9
Esatto, anch'io mi aspettavo i primi brani dell'ultimo disco eppure hanno optato per gli ultimi (un filo noiosetti)
Moro
Sabato 20 Novembre 2010, 11.01.11
8
interessante il cambio di setlist. Quindi a Milano hanno optato per la cover dei Pink Floyd, qualche altra canzoncina (Angelica, Shroud of False) però a Bologna hanno eseguito per intero tutto il nuovo disco... Dalla mia parte godo del poter aver ascoltato i primi quattro brani dell'ultimo album, i quali sono i più nuovi e poliedrici degli Anathema. Insomma, Radiohead docet: quando vengono in Italia e fanno più date, bisogna trovare il modo di vedersene il più possibile e non solo una.
Pùlaster
Venerdì 19 Novembre 2010, 21.01.00
7
Io c'ero a Milano! E devo dire che questo live mi ha emozionato tantissimo. Purtroppo per problemi logistici mi son perso Petter Carlsen.. The Ocean chirurgici, mi sono piaciuti molto anche se il pensiero volgeva inevitabilmente agli headliner.. Prima volta che vedevo gli Anathema.. e c'era un' atmosfera pazzesca. La performance non perfettissima e i problemi di Vincent non hanno fatto altro che (secondo il mio modesto e paradossale parere) contribuire a rendere più magica e intima la serata! E che dire di Lee Douglas.. che voce!!! In "A Natural Disaster" ha fatto l'ammmmore con tutto il pubblico dei Magazzini Generali. Gran live, veramente.. Danny è un mito e Vincent è un bohemienne fatto e finito.
Autumn
Venerdì 19 Novembre 2010, 19.55.22
6
@Michele: credo che Moro abbia riepilogato bene la questione del genere
Autumn
Venerdì 19 Novembre 2010, 19.54.05
5
Corretta la nazionalità, grazie Muzak
Michele
Venerdì 19 Novembre 2010, 19.52.46
4
EPIC FAIL : I The Ocean non sono di certo metalcore...
Autumn
Venerdì 19 Novembre 2010, 19.47.12
3
È vero Muzak, sono tedeschi, non so da dove mi sia uscito... @biecotrichecoono d'accordo con te, la mia affermazione era appunto provocatoria in quel senso
biecotricheco
Venerdì 19 Novembre 2010, 19.28.46
2
ero presente al concero di milano...che dire, un concerto degli anathema è un'esperienza mistica e catartica. Chi se ne frega che non fanno più metal...anzi, è uno dei pochi gruppi che ha guadagnato parecchio nell'abbracciare nuove sonorità. Se facessero ancora doom, probabilmente non saremo qui a parlare di loro.
Muzak
Venerdì 19 Novembre 2010, 19.12.51
1
Ma quanto rosico per non essere andato a milano o a bologna sopratutto a milano. Li ho visti di spalla ai Porcupine Tree e meritano veramente un sacco gli Anathema. Un vero peccato per le scalette stupende. P.S. gli The Ocean sono deteschi e non Americani come ha scritto Autumn e non mi sembra facciano metalcore
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