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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Può capitarti di trovare un’ispirazione fuori dal comune e di riuscire ad incanalarla in pezzi la cui bellezza rimane immutata con lo scorrere del tempo. Può capitarti, pur provenendo da una band pesante ed oscura, di riuscire a creare uno dei migliori album rock (attenzione: rock, non hard rock, heavy metal, doom metal o altro; semplicemente rock) del decennio. E può anche capitarti che, nonostante tutto, il tuo disco rimanga testardamente nell’anonimato, e non riesca a raggiungere i livelli di successo e diffusione popolare che altri concorrenti, molto meno dotati ma molto più spinti dai media “che contano”, sono riusciti a conseguire (chi ha detto Radiohead?). Può capitarti: se ti chiami Vincent Cavanagh e hai suonato negli Anathema, nell’ultimissimo scorcio del vecchio millennio e agli albori del nuovo, allora ti è capitato. Per inciso, non una, ma ben due volte.
Andiamo con ordine, facciamo un piccolo passo indietro: gli Anathema sono stati, insieme con Paradise Lost e My Dying Bride, uno dei lati del “sacro triangolo” del doom metal inglese dei primi anni ’90. Dischi come Serenades o The Silent Enigma degli stessi Anathema, Gothic dei Paradise Lost o The Angel And The Dark River dei My Dying Bride, ognuno con le sue peculiarità, erano in quegli anni la migliore espressione di uno stile musicale lento, sofferente, a volte quasi straziante, filtrato dalla lezione dei Black Sabbath e di altri epigoni loro contemporanei, ma rivisto in un’ottica pessimista, cinica e lucidamente disincantata. Nel giro di pochi anni, solo i My Dying Bride avrebbero continuato secondo i dettami stilistici dell’inizio, mentre sia i Paradise Lost che gli Anathema avrebbero portato la medesima visione cinica sofferente e disincantata in nuove vesti musicali, un hard-pop/new-wave raffinatissimo i primi (il bellissimo One Second e Host i frutti migliori), una favolosa variazione sul tema del prog rock anni ’70 i secondi. L’inizio è Alternative 4, datato 1998; e già lì tutti i fans si trovano a dover comprendere, prima, e apprezzare, poi, un disco che non è più “metal” nel senso classico del termine (chitarrone distorte, voce urlata o malefica, basso e batteria tritatutto, ecc.), eppure è “denso” e “pesante” come e forse più dei precedenti, per di più dotato di un’ispirazione compositiva lampante in ogni momento. Le ali di questo nuovo (o vecchissimo) cigno si spiegano completamente un anno dopo: Judgement è quanto di più bello il prog rock di matrice seventies abbia prodotto da quando sono finiti i seventies; tuttavia non è solo questo. L’ascoltatore appassionato del rock anni ’70 non potrà non ritrovare negli arpeggi ipnotici e sognanti delle chitarre, nelle sonorità psichedeliche delle tastiere, nel mood della voce, negli assoli gilmouriani di Danny Cavanagh, l’immortale lezione dei numi tutelari Pink Floyd e dei loro contemporanei meno noti; ma chi invece conosceva già la band e non si è fermato alle apparenze (“si sono rammolliti”) ha saputo ritrovare, nella malinconia di fondo di certi pezzi, nei crescendo di tensione di altri, in certi break potenti e quasi spiazzanti, la stessa vena magicamente oscura che ha caratterizzato la produzione precedente. E ha saputo godere di un lotto di canzoni belle, intense e incredibilmente passionali, pur senza avere chitarre in saturazione o voce urlata. Detto in altri termini, l’ascoltatore, ed il fruitore perfetto e più completo di questa splendida piccola gemma, è sia un conoscitore del passato della band, sia una persona dalla mente sufficientemente aperta da poterne capire e apprezzare la svolta sonica, sia un cultore della musica dalla cultura sufficientemente vasta da capire le origini di questo suono, e la sua ragione d’essere anche nell’anno 1999. Soprattutto se suonato e cantato così bene. Diventa così quasi inutile una disamina puntuale che identifichi un pezzo, piuttosto che un altro: l'intero disco è piuttosto un'opera, un corpo unico, nel quale isolare una parte perde di significato rispetto alla portata emotiva dell'insieme. Qui viene però il bello; anzi, per i nostri, il brutto: quanti sono, soprattutto nel mondo assai chiuso del metal, gli ascoltatori di questo tipo? Pochi, molto pochi, troppo pochi per poter premiare adeguatamente l’opera del quartetto inglese; che infatti avrà un successo discreto, se rapportato all’ambiente metal, ma assolutamente insufficiente, come si diceva all’inizio, se paragonato ai risultati planetari di altri complessi, con talento e risultati infinitesimali al confronto.
Ciò che non ti uccide ti rende più forte, si dice. E questo è valso anche per i nostri, che, per nulla scoraggiati, nel giro di due anni fanno addirittura il bis: A Fine Day To Exit (2001) è un’altra gemma rara, fatta di canzoni apparentemente indecifrabili, eppure talmente belle e complete da rimanerti stampate in testa in maniera indelebile sin dal primo ascolto. Manco a farlo apposta, il bis arriva anche nel livello di recepimento del pubblico, anche stavolta drammaticamente troppo esiguo in confronto al valore dell’opera, e, si presume, alle stesse aspettative dei musicisti. Questa volta la botta fa male: infatti, dopo brevi separazioni e altrettanto veloci ricongiungimenti, i nostri tornano una prima volta nel 2003, con A Natural Desaster (“nomen omen”, dicevano i latini…) per poi rimanere in silenzio sette lunghi anni: solo nel 2010 un nuovo album , seguito da altri nel 2012 e in questo 2014. Nessuno di questi ultimi riesce però neanche lontanamente ad avvicinare la magia pura che Judgement e A Fine Day To Exit hanno saputo creare: una breve ma intensissima parentesi che ha dimostrato cosa sono capaci di creare gli artisti metal, anche quando decidono spontaneamente di uscire dai ghetti sonori di partenza (in cui troppi di loro volutamente scelgono di rinchiudersi a vita, vero Manowar?) e di dare nuova forma alle loro idee e alla loro sensibilità artistica. Se poi il pubblico di massa avesse potuto almeno dare una possibilità a questi dischi, allora forse la storia di questi coraggiosi musicisti inglesi sarebbe potuta essere diversa.
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Per dirla tutta, questo è probabilmente il loro album più bello. E ancora per i due dischi successivi sono stati perfetti. E già con Eternity e Alternative 4 si fa fatica a parlare di metal. E sono due album straordinari |
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Per me questo invece è un grande album. E con il metal avevano rotto i ponti già da eternity |
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Il disco della svolta, in peggio. Qui si perde totalmente la struttura metal dei brani in direzione di un alternative rock noioso, ripetitivo, poco ispirato e pure commerciale. Erano una grande band, da qui in poi fine degli Anathema per quanto mi riguarda. E l\'abbandono del metal non c\'entra niente. 65 |
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Finché non daremo la giusta importanza a due pietre miliari come The Bends e Ok Computer dei Radiohead (altro che \"spinti dai media che contano!) e a brani come (uno su tutti) Street Spirit non riusciremo mai a capire totalmente il reale valore della svolta degli Anathema 🥰 |
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Disco a dir poco meraviglioso!!!! |
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uno degli album più emotivamente profondi che abbia mai sentito. se ascoltato di notte da soli con se stessi ti scava dentro nel profondo e ti rivolta come un calzino, un capolavoro e forse nel complesso il loro miglior album, quì non c'è da essere metallari o no, questo è un album che mette d'accordo tutti se ascoltato nelle giuste condizioni. P.S one last goodbye è una di quelle canzoni di cui non vorresti capire il testo, arrivare alla fine senza restare travolto mi è impossibile anche dopo decine di ascolti |
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Il mio preferito degli Anathema. Capolavoro da 95 minimo. Personalmente lo preferisco ad Alternative 4, altro albumone da over90. Complimenti per la recensione, solo 2 piccoli appunti: 1) d'accordo sul fatto che l'album è un unicum completo e coerente, ma in una recensione una breve disamina delle tracce, almeno delle più significative uno se l'aspetta; 2) il commento sui Radiohead segnala una certa inesperienza/inconsapevolezza del reale valore musicale della band di Yorke, anche e soprattutto per l'influenza che essa stessa ha avuto proprio sugli Anathema...insomma, Claudio, te la potevi pure risparmia'. |
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Per me il loro vertice assoluto. Francamente non pensavo che dopo lo splendido Alternative 4 sarebbero stati in grado di progredire ed invece, Deep (uno dei loro vertici assoluti di sempre) è lì per provarci il contrario. One last goodbye possiede una melodia a dir poco perfetta eppure sanno addirittura fare meglio ed all'interno dello stesso album con Parisienne Moonlight: arpeggi di piano e voce femminile in grado di annientare l'ascoltatore.Wings of God è semplicemente un capolavoro. E se adesso li vogliamo accostare ai Pink Floyd, Pitiless ed Emotional winter, che nell'intro paga pegno a "Shine on...", ce lo consentono. Sublimi 95 |
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Ottimo disco, anche se per me i due veri capolavori della band restano The Silent Enigma e Alternative 4, il post-Judgement mi interessa molto meno per tutta una serie di motivi che non starò ad elencare. Diciamo che questo è l'ultimo disco che mi piaciuto senza riserve. |
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Grandissimo album. sia questo che Alternative 4 quando ho cominciato ad ascoltarli ho continuato per molto tempo. |
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Complimenti per la recensione, molto ben scritta. Comunque non sono d'accordo sul paragone con i Radiohead. Judgement è un album rock che contiene ancora qualche reminescenza Metal, ed è un grande album; fortissima è l'influenza dei Pink Floyd. Da questo album in poi l'assenza del contributo compositivo di Duncan Patterson (fondamentale in Eternity e Alternative Four ed unica anima Dark della band) si fa sentire. da AFDTE in poi non riesco neanche a riconoscerli |
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"Questa volta la botta fa male: infatti, dopo brevi separazioni e altrettanto veloci ricongiungimenti, i nostri tornano una prima volta nel 2003, con A Natural Desaster (“nomen omen”, dicevano i latini…) per poi rimanere in silenzio sette lunghi anni: solo nel 2010 un nuovo album , seguito da altri nel 2012 e in questo 2014. Nessuno di questi ultimi riesce però neanche lontanamente ad avvicinare la magia pura che Judgement e A Fine Day To Exit hanno saputo creare" FOLLIA PURA. Sia AND che i seguenti sono altrettanti capolavori. Per me WAHBWAR, WS e DS sono tre gemme di pura emozione. |
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Disco molto bello, come tutti quelli degli Anathema che a me piacciono di più di Paradise Lost e My Dying Bride. Concordo con Monsieur Vitadathrasher che non è al livello del quasi capolavoro A Silent Enigma. Conosco poco i Radiohead, quindi non valuto comparazioni. Au revoir. |
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Basta pensare che le influenze Radiohead sono pesantissime sul sound della svolta alternative degli anathema...e questi ultimi sono in netto ritardo rispetto alla band di Yorke (e non hanno neanche la stessa carica sperimentale e innovatrice). Basta pensare anche alla title track del nuovo Distant Satellite che sembra uscita direttamente dalla penna di Yorke...solo che lui certe cose le ha fatte 20 anni fa... |
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Certo che per definire molto meno dotati i Radiohead ci vuole un bel coraggio...mah... |
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Wings of god con quella coda strumentale è una delle mie preferite |
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lo registrarono in Italia disco splendido con alcuni pezzi carichi di emozione come One last goodbye oppure l'incredibile Parisienne Moolight ... capolavoro ! |
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11
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IL disco degli Anathema. L'ho sempre ritenuto il loro disco più emozionale, e concordo con il dire che avrebbero meritato la stessa attenzioni di altri act più blasonati nel mondo del Rock/pop. Detto ciò, la recensione dovrebbe magari soffermarsi anche un po' sul contenuto, e magari parlare del periodo nefasto per i fratelli Cavanagh in cui registrarono questo disco che corrispose alla perdita della madre (da qui la SPLENDIDA "One Last Goodbye"), o la prima collaborazione con Lee Dounglas (da applausi "Parisienne Moonlight"). Comunque voto meritato, non tocca la perfezione per dei pezzi che a meno non hanno mai entusiasmato quanto il resto del disco come "Wings Of God", "Too Look Too Far" e la conclusiva " 2000 & Gone". Il resto è però PERFETTO!!! |
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10
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Comunque dovrebbe essere una recensione su Judgment e non una cronostoria degli Anathema |
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uno dei miei dischi preferiti, il punto più alto degli Anathema secondo me! |
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Per fortuna possiamo sempre contare sull'intelligenza superiore dei commentatori, in compenso. |
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già.. il commento sui radiohead è proprio stupido, questi metallari non impareranno mai a stare al mondo.. |
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io spero che la strizzata d'occhio ai Radiohead e alla loro minor dote sia uno scherzo visto che gli stessi Anathema hanno composto A Fine Day to Exit sulle orme stilistiche di Ok Computer e Kid-A e per anni hanno eseguito dal vivo KarmaPolice e Exit Music for a Film. |
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per me invece è un capolavoro al 9/10 lo prende eccome p.s.: ridicolo il voto di a natural disaster che per me merita un 8,5/10 |
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4
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Il vero capolavoro è the silent enigma. Questo lavoro è sulla scia dell'ottimo alter.4, ma non a quei livelli, comunque un buon album da avere. |
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3
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Dico solamente Don’t Look Too Far |
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Uno dei (tanti) capolavori degli anathema. Forse il mio preferito. Quest' album secondo me ha ancora tracce di metal , definirlo rock non mi trova d'accordo. |
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secondo me inferiore ad Alternative 4, ma pur sempre un gran bel disco... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Deep 2. Pitiless 3. Forgotten Hopes 4. Destiny Is Dead 5. Make It Right (F.F.S.) 6. One Last Goodbye 7. Parisienne Moonlight 8. Judgement 9. Don’t Look Too Far 10. Emotional Winter 11. Wings Of God 12. Anyone, Anywhere 13. 2000 & Gone
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Line Up
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Vincent Cavanagh (Voce, Chitarra) Danny Cavanagh (Chitarra, Tastiere) Dave Pybus (Basso) John Douglas (Batteria)
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RECENSIONI |
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