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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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God Is An Astronaut - Epitaph
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23/07/2018
( 2354 letture )
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Uno dei pregi dei God Is An Astronaut è da sempre quello di riuscire a dare ad ogni uscita discografica, anche nelle sue tracce più generiche e standard, una precisa identità. Helios | Erebus, nel 2015, aveva inaspettatamente aperto il gruppo ad una forte e interessantissima sensibilità metal, preparando, inavvertitamente e non, il terreno ai suoni ancora più cupi che si possono ritrovare in questo Epitaph, ottavo album della band irlandese. Il suo titolo, così definitivo e conclusivo, non è di certo da interpretare come un testamento del gruppo, ma è piuttosto da associare alla morte prematura di un familiare prossimo ai fratelli Kinsella, un cugino di sette anni (a cui è dedicata la traccia conclusiva) scomparso di recente. Comprensibilmente, allora, il sound si fa meno immediato e ancora più pesante, arrivando persino ad evocare generi come il dark ambient o il doom nelle atmosfere più sporche e distorte.
Nel complesso, però, si potrebbe parlare con questo disco di un approccio più cinematografico da parte dei God Is An Astronaut, meno legato al loro più classico post-rock chitarristico, che comunque regala alcuni dei momenti migliori dell’opera. Basti pensare a Seance Room, traccia di mezzo che riassume tutto quello che il gruppo ha da dare in questa fase di carriera: arpeggi eterei, intrecci strumentali, esplosioni sonore, ripartenze elettroniche. Molto riuscita è anche la title track, le cui prime note di pianoforte evidenziano subito una forte influenza delle soundtrack di Trent Reznor e Atticus Ross. Nel bel crescendo è inoltre chiarissima la voglia di mettere in discussione le strutture tradizionali, alla maniera degli Isis, che tornano alla mente anche per ricerche armoniche particolari, la voce femminile quasi impercettibile, come se venisse da lontano, ed il muro sonoro che la produzione dona alle chitarre post-metal. Winter Dusk/Awakening trionfa forse anche più di Seance Room: il duetto armonico piano-chitarra è tra i momenti più emozionanti del disco, e l’atipico finale quasi tribale, per quanto possa esser considerato da alcuni totalmente sconnesso da quanto sentito in precedenza, non infastidisce, anzi, porta il brano a un livello di interesse ancor più alto. Al basso di Niels Kinsella viene data molta libertà, specie con il riff portante di Mortal Coil, un saliscendi raffinato e trascinante che stupisce nuovamente per un inaspettato finale acustico. Nella parte finale dell’album, purtroppo, manca questo gusto. L'ambient di Komorebi risulta eccessivamente anonimo, privo della personalità finora evidenziata. Con Medea i nostri provano ancora ad unire le diverse anime dell’opera, ma senza la classe delle precedenti tracce già citate, e la sua solennità aggiunge poco a Epitaph. Infine Oisìn, per quanto struggente tributo al pianoforte al parente venuto a mancare, non lascia il segno come si chiede solitamente a una traccia conclusiva.
Epitaph è un prodotto molto peculiare nella carriera dei God Is An Astronaut. Con gli anni, la band sta diventando sempre più conosciuta ed apprezzata e forse per questo si dimostra sempre più incline a sperimentare soluzioni nuove e imprevedibili. Allontanandosi troppo da binari familiari perde un po’ la sua unicità, ma porta comunque alle stampe un’opera che muta con gli ascolti, rivelando particolari non ravvisati in precedenza, capace di trasmettere sensazioni diverse in momenti diversi perché la proposta non è monotona, ma adatta a tanti tipi di umore, e sempre più stratificata.
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3
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Minimo 80 album eccezionale |
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Nella lista degli acquisti... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Epitaph 2. Mortal Coil 3. Winter Dusk/Awakening 4. Seance Room 5. Komorebi 6. Medea 7. Oisìn
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Line Up
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Torsten Kinsella (Chitarra, Pianoforte, Sintetizzatore) Niels Kinsella (Basso) Lloyd Hanney (Batteria)
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