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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Grave Digger - Fields of Blood
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02/06/2020
( 2644 letture )
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Col 2020 i Grave Digger festeggiano i quarant’anni di attività e giungono alla pubblicazione di un nuovo album, Fields of Blood, sempre a tema storico: per l’occasione si torna sul tema scozzese per completare una trilogia iniziata nel 1996, con l’iconico Tunes of War e poi ripresa nel 2010 con The Clans Will Rise Again.
Fields of Blood si mostra subito fedele alla direzione presa dai Grave Digger nel corso degli anni, suonando in maniera prevedibilmente simile ai dischi precedenti, come Living Dead del 2018: la produzione, i suoni e le canzoni consolidano lo stile dei Grave Digger, senza rinnovare o in alcun modo sorprendere gli ascoltatori, che probabilmente non avranno aspettative a riguardo e che troveranno anche in questo nuovo capitolo quello che cercano, un disco heavy-power energico, che scorre nel corso delle canzoni in maniera allegra, senza intoppi, coinvolgendo grazie a brani dal tono epico e anthemico, dal buon potenziale in sede live. Come da copione oltre a queste qualità, che lo rendono un buon disco heavy, ci sono altri aspetti che lo vanno a indebolire: il tutto alla fine risulta abbastanza piatto e prevedibile, non risultando un passo avanti significativo rispetto i dischi precedenti, cosa che può far storcere il naso a chi ha mal digerito gli ultimi lavori della band.
Passando all'ascolto delle canzoni il legame con la Scozia, che si può riscontare nei testi e nei suoni (come si può notare nella breve introduzione strumentale The Clansmans Journey, in cui le cornamuse sono l’elemento centrale), porta una leggera spolverata di varietà che risulta indubbiamente apprezzabile, facendo rifiatare tra le canzoni heavy più convenzionali come All for the Kingdom, con il suo tono epico, carica di cori pomposi e assoli, che si muove su rimiche prettamente power o la successiva Lions of the Sea, con il suo ritornello epico (e abbastanza prevedibile) ma estremamente orecchiabile. Dopo Freedom, che ripropone nuovamente un inno epico con i soliti cori e i soliti elementi, viene la volta di Heart of Scotland, la quale dopo una breve introduzione dal tocco folk a base di cornamuse, prosegue con una ritmica più lenta e scandita ad accompagnare un cantato un po’ più profondo, che ben si sposa con il solito ritornello corale, epico. Altro tocco di varietà viene dato da Thousand Tears, in cui Chris Boltendahl duetta con Noora dei Battle Beast: si tratta di un mid tempo, accompagnato da arpeggi di chitarre acustiche e cornamuse, che cresce sino allo sfociare in una parte elettrica tipicamente power. Anche qui nulla di sconvolgente ma il risultato è piacevole e la canzone spezza bene il disco, che altrimenti sarebbe risultato troppo pesante, visto che da qui in poi il suono si compatta nella formula heavy-power già sentita precedentemente, ma in maniera meno variegata: tra riff e assoli (indiscutibilmente ben suonati da Axel Ritt) più o meno ispirati si susseguono Union of the Crown, My Final Fight, Gathering of the Clans e Barbarian. Viene la volta della title-track Fields of Blood, canzone da più di dieci minuti che condensa un po’ tutti gli elementi del disco, con la solita parte iniziale riservata alle cornamuse, una parte centrale dalle ritmiche serrate, che poi rallenta in una parte arpeggiata per poi sfociare nuovamente nel power. Si arriva alla chiusura del disco con la strumentale Requiem for the Fallen, brano orchestrale dal tono epico.
I Grave Digger come detto nell’introduzione non si snaturano e non si evolvono, ma ripropongono il loro sound in un nuovo disco, che non rappresenta una svolta nella loro carriera ma che tutto sommato si rivela una buona prova, con i suoi alti e i suoi bassi. Probabilmente rispetto alle loro ultimissime uscite è stato fatto anche un piccolo passo avanti: non è un disco iconico come quelli usciti negli anni d’oro dei Grave Digger a cui chiaramente si ispira, come Tunes of War, ma tutto sommato funziona. Sicuramente il fatto che la band sia così attiva in studio e che pubblichi regolarmente nuovi dischi non aiuta del tutto l’ascoltatore dato che alla fine tante delle loro nuove canzoni, anche buone se prese singolarmente, risultano troppo similari tra loro e disco dopo disco finiscono per diventare stucchevoli e prevedibili. Fields of Blood parte bene, con una manciata di pezzi accattivanti per poi perdersi un po’ da metà in poi, dove la formula dei Grave Digger diventa troppo omogenea, dimostrando come paradossalmente la band funzioni meglio in contesti un po’ fuori dagli schemi, più inusuali rispetto al loro stile (un po’ come accadeva nel precedente disco con Zombie Dance, qui potrebbe essere il caso del duetto). Complessivamente quindi il disco è promosso, con qualche punto in più dei precedenti, perché alla fine i Grave Digger con professionalità ed esperienza fanno il loro lavoro. Fields of Blood a tratti risulta ripetitivo ma per la gioia dei fan riesce comunque a scorrere con coerenza e senza intoppi, regalando loro più di cinquanta minuti di buona musica, pertanto non si può che consigliarne l’ascolto.
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17
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band sopravvalutata, a mio parere hanno fatto un 2 o 3 album storici poi basta. ripetitivi e banali. poi ancora con il tema scozzese e lqueste cose qui. basta!! |
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16
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"Orgogliosamente uguale ai precedenti" questo disco è potente e graffia quanto basta per soddisfare gli "aficionados" della band e chiunque cerchi un disco di power metal suonato a dovere. Niente di nuovo od originale, nessun capolavoro però ci sono alcune tracce interessanti e nel complesso il disco si lascia ascoltare in maniera gradevole. Rispetto al precedente album è un grosso passo in avanti. |
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15
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Senza infamia,senza lode, passabile,l'età della pensione è arrivata anche per loro?potrebbero limitarsi a fare qualche tour nostalgia, ma evidentemente mutui e bollette in germania sono care |
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14
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Sicuramente meglio di The Living Dead e Healed by Metal, diciamo che se la gioca con Clash of the Gods (che, a mio modesto avviso, era un buon disco). Sostanzialmente, se vi piacciono i Grave Digger, direi che l'ascolto è d'obbligo. Non rimarrete sorpresi, però avrete speso sicuramente il vostro tempo in modo più che degno. |
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13
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Pur essendo un assiduo ascoltatore dei Grave Digger, visto che molte canzoni mi piacciono anche degli utlimi due album, questo album non mi piace. Per me ha molti punti in meno dei precedenti. |
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12
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L'ennesima fiera del riciclo, con cover dei loro pezzi più famosi del passato. Ci voleva poco a fare meglio dei dischi precedenti ma resta sempre un disco di una pochezza infinita, con l'ennesimo riciclo dei temi legati alla Scozia. Gruppo finito da anni. |
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11
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Sono troppo affezionato a questa band. E ogni disco me lo ascolto sempre. Questo album è stato una piacevole sorpresa. Sicuramente meglio del precedente. Voto 70 |
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10
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@David. mi dispiace deluderti ma In un'intervista su Metal1info (sito tedesco) il caro becchino Boltendahl ha già detto che l'anno prossimo faranno uscire un nuovo album... |
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9
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Poss anche tu hai ragione. Direi allora che magari potrebbero limitarsi a fare solo concerti e edizioni commemorative sui loro dischi del passato, tipo ristampare The Reaper o Heart Of Darkness con in aggiunta live dell'epoca, o dei DVD risalenti agli anni della trilogia medioevale.... I soldi comunque sarebbero intascati. Musicalmente invece per me sono finiti almeno da Liberty Or Death. |
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8
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Continuero' ad amare i Grave Digger degli esordi, quelli di HM Breakdown, Witchunter , War games, The reaper e Heart of darkness ancora privi di tutte quelle menate pompose che hanno farcito quasi tutti gli inutili albums successivi. |
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7
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Come per Axel Rudi Pell, si sa cosa si va ad ascoltare e in questo caso hanno anche ripreso il tema Scozzese di precedenti (buone!) uscite. Personalmente preferisco Axel Rudi Pell, soprattutto per la voce di Gioeli. Qui il tutto è abbastanza piacevole ma non ci dedicherò molto tempo. Au revoir. |
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6
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Non male devo dire. Per carità, niente di eccezionale ma se non altro con quest’album si fanno perdonare i due precedenti (non che ci volesse molto eh). Hanno ripreso lo stile dei due album cui si ricollega, e ciò potrebbe far piacere ai fans della trilogia medievale; ma quello che conta di più è che rispetto al recente passato c'è un miglioramento a livello di ispirazione, come si può notare in pezzi come la title-track o The Heart of Scotland. A me è piaciuta anche la ballad, viceversa altri 3/4 pezzi sono proprio il minimo sindacale. Fields of Blood per me è più o meno al livello dei dischi del periodo 2007/2014: diverse tacche sotto i capolavori ovviamente... ma che si fanno ascoltare senza problemi. Voto 74 |
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5
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David, condivido in pieno quello che dici. Il problema e' che se si ritirano, con cosa campano? |
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4
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Chapeau, un ascolto e mi ha subito convinto... con grande sorpresa ovviamene perchè pensavo non ne avessero più. Lo comprerò! Evviva! |
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3
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L'ho trovato un disco sorprendentemente ben riuscito. Parlo in positivo perchè le ultime due uscite dei Digger erano veramente sottotono, sopratutto l'ultimo che rasentava l'inascoltabile per me. Da sottolineare una produzione della batteria finalmente chiara e pulita, che dona più cattiveria ai pezzi. Certo i riff già sentiti ci sono (la traccia n° 2 ha il riff paro paro a Scotland United mentre la n° 3 a Dark Of The Sun), e la ballad non è che sia particolarmente ispirata, ma il resto si fa sentire molto piacevolmente. Gli dò un 70 pieno, ma spero che si ritirino ormai. L'avessero fatto con il disco precedente mi sarebbe dispiaciuto perchè era indegno, ma questo è ben riuscito e per me è l'occasione perfetta. Non hanno più niente da dire da almeno 15 anni, e la loro parte di carriera di metà anni 90' è stata leggendaria, il loro direi che l'hanno dato. |
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2
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Per me i Becchini hanno fatto due capolavori (Tunes of War e Heart of Darkness) e diversi buoni dischi. Qualche colpo a vuoto lo hanno sparato ma gli voglio troppo bene e non potrò mai dirne male. Questo non lo ho ancora comprato... lo ascolto domani su Spotify |
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1
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Miglior disco dei Digger da Excalibur. 80 pieno |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Clansmans Journey 2. All for the Kingdom 3. Lions of the Sea 4. Freedom 5. Heart of Scotland 6. Thousand Tears 7. Union of the Crown 8. My Final Fight 9. Gathering of the Clans 10. Barbarian 11. Fields of Blood 12. Requiem for the Fallen
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Line Up
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Chris Boltendahl (Voce) Axel Ritt (Chitarra) Jens Becker (Basso) Marcus Kniep (Batteria)
Musicisti ospiti: Noora Louhimo (Voce nella traccia 6)
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