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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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05/02/2022
( 986 letture )
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Un preambolo tanto curioso quanto necessario sui Melechesh riguarda la loro origine, seppur dai più nazionalizzati israeliani, i quattro sono una vera e propria band multietnica: armeno/assiro Ashmedi, assiro Moloch, ucraino Al Hazred, olandese Xul, definiti da loro stessi più esattamente Mesopotamici, sia per appartenenza che per tematiche ed influenze. Ciò detto la band nel 2006 esce sul mercato discografico con Emissaries album che fece definitivamente accendere riflettori, curiosità ed interesse sul loro personalissimo “mesopotamic metal”.
Composto da undici tracce per quasi un’ora di musica, il disco non si discosta molto dalla release precedenti, proponendo il loro personale sound fatto di equilibrio tra blask-death-thrash con forti influenze melodiche orientali. Forte di una produzione potente e pompata in cui le chitarre suonano taglienti e acide, la sezione ritmica riempie lo spettro sonoro con frequenze piuttosto basse e grosse su cui la voce sporca e graffiante di Ashmedi ben si colloca. Parallelamente al lato più aggressivo anche le soluzioni acustiche fatte con strumenti tradizionali e decisamente inconsueti al metal risuonano piacevoli e assolutamente cariche di folklore atmosferico e fascino orientale. A far esplodere immediatamente l’ascolto ci pensa l’opener Rebirth Of The Nemesis che dopo una lunga intro strumentale si getta nel classico incedere in pieno stile Melechesh fatto di un main riff ossessivo e dal ritmo shuffle richiamando immediatamente melodie orientali, farciti da un piacevole groove che domina silente il brano. Ladder To Sumeria si avvale di una ritmica maggiore e un piglio più thrash con soventi cambi di velocità ed intenzione in cui alla destrezza tecnica esecutiva di Xul emerge con piacevole fluidità. Uno dei migliori episodi del disco è sicuramente Deluge Of Delusion Dreams, brano concepito in due atti che si articola tra un main riff estremamente veloce giocato su corde aperte-tasti e due macro parti che si intervallano tra orientamenti rock e furia black metal. La seconda parte del disco si apre con uno degli episodi più brutali del disco Double Helixed Sceptre in cui emerge un piacevole incedere death n’roll melodicamente arabeggiante in cui al canonico quattro quarti la band aggiunge sporadicamente una-due battute disorientando e arricchendo l’ascolto. I meravigliosi sei minuti inaspettati di The Scribes Of Kur riescono a ricreare tutta la mistica magia del mondo mesopotamico trasportando l’ascoltatore nelle terre in cui la band attinge la massima ispirazione, un brano incredibilmente pregno di magnetismo musicale. Sand Grain Universe annichilisce definitivamente ogni ascoltatore con la sua velocità ininterrotta e due main riff taglienti e feroci per poi gettarsi nella particolare ed inaspettata conclusiva Emissaries And The Mysterium Magnum dall’incedere articolato e piuttosto rallentato rispetto alla media delle sue precedenti, brano che si conclude con un affascinante solo chitarristico a sfumare dai magnifici colori d’oriente. Dei Melechesh va sottolineata la quasi totale dipendenza dal frontman Ashmedi che oltre alla ricerca che sta dietro alla composizione delle tematiche si occupa anche pluri-strumentalmente della quasi totalità delle musiche oltre che delle parti vocali naturalmente, questo per render il tutto più “vero e mesopotamico” possibile a suo dire. Nonostante ciò, in Emissaries possiamo sentire una grande prova di tutti i musicisti coinvolti e una coesione di band che sfocia in una compattezza di suono che prima non era mai stata raggiunta nei seppur i validissimi album precedenti.
I quasi sessanta minuti dell’album scorrono fluidi e piacevoli nonostante la ripetitività e l’andamento shuffle caratterista dei main riff dei Melechesh grazie soprattutto ai giochi melodici innestati in ogni brano. Qui son presenti le influenze mesopotamiche, arabe, sumere, l’oscurità e la luce dell’oriente, il ritmo thrash e la ferocia del black e del death, la violenza efferata e l’articolata ed ipnotica melodia delle magiche terre tra il Tigri e l’Eufrate. Emissaries resta il connubio perfetto di elementi per intraprendere la conoscenza di questa band unica, nonché un ascolto sempre fresco e nuovo per i fans di lunga o breve data.
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3
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Quoto Sha. Questo è un ottimo disco, ma un po' tutti. @Lambruscore, io ti consiglio Sphynx, Djiin e questo. Forse Sphynx è il top. Sabbia e blackened thrash. |
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2
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@LAMBRUSCORE La recensione qui è stata un po' ingenerosa, ma io trovo che Epigenesis sia davvero un gran disco. Io partirei da lì. |
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Visti Live qualche anno fa al Tempo Rock di Gualtieri, erano di supporto a...non ricordo chi. Qualcuno con la memoria migliore della mia si ricorderà. Non mi pare fossero male sul palco, i loro dischi però li conosco poco o niente, magari qualcuno potrebbe consigliarmi da dove partire, grasssie... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Rebirth of the Nemesis 2. Ladder to Sumeria 3. Deluge of Delusional Dreams 4. Touchinh the Sphere of Sephiroth 5. Gyroscope 6. Double Helixed Sceptre 7. The Scribes of Kur 8. Laper Jerusalem 9. Sand Grain Universe 10. Emissaries and the Mysterium Magnum 11. Extemporized Ophthalmic Release
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Line Up
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Melechesh Ashmedi (Voce, Chitarra, Tastiera) Moloch (Chitarra, Bauzouki) Al Hazred (Basso) Xul (Batteria, Percussioni)
Musicisti ospiti: Proscriptor McGovern (Voce nella traccia 4) Matthias Heine (Voce addizionale) Mukhtar Sarouz (Nay) Remco Helbers (Surbahar)
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