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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Melechesh - The Epigenesis
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( 6476 letture )
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Avrei voluto
… cominciare il mio articolo rammentandovi che ognuno ha le sue tradizioni: abitudini, costumi, balli, cucina (e ovviamente musica).
… spiegarvi cos’è il Kaved Off B'Nusach Yehudi. Beh, questo posso farlo comunque: è un piatto della tradizione ebraica piuttosto volitivo che consiste in una frittura di fegati di pollo insaporiti con cipolla, aglio e soprattutto funghi. Una miscela di ingredienti poveri, e tutto sommato comuni, che però possono donare un senso di soddisfazione molto pronunciato al vostro palato. La successione organolettica scatenata dalla pietanza è così sintetizzabile: alla prima boccata di Kaved Off B'Nusach Yehudi gli aromi del condimento copriranno completamente il gusto della carne che -una volta addentata- libererà il proprio gusto emulsionandosi con vigore alle verdure.
… scrivere una recensione diversa, dato che mi sono avvicinato ai Melechesh certo di trovare all’interno del nuovo The Epigenesis quel quid “folkloristico” che mi avrebbe permesso di confrontare i nostri con i competitor di una vita (di forma, non di sostanza) Orphaned Land (inarrivabili dopo i capolavori Mabool e The Never Ending Way Of ORwarriOR) e Salem (raggiungibilissimi dopo il deludente Playing God And Other Short Stories). A livello “strutturale” la recensione era già bella che costruita nella mia mente: ricetta del Kaved Off B'Nusach Yehudi, paragone tra The Epigenesis ed i kasherut, elenco degli ostacoli in cui un ascoltatore occidentale si sarebbe imbattuto ed infine esplicazione delle motivazioni e delle possibilità di “digestione” del disco. Tutto all’aria, dato che la tracklist recentemente elaborata dagli israeliani volge con molta modestia verso levante, preferendo concentrare la propria caratterizzazione orientale (e non “orientaleggiante”) nelle tematiche trattate nelle lyrics, effettivamente colorite e traboccanti di metafore tratte dalla mitologia e dal pensiero mistico mesopotamico. A livello sonoro i nostri osano infatti poco o niente: i brani, tutti costruiti su partiture semplici e dirette, parafrasano la vocazione blackeggiante di sempre in un ottica più orientata al death/thrash. La voce di Ashmedi è uno degli elementi più rappresentativi (in senso negativo) dell’album, considerata la sua scarsa efficacia: timbrica acida, versificazione spesso riempitiva, interpretazione monocorde; il middle-screaming è ineccepibile dal punto di vista tecnico e anche piuttosto “demoniaco”, ma la linearità degli interventi e la continuità con cui il canto si propone sulla musica, lo rendono insipido e tedioso. D’altra parte la sorte è la medesima per l’impianto strumentale, anch’esso curato, preciso e ben prodotto (ci mancherebbe altro, essendoci alle spalle l’opulenta Nuclear Blast), tuttavia sterile a livello emotivo: il riffing, di chiara matrice thrash, è spento, ricorsivo, freddo ed anche quando si cerca il ricamo solistico, questo non è altro che un riproporsi in una strada che fu già di molti e, purtroppo, “migliore”. Da un lato gli “arabeschi” sono pochi e totalmente annegati in una montagna di sviluppi orizzontali dal mancato piglio, dall’altro i frequenti raddoppi chitarristici, gli sliding propedeutici alle ripartenze, le maglie armoniche e percussive d’intreccio con basso e batteria (piuttosto irruente), danno sostanza e veemenza ad un amalgama che pare però sconnesso (e sottotono) rispetto al lato narrativo dell’album: a tal proposito invito alla lettura dei testi, tutti in inglese e concettualmente sinuosi. Meritano citazione Negative Theology, con il suo sospetto mazdaico (even asks Zarathustra, who are the divine?), e la storica The Magickan And The Drones, incentrata su Ur-Nammu -capostipite della 3° dinastia sumerica-. Il maggiore problema dei Melechesh rimane quindi l’interpretazione intransigente e poco creativa dei dispositivi melodici che limita i giochi di tensione all’interno delle linee: una condotta più ariosa e meno ripetitiva avrebbe avvalorato anche i tempos malriusciti, invece che “rettificare” il prodotto su proprio questi ultimi. Scovare, ad esempio, gli apporti di congegni come le keys, il bouzouki e le percussioni acustiche, che avrebbero conferito volume agli innocui leietmotiv, risulta costantemente faticoso; ciò non accade perché si sia ostacolati dalla produzione che -come detto- mostra un certo riguardo, bensì per la bassa (nulla?) rilevanza che questi assumono all’interno dell’economia “ignorante” di brani come Ghouls Of Nineveh, Grand Gathas Of Baal Sin e Defeating The Giants, sia dal lato armonico sia da quello timbrico. L’impressione è che Ashmedi e Moloch si imprigionino, minuto dopo minuto, in un territorio compositivo tanto schematico e conservativo quanto limitante (un po’ più libero nelle sole overture di The Magickan And The Drones e Illumination - The Face Of Shamash, in Sacred Geometry e nella title-track). Probabilmente, chi gradisce risolutezza e cattiveria a discapito delle edulcorazioni melodiche o delle prolissità contemporaneamente folkloristiche e progressive che l’oriental metal nella sua accezione pura prevedrebbe, apprezzerà -molto di più del sottoscritto- questo lavoro che comunque -e questo va ripetuto fino alla nausea- è discretamente confezionato; per tutti gli altri, svincolarsi dalle braccia di Morfeo durante il play, sarà invece lavoro da titani (o da giganti, tanto per rimanere in tema). A poco varrà la pazienza di aspettare Sacred Geometry -prima- e la doppietta The Greater Chain Of Being (strumentale acustica) e The Epigenesis -poi-, unici elementi interessanti e -guarda caso- sole tracce di The Epigenesis in cui la band ha esplicitamente sfruttato l’inclinazione che li fece grandi in un tempo passato, vista e considerata l’incidenza negativa dei rimanenti episodi. Sarebbe stato illogico settare tutti i 52 minuti su questa lunghezza d’onda? Non credo! Sarebbe stato logico pretenderlo? Credo di sì, e proprio per questo non me la sento di attraversare il confine della sufficienza.
… chiudere l’articolo dicendovi che, per apprezzare l’album così come il Kaved Off B'Nusach Yehudi, avreste dovuto prima calarvi nella millenaria cultura mediorientale, imparandone le tradizioni e comprendendone i sapori.
… incitarvi a provare queste nuove prelibatezze acustiche, abbinandole di tanto in tanto ai vostri generi preferiti.
… dare un voto “importante” ai Melechesh e dimostrare a tutti voi che gli Orphaned Land non sono degli extraterrestri venuti da un mondo lontano, ma dei fenomeni che contribuiscono, facendo scuola, alla scena contemporanea.
… fare l’astronauta, vincere al superenalotto ed essere alto, biondo e con gli occhi azzurri.
Volere e non potere (mannaggia)
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19
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Disco spettacolare, recensione indegna. |
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18
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è un gran disco, piacevole.Vero è che non tocchiamo livelli assurdi |
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17
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Orphaned Land? Questi possono fargli da opner, ma neanche perchè le due band si rivolgono inevitabilmente a target di pubblico diverso. Non è un brutto disco, sia chiaro, ma è innegabilmente monocorde e un tantinello cacofonico... avevo altre aspettative ed anche io come @Blackster me ne sono piacevolmente dimenticato dopo pochi ascolti. Voto 59, perchè è corretto così, c'è qualche spunto buono ma è soffocato in mezzo a molta mediocrità |
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14
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Si tratta di un ottimo album,il mio voto è 80! |
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13
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Grande band gran disco |
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11
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Per carità.Rispetto le opinioni ma questa recensione è una merda |
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10
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Un capolavoro del genere stroncato così??????se vabbè |
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9
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Personalmente lo considero ottimo come album. Sono convinto che i Melechesh non abbiano sbagliato un colpo nella loro carriera. Direi che un 75/100 ci sta! |
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8
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Era lecito aspettarsi qualcosa di più, mi piace mezzo disco, l'altra metà è un po' noiosetta. Però la doppietta finale è davvero buona ( bellissima 'The Greater...'), le prime tre si lasciano ascoltare ma a metà disco qualche sbadiglio scappa. Ci sono 30 minuti di troppo per me, anche se la sufficienza la raggiunge. Cmq sia, senza dubbio inferiore al precedente, e neanche di poco. |
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7
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giasse ma quando la finisci di scrivere minchiate, se un povero cretino che non sa scrivere e non fai ridere con la tua ironia da quattro soldi. Non sei capace punto, prendine atto e non smerdare più la nostra musica preferita. Con sincerità da Hiraxxxx |
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6
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giasse ma quando la finisci di scrivere minchiate, se un povero cretino che non sa scrivere e non fai ridere con la tua ironia da quattro soldi. Non sei capace punto, prendine atto e non smerdare più la nostra musica preferita. Con sincerità da Hiraxxxx |
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5
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Disco che ho dimenticato dopo pochi ascolti, canzoni a tratti noiose, potrebbero fare moooolto meglio, dopo quel Emissaries mi sarei aspettato di più. |
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4
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Io trovo che il difetto più rilevante di questo album sia la prolissità delle canzoni. Cominciano tutte bene e poi....non finiscono mai. Più che sufficienti, ma nel complesso un'occasione persa. |
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3
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Siamo sul canonico per loro ma che rispetto a troppe band in circolazione vuol dire sempre mostrare sprazzi di classe in strutture più che sufficienti, non concordo proprio con la rece, stroncatura inaspettata. |
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2
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concordo con Emiliano anche sul voto, merita di più. per me è un discreto lavoro. |
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1
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per me l'album supera abbondantemente la sufficenza..la voce in effetti è monocorde e sicuramente non si sono spostati poi molto dagli ultimi lavori..pero' a me nel complesso non è dispiaciuto affatto..preferisco i pezzi in mid tempo,piu' evocativi ed incisivi rispetto alle sfuriate,meno convincenti che in passato..70.. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Ghouls Of Nineveh 2. Grand Gathas Of Baal Sin 3. Sacred Geometry 4. The Magickan And The Drones 5. Mystics Of The Pillar 6. When Halos Of Candles Collide 7. Defeating The Giants 8. Illumination - The Face Of Shamash 9. Negative Theology 10. The Greater Chain Of Being 11. The Epigenesis
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Line Up
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Melechesh Ashmedi - Vocals, Guitars, Bass, Keyboards, Percussion Moloch - Guitars, Bouzouki Rahm – Bass Xul - Drums, Percussion
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